DOPO LA GUERRA TUTTI PARTIGIANI

DOPO LA GUERRA, DI NUOVO TUTTI PARTIGIANI

“Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservare lealmente la Costituzione e le leggi dello Stato, di adempiere ai doveri del mio ufficio nell’interesse dell’amministrazione per il pubblico bene” recita la formula di giuramento degli allievi della Polizia di Stato. Ergo, al personale dell’Amministrazione dello stato, anche alla Polizia quindi, dal Questore all’Agente, si chiede che faccia rispettare la legge che altri – quel Parlamento oggi esautorato – provvedono ad emanare.
Nessuno chiede loro di “ragionare” sulle leggi e, per quanto anche io schifi la conversione in legge del decreto che introduce il green pass, debbo riconoscere che è legge anche questa.
Ecco perché non mi entusiasma la novella Giovanna d’Arco di piazza San Giovanni a Roma di sabato scorso, vicequestore aggiunto (un maggiore dell’Esercito per intenderci) per i più e cittadina libera per la piazza.
Un intervento non programmato il suo, ma che, linda e pinta, già accreditata presso la stampa locale, bella donna dall’eloquio piacevole, in prima linea nella lotta alla violenza contro le donne guadagna il palco della piazza che l’ha eletta a nuova paladina dell’anti-certificazione verde, con tanto di annuncio previo da parte dello speaker ufficiale di giornata. Soppiantando ora De Donno di cui mancano solo gli adesivi sui parabrezza, ora Montagnier e Montesano: in principio fu addirittura Bassetti! Facendo di quella piazza, una piazza tristemente simile a quella parte similmente opposta che (si e)salta da Karola a Fedez con una simile faciloneria che è indice di un avvicendamento al vertice sterile, scarno ed effimero e di una crisi di valori e di ideali senza precedenti.
Scinde, sapientemente, l’esser cittadina libera dall’essere donna delle istituzioni, il vicequestore aggiunto, ma ciò non basta per la Lamorgese che, dall’alto del Viminale, di domenica fa sapere che silurerà la graduata, dopo aver etichettato quale “gravissimo” – perché? – il comportamento della ribelle in borghese.
A me viene da chieder(l)e solo una cosa: non erano illegittimi e anticostituzionali anche i dpcm per mezzo dei quali per oltre un anno sono stati vessati gli Italiani?
Lei, da dirigente della Polizia di Stato, si occupava solo di violenza sulle donne quando i suoi colleghi in nome dei suddetti illegittimi dpcm bussavano alle porte delle abitazioni private, si intrufolavano nei giardini per vedere chi osava arrostire un pezzo di carne, chiedevano ausilio ai droni per controllare persino i tetti dei palazzi, impedivano di alzare le serrande a chi era considerato “attività non essenziale”, quando io dovevo giustificare il motivo per cui andavo in un altro comune, se alle 22 e un minuto ero ancora fuori casa e quante volte andavo a casa dei miei genitori?
Apprezzo il coraggio dimetterci la faccia (truccata), ma l’intervento è tardivo, forse postumo. A parer mio. Che induce in riflessione.
Non so e non mi interessa sapere se quel palco possa fungere da trampolino di lancio per la Schilirò, se sia stato un modo per tentare di imbonire la piazza che, oltre alla fanciulla, ospitava altre novantanovemilanovecentonovantanove persone. Altrettanto coraggiose. Altrettanto degne di menzione e di importanza. Che magari, in altre piazze, in altri giorni, ma per gli stessi motivi, in primis la solidarietà, sono state manganellati e tradotte in questura dai colleghi del vicequestore.
Forse è esasperata perché la legge – la legge – ora tocca anche la loro categoria. Dura lex sed lex. E non è solo il rancio nel sacchetto di carta da consumare sulle scale della mensa.
E se fosse (anche) questo il motivo dell’insorgenza? Se fosse solo adesso perché adesso è stato intaccato anche il loro orticello? Altro che solidarietà! Altro che spirito di popolo! Sarebbe il solito spirito egoistico ed egocentrico, dell’opportunismo figlio dell’8 settembre, di quella scelta venticinqueluglista che ancora esiste e resiste. E, a guerra finita, saranno tutti di nuovo partigiani.

NAPOLI CHOC : OSPITATA E PUBBLICIZZATA LA GIORNATA DELLA BESTEMMIA (GRAZIE ALL’AMMINISTRAZIONE)

 

Chi credeva di aver visto tutto e il peggio di tutto in questi dieci anni di (indi)gestione della/e giunta/e de Magistris si sbagliava di grosso. Ebbene sì, Gigino ‘o Sindaco, con quasi tutte e due le gambe fuori da Palazzo San Giacomo e tutti e due i piedi in Calabria  (direzione andata o ritorno? ), ha deciso di fare un’ulteriore (e si spera, ultimo!) regalo al popolo napoletano.
Dopo aver deciso di ospitare al PAN, il Palazzo delle Arti di Napoli, il “ceci n’est pas un blasphème”  (letteralmente “questa non è una bestemmia”), primo Festival delle Arti per la libertà d’espressione, nato per difendere la libertà delle arti dalle leggi antiblasfemia, organizzata dallo staff della campagna nazionale​ Dioscotto​, ideata e diretta da​ Emanuela Marmo, il signor Sindaco non si é limitato a patrocinare la manifestazione –chiaramente con i soldi dei napoletani – in collaborazione con l’Assessorato all’Istruzione (o distruzione?), alla Cultura e al Turismo di Napoli, ​ma… ha addirittura deliberato il nulla osta per propagandare la manifestazione.
E come lo si può fare, visto il contesto? Con dei manifesti affissi nelle bacheche comunali. Manifesti chiaramente provocatori, inutili come tutte le “giornate mondiali di”, insignificanti come tutti coloro che per provare a dire cosa sono devono necessariamente ricorrere alla perifrasi di che cosa non sono: antiquesto, antiquello, antifa, antiqua, antilà.
I manifesti in questione sono stati affissi ovunque si trovi una bacheca con stemma del Comune di Napoli: davanti a scuole, chiese, supermercati e ovunque la gente, non ancora chiusa in casa grazie al bel tempo, potesse vederli e per meglio farli vedere hanno utilizzato veri e propri temi. A partire dalla politica e dai partiti (visto l’imminente rinnovo del Consiglio Comunale). E dunque un richiamo al partito politico a loro inviso con tanto di bestemmia; bestemmia anche su una marca di una nota casa di apertivi, con tanto di slpgan-spergiuro in rima. E perché non includere pure i bambini? Ecco servito, allora, Topolino e lo skyline di Disneyland con tanto di imprecazione scritta a chiare lettere. A caratteri cubitali. E se questo è poco, un codice a barre, ovvero l’antenato del QR code, con tanti 666666 e tanto di prezzo imposto: 6,66 euro.
Qualcuno di sinistra ha fatto notare a chi sta più a sinistra di loro che probabilmente si era un poco esagerato. Che qualcuno avrebbe potuto offendersi – e sotto elezione non conviene a nessuno – allora si è deciso di ricorrere ai ripari. Come? Chiaramente con la tattica, se tale può essere, dell’evitamento. Ovvero quel meccanismo di difesa simile al diniego, per cui un individuo si rifiuta di fronteggiare situazioni, oggetti o persone che generano angoscia. Diciamo pure lo scaricabarile: i manifesti sono abusivi? Il Comune non sapeva. Ma il Comune chi? Le pareti? Le porte? Le fondamenta? I manifesti non erano stati autorizzati? Da chi, quindi, li aveva visionati! E a fare l’avvocato del diavolo dell’ex (?) magistrato è dovuta ricorrere nientemeno che la curatrice dell’iniziativa Marmo in persona la quale, svincolandosi anche lei, attribuisce la campagna pubblicitaria all’opera di un writers subevertiser di un kollettivo a loro vicino. Chissà se vicino anche all’assessore Pagano, ex centrosocialista, una volta attivista degli Zer081.
Difficile credere alla versione di palazzo, visto che proprio sul sito ufficiale del Comune si legge che l’evento “è un inno alle libertà di espressione per il tramite della satira anticlericale e antireligiosa. I contenuti sono volutamente forti e possono risultare provocatori nei confronti di chi nutre sensibilità religiosa”. E non solo i contenuti hanno creato clamore, ma anche la rimozione dei manifesti – raggiungendo così il massimo della (peggiore) pubblicità, tramite l’Asia, l’azienda che si occupa dei rifiuti, partecipata dal Comune.
Al di là del gusto e del perché la Marmo parli di blasfemia del sentimento religioso quando ad essere offeso è solo la religione cristiana, la sensazione più becera e ripugnante arriva proprio dal Palazzo e dalla sua “amminestrazione”: le provocazioni lanciate e di cui nessuno sapeva nulla arrivano in un momento religioso molto intenso per i Napoletani, a ridosso della festività di San Gennaro, quando religione e laicismo si intrecciano e il credo e la superstizione si sciolgono fino a fondersi in un miracolo che solo a Napoli avviene. Don Gigino ‘o bluff e i suoi diranno di non sapere nemmeno che il 19 settembre ricorre la festa di San Gennaro che è patrono della città e a cui tutto il popolo napoletano è devoto?
Ma Napoli, che che ne dicano i “nostrani” ​ neoborbonici, è parte integrante dell’italico stivale e tale attacco alle radici e alle identità di un popolo sono tipiche, ma non topiche: il festival della bestemmia di Napoli arriva dopo che a Milano si è tenuta la fiera dell’utero e l’installazione del Caprone gigante con tanto di microfono dialogante apposto tra zampa sinistra e fallo – che per certa simbologia sono la stessa cosa -, dopo il fantasmagorico esercizio di fantasia demoniaca del San Gottardo, di Moloch gradito ospite al Colosseo (dove si giustiziavano i Cristiani), dell’inaugurazione a Cinecittà di Moloch e della divinità azteca che ammazzava gli uomini strappando via loro il cuore. Mentre il Quirinale, ultimo ma solo per ordine (!) cronologico, ospiterà la porta dell’inferno di Rodin. Incompiuta.
Religioso ed eloquente silenzio dal clero napoletano. Mentre quell’uomo vestito di bianco “facente finzione di papa” in fondo al Viale della Conciliazione ci parla dell’atto di amore inoculatorio, mica dei falsi profeti, mica dell’amore universale che si blocca e non valica i confini dello stato Vaticano che orami è green-pass free, della sua (?) volontà di non mollare il soglio di Pietro e che tanti nella città-stato bianco e giallo lo vorrebbero morto. Solo di questo si parla oltre il Tevere. Mica della Passione di Cristo!
Una retorica triste e un egoismo fallimentare come quella del Sindaco togato ormai in libera uscita dalla città, i cui eventi culturali in dieci anni possono contarsi sulle dita di una mano.  Ma il nostro  pensava a formare la flotta partenopea (naufragata) per la salvezza dei clan-destini – destini dei clan. O  magari preoccuparsi del bilancio in rosso delle casse comunali che nemmeno San Gennaro con qualche suo miracolo avrebbe salvato. Ma lui é riuscito con mille alchimie e vergognosi accordi politici a salvarsi ancora una volta.  Ma non a salvare Napoli!  Proprio lui che diceva di voler trasformare la città sino a compiere una “rivoluzione arancione” e che, al contrario e come prevedibile, ha lasciato la città con le pezze al culo!

https://www.camposud.it/2021/09/napoli-choc-ospitata-e-pubblicizzata-la-giornata-della-bestemmia/

LA DEMOCRAZIA È L’INIZIO DEI MALI

Forse dirò qualcosa di impopolare, ma spero di spiegarmi al meglio.
Spesse volte mi è capitato di vedere etichettato questo governo – che si dimostra sempre più essere dei mediocri e non dei migliori – come dittatoriale, paragonato alle SS e, di rimando, viene invocata a sproposito una nuova Norimberga. Ebbene, sappiate che Norimberga fu essenzialmente un processo farsa: basti pensare che Ribbentrop sedeva al tavolo dalla parte dei giudici e non da quella degli imputati. Per chi avesse voglia di leggere questa mia riflessione clicchi su questo collegamento:
https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=188905296492492&id=100061190680513
Veniamo al governo. Vi pare che questi soggetti che governano per ordine di un CTS chiamato a governare per loro, grazie all’ausilio di una task force di esperti che puntualmente non ascoltano, che non si prendono l’onere e pure l’onore – tale dovrebbe essere per loro – di esercitare quella funzione, ormai defunta, legislativa che è proprio del Parlamento, che non si assumono una cazzo di responsabilità di imporre l’obbligatorietà del vaccino, che poi ti rifilano attraverso una demenzialità come la certificazione verde che non è altro che la faccia (e la feccia) mascherinata del governo che ti viene a dire che, se non ubbidisci, non ti dà la caramella, possano essere definiti dittatori? Per essere un dittatore ci vogliono le palle e questi non ce l’hanno, ma in compenso, le dicono.
Tutt’al più sono dei tiranni per come si comportano, per come (s)governano, per la malvagità col quale arrecano danni alla Nazione ed al suo popolo (grren-pass, svendita delle industrie, aumento dei costi delle bollette…).
La dittatura, invece, è tutt’altro che una forma di governo negativa, almeno dai Romani che l’hanno inventata. In origine, infatti, il concetto rivestiva una connotazione positiva, proprio per il suo carattere emergenziale. Non si trattava della scelta del male minore bensì, e al contrario, di una sorta di estrema salvezza, di risoluzione in eucatastrofe dell’imminente catastrofe abissale.
La dittatura, in altre parole, era vista e vissuta come una sala chirurgica d’urgenza in cui veniva operato il decisivo intervento salva-vita. Per i Romani, che dovevamo solo prendere a modello, come il mondo intero per il loro Diritto, senza stravolgerlo con la pretesa di migliorarlo, era un istituto previsto per i casi di emergenza, con una durata breve (non più di sei mesi, e non oltre il decadere della nomina del console che l’aveva istituita), con poteri limitati (poteva non applicare certe leggi, ma non crearne di nuove); era un istituto che godeva di prestigio, ma che ha ben poco di comune con il moderno concetto di dittatura. Penso a Quinto Fabio Massimo il Temporeggiatore e alla alla dittatura dittatura nella fase più drammatica della Seconda guerra punica, considerata da alcuni storici la prima guerra mondiale dell’antichità. Dopo la battaglia del lago Trasimeno e la schiacciante vittoria di Annibale, Fabio Massimo venne nominato dittatore e, come scrisse Cicerone, enerva vit, snervò, il conflitto evitando ogni contatto con le forze nemiche, neutralizzando così il superiore genio tattico del generale cartaginesi, applicando la regola evasiva di ogni lotta di guerriglia. La dittatura del Cunctator il Temporaggiatore (forse sarebbe meglio dire il Guerrigliero o l’Evasivo), giunta a termine dopo i canonici sei mesi, permise a Roma di riprendere fiato. Nella dittatura romana, gestione monocratica del potere, sospensiva della collegialità repubblicana e istitutiva di un governo d’emergenza, veniva sospeso il principio collegiale con il dictator che assumeva il potere di entrambi i consoli, ma alla fine del periodo prestabilito le magistrature ordinarie riprendevano regolarmente le proprie funzioni. Un po’ come ha fatto il dittatore ungherese Viktor Orbán. Lì sì che di è sentito davvero la presenza dello Stato, concetto sul quale in Italia stanno lavorando affinché sia avulso sempre più dal popolo. Che poi popolo e Stato sono la stessa cosa. Però, poi, una forma di governo dove lo Stato era onnipresente, che si occupava di ogni aspetto della vita del cittadino, dal sostenere l’aumento demografico, alla nutrizione, all’istruzione, alla crescita (sana con l’educazione fisica obbligatoria), al lavoro, al pensionamento me lo considerate dittatoriale. Ma non nel senso “romano” del termine, in cui il Fascismo affonda le proprie radici, ma in accezione occidentale e “uccidentale”. Che, con le concezioni moderne, tuttalpiù potete considerarlo un totalitarismo: c’è stato sempre il Re su Mussolini: sia il 30 ottobre quando il re Vittorio Emanuele III affidò a Mussolini l’incarico di formare il nuovo governo, sia quando quest’ultimo, il 9 maggio 1936 gli consegnò “l’impero sui colli fatali di Roma”, sia quando il 25 luglio il re Sciaboletta ordinò di far arrestare Sua Eccellenza.
La democrazia (demos=popolo, cratia=governo ) non è altro che il governo del popolo, ovvero la possibilità di dare alla massa, sempre più meno pe(n)sante e informata e sempre più formata, di scegliere i propri rappresentanti. Ecco spediti i Di Maio, i Toninelli, gli Zan et similia al governo. Ecco palesata la truffa del centrodestra al governo, a chiacchiere contro green-pass e stato d’emergenza, ma assenti in Aula o in missione quando si tratta di votare i provvedimenti. La missione loro affidata non è quella di presidiare e combattere in quei palazzi? Ecco servito il bluff della cartina dell’Italia spartita tra rossi e blu, con prevalenza di regioni blu: 14/20. 14 VS 6. Sapete quanti Consigli regionali bastano per far saltare leggi, dl, dpcm lapalissianamente folli? 5. Il Centrodestra ne ha quasi tre volte tanti.
Però voi continuate a invocare libere elezioni, volendo eleggere sempre gli stessi personaggi, con questa legge elettorale. In nome della democrazia.

NON UN PENSIERO

“E tu dov’eri l’11 settembre?” è la ripetitiva anfora tormentone scelta per la commemorazione dei venti anni dall’attacco simbolo all’America.
Quando in una normale mattina di un qualunque giorno di settembre di inizio del terzo millennio, diciannove uomini armati di taglierino, al comando di un diabetico barbuto che viveva in una grotta dall’altro capo del mondo, condussero la più sofisticata opera di penetrazione dello spazio più difeso al mondo, immobilizzando passeggeri e piloti addestrati al combattimento su quattro aerei commerciali portandoli fuori rotta per più di un’ora, senza mai venire molestati da un solo caccia dell’U.S. Army.
Mentre tutto il mondo era incollato alle tivvù che erano sintonizzate sulle immagini di New York, senza peraltro capire granché, così su due piedi – l’America sembrava lontana, ground zero e le twin towers non erano così famose, di Al Qaeda la gente si interessava poco – come il fattorino che fischietta, carrellino in mano immortalato con una delle torri gemelle in fumo, gli annunciatori televisivi hanno saputo in tempo reale che il “colpevole” era lui – Osama Bin Laden. Gli esperti di intelligence e i servizi segreti a stelle e strisce – il cui fallimento era palese agli occhi di un cieco – dopo qualche ora non avevano dubbi: il mandante dei diciannove dirottatori indisturbati devoti fondamentalisti islamici che amavano bere alcol, sniffare coca e circondarsi di spogliarelliste con i capelli rosa era lui: Osama Bin Laden. Il governo Bush, sparito per un bel po’ e al gran completo non ebbe esitazione nell’individuare lo stesso giorno degli attacchi, il nemico numero uno al mondo in Osama Bin Laden.
Il capo del gruppo terroristico di Al Qaeda viveva in una grotta fortificata in Afghanistan da dove dispensava video a destra e a manca al mondo intero apparendo ogni volta più giovane, da dove in qualche modo è riuscito a fuggire alla volta di Tora Bora, da dove in qualche modo è riuscito a scappare riparando a Abbottabad facendosi beffa dei detentori della più sofisticata tecnologia militare al mondo, fino a quando è stato localizzato e catturato (forse) in Pakistan in una casa in cui non ha opposto resistenza, non ha usato una delle tante mogli come scudo umano e non era armato, dopo una complessa operazione delle squadre speciali Navy Seals – che ufficialmente non esistono – che, però, sono andate in panico ammazzando lo sceicco del terrore e buttandone il corpo in mare, come da tradizione del nemico, e in gran silenzio. E con esso, in acqua tutta la miriade di informazioni che poteva custodire il principale terrorista al mondo.
L’operazione non è mai stata filmata e due decine degli appartenenti alle forze speciali sono morte in un incidente aereo in Afghanistan.
Le indagini, pretese da un gruppo cospirazionista, sono nate già fallite, ritardate e sottofinanziate, nascondono un corposo conflitto di interesse e hanno finito per insabbiare tutto, compresa la verità. Erano basate su testimonianze ottenute con le torture la cui documentazione è stata distrutta. Hanno dimenticato di occuparsi dell’Edificio 7, del numero uno Able Danger, di Ptech, dei rapporti di Bin Laden con la CIA e delle esercitazioni con gli aerei lanciati contro gli edifici proprio mentre le loro simulazioni diventavano realtà.
Una commissione a cui hanno mentito l’FBI, la CIA, il Pentagono (dove l’11/9 si discuteva di trilioni spartiti), l’amministrazione Bush e il sottosegretario alla Difesa Cheney. Questi ultimi hanno testimoniato in gran segreto, a porte chiuse, privatamente e non vincolati dal giuramento, mentre i terabyte di fatti, testimonianze, ricerche sono andati distrutti per mano della DIA, della SCC ma solo per normale procedura di amministrazione. Di chi abbia finanziato gli attentati terroristici non se ne è occupato nessuno, o meglio, chi se ne è occupato ha etichettato la cosa come “litle pratical significance”, di scarso significato pratico.

Se per vent’anni ci siamo raccontati che il mondo era cambiato, che viaggiare era pericoloso, che dopo New York è venuta Madrid e che ogni 11 di ogni mese era la data buona per morire di paura solo nel prendere la metro, che una nuova guerra era alle porte, una nuova vandea, una nuova crociata in nome dell’odio e del podio religioso che ci ha fatto dividere il mondo in buoni e cattivi, che ci ha fatto subire i 2996 rintocchi di campane di quelle vite che furono, i fasci di luce – giuro non è apologia! – di Ground Zero, che ci ha visti restituite cinquantatré bare avvolte nel tricolore, quest’anno, oltre alla proposta editoriale della sempiterna Oriana Fallaci, c’è qualcosa di più: una gentile rivendicazione di Al Qaeda che rivendica di fatto l’11 settembre. Magari ha pure registrato i diritti d’autore per eventuali introiti. “Che sia ben chiaro: siamo noi i colpevoli, che nessuno si intesti i nostri successi” pare abbiano detto i terroristi. Excusatio non petita… inculatio manifesta. Una sorta di do ut des, forse un favore ricambiato in nome dell’arsenale bellico lasciato in gentile omaggio dopo vent’anni di occupazione.

Se ancora oggi dopo vent’anni sui social usati come troiaio virtuale perché questa è la nuova frontiera del sesso new age, compaiono messaggi buonisti per la strage, ogni faccino è appannato dalla bandiera a stella e strisce, ogni pretesto è buono per dire “I’M AMERICAN”, il mainstream ci propina la maratona televisiva in diretta dalla Grande Mela, allora sì che possiamo sorbirci il virus con tanto di narrazione pandemica. Forse ce lo meritiamo addirittura! Ci meritiamo le nuove varianti che altro non sono altro se non le tappe ulteriori di questo esperimento sociale. Ci meritiamo una Chiesa dove in nome dell’amore universale non ci si scambia il segno della pace, dove il momento cardine della transustanziazione viene sospeso e… amen! la cui guida facente “finzioni” di Papa ha paura di morire. Ci meritiamo la cieca obbedienza che è la sola occasione per uscire da quest’incubo che è stato possibile solo grazie alla cieca obbedienza. Ci meritiamo una vita decisa da altri perché non siamo capaci di insorgere contro il fatalismo. Non ci meritiamo Tucidide, non ci meritiamo Pitagora, né la scuola medica, Socrate, Paltone e Aristotele, non ci meritiamo Dante, Petrarca e Boccaccio né D’Annunzio, Marinetti e Ungaretti. Non ci meritiamo Jan Palach e Domenique Vernier. Non ci meritiamo di pensare. Non un pensiero nello stesso giorno per Bashar Al-Assad, presidente della repubblica araba di Siria, il popolo che ha subito il più grande attacco terroristico della storia nel mondo intero e che ha reagito con onore e coraggio per riaffermare la vittoria della Civiltà sulla barbarie.

Non un pensiero all’isola di Pantelleria che è sempre Italia e che ce l’abbiamo sotto al culo, dopo l’apocalittica tromba d’aria ha spazzato via due persone, scoperchiato case in cui sono state sbattute le auto. “È colpa dell’uomo che deve emettere meno CO2 nell’atmosfera” ha sentenziato il climatologo alla tivvù di stato. “È in corso un epocale cambia-mento climatico”. Che sarà il nuovo virus. Ma noi non un pensiero, mi raccomando.

A GGHIUORNO LUCE!

Una nuova alba è “schiarata” sul bel paese.
Merito dell’imponente blitz messo in atto ieri che ha neutralizzato un pericoloso comando ribatezzato(si) “Guerrieri”.
In tempi di restrizioni, allentate e restringenti, che anticipano un nuovo ciclico e ormai abituale lockdown, l’azione veniva messa a punto grazie all’utilizzo del canale preferenziale Telegram. La piattaforma concorrente della zuccherosa WhatsApp, preferita perché criptata – come aveva promesso essere anche zuckerino – i cui server e i dati ben custoditi al di là della cortina di ferro, nella ormai connivente Grande Madre Russia.
Il programmato gesto criminoso consisteva nientemeno che in un lancio di uova all’indirizzo del ministro della Salute Robertino Speranza, in occasione della visita a Padova.
Solo un ateo-provvidenziale annullamento della tappa veneta ha salvato il politico di Articolo Uno dall’essere ignominioso bersaglio.
Anche le galline hanno apprezzato e vivamente ringraziato per non aver reso vano il frutto del loro culo.
Dalle conversazioni intercettate pare si appuri pure l’utilizzo del manganello. O, forse, era solo un matterello che, accoppiato alle uova, sarebbe potuto divenire il cimentoso epilogo di una abbuffata fuori porta, rigorosamente all’aria aperta per consumare manicaretti sani, salutari e artigianali. Free green-pass. Normale, insomma.
La pianificazione, opera di esperti del crimine, non lasciava nulla al caso: l’azione non avrebbe risparmiato nemmeno i mezzi di tivvù e giornali che sarebbero accorsi per raccontare la manifestazione. Gli stessi giornalisti che per mesi non hanno dato voce alle stesse manifestazioni, se non per raccontare del bluff alle stazioni ferroviarie che, in realtà, è stato servito loro, confezionato in perfetta ottemperanza alla sc(u)olastica imperante contro le fake news. Ovvero le balle di governo spacciate per verità di regime. Magari raccontato dall’unico giornalista – manco a dirlo di Repubblica – che, dopo mesi, è finalmente riuscito a guadagnarsi un ceffone da un mani-festante (davvero tale solo dopo la cinquina!) tanto assediato quanto ingiusto per non aver colpito anche quello di Fanpage. La solita Italia dei due pesi e delle due misure, lo Stivale dei favoritismi.
Finirà che di virus e restrizioni resteranno a (far) parlare solo i no-mask, i no-vax, i no-pass: l’asinistra è avanti, è già oltre. E già altrove. Dopo che l’ha preso ‘ntu culo – e non è un piacere – col dl Zan, ora affronta e porta in aula il sempre valido asso nella manica sotto al rolex della legalizzazione della cannabis “casalinga”. Una piantina per appartamento, cosicché basteranno quattro appartamenti per fare una piantagione, come ha fatto notare Sgarbi.
Dalla desecretazione (esistono!) delle comunicazioni virtuali, addirittura è stato fatto menzione dell’indirizzo del presidente Dr-aghi. Quello che risiede quasi per obbligo a Palazzo Chigi; quello che ha avuto la casa di Città della Pieve bruciata in un misterioso incendio, così misterioso che ci hanno raccontato tutto; quello incensato dai giornal(a)i perché riposava, ma solo per la pausa estiva in piena emergenza, in Umbria, dove ci hanno detto e stradetto non era difficile incontrarlo dal salumiere, in lavanderia, a spasso con la consorte.
Un minuzioso lavoro di “intellighence” per carpire l’indirizzo del Pr€sid€nti$$imo.
Questi sono fatti. Mica quelli di Viterbo, dove non s’è fatto nulla per fare qualcosa che, in realtà e contrariamente alla prassi, s’è fatto più di qualcosa facendo finta di non aver fatto nulla! Prima e dopo.
I tempi sono cambiati per davvero: non ci sono più I bimbi che scrivono al Presidente del Consiglio,
gli uccelli allungano il becco e le zampe, i pipistrelli si fanno crescere le ali e i volatili allungano il proprio corpo, organi compresi, per fronteggiare il cambiamento climatico, ci dice la scienzah. Per cui o la teoria dell’evoluzione dell’uomo, l’antropogenesi è una Corazzata Kotiomkin, una cagata pazzesca, o Darwin ha dimenticato di dire che il mondo è stato inquinato sin dalla sua genesi. E nonostante tutto ha partorito Greta.
D’altronde anche il generale Figliuolo ha tolto la giacca d’occasione arcidecorata o arcidecorata per l’occasione e ha vestito l’uniforme da combattimento. Per mimetizzarsi meglio, babbuini miei…

SOLO UNA COSA

SOLO UNA COSA

Una sola cosa mi sento di dire ai semicolti e ai supponenti intellettuali dal sapere nozionistico affetti da torcicollo storico cronico e degenerativo, impanicati spastici e tifosi inermi del fatalismo:
BASTA con le assonanze, le analogie, i paragoni e i parallelismi col passato!
Mettetevi l’anima in pace, MVSSOLINI e il Fascismo non crearono alcun coprifuoco.
Il coprifuoco in Italia, se aveste ascoltato davvero i vostri nonni, quelli che avete rinunciato a vedere durante il confinamento domiciliare, fu introdotto il 26 luglio 1943, ovvero il giorno dopo che il Duce rimise l’incarico.
Il coprifuoco è da attribuire al maresciallo Pietro Badoglio. Per ragioni di ordine pubblico vigeva il coprifuoco dalle 21 alle 5 del mattino. Proibita la circolazione a piedi, in bicicletta e con qualunque mezzo motorizzato ai cittadini sprovvisti di lasciapassare. I pubblici esercizi di ogni categoria, i teatri di varietà, i cinematografi, i locali sportivi e similari erano chiusi durante il coprifuoco. Vietate le riunioni pubbliche con più di tre persone, le manifestazioni, le adunate, le conferenze e simili. Vietate le segnalazioni ottiche o luminose. Le finestre di tutti gli edifici dovevano avere le persiane chiuse. Delle sentinelle, poste nei punti strategici delle città, e delle ronde di soldati vigilavano affinché i divieti fossero rispettati. Per tutti l’obbligo di fermarsi in caso di «Chi va là?» e di ubbidire ai successivi ordini, in primis quello di esibire il lasciapassare. Però questo lasciapassare non viene minimamente menzionato nel vostro “amarcord”, ma anche qui intavolate un confronto con la Tessera del Fascio. Che consentiva la colazione – chiedete in quante case si consumava tale “lusso” – obbligatoria per tutti gli scolari e prima di iniziare le lezioni.
Proprio voi parlate di tessere, quando siete sommersi di fidelity card, di tessere fedeltà da cliente affezionato e consumatore rimbambito. Voi che fate la corsa ad accumulare punti per lo sconto o l’ambito premio. Con tanto di differenza in moneta con cui potreste acquistare ciò che vi dicono essere regalato. Più avete punti, più dimostrate fedeltà e più le agevolazioni aumentano. Ogni 10 epilazione dei baffetti, uno strappo gratis, ogni 12 mesi di piscina un mese gratis, ogni 10 pizze una in omaggio. Dov’è lo scandalo a cui gridate?
Se guardaste avanti e non foste ancora figli di Badoglio, se aveste fatto tesoro del disincanto del tempo, se voleste essere veritieri essendo necessariamente figli del tempo – per dirla con Bacon – guardereste poco più in là del vostro naso, guardereste alla Cina che è già qua in Italia, scivolata e akkompagnata sulla via della Seta. Guardereste all’oggi: all’ombra del Dragone vige una condotta a punti: più sei retto, più accumuli punti, più sei obbediente e più concessioni ti vengono fatte. Una sorta di green pass “rosso”, un modello imperante da importare, a cui vi stanno pian piano abituando, sul modello cinese.
Però voi preferite guardare al passato, preferite scannarvi tra connazionali, additare chi non vuole sottostare alla dittatura sanitaria, alla segregazione sanitaria e preferite rinnovare una guerra civile dal 1943 mai doma, tra nord e sud, rossi e neri, maschi e femmine.
“Noi fummo da secoli calpesti e derisi, perché non siam popolo, perché siam divisi” scrisse Goffredo Mameli che poi continuò “Uniamoci, amiamoci, l’unione e l’amore rivelano ai popoli le vie del Signore; giuriamo far libero il suolo natio: uniti per Dio, chi vincer ci può!?”. Invano.
Signori cari, questa chevdtiamo vivendo è una dittatura: giornali pagati (andate a verificare sul sito del governo!) al posto di elargire contributi a ospedali e strutture sanitarie perché trasmettessero le notizie (di propaganda) covid, la commissione contro le fake news ovvero lo sdoganamento delle balle di regime, governi improvvisati da sconosciuti, opposizione finta e farsesca, voci dissonanti silenziate, luminari ignorati, “disturbatori” suicidati.
Il Fascismo non fu una dittatura, tutt’al più un totalitarismo. E che vi piaccia o no, fu innanzitutto movimento di popolo!
Lo Stato era presente in ogni aspetto della vita del cittadino, dall’alimentazione, all’istruzione, dalla formazione, alla creazione del lavoro, dall’assistenza della prole, al pensionamento. Mica come quello attuale che ti impone – perché te lo impone – il vaccino, ma senza responsabilità. Diciamo pure con una mascherina in faccia.
Al Duce venne conferito l’incarico di formare il governo dal re Vittorio Emanuele III, il titolo di imperatore d’Etiopia venne conferito al Re da Mussolini e sempre al re Vittorio Emanuele III Mussolini rimise l’incarico, presentandosi a Villa Savoia il pomeriggio del 25 luglio, guardando in faccia il suo destino. Un destino quello dell’Italia firmato con un armistizio – vi hanno detto così, vero? – che in realtà fu una resa incondizionata a tutti gli effetti. Ignominiosa. Tanto che a Parigi si stabilì che l’Italia non avrebbe potuto perseguire i traditori. Di cui oggi si festeggia il genetliaco per la settantottesima volta. In attesa di risorgere a vita nuova il 25 luglio.
Per cui, “prodi” badogliani venticinqueluglisti”, prima di avventurarvi in congetture sulla ciclicità della storia – sarei curioso di sapere se secondo Machiavelli, piuttosto che Vico che si ispira a Platone, però, ribaltandolo – studiatela la storia. Quella vera e non quella utile, agli altri.

SINISTRA NEGAZIONISTA E VERITA’ INFOIBATE !! L’ultima follia del Rettore di Siena. Lo sdegno delle Associazioni delle vittime delle foibe.

È arrivato come un temporale d’estate e quanto un temporale d’estate è durato. Effimero, come impongono deve essere la concezione della vita in questo mondo moderno. Priva di radici, priva di valori, priva di un domani. Una esternazione di carattere politico laddove la politica dovrebbe lasciare spazio al pensiero, al libero pensiero, che avrebbe dovuto comportare conseguenze di un terremoto e invece, è caduta nel baratro del dimenticatoio a favore di un’altra folle esternazione. Di pari livello. Parliamo del mondo accademico, delle università di Pisa e di Trieste e dei loro magnifici rettori. L’università triestina, con il suo obbligo di green pass (anche) per dare gli esami che devono essere sostenuti in presenza, ha rubato la scena al rettore dell’Università di Pisa che, ancora una volta, tanto per cambiare, ha negato l’esistenza delle Foibe. Nessuno, però, gli ha attribuito del negazionista, quell’epiteto con cui si etichetta, ad esempio, chi osa mettere minimamente in dubbio i numeri della shoah. E attenzione a non definirla impropriamente olocausto, passato oggigiorno a definire chi si interroga sulla narrazione imperante, nel caso ultimo, sul covid 19
Nessuno, eccetto una forza extraparlamentare di “violenti, nostalgici picchiatori”, ne ha chiesto la rimozione dall’incarico di questo “illustre” accademico. Incarico che gli è stato recentemente conferito. Ed é davvero grave il silenzio delle Istituzioni su questo fatto di una gravità assoluta. Che, quanto meno, denota una profonda ignoranza storica di un cattedratico. Per non parlare della faziosità e della partigianeria insopportabile.
Imbarazzante, seppur eloquente il silenzio del ministro della Pubblica Istruzione Patrizio Bianchi, che non è pervenuto non si sa perché. Se perché è in vacanza, nonostante lo stato di emergenza prorogato al 31 gennaio 2022, o perché… boh! Ma da uno che è stato chiamato a sostituire una Ministra che ha comprato migliaia di inutili banchi a rotelle sperperando denaro pubblico e che ora affollano i sottoscala delle scuole disastrate, non ci si poteva aspettare di meglio. Meglio persino il dj Bonafede quando espose la massima “un reato quando non è doloso, è colposo”. Non pervenuto neanche il Presidente della Repubblica, muto e probabilmente in vacanza anch’egli. Qualche post da parte dell’opposizione che paga lo stipendio allo spin doctor pure ad agosto, per cui meglio farlo lavorare. Già, perché oggi la politica si fa così. Con un cinguettio in riva al mare e non più in Parlamento, dove nessuno più usa e osa presentare proposte di legge, controbattere, opporsi, fare battaglie. Un Parlamento esautorato delle proprie funzioni, visto che ormai le Leggi sono state sostituite dai Decreti e prima ancora dai Dpcm, dalla Circolare Compensativa Ministeriale e dall’umore del Ministro che ha mal digerito la peperonata della sera prima, piuttosto che la salutare minestrina.
Evidentemente un atto dovuto quello del dr. Montanari, un ripetitivo “rito di iniziazione” di chi, magari in assenza di talento specifico, basa la propria carriera sul solito, ripetitivo antifascismo bislacco e da teatrino.
Nessuno che abbia avanzato dubbi sulla sua sanità mentale, sulla sua capacità morale – lapalissianamente assente – e sulle sue competenze culturali. Ma il Montanari, per essere davvero magnifico, non si limita a negare l’esistenza delle Foibe, ma addirittura chiede la cancellazione della Giornata del Ricordo. Quella che ogni anno il Presidente della Repubblica commemora pubblicamente al Quirinale.

Ma se l’illustre Rettore  non vuol credere alla storia di Norma Cossetto, studentessa stuprata svariate volte solo perché era figlia al segretario politico del Fascio locale (Santa Domenica, oggi Croazia), può informarsi sulla fine, differente solo per età, di Giuseppina Ghersi che quando fu stuprata e uccisa di anni ne aveva solo 17. Se questo non gli basta può ricercare notizie in merito alle restanti 2363 donne, che sono solo quelle accertate, cui i partigiani comunisti hanno riservato la stessa fine. Se questo non gli è ancora sufficiente, può chiedere direttamente alla signora Egea Haffner, ancora vivente e “passata alla storia” come la “bambina con la valigia di cartone” privata persino del nome e dell’identità, come accadde pure al padre, colpevole solo di conoscere il tedesco. Può chiedere ai tantissimi deportati dell’Istria e dalla Dalmazia o ai loro figli e nipoti viventi, testimoni di inenarrabili atrocità.
Le opinioni del Rettore dell’Università per stranieri non saranno certo assunte a verità e Montanari, forse ne è cosciente anche lui, è solo l’ultimo utile idiota che si affanna in simili idiozie partigiane. Ma le sue affermazioni sono gravi perché vanno contestualizzate in un periodo in cui si imbrattano le statue, si rovinano irrimediabilmente le antiche vestigia, si annientano radici e valori, si distruggono sapere e sapori: un’altra tessera nell’orribile mosaico del cancel culture, del black lives matter, del finto buonismo e dell’essere forzatamente tutti uguali, senza capire che la vera ricchezza è proprio la diversità tanto negata e demonizzata proprio da quelli che la vogliono abolire.
In attesa che qualcuno in un futuro molto prossimo elogi per le “scelte economiche” gli infoibatori perché risparmiavano proiettili, visto che la gente da infoibare era legata con del filo spinato ai polsi per cui bastava colpire il primo perché trascinasse con sé tutti gli altri. In un misto di morte-vita-sofferenza in modo da acuire ancor più il trapasso. Ma queste sono verità storiche inconfutabili. Per cui ci si dovrebbe interrogare piuttosto sul perché di queste menate della “sinistra” intellighenzia. Cosa nascondono queste esternazioni folli e stomachevoli di rappresentanti del mondo Universitario, apertamente espresse da un uomo di sinistra che ricopre un ruolo pubblico, oltre che di educatore e docente?
Il punto è che rischiano di combattere, e la sconfitta appare più che evidente, ad armi pari: a partire dal definire il termine foiba, per troppo tempo vergognosamente derubricata a cavità carsica. Due parole. Stop. Meno si dice e meglio è. Magari dovrebbero ammettere che le brigate partigiane non erano altro che un’accozzaglia di personaggi che avevano tutti i crismi per essere considerati dei banditi, senza una uniforme, senza una regolarità e senza una parvenza di riconoscibilità. E men che meno di pietà umana. Che il loro odio è stato riversato esclusivamente nei confronti dei loro stessi connazionali. Spesso conoscenti che hanno condannato a morte in spregio ad ogni regola persino di guerra. Che sono stati capaci di atroci nefandezze verso gente che non c’entrava nulla con il loro livore. Che tanti crimini potevano essere evitati perché gratuiti. Che feroci delitti rispondevano solo al loro odio per una ideologia che non contemplava altro. Che loro stessi sono state solo pedine di un disegno volto a fare della loro Patria uno stato satellite di una Paese criminale, dove ogni libertà era bandita, dove ogni pensiero era vietato.  Che sostanzialmente gli antifascisti hanno combattuto una guerra civile anche dopo che era già finita una guerra mondiale.  Commettendo delitti di guerra a guerra finita. Che non è poi tanto differente dall’idea praticata oggi di combattere  il Fascismo a 80 anni dalla sua caduta.

https://www.camposud.it/2021/09/sinistra-negazionista-e-verita-infoibate-lultima-follia-del-rettore-di-siena-lo-sdegno-delle-associazioni-delle-vittime-delle-foibe/