SottoMESSI al capitalismo

Il day after propone lo scandalo della premiazione (per parlarne ancora): se da un lato ci si indigna (ma perché?) per Emiliano Martinez che ritira il premio di miglior portiere del mondiale qatariota – una manina gigante – e la porta a livello dei genitali, in favore di fotografi e cameramen, dall’altro ha fatto discutere il fatto che Messi abbia indossato il bisht al momento del ritiro della coppa del mondo. Tolto, poi, al momento del giro di campo con la coppa, per inciso.

Il bisht – ‘o pigiama ‘e flanella – è un soprabito riservato a chi si eleva al rango di sovrano e Messi, in campo calcistico, sovrano lo è indubbiamente. Messi, dunque, si è sottomesso? Non meno di chi si è genuflesso al cospetto della buffonata del black lives metter. Non meno del pilota di Formula 1 Lewis Hamilton che, al GP del Golfo, beve acqua colorata al posto del boccione di Mumm e rinuncia all’ombrellina al suo fianco prima di partire.

Maradona, però, non lo avrebbe mai fatto. Probabile, considerata la sua avversione – con fatti e non a chiacchere – al modello capitalistico. Aveva tatuato Che Guevara sul braccio, ma, ad analizzare bene, vogliamo ricordare come e perché è morto il rivoluzionario argentino?

Messi avrebbe dovuto rifiutare? Sì, forse, non so. Posso dire che mi sarebbe piaciuto vedere Fini e Salvini non indossare la kippah. Posso dire che a me dà enormemente fastidio vedere gente, donne con il velo (integrale, a mezzo busto, che copre solo i capelli) sotto al Duomo, in fila per visitare la Cappella (con la C maiuscola, intesa come Duomo) del Brunelleschi, in fila davanti al Cristo velato (magari!) o alla Vucciria.

Il discorso su Messi è diverso. Completamente.

Lì non si tratta di rispetto dei luoghi e del mos maiorum, di integrazione o di chissà quale altra diavoleria. Lì è meramente un fatto di dané. Plutocrazia. Soldi. Soldi assai. Citofonare PD, Bruxelles, Fifa. Che, poi, non sono tutti la stessa abominevole cosa? È un fatto di sponsor. Nient’altro. La FIFA – che ha incassato un miliardino più del previsto – twitta proprio quest’immagine? È un caso? Grazie al caso!

Più che i tifosi dovrebbero essere incazzati gli sponsor. Adidas per primo. Quelli che sono insorti e hanno ottenuto finanche l’ammonizione del giocatore che esulta dopo una rete togliendosi la maglietta? A chi nuoce? A chi dà fastidio? Agli sponsor! Che perdono il momento di maggiore visibilità per foto e video.

Gli stessi sponsors che si scontrarono in modo epico a France 98. Adidas Vs. Nike. Adidas che sponsorizzava i Galli con il capitano Zidane, uomo simbolo, contro la Nike, sponsor tecnico dei verde-oro su cui era improntata tutta la campagna pubblicitaria (dané, soldi, soldi assai), con Ronaldo il fenomeno uomo di punta.

Spot sfizioso, ambientato nell’aeroporto e colonna sonora – Mas que nada – diventata un vero tormentone. Fin qui nulla di strano. Lo strano è che nessuno ha preferito parola sul fatto che Ronaldo il fenomeno morì per un minuto, poco prima della partita più importante della carriera di un calciatore: la finale dei Mondiali. Il suo cuore si fermò per un minuto, a causa di una posizione innaturale della testa che Ronaldo aveva assunto mentre guardava il Gp di Formula 1. Il suo malore fu curato come crisi epilettiche (medici umani troppo umani pure per i paperoni con i piedi d’oro), sulla distinta ufficiale che la FIFA premeva per averla il nome di Ronaldo non compariva. Non compariva perché era in ospedale da dove su una barella aveva seguito l’intero prepartita.

Qualche frazione d’ora più tardi il numero 10 della Seleção è regolarmente in campo per giocare la peggior partita della sua carriera, finendo per essere nemmeno l’ombra di se stesso.

Edmundo – ‘o animal – che doveva giocare al posto del Fenomeno fu fatto fuori proprio dagli sponsor che pretesero che Ronaldo prendesse parte alla gara. Questione di immagine. E che immagine! Al medico della Nazionale brasiliana non fu mai più concesso di esercitare la propria professione. Ancora oggi. I fatti di quel pomeriggio sono arrivati finanche al Parlamento brasiliano che ha organizzato una commissione d’inchiesta.

Pecunia non olet. In Qatar, dove la situazione non è poi tanto diversa da France 98, abbiamo due squadre a contendersi il trofeo. Due numeri 10. Entrambi appartenenti ad un club francese (francese!) a sua volta appartenente ad un emiro. Due fuoriclasse, già uomini-simbolo e ieri – guarda un po’- anche uomini partita. Anzi, uno ha addirittura segnato una tripletta, come non accadeva da mezzo secolo. Questione di pigmentazione! Ha anche ottenuto il titolo di capocannoniere. Questione di pigmentazione! Ha perso, ma nonostante tutto ha vinto. Questione di pigmentazione! Si sprecano i titoloni sulla cartastraccia per il rispetto della medaglia d’argento che ha tenuto al collo. Questione di pigmentazione sicuramente! La gara non ha visto vincitori né vinti. Non ha visto nessuno prevalere sull’altro. L’Albicelesti che vanno in vantaggio di due lunghezze a zero e i cuginetti d’oltralpe che eroicamente rimontano. Merito della baguette e della mancanza del bidet. Un rigore ciascuno, così non scontentiamo nessuno. Tempi supplementari non senza emozioni e, poi, gli immancabili, spettacolari rigori.

Di certo, non ci aspettavamo potesse vincere l’Afrancia, dopo che, grazie a quegli amici mangialumaca di Blatter e Platini, il Qatar si è aggiudicato l’organizzazione dei mondiali. Dopo che l’Eliseo ha smerciato proprio agli arabi una cinquantina di aerei. Dopo che la FIFA è stata premiata con un miliardo in più rispetto al previsto. Rispetto a quello che si sa.

Ditemi chi ha perso. Se non il calcio. Se non i tifosi. Se non le centinaia di schiavi morti per costruire gli stadi, da oggi buoni nemmeno più a ospitare cammelli. Se non gli autori teatrali, capaci di scrivere spettacoli sicuramente migliori e molto meno, meno scontati.

UN CONTRATTO DI LAVORO PER “SPAZZARE VIA TUTTO”……ANCHE LA COSCIENZA !!

L’aria che si respira è quella del di dì festa, la location addirittura un castello, il Maschio (toccherà pensarci prima o poi) Angioino (ancora con razze, casate e toponimi?) la sala, elegantissima, quella dei Baroni. Il motivo della cerimonia uno tra i più importanti nella vita, quello che spazza via tutto: un contratto di lavoro. Allora è consentita pure la partecipazione di mammà e babbo a vedere ‘o figlio ca piglia ‘o posto. Ma le “contraddizioni’ – per dirla con un luogo comune – non finiscono qui. Nossignore. Perché i contratti di lavoro sono ben 200 sottoscritti in una sola giornata, vieppiù nella città di Napoli, per antonomasia – ma quante se ne nascondono dietro la Nea Polis è un segreto di Pulcinella – capitale della disoccupazione. E non è tutto: i duecento nuovi occupati saranno degli operatori ecologici in quella che tutti identificano come la capitale della monnezza.
Al netto di un’amara ilarità, questa situazione, che è la conclusione del concorsone terminato a settembre, quello che si è tenuto per opera e volontà di “masto Vicienzo Co.Co.Co” – con il Covid, nonostante il Covid, nonostante quello che è stato Vicienzo con il Covid – apre profonde riflessioni su molteplici fronti. A partire proprio dai luoghi comuni che vanno infranti, se a Napoli 200 giovani – età media 24 anni – hanno firmato un contratto di lavoro per operatori ecologici, la verità incontrovertibile è che c’è una gran voglia di lavorare. E qui va aperta un’ulteriore riflessione sul Meridione da tempo coda antipodica del nord unico motore dell’economia italica; sulla capitale – che poi non è tale – del reddito di cittadinanza inteso come sussidio di stato, a partire proprio dal padre del RdC Peppino Conte che, appena il governo Meloni ha annunciato di voler rivedere l’elargizione economica, si è immediatamente fiondato sotto al Vesuvio: Scampia, quando deciderai di non farti sfruttare così?
Dei 200 assunti, si apprende, solo 19 hanno la licenza media, 169 sono diplomati presso una scuola superiore e 19 sono addirittura laureati! Onore a loro, non c’è che dire, ma davvero mammà e papà hanno fatto sacrifici – leggi privazioni – per un ventennio almeno, per far studiare il proprio figlio pe’ se piglià ‘no posto e il posto tanto ambito è quello del netturbino? Mestiere nobile, maestro di una vita “superiore” anche per un napoletano doc quale è Totò che gli affida la morale de La Livella che è maestra di vita. Ma se un laureato, un diplomato “vince facile” per andare ad accaparrarsi il posto dello scopatore, non preclude forse la possibilità a chi non ha proseguito gli studi o non li ha proprio finiti? Ed è corretto, e forse pure normale, che chi sa districarsi tra i labirinti giuridici (i DPCM quotidiani di Conte, tanto per dirne una), che chi sa leggere un bilancio comunale, chi sa valutare la stabilità di un palazzo e magari renderlo sicuro, dopo tanta formazione debba seguire un ulteriore corso per imparare a guidare una macchina atta a spazzare la strada, piuttosto che seguire le direttive di come si spazza un marciapiedi? Sempre per un fatto di scelte, di attitudini, di formazione.
Ribadiamo: onore al valore, coraggio su tutti, di questi ragazzi plurititolati che non hanno certo avuto paura di cominciare dal basso (sperando per loro che non finiscano sempre più in basso), ma a voler riflettere, persino i “professoroni” che hanno permesso tutto questo potevano interrogarsi sulla liceità del loro operato. Sulla “giustizia” ai sacrifici di ognuno. Se sia giusto spazzare via – è proprio il caso di dirlo – così sacrifici, impegno, difficoltà, sogni passate per i tanti tomi ingurgitati. Distruggere ambizioni e possibilità. Imparare ad accontentarsi. Se sia giusto che un “dottore”, pur di lavorare, sia indirettamente costretto ad accettare le regole del gioco. E del giogo. Se non si voglia, invece, indirettamente, ma nemmeno tanto, creare un appiattimento di ogni individuo nella società, magari con quella fisima dell’essere tutti uguali che è tutt’altra cosa rispetto all’uguaglianza, altra cosa ancora rispetto all’equità. Atteso il fine buono, buonissimo, buonista di tutti. Omnia Munda Mundis. OMM….. Omm’….

https://www.camposud.it/un-contratto-di-lavoro-per-spazzare-via-tutto-anche-la-coscienza/tony-fabrizio/