AVGVRI D’ITALIA

Ad essere sincero non mi sono mai spiegato tutta l’euforia legata all’ultimo giorno dell’anno.
Detesto i trenini e i conti alla rovescia non mi piacciono. Le cose che finiscono mi mettono sempre una triste malinconia, forse perché proprio anno dopo anno ho perduto pezzi importanti della mia vita. E di me stesso.
Non capisco come ci si possa rimbambire credendo che dopo qualche ora tutto potrà essere diverso, addirittura migliore, se le premesse non vanno in questo senso. I problemi economici, sociali e di salute non scompariranno allo scoccare della mezzanotte. Forse non accade più nemmeno nelle favole, nei giochi e nelle storie inventate.
Gli imbecilli ce li trascineremo dietro anche nel nuovo anno. Gli incapaci pure. I traditori del popolo e della Patria saranno ancora lì ad abbuffarsi grazie al popolo che ancora non ha i coglioni per cacciare loro le budella. Se il 2019 era stato l’anno della fatturazione elettronica che ha fatto chiudere tante piccole partite IVA, il countdown di quest’anno bisesto e funesto sarà il conto alla rovescia anche per 390 mila aziende che da domani non esisteranno più i cui proprietari ingrosseranno le fila dei nuovi poveri.
Alle grandi industrie non è andata certo meglio. L’anno venturo, ovvero fra qualche ora, il cappio al collo di tanti italiani sarà ancora più stretto. Uguale al laccio emostatico che è stato MESso intorno al braccio di tanti professionisti. Eppure si festeggia nonostante lo sappiamo fin troppo bene già da quest’anno. Che è finito ormai. Lasciate stare Lucio Dalla, ora che, ahimè, non c’è più: il suo “L’anno che verrà” è una denuncia contro la violenza del terrorismo che, seppur scritta negli anni di piombo, resta valida ancora oggi che assistiamo a stragi incentivate da frontiere aperte ed accoglienza senza utile e giusta cernita. Utile solo all’estinzione della specie che si vuole rimpiazzare a tutti i costi. Credeteci, Dio santo! Una denuncia-speranza (vana) visto che viviamo di e sui social, ma non siamo più capaci di comunicare. Continuiamo ad essere vittime delle demagogia credendo che sarà tre volte Natale, ma la realtà ci dice che quest’anno si è concretizzato il progetto di divieto di festeggiarne anche solo uno. E per di più senza il nato. Nello stesso contesto dove siamo favorevoli a far sposare i preti senza accorgerci che quelli scopano già. Anche i fanciulli. Che se sono vittime di uomini ci indigniamo q.b. che non è a sufficienza, ma se morsi da un cane lo abbattiamo senza colpo ferire. Senza pensare a come stanno mentre a mezzanotte i botti di Capodanno rischiano di spaventare a morte quelli che, magari sono stati solo un regalo una settimana prima e saranno vittime della vacanza estiva poi. Prima che poi.
Ricordo Capodanni in piazza, cene in famiglia o cenoni con gli amici. Dove si era allegri per forza, per imposizione o perché si stava bene. Ne ricordo altri da solo sul divano. Forse quello più tristemente benevolo che abbia finora vissuto.
Personalmente me la cavo dicendo che “sono di turno”, che questo benedetto lavoro del cacchio – che grazie a Dio c’è – si fa così. E mi va bene uguale. Ob torto collo. Ma fatico, e qui non si tratta di lavoro, a capire quelli che per 3 ore di festa mettono a rischio il loro posto di lavoro. Sostegno e sostentamento loro e delle loro famiglie anche dopo la mezzanotte del nuovo anno.
Mi sono sempre tagliato fuori dalle situazioni che non mi piacciono perciò, non volendo intristire le feste altrui, auguro a tutti i migliori anni. Con la stessa valenza di un comunissimo buongiorno o buonanotte di un giorno qualunque.
E se proprio vogliamo esorcizzare riscopriamo l’Italia, i suoi padri e i suoi eroi e il dono di Dante, risciacquato in acqua d’Arno dal Manzoni e reso “universal-nazionale” da San Giuseppe Moscati: Capod’anno iniziamo a scriverlo con l’apostrofo!

V-day, atto I: acCIAK!

Tanto atteso quanto acclamato, è arrivato il 25 dicembre. A ora di pranzo. Quando le nuove famiglie monocellulari, atomizzate, smembrate e ridotte ai minimi termini abbracciavano la tivvù, ormai sempre più prolungamento catodico del MinChiulPopp, che trasmette su pluric-anali monotematici.
È stato accolto quale salvatore del mondo con tanto di bene-dizione urbi et orbi (non è latino, ma l’ultimo termine sta proprio per “cecati” e le cause sono mentalmente note!): non è Gesù Cristo, il figlio di Dio, il nuovo Sole, il Sol Invictus, ma il dio vaccino. L’anticovid. Il ritorno all’a-normalità.
Lo hanno trasportato i tir che poi per il freddo che, si sa, riduce le dimensioni, sono diventati semplici furgoni. Come quelli che trasportano i surgelati. Tutti neri. Fascisti. Stranieri. Nazisti. Naziskin. Polacchi. Cosacchi. Uscocchi.
Ha valicato le Alpi, da solo, senza ostacoli, come Annibale. Poi, arrivato in Italia, ha abbisognato della scorta, come un grilloide convertito. E sono arrivati 44mila gendarmi, con i pennacchi. E con i pernacchi.
Sarà stata per l’influenza di Di Maio, ma il cargo-vax, proveniente dal Belgio, da Puurs, si è buttato a destra, ha fatto il giro largo e se ne è andato per il Brennero – il V-tour – per arrivare a Roma, a Tor di Quinto nella caserma Salvo D’Acquisto a riposare in attesa del trasporto allo Spall-anz(i)ani – nomen omen – tutto su gomma (la Gretina lo sa questo?!?) per poi essere smistato, a mo’ di contagio, nelle venti regioni italiane tramite venti aerei. Anche al Brennero! È tutto vero!
Un po’ ci sono rimasto male, però: avevo la speranza di vedere Conte, Di Maio, Guerini, Speranza, Lorenzin, Renzi e compagnia cantante dai balconi accogliere, genuflessi, la provetta. La siringa. Col braccio teso… per l’in(o)culazione. Ma niente. Tutti belli ciao ciao ciao.
In verità, in verità vi dico: ci sono rimasto un po’ male pure perché la prima volta che questo esecutivo fa una cosa con la luce del sole, non ci mette la faccia. Né il braccio e né il culo.
D’altronde erano terrorizzati alla sola ipotesi di dover lavorare il 24 dicembre per approvare la manovra, impensabile comparire il 25! Sebbene su un red carpet.
Niente intralci stradali, la gente era rinchiusa in casa, ma per stare sicuri hanno chiuso pure le autostrade e persino i Tom-Tom ti dirottavano su strade nazionali, regionali,  provinciali e regi tratturi, arterie in ostaggio dei rom-rom; niente intoppi burocratico-istituzionali: il Comandante Generale dell’Arma è freschissimo di nomina!
Stavolta Arcuri si è smentito organizzando tutto con navigata esperienza da kapò supremo del nuovo soviet itagliano.
Non merita menzione la par(i)ata fatta per mezza Italia trasmessa live, real time, on demand, in differita in visione nazionale. Ma da un governo il cui portavoce è un comparsista del Grande Fratello cosa ci si può aspettare?
Ora abbiamo i vaccini, ma pare manchino le siringhe, i gazebo non si sa se sono stati approntati, la primula a dicembre non germoglia, mica è Cristo che resiste a chi anticipa!, ma non dimentichiamoci che il regista di tutto questo teatrino è sempre lui, Arcuri! Quello dei banchi con le rotelle. Quello del lucro delle mascherine. Quelli del calmiere dei DPI. Quello che, nonostante appaia quale commissario all’incompetenza, nessuno osa mettere in dubbio un suo avvicendamento.
E chissà se per le spillette identificative e discriminatorie l’App-alto è stato già affidato o ancora si stanno scannando nell’intestino la centrale del pd con la succursale del M5S. O si divideranno quello per i ricoveri di concentraMento.
I menestrelli di regime evidentemente non hanno ancora ricevuto la velina ufficiale di palazzo da divulgare quale nuova buona notizia.
Il ciak primo per il primo v-day è dunque pronto: chissà se i tanti “sprettattori” impanicati, maschertinati, igienizzati, distanziati-asocializzati e decerebrati si siamo mai chiesti il perché sottoporsi ad un vaccino quando il loro apparato immunitario ha retto funzionando alla grande, se quelli contagiati hanno sconfitto il vairus di Wuhan grazie solo alle proprie difese immunitarie.
E soprattutto perché l’Italia abbia ricevuto poco meno di 9mila dosi, meno di tutti!
Proprio A NOI che, come dicono loro, stiamo più inguaiati degli altri? Gli stessi che, con orgoglio, contemporaneamente, senza pudore né vergogna alcuna spacciano ancora il modello Italia.
Io ne sono certo: la loro incapacità sarà la nostra salvezza!

AUGURI DI NA…POLI!

Quest’anno il regalo di Natale più bello lo ha fatto Napoli. Ancora una volta Napoli non si è fermata e la notte della Vigilia di Natale non ha obbedito a schizofrenici dpcm, non si è fatta piegare da raccomandazioni istituzionali tanto illogiche quanto inutili.
La notte scorsa i pescivendoli sono stati aperti come di consueto, i chianchieri hanno continuato ad approntare tutto ciò che va messo in tavola per il Santo Giorno e i verdummari non hanno smesso di preparare tutto ciò che fa da contorno.
Non è un’ode menchemeno un elogio del consumismo più becero, proprio quest’anno che tante persone, grazie alle genialate di questo assurdo governo di fortuna, previo consulto di un comitato di geni, non riesce a mettere insieme il pranzo con la cena, ma è una difesa della tradizione, di ciò che siamo stati e di ciò che vogliamo continuare ad essere.
E se parli di tradizione natalizia, dove tutto, anche un miracolo, può accadere se non Napoli che è la città dell’eterno Natale?
Perché, se ancora non è chiaro il virus è tornato a colpire in maniera insistente, almeno a detta dei canali ufficiali visto che numeri dicono tutt’altro e persino l’esatto contrario, proprio nel periodo di Natale perché Natale è la festa della famiglia, a Natale si riuniscono i propri cari.
Sia di chi crede che di chi non crede.
Per cui questo virus, intelligente e sfollagente, che riesce ad alternare giorni, ore e fasce zonali colorate, pasticciate, accese ad intermittenza fino a rendere tutto “UNITED COLOR” per dirla con i tentativi fuorvianti del linguaggio della perfida Albione, tanto caro al Conte di Volturara Appula, che arma 70mila soldati pronti, proni e ubbidienti al nuovo Erode, sa che deve colpire la tradizione, sa che deve colpire la Cristianità, sa che deve colpire la famiglia.
Così, anche nel periodo natalizio, non fa notizia per non fare indignazione e sgomento la Madonna che a Milano è stata trovata con la testa mozzata, la Madonna consegnataci con le mani amputate e così non fanno notizia più gli attentati al Cristianesimo. È passato come un gesto formale, quasi normale, sotto silenzio. È la nuova normalità a cui vuole spingerci Qualcuno che predica così e vuole fare abbracciare a noi tutti questa croce. ​
Quel qualcuno che, dopo aver inneggiato a Pachamama, si è già portato avanti per il prossimo anno dedicandolo a San Giuseppe e alla paternità. Magari nel 2021 ci chiederà di elogiare “padre-provetta” o “padre-aborto” visto che già quest’anno, che potrebbe vedere le “dimissioni” di Bergoglio, si assiste all’elogio dell’inoculazione di cellule dei feti abortiti, assurto a gloria di nuovo vaccino. Che è il nuovo dio, manco fosse quello dell’immortalità.
Ce lo vedete Sant’Antonio da Padova che abbracciava i lebbrosi mettersi in fila davanti al padiglione con la primula?
E l’esempio dei martiri, che hanno versato il sangue per la Fede?
Il sangue che è linfa vitale… che fine ha fatto nelle persone? Si può essere persone ed essere viventi senza sangue?
Non a Napoli, dove hanno vita anche le pietre, dove ogni pietra è resa viva, da Pompei ed Ercolano ai muri del Bronx di San Giovanni e dei Quartieri Spagnoli. Dove la fede è viva in ogni angolo, dove ogni strada pullula di chiesa e di panari solidali, di caffè sospeso e di magnanimità, dove si (ri)vive persino dopo la morte in statuine dei presepi e nel culto della memoria, dove la tradizione si tramanda gelosamente di padre in figlio, dove ogni nonno è pezzo integrante della famiglia che è puzzle e può essere tale solo se presente, è memoria ancora attiva. È dove non esistono le RSA. Dove, in barba a ciò che ci propinano tuttologi di ogni ora e affaristi lucrosi persino sulla vita (e più sulla morte) delle persone, ormai ridotte a meri consumatori di medicinali, ha dimostrato la vera realtà con la curva dei contagi che flette e l’indice di mortalità più bassa d’Italia i nuovi assembramenti – una volta punto di incontro e socialità – i festeggiamenti per la vittoria della Coppa Italia in estate e il dolore per la scomparsa di Maradona alle porte dell’inverno.
Allora facciamo nascere ancora Chi nasce ininterrottamente da 2020 anni e ha rivoluzionato il mondo, da dove, dopo 2495 ancora nasce e stupisce sempre. Per cui auguri di Natale, auguri di Na…poli a tutti!

https://www.camposud.it/2020/12/4701/

I PESCATORI LIBERATI

Ieri non è stato solo il giorno della liberazione dei 18 marittimi italiani sequestrati in Libia, ma è stato anche – o solo – il giorno della verifica per il Governo, il giorno in cui si contestava a Giuseppe Conte di aver insolitamente tenuto per sé la delega ai servizi. I 18 prigionieri sono stati liberati proprio in questi giorno.
Trasecolo alle voci “cattive” su Conte e Di Maio (menomale che in Libia ce lo hanno portato!) circa il presunto pagamento del riscatto, sull’azzardare la contropartita data al generale Haftàr, sulla passerella mediatica e riguardo lo spot natalizio per il governo che probabilmente non mangerà il panettone (acchiappa prima pure mazzate, recita un vecchio adagio del mio paese).
Non scopriamo certo adesso che tante personalità di questo governo, creato da Renzi e che Renzi può/vuol(?) distruggere, sono del tutto inadeguate al ruolo, se non addirittura degli incompetenti che non è un’offesa, ma una forzatura visto che in piena “pandemia” il Ministero della Salute è guidato da un laureato in Scienze Politiche, Di Maio stesso è stato prima allo Sviluppo Economico e poi alla Farnesina e persino il presidente Conte sputa sul Diritto con cui finora ha mangiato.
Certo ci vuole coraggio e tanta faccia tosta ad intestarsi un successo che non è proprio, ma c’è pure chi, arrivato a Palazzo Chigi, continua a falsificare il curriculum come se lì ci fosse arrivato per valutazioni di titoli.
Ci vuole coraggio e tanta faccia tosta ad andare a calcare il red carpet steso in Libia e appropriarsi del merito della liberazione dei 18 pescatori (peccatori) di Mazara del Vallo, fino all’altro giorno accusati dallo stesso loro Ministro degli Esteri di essere colpevoli per essersi spinti PER LAVORO in acque internazionali, autoproclamate proprietà dalla Libia con un spostamMento della distanza dalla costa e che la stessa Italia, per bocca dello sgabellato delle Farnesina, non riconosce essere tale.
Ci vuole coraggio e tanta faccia tosta ma, si sa, il pentastellato è coerente proprio nella misura in cui tradisce ogni loro punto cardine.
Recarsi di persona in barba a ogni consuetudine presso il nemico che non è nemmeno riconosciuto tale dovrebbe far pensare che, proprio Gigino a la Farnesina il 1 settembre si è recato in Libia ad incontrare il primo ministro Fayez al-Sarraj, ma non il non riconosciuto Haftar, e il pomeriggio dello stesso giorno sia scattato il rapimento dei 18 pescatori, avvenuto, però, con motovedette che il governo italiano aveva donato a Tripoli, quindi utilizzate da Al Sarraj e non dal cirenaico Haftar.
Non me ne frega nulla se Conte e Di Maio sono dovuti andare a Canossa (date il dizionario a Gigino stavolta, non l’atlante!) per riportare in Patria i 18 lavoratori: sono 2 anni che 60 milioni di persone sono ripetutamente, quotidianamente umiliati da quelli a cui continuiamo a pagare lo stipendio.
Non appena saranno tornati in italia, mi auguro che i congiunti (così questo governo capisce meglio), accampati per oltre 100 giorni davanti al Parlamento e da dove non è stato possibile riuscire a parlare con la Farnesina per oltre 100 giorni a causa della linea che cadeva dopo del tempo in cui la comunicazione rimaneva in una sorda attesa, chiedano che ruolo ormai svolge il Vi.Pe., la Vigilanza Pesca, e per quale motivo ormai dalle Capitanerie di porto viene detto che in quel tratto di mare (acque internazionali) è sconsigliato pescare, che la Vigilanza non c’è, che è più a nord, cioè più in Italia, che se poi li rapiscono… che i soccorsi della Marina Militare erano già partiti a detta degli addetti ai lavoro, ma non sono mai arrivati in quel tratto di mare (pare che erano sufficienti in paio d’ore di viaggio) e che, tanti che…
Magari capiranno anche nelle sedi istituzionali che questo tragico evento, probabilmente, è occorso perché l’Italia ha di fatto rinunciato ad esercitare un proprio diritto, ha ceduto terreno e imbarca solo acqua da ogni parte. E non solo acqua da ogni porto.
Godiamoci la gioia della liberazione, d’accordo, al di là del prezzo della vita umana che non ha prezzo, ma sappiano i nostri governat(t)ori che oggi ci sono altri pescatori in mare, che la storia si può ripetere ancora e la faccia non può essere nascosta sempre da una mascherina.
A proposito di faccia: guardate quella di Haftar e quella col sorrisino del suo militare al centro della foto: è soddisfazione? È successo o insuccesso? È gratificazione o umiliazione? Per me è (anche solo) coraggio da parte del milite a toccare con mano tanta merda.

È IGIENE DEL MONDO!

  Li avete visti gli assembramenti di ieri? Da Trieste a Palermo tutti in fila gli Italiani, tutti incivili e obbedienti al consumismo più becero in vista del Natale. Quel Natale che deve essere blindato con 70mila agenti, ha detto Conte-dippiciemme. Eppure non c’è legge che lo vieti!
Ieri, però, tra le file e gli assembramenti in distanziamento e mascherina, di militari, poliziotti, carabinieri e finanzieri non se n’è vista nemmeno l’ombra. Ma non di quelli precettati per Natale, ma quelli dell’operazione Strade Sicure. Ieri era il primo fine settimana di Natale. Almeno quello commerciale.
Veramente credete che occorrano 70mila soldati per “conte-nere” un popolo, come quello italiano, che da 9 mesi gira con la mascherina, tentando di salvarsi su Amazon e ammazzando il commerciante amico di una vita, che si è inventato il nuovo lavoro di poltronaro a 5 stelle, mantenuto a botta di assegno assistenziale, che si è autoarruolato nel KGB, che ha rinunciato a vivere la vita terrena per paura di morire e a quella eterna in obbedienza al comandamento unico e moltiplicato del DPCM?
E che la riunione chiesta al Governo in tutta fretta dal PD – cioè a loro stessi – di domenica 13 dicembre pomeriggio sia per discutere degli assembramenti che si sono verificati per via dello shopping natalizio a negozi ancora aperti?
E magari credete pure che la Merdel sia scoppiata in lacrime in eurovisione, come una Fornero qualunque, per via del nuovo lockdown a cui ha costretto al suo popolo?
E pure che le navi da guerra spiegate nel Canale della Manica sono in previsione dell’attuazione della Brexit dal 31 dicembre e, quindi, per evitare che pescatori europei (in)vadano nelle acque reali scatenando una guerra del pesce?
Non stiamo mica parlando di sardine! E non tutti all’ester(n)o sono rappresentati da Di Maio e difesi (!) dalla terna Lamorgese-Trenta-Toninelli!
Dici Brexit e dici MES. Per dire che è la mossa della disperazione della Germania francese e della Francia tedesca che sta per capitolare.
Un po’ come la fretta per spacciare il vaccino – rigorosamente Pfizer – prima di rovinare definitivamente.
Dici Gran Bretagna e dici sorella USA. Che è già in acqua insieme con lei. Al suo fianco.
Nelle elezioni per la Casa Bianca avevo indicato tre date fondamentali: 8 dicembre, 13 dicembre e 20 gennaio.
Siamo a due su tre. Nel giorno di Santa Lucia abbiamo visto la luce. Addirittura, in serata. Ma… acqua in bocca!
Mica vogliamo credere a ciò che non è ben(e)detto dal tubo catodico, mercenario di questo esecutivo, assoldato a sua volta da ben altri più forti poteri? Lui vi parla della salvezza della mascherina spacciata da chi si imbottisce di cocaina e che pensa che il male peggiore siano le organizzazioni “fasciste”; vi sciorina la conta quotidiana dei morti, ma non vi dice che in Italia sono oltre un milione i guariti, grazie a lei i sani sono diventati asintomatici, racconta ore e muniti della pandemia nel mondo, ma non degli oltre cento giorni del sequestro e della conseguente prigionia dei diciotto pescatori italiani.
Lui non ve lo dirà, ma SIAMO IN GUERRA! E l’Italia l’ha dichiarata a marzo 2019 con l’approvazione della Via della Seta che non è affatto il successo del 5 stelle, ma il vero capolavoro dell’imbecillaggine degli schiavi del nemico del loro padrone.
Solo loro, da colonia americana, potevano aprire al principale concorrente americano. Solo loro potevano concedere ai cinesi la rete delle telecomunicazioni (dovranno cadere come gli alberi secolari abbattuti!) sulle quali mr. President avrebbe dovuto far passare le proprie informazioni. Solo loro non hanno capito che era una dichiarazione di guerra e che la guerra l’avrebbero portata in casa nostra: la tivvù vi ha detto che la Cina, finanziatrice (p)e(rchè) padrona dei 5 cosi, sta premendo per spostare il centro del contagio in Italia, in particolare in Veneto e in Lombardia? Magari per intervenire. Per punire. Per scatenare quella guerra all’America che viene a (ri)prendersi ciò che da 80 anni e passa è suo! E l’Italia cinese e giallorossa ha tradito gli States diventando (schierandosi) addirittura la tipografia delle schede farlocche su com-missione. Come un Francoforte sul Meno qualunque.
Dai brogli elettorali alle libertà individuali, dalla libertà di movimento a quella di culto, dalla pubblica piazza all’intimità delle camere da letto, dai nonni ai figli, dal lavoro agli amici, dallo studio all’igiene, dalla socialità alla famiglia, questa loro visione (transumanista) è permeata ormai ovunque, in ogni settore, ad ogni livello, quasi irrimediabilmente e solo una guerra potrà davvero fungere da (necessaria) igiene del mondo!
La guerra è cominciata! E noi, ob torto collo, ci siamo dentro. Questa è la guerra per purificare il mondo da ogni nefandezza, è la lotta tra il Bene e Male di mons. Viganò, è la battaglia tra Luce e tenebre. È il nuovo Capodanno, l’inizio di una nuova era, è un nuovo natale, è Cristo che davvero viene in anticipo, che nasce e che trionfa!

Ci vogliono “rubare” anche il Natale

“Anche questo Natale si è presentato come comanda Iddio!”. Anzi, no! “Quest’anno sarà un Natale diverso” hanno sentenziato quelli che andrà-tutto-bene e uniti-ce-la-faremo.
Niente albero e presepe addobbato, come da tradizione, il giorno dell’Immacolata Concezione perché quest’anno il periodo di Natale sarà anticipato, persino contingentato, e annunciato (altro che Arcangelo Gabriele!) il giorno – o forse la notte – del 4 dicembre dal ventesimo/ventunesimo dippiciemme di colui che è sceso dal 5 stelle.
Piccola raccomandazione istituzionale: in strada, come nelle case, nessun assembramento: sobrietà e distanziamento che è l’esatto contrario dello spirito natalizio che è sinonimo di calore, di unione, di famiglia. Che è casa, confine valicato da chi i confini non è abituato minimamente a considerarli.
Degli zampognari nemmeno l’ombra in nessuna città d’Italia, ormai uniformemente colorate di “giallo” che è il nuovo ammonimento alla socializzazione. Al loro posto, però, rumorosissimo e silenziato è il grido d’allarme di commercianti, ristoratori e lavoratori in genere a cui il nuovo diktat governativo ha chiuso le serrande e spalancato le bocche.
Questa l’aria che si respira (si fa per dire!) dalla grande metropoli al piccolo borgo e che fa di Napoli in particolare una città spettrale, irriconoscibile, derubata della propria anima.
All’interno degli storici Decumani, le vene del cuore del centro storico, sorge San Gregorio Armeno, rinomata nel mondo come la stradina dei presepi, la vetrina natalizia più famosa al mondo e che fa di Napoli l’eterna città del Natale. Qui, trecentosessantacinque giorni all’anno, si ripete una magia unica: solo qui il sacro si mescola al profano, la contemporaneità abbraccia il passato, la tradizione si fonde con l’innovazione: è così che, dall’arte delle nuove generazioni tramandata dai loro padri e a loro volta intrapresa dai loro nonni, i mastri presepari danno vita alle loro creazioni, tutte rigorosamente ed orgogliosamente MADE IN CAMPANIA: argilla di Amalfi, stoffe di San Leucio, legno delle terre partenopee, pietra del Vesuvio diventano creazioni uniche che spaziano dal sempiterno Benino – forse il vero ideatore del presepio napoletano – fino ai personaggi dell’anno particolarmente distintisi in ogni campo, del bene e del male.
Nonostante le regole dell’autentico presepe siano rigide e rigorose, dalla collocazione dei personaggi alla loro “trina” dimensione, non è difficile vedere all’interno della stessa rappresentazione i Magi accanto ad un De Crescenzo, lo​ sciò sciò​ affiancato al Papa, anonimi pastori in processione uniti a personaggi dello spettacolo e calciatori. Non così differente dalla “processione” assortita di “presepisti e alberisti” che affolla la stradina di Spaccanapoli come un rito, una tradizione, un appuntamento improcrastinabile.
Almeno fino allo scorso anno.
I divieti di assembramento a causa del Covid, infatti, hanno colpito al cuore queste botteghe, dapprima vietando il passeggio alle persone e poi costringendo alla chiusura i laboratori in quanto “attività non essenziali”. Come se il loro pane non potesse essere questo. Vieppiù, i cervellotici censori non hanno elargito un ristoro e nemmeno un correttivo per queste persone che sono artisti a tutti gli effetti, ma che non rientrano nemmeno nel codice ATECO degli artigiani.
Gli unici “visitatori” – come i Magi – vengono dall’Oriente – ma non come i Magi – e sono gli imprenditori cinesi interessati a rilevare le attività chiuse e che, molto probabilmente, non riapriranno più, ovvero coloro che commettono il sacrilegio di dare un prezzo a tutto, ma che dimostrano di conoscere il valore di niente. Come se la tradizione, il sacrificio, gli insegnamenti, la vita potessero avere un prezzo congruo e la difficoltà (creata ad arte) potesse valere ancora meno e diventare così occasione. Come se il Natale che si ripete tutti gli anni potesse per una volta essere saltato. Come se un Cristo che non è risorto per un anno fosse quel Bambinello che può anche non nascere per una volta.
Il tutto ridotto alla stregua di un ciclico e vuoto rituale e che, invece, è tradizione, è identità che è il vero obiettivo di questa guerra. Un reset che parta dal passato e dalla memoria, che lo recida per farci cittadini nuovi, senza radici e senza legami e, magari, anche senza fiori e senza frutti, senza figli.
Il Natale da trascorrere in “unità” – dicono loro – in massimo di sei – guarda caso – praticamente da soli, magari festeggiato – per stavolta – prematuramente perché anche Cristo deve adeguarsi ai decreti di Conte e al coprifuoco virale – coprifuoco o copricristo? – e che presto, anche grazie al religioso silenzio-assenso, persino in tempi di distanziamento (a)sociale potrebbe lasciare il posto alla festa dell’incontro (voce del verbo accogliere: per enciclica siamo fratelli tutti, ricordate?) eccetto consanguinei (Aborro! Trasecolo! Disdegno!) e nipoti che debbono sempre più stare lontani dai nonni, dai loro simili, dal prossimo.
Mica come Cristo predicava!
Quest’anno tocca proprio Lui a non nascere. Non deve: un po’ come quelle politiche tese all’infanticidio che ormai non fa più notizia e prorogato fino al nono mese di gravidanza. O con la scusa di un virus che rimanda indietro cure e miracoli.
Ci è stato rubato il Natale quando hanno iniziato a sospendere Cristo, vietandocelo per DPCM, quando ci viene impedito di aiutare gli altri per paura di contagiar(si), quando per paura di morire si finisce a rinunciare alla vita, quando si confida nel vaccino anche per la cura dell’anima.
Ma a Napoli, a San Gregorio Armeno è Natale sempre, è Natale nelle idee e nei pensieri, è Natale tra le pietre e tra la gente, è Natale nel caffè sospeso e nel panariello solidale, è Natale nella realtà e nella speranza. È Natale dal momento in cui è comparsa la mascherina anche sui pastori, ma non sul Bambinello che ora nasce. E che nascerà ancora!

https://www.camposud.it/2020/12/ci-vogliono-rubare-anche-il-natale/

PRIGIONIERI DI STATO


Tre mesi, novanta giorni. Un tempo lungo abbastanza da far finire persino un Grande Fratello, ma non per fare luce sul sequestro dei 18 pescatori italiani incarcerati in Libia.
Ancora più lontana all’orizzonte appare la soluzione. Ancora in alto mare, ancora annaspano le autorità italiane.
Era il 1 Settembre scorso quando 18 figli d’Italia, in mare per portare pane a casa, venivano abbordati da motovedette libiche mentre era in corso una battuta di pesca in un tratto di mare considerato pescosissimo e situato in acque internazionali. Altre imbarcazioni riescono a scappare guadagnando ognuna una rotta diversa, eccetto che l’Antartide e l’Annamadre.
Dopo di allora il buio. E la vergogna.
Vergogna perché colui che siede alla Farnesina e deputato agli Esteri, intervistato, bolla la questione come di “semplice solizione”.
Eppure ci sono 18 padri di figli e figli di famiglia che da sei mesi sono imprigionati all’estero.
Sarà un caso, ma tutto inizia la sera stessa del viaggio del Di Maio in Libia, dove incontra il capo del governo di Tripoli Fayez al-Sarraj e poi il presidente del governo di Tobruck Aguila Saleh Issa, ma non il non riconosciuto generale Haftar, capo delle forze ribelli che hanno rapito i 18 figli d’Italia e che si divide la Libia.
Solo che i pescatori di Mazzara del Vallo sono stati abbordati da una motovedetta libica donata dal Governo Italiano affinché questo combattessero i trafficanti di essere umani in mare, quindi al governo “legittimo” e riconosciuto. Dunque non è stato il generale Haftar a compiere il sequestro dei nostri connazionali o il generale ha sequestrato anche le imbarcazioni del governo? Lo stesso governo che ha autonomamente deciso che contrariamente alle 12 miglia internazionalmente riconosciute il proprio confine arriva a 74. E l’Italia per tutta risposta in documenti ufficiali considera queste acque come “pericolose” perché controllate da “truppe armate” (Di Maio).
Quindi se è vero che la Libia fa un po’ come le pare è altrettanto vero che l’Italia, dal canto suo, accetta le decisioni unilaterali altrui e rinuncia ad un proprio diritto. Di fatto sottomettendosi.
Ma c’è dell’altro: pare che l’organo deputato alla vigilanza dell’attività di pesca (VI.PE.), attivo dal 1958, non eserciti più questa “protezione” in mare ai nostri pescatori dall’insediamento del primo governo Conte (Salvini-Trenta-Toninelli): perché?
È forse questo il motivo per cui, come da telefonate registrate, la Marina Militare sconsiglia – se non vieta – ai nostri pescatori di andare a pescare in suddette acque internazionali e che se dovessero essere sequestrati “pazienza”? È sempre questo il motivo per cui i soccorsi che erano partiti non sono mai arrivati?
E in questa carrellata della vergogna non poteva non mancare il Ministero della Giustizia nei cui atti ufficiali (2019) si legge che è stato stipulato un patto per il baratto dei prigionieri proprio tra Italia e Libia. Dunque se questo trattato esiste (e si può leggere) allora perché non se ne dà seguito così come chiesto da Tripoli ovvero barattando i nostri 18 pescatori in cambio dei loro 4 calciatori-scafisti?
È pur vero che non dovrebbe esistere che scambiamo dei prigionieri, ma se esiste il trattato (ed esiste!) va ratificato!
La dignità doveva esserci prima di stilare un simile documento. Ora questi figli d’Italia vanno riportati in Patria contro tutto e contro tutti.
Ad ogni costo.
La faccia l’abbiamo già persa con la bustarella per il matrimonio della Silvia Romano. Che non era in Africa per lavoro. Abbiamo già pagato un alt(r)o prezzo non monetizzabile: la vita di Nicola Calipari in cambio della liberazione della giornalista Giuliana Sgrena.
Come il Conte-CasalinA ha accettato alla rinuncia di esercizio dei propri confini, compensi dando atto a quel documento fatto, letto, firmato, approvato, sottoscritto e che giace, dimenticato, in un cassetto. Se questo è il Natale istituzionale del ricongiungimento familiare domestico che lo sia anche per questi 18 pescatori la cui colpa è solo quella di vivere con l’onestà del proprio lavoro e per le loro famiglie stipate da mesi in una tenda e incatenate in piazza Montecitorio da dove la linea telefonica con la Farnesina, dopo due ore di attesa, cade inesorabilmente.
Che non siano altri Jan Palach o Domenique Venner.
Poi pensate a tutti quanti noi imbarcati in questa scialuppa di nome Italia con questi soggetti al timone. La situazione non è poi tanto differente.