(MAL)TRATTATO DAL QUIRINALE. Riflessioni sulla firma di un Trattato a dir poco superfluo ed oscuro!

Chissà se riusciremo mai a leggere cosa hanno sottoscritto lo scadente – perifrasi dovuta ai tempi dell’incarico – Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il Presidente Francese Emanuel Macron. Due Stati omologhi anche nella forma di governo, visto che il taglio dei parlamentari è stato così netto che non si trova più nessuno per far il Presidente della Repubblica full time. Con un  mandato settennale, assicurazione garantita e lauto compenso riconosciuto, oltre a vitto, alloggio, lavatura e stiratura. Al punto che “qualcuno” ha proposto, all’attuale Premier Draghi, di volergli attribuire (di qui ad un mesetto, in occasione dell’Elezione del nuovo Presidente della Repubblica) un doppio incarico: inquilino dei palazzi Chigi e Madama. Ma questa è un’altra storia. Forse sarà storia.

Ma torniamo al “nostro Trattato” e immergiamoci nella lettura……. Ammesso che lo si possa leggere nella sua interezza perché, è risaputo, ogni trattato ha clausole segrete.
Dicevo, se proprio il testo di tal Decreto non sarà accessibile per noi umili, passivi e obbligati contribuenti, speriamo non sarà altrettanto inaccessibile – almeno prima della ratifica – per i parlamentari cui abbiamo demandato il compito di rappresentaci. Cioé a  coloro che son mandati da noi in Parlamento e ultimamente trasformatisi in mandanti. Anche se, a stare alla loro “muta-zione”, c’è poco da star tranquilli. Basti pensare che un tal Di Maio, inquilino alla Farnesina, partecipava (non) senza imbarazzo, seppur tra le seconde file, – il che non è poi così grave – all’incontro al Quirinale con quel Macron contro il quale si era rivoltato il popolo francese dei Gilet Gialli. Movimento di protesta cui il “nostro statista” Pentastellato era corso immediatamente in soccorso. Salvo poi  essere rispedito dagli stessi oltralpe. Ma Gigino è pur sempre il nostro Ministro degli Esteri, al pari di De Gasperi, Fanfani, Segni, Saragat, Moro, Andreotti… che siede dopo di loro alla Farnesina. Da dove non ci ha risparmiato epiche gesta: l’ultima è costato un sequestro di 108 giorni ad innocenti pescatori siciliani. Sarà per questo che ultimamente la politica estera é appannaggio del Quirinale! Che che ne dica quella Costituzione più bella del mondo e tutte le stampe e le ristampe delle migliaia, se non milioni, di manuali di Educazione Civica e Testi di Diritto Costituzionale che descrivono il Presidente della Repubblica come una figura meramente rappre­sentativa! Ma cosa porta un Presidente della Repubblica a so­ttoscrivere un Tratt­ato, precedentemente partorito e forteme­nte voluto dal Pd, a due mesi dalla fine del suo mandato, sen­za sottoporlo prima al Parlamento (che era) sovr-ano?
Se mai potremo sapere pure questo – perché quella pleba­glia che costituisce il popolo che vi mantiene, che è pur sempre il datore di lavoro di ogni deput­ato, senatore, porta­borse o usciere che sia,  le domande se le pone. E si chiede pure a cosa serve un Trattato del Quirinale, dopo quello de­ll’Eliseo? A cosa se­rve un’asse Roma-Par­igi, così a cosa sia servito l’Asse Parigi – Berlino sottoscr­itto ad Aquisgrana, se siamo cugini, se siamo tutti fratelli abbracciati, petalo­si e concordi come le stelline gialle sul drappo blu?
Non sarà che, forse, la (loro) Unione europea è implosa e ognuno inizia a far per sé ? E Francia e Germania  (che sarà pure una Nazione impolitica, quest’ultima, ma gli accordi li sa fare bene)  stanno forse facendo spese? Sarà che Parigi, finita l’era Merkel ( che sarà pure antipatica e invisa ai più, ma da Cancelliere ha fatto sempre e comunque l’interesse del proprio popolo) pensa a vivere e magari a sopravvivere e inizia a far provviste proprio in casa nostra?  Sarà che questa Unione non si muove più in direzione Bruxelles, ma in direzione Parigi? E se Parigi compra, l’Italia è la merce, è bancarella. E gli Italiani diventano codici a barre e i loro manda(n)ti nelle Aule Istituzionali, soltanto dei meri liquidatori delle Italiche ricchezze. Con tanto di forbito eloquio e gradevole favella. Che, però, non è tale in questa occasione dove citano tutto e tutti, tranne che i punti del Trattato sottoscritto. E non proferiscono parola alcuna su altri Trattati o “accordi di cooperazione” come quello di qualche giorno fa sottoscritto da Draghi e da un rampollo dei Rotschild. Stando a quanto riferito in aula dal deputato Pino Cabras, né su incontri “istituzionali-privati” come quello di Mariuolino con il presidente del World Economic Forum, tale Kalus Schwab, o quello di Mattarella con Bill Gates in Quirinale. Giusto per citarne alcuni.
Chi è questa gente per l’Italia? A che titolo firma? Cosa firma? In rappresentanza di chi? Su mandato di chi? Autorizzati da chi?
Se l’ignavia di costoro non fa uso di intelletto né di coscienza, sappiate che non è lo stesso per il popolo. Sarà per questo che l’attuale classe politica è completamente avulsa dalla realtà, dalla gente, dalla vita reale!  Ma sappiate che per ogni loro progetto “anti-italiano” si rafforza la coscienza nazionale e l’orgoglio di essere ostinatamente ITALIANI!

https://www.camposud.it/maltrattato-dal-quirinale-riflessioni-sulla-firma-di-un-trattato-a-dir-poco-superfluo-ed-oscuro/tony-fabrizio/

UN GIOVANE FIGLIO DEL SOLE DI NOVANT’ANNI : SERGIO PESSOT, SCRITTORE MILITANTE. Dall’incontro con Che Guevara a Casa Pound.

Che Italia strana, stravolta e capovolta quella che stiamo vivendo. Quella che vuole gli anziani, che rappresentano la nostra memoria e le nostre radici, isolati e lontani. Soli. I giovani, invece, obbedienti, dietro uno schermo di compiuter  per l’apprendimento scolastico, o per le relazioni sociali, o solo per svago. L’Italia del politicamente corretto, delle quote rosa, dell’inclusione e dell’essere forzatamente tutti uguali arrivando all’esasperazione del cancella-culture, delle verità infoibate e del negazionismo.
In questo contesto storico, politico, sociale e “coolturale” c’è una generazione che non si arrende e che dà vita a veri e propri atti rivoluzionari. Accade così che un manipolo di giovani osa ancora riunirsi de visu e mettersi in ascolto di un novantenne venuto dall’altro capo d’Italia. L’Associazione “L’Uroboro” di Cava de’ Tirreni (SA) ha ospitato Sergio Pessot, scrittore, giornalista e saggista che ha presentato la sua ultima fatica letteraria “Figli del Sole”, libro autobiografico che racconta una vita eroica degna di essere vissuta. Agli antipodi della melassa amarcord di nostalgici ricordi, di personaggi riaccreditati post mortem, di movimenti utopici passati e non più riproponibili, la vita di Sergio Pessot è l’idea che si fa azione, la concretizzazione della militanza identitaria.
Adolescente impegnato in azioni goliardiche, da meri franchi tiratori nella sua Genova “liberata” che lo vede sparare ad un carro armato americano, frutto di anni di ferocia e di morte, nutrite dalle bombe “alleate” e alimentate da quel desiderio di vendetta che serpeggia nell’intero Stivale. Quella Idea dell’arrendersi mai – Niemals! – quando tutti gli altri avevano già il fazzoletto rosso al collo. Una fascinazione per quella Idea. attraverso i canti e l’Esercito che, schierato, passa in rassegna e lo porterà ad appuntare sul bavero le Fiamme Bianche della Repubblica Sociale Italiana. E a combattere anche contro la sorte avversa, a lottare per una Idea che in tanti avevano abbandonato, ma che non li ha mai visti arrendersi alla sconfitta.
L’Italia inizia a stargli stretta e allora Sergio fa ritorno in Sud America – era figlio di genitori emigrati – sempre con le stesse idee ben radicate nell’animo. Idee che lo portarono a combattere guerre rivoluzionarie laggiù e a diventare un cantore del peronismo. Idea e Movimento politico che egli vedeva più vicina al suo Fascismo. Dall’Argentina si sposta in Bolivia per cercare di restare fedele alle Idee preservandole da ogni “contaminazione” revisionistica, postuma e folkloristica. Intanto, grazie al suo impegno giornalistico che offre “orientamenti” sempre più importanti e vincolanti, ritorna in Italia per tentare di (ri)costruire qualcosa di nuovamente importante. Partecipa, quindi, alla fondazione del Movimento Sociale Italiano dando vita ad una formazione così estrema tanto da guadagnarsi l’epiteto – manco a dirlo, ribaltato anch’esso – di “figli del sole” portato con orgoglio nel corso di quella vita che, a mano a mano, diventava più “normale” con distacco dalla lotta e dall’interventismo in prima persona. Sino a quando incontra i militanti di Casa Pound in cui vede i nuovi “tedofori” di quella fiaccola testimone di quella Idea immortale.
Al netto della vita eroica e “da manuale” che è degna di essere conosciuta oltre che raccontata, il valore aggiunto di questo incontro è Pessot stesso. E’ il suo entusiasmo coinvolgente, che quasi viene scaricato contagiosamente sulla platea di astanti che non possono far altro che essere ipnotizzati dal pathos che anima l’esposizione e destarsi “solo” per battere le mani. Magari a seguito di una risata spensierata. Come si fa a non ridere quando racconta di essersi arrampicato sulla facciata di Palazzo Chigi – da buon amante della montagna-  per esporre il tricolore che il Presidente del Consiglio non aveva issato al balcone istituzionale e farsi beffa di quella che sarà successivamente la DIGOS che, in netta non ottemperanza ai voleri del Presidente del Consiglio in carica, avrebbe voluto identificarlo? Si arrampica sulla facciata del palazzo, dopo aver issato la bandiera sul pennone, chiede di entrare dalla portafinestra per poi uscire scortato dal portone principale del Palazzo che i suoi camerati stavano meditando di sfondare per liberarlo e, infine, rifilare un sonoro calcio negli stinchi a Giorgio Almirante.
Dispensatore di autentiche perle come quella che ci restituisce un Che Guevara – col quale condivideva l’alloggio – immerso nelle “sue” letture. Un giorno Sergio scopre il Che é intento a leggere il Manifesto di Verona e se ne stupisce molto: “Ma Ernesto, questo è Fascismo!”. “No, questo va oltre il Comunismo” controbatte il rivoluzionario cubano. Autentico italico adulatore che apostrofa poeticamente le donne quali “portatrici di acqua”.
Paradigma delle Idee che divengono azioni anche a novant’anni, che coinvolge e stravolge l’interlocutore per la sua vivacità, per la sua vitalità mai doma. “Militare, militare, sempre militare” è la sua preghiera. Rivolta a quei giovani lontani anni luce dalle sue “gesta” di adolescente già uomo, impensabili al giorno d’oggi, inattuabili con questa generazione che dovrebbe infuriarsi contro chi ruba loro la vita (altro che Greta!) con la DAD, la mancata socializzazione, l’omologazione al pensiero unico, l’amorfa imitazione degli influencer, la passiva somiglianza al divano, il rimbambimento ormonale, lo stordimento neuronale.
Chissà che non intenda proprio questo nel suo Figlio del Sole. ove scrive testualmente: “saper essere primavera che irrompe nell’inverno, nella stagione di sonno e di sedazione che stiamo attraversando dobbiamo riuscire a trovare il risveglio dentro di noi e saperlo trasmettere alla società narcotizzata che ci circonda.”.
E chissà se imitandolo, prima ancora di ringraziarlo, ci scopriremo anche noi “figli del sole”, magari dello stesso sole che non muore.
Tony Fabrizio, da un incontro con l’autore.
FIGLIO DEL SOLE, EDITORE ALTAFORTE-HOEPLI. DI SERGIO PESSOT. PUBBLICAZIONE AGOSTO 2021 Euro 16,00. Disponibile in tutte le librerie o anche in piattaforma AMAZON.
http://Che Italia strana, stravolta e capovolta quella che stiamo vivendo. Quella che vuole gli anziani, che rappresentano la nostra memoria e le nostre radici, isolati e lontani. Soli. I giovani, invece, obbedienti, dietro uno schermo di compiuter per l’apprendimento scolastico, o per le relazioni sociali, o solo per svago. L’Italia del politicamente corretto, delle quote rosa, dell’inclusione e dell’essere forzatamente tutti uguali arrivando all’esasperazione del cancella-culture, delle verità infoibate e del negazionismo. In questo contesto storico, politico, sociale e “coolturale” c’è una generazione che non si arrende e che dà vita a veri e propri atti rivoluzionari. Accade così che un manipolo di giovani osa ancora riunirsi de visu e mettersi in ascolto di un novantenne venuto dall’altro capo d’Italia. L’Associazione “L’Uroboro” di Cava de’ Tirreni (SA) ha ospitato Sergio Pessot, scrittore, giornalista e saggista che ha presentato la sua ultima fatica letteraria “Figli del Sole”, libro autobiografico che racconta una vita eroica degna di essere vissuta. Agli antipodi della melassa amarcord di nostalgici ricordi, di personaggi riaccreditati post mortem, di movimenti utopici passati e non più riproponibili, la vita di Sergio Pessot è l’idea che si fa azione, la concretizzazione della militanza identitaria. Adolescente impegnato in azioni goliardiche, da meri franchi tiratori nella sua Genova “liberata” che lo vede sparare ad un carro armato americano, frutto di anni di ferocia e di morte, nutrite dalle bombe “alleate” e alimentate da quel desiderio di vendetta che serpeggia nell’intero Stivale. Quella Idea dell’arrendersi mai – Niemals! – quando tutti gli altri avevano già il fazzoletto rosso al collo. Una fascinazione per quella Idea. attraverso i canti e l’Esercito che, schierato, passa in rassegna e lo porterà ad appuntare sul bavero le Fiamme Bianche della Repubblica Sociale Italiana. E a combattere anche contro la sorte avversa, a lottare per una Idea che in tanti avevano abbandonato, ma che non li ha mai visti arrendersi alla sconfitta. L’Italia inizia a stargli stretta e allora Sergio fa ritorno in Sud America – era figlio di genitori emigrati – sempre con le stesse idee ben radicate nell’animo. Idee che lo portarono a combattere guerre rivoluzionarie laggiù e a diventare un cantore del peronismo. Idea e Movimento politico che egli vedeva più vicina al suo Fascismo. Dall’Argentina si sposta in Bolivia per cercare di restare fedele alle Idee preservandole da ogni “contaminazione” revisionistica, postuma e folkloristica. Intanto, grazie al suo impegno giornalistico che offre “orientamenti” sempre più importanti e vincolanti, ritorna in Italia per tentare di (ri)costruire qualcosa di nuovamente importante. Partecipa, quindi, alla fondazione del Movimento Sociale Italiano dando vita ad una formazione così estrema tanto da guadagnarsi l’epiteto – manco a dirlo, ribaltato anch’esso – di “figli del sole” portato con orgoglio nel corso di quella vita che, a mano a mano, diventava più “normale” con distacco dalla lotta e dall’interventismo in prima persona. Sino a quando incontra i militanti di Casa Pound in cui vede i nuovi “tedofori” di quella fiaccola testimone di quella Idea immortale. Al netto della vita eroica e “da manuale” che è degna di essere conosciuta oltre che raccontata, il valore aggiunto di questo incontro è Pessot stesso. E’ il suo entusiasmo coinvolgente, che quasi viene scaricato contagiosamente sulla platea di astanti che non possono far altro che essere ipnotizzati dal pathos che anima l’esposizione e destarsi “solo” per battere le mani. Magari a seguito di una risata spensierata. Come si fa a non ridere quando racconta di essersi arrampicato sulla facciata di Palazzo Chigi – da buon amante della montagna- per esporre il tricolore che il Presidente del Consiglio non aveva issato al balcone istituzionale e farsi beffa di quella che sarà successivamente la DIGOS che, in netta non ottemperanza ai voleri del Presidente del Consiglio in carica, avrebbe voluto identificarlo? Si arrampica sulla facciata del palazzo, dopo aver issato la bandiera sul pennone, chiede di entrare dalla portafinestra per poi uscire scortato dal portone principale del Palazzo che i suoi camerati stavano meditando di sfondare per liberarlo e, infine, rifilare un sonoro calcio negli stinchi a Giorgio Almirante. Dispensatore di autentiche perle come quella che ci restituisce un Che Guevara – col quale condivideva l’alloggio – immerso nelle “sue” letture. Un giorno Sergio scopre il Che é intento a leggere il Manifesto di Verona e se ne stupisce molto: “Ma Ernesto, questo è Fascismo!”. “No, questo va oltre il Comunismo” controbatte il rivoluzionario cubano. Autentico italico adulatore che apostrofa poeticamente le donne quali “portatrici di acqua”. Paradigma delle Idee che divengono azioni anche a novant’anni, che coinvolge e stravolge l’interlocutore per la sua vivacità, per la sua vitalità mai doma. “Militare, militare, sempre militare” è la sua preghiera. Rivolta a quei giovani lontani anni luce dalle sue “gesta” di adolescente già uomo, impensabili al giorno d’oggi, inattuabili con questa generazione che dovrebbe infuriarsi contro chi ruba loro la vita (altro che Greta!) con la DAD, la mancata socializzazione, l’omologazione al pensiero unico, l’amorfa imitazione degli influencer, la passiva somiglianza al divano, il rimbambimento ormonale, lo stordimento neuronale. Chissà che non intenda proprio questo nel suo Figlio del Sole. ove scrive testualmente: “saper essere primavera che irrompe nell’inverno, nella stagione di sonno e di sedazione che stiamo attraversando dobbiamo riuscire a trovare il risveglio dentro di noi e saperlo trasmettere alla società narcotizzata che ci circonda.”. E chissà se imitandolo, prima ancora di ringraziarlo, ci scopriremo anche noi “figli del sole”, magari dello stesso sole che non muore. Tony Fabrizio, da un incontro con l’autore. FIGLIO DEL SOLE, EDITORE ALTAFORTE-HOEPLI. DI SERGIO PESSOT. PUBBLICAZIONE AGOSTO 2021 Euro 16,00. Disponibile in tutte le librerie o anche in piattaforma AMAZON.

DE LUCA TI CHIUDE LA SCUOLA E IL TAR LO BOCCIA!!

Vincenzo De Luca non fa frequentare la scuola e ad essere bocciato è proprio lui. Dopo l’iscrizione nel registro degli indagati per il cosiddetto “sistema Salerno”, ovvero la piovra attraverso cui lo sceriffo lucano elargiva appalti e distribuiva voti per sé e per i suoi, dispensando vita, morte e miracoli ai soliti noti, un’altra doccia gelata arriva dal TAR all’indirizzo dell’agitatore del lanciafiamme.
Il Tribunale Amministrativo Regionale ha, infatti, accolto il ricorso dei genitori contro la decisione del governator campano di chiudere le scuole. Vincenzino dominava il proscenio e con fare da super-uomo protagonista decretava la chiusura di tutte le scuole di ogni ordine e grado. A partire dai nidi e finire alle sessioni di laurea universitaria.
Lo ricordate tronfio e borioso atteggiarsi a tuttologo e criticare il bambino allevato al latte col plutonio che voleva “solo” andare a scuola? Quel bambino, a vederla con gli occhi di un adulto, e De luca è più di un adulto, di occhi ne ha quattro e “proviene” pure da un partito che, almeno nella dicitura, si dice essere democratico, voleva solo esercitare un diritto. Ma l’inquilino di Palazzo Santa Lucia glielo aveva negato. Fottendosene della negazione del diritto allo studio. Tanto di violazioni ne aveva già commesse tante, una in più, una in meno…
Per fortuna – in questi tempi e temi “palamarizzati”  si tratta davvero di una fortuna – numerosi TAR hanno accolto il ricorso di svariati  genitori contro la chiusura delle scuole, ritenendola illegittima perché immotivata. Il tutto riferito ai periodi in cui in Campania vi erano zone gialle o al massimo arancione, ma a De Luca piaceva confinare tutti in casa. Bambini, adulti, anziani, “lavoratori non necessari” … così, per il suo delirio di onnipotenza, visto che né Governo centrale, né i sapientissimi del Comitato Tecnico Scientifico, né gli scienziati dell’Istituto Superiore di Sanità, né tantomeno alcun organo di governo affiancato al governo chiamato a governare al suo posto si era mai pronunciato in merito o aveva chiesto simili restrizioni.
Vincenzino faceva il bello e il cattivo tempo e ordinava la chiusura delle scuole prima che lo facesse Gigino de Magistris per lo stato fatiscente delle strutture.
Chissà se il tuttologo lucano riparato a Salerno sa cosa può significare la privazione della scuola. Chissà se conosce i concetti e i relativi benefici della socializzazione, dell’apprendimento a parlare, a giocare, a socializzare, e di conseguenza, il relativo ritardo cognitivo e linguistico. Chissà se ha idea cosa significhi confinare in una stanza, magari davanti ad uno schermo, bambini e adolescenti per una anno – se andrà tutto bene – privandoli del contatto sociale e reale;  dei disabili che regrediscono in maniera irrecuperabile, dei nonn,i confinati anch’essi, che non possono dare una mano ai loro figli costretti a lavorare – ma solo se hanno un’attività necessaria (vedi sopra) – in condizioni indicibili, con conseguenti malattie fisiche e psicologiche derivanti dall’astinenza alla frequentazioni di quei “piezz’ ‘e core” che sono mutati in pezzi di virus. Vairus per Gigino ‘o paesano.
Pronta la contromossa del canuto governatore che, per non smentirsi, è peggio del buco. Alle nuove minacce di chiusura degli impianti scolastici, quest’anno potrebbe concorrere la mancata vaccinazione a tappeto. Evidentemente De Luca, ma non solo lui, ignora che a non vaccinarsi non si corre in alcun reato, ma sic stantibus rebus ci viene da chiedere per quale ragione il nostro non abbia chiuso gli ospedali, ad esempio, ma solo fino a completa vaccinazione del personale impiegato. Ma meglio non chiedere perché, in realtà, De Luca gli ospedali li chiude eccome, ma non per motivi di salute pubblica (in questi ultimi giorni il fronte caldo è rappresentato dall’ospedale di Cava de’ Tirreni che, dopo i tagli già operati, rischia di essere accorpato definitivamente al Ruggi di Salerno). Chiudere la scuola non comporta perdite di PIL e invece la Sanità sanerebbe tante cose.
E se De luca parla e sparla, silenzio di tomba viene dal ministro dell’Istruzione Bianchi, il quale pare sia essere un accorto sostenitore della didattica in presenza quindi un “avversario” per gli occhi deluchiani. Non favella nemmeno il presidente del consiglio Draghi.
In un Paese normale De Luca sarebbe già stato destituito, ma a Palazzo non si sente nemmeno più la voce della “chiattona” (cit. De Luca) anticasta e anti-De Luca. E lui ha ancora stella e stivale con sperone. E a quanto pare ancora pure la licenza di uccidere.
https://www.camposud.it/de-luca-ti-chiude-la-scuola-e-il-tar-lo-boccia/tony-fabrizio/

L DOVEROSO RICORDO DEI MARTIRI DI NASSIRIYA. L’Italia si inchina al sacrificio dei nostri militari.

A sera i riflettori si spengono sulla “tragedia più grande dalla seconda guerra mondiale ad oggi”.
Nassiryia è oggi una tragedia matura, ma non bastano le luci  delle diciotto candeline ad illuminare la verità e i colpevoli che continuano a stare nell’ombra, nel buio, al sicuro.
Il rituale propone, come da protocollo, scarpe lucide, divise lustrate, galloni tirati a lucido, anche con un po’ di saliva che non gusta mai.
Uomini impettiti che si gonfiano nel pronunciare parole vuote come libertà, giustizia, pace. Più vuote degli “uocchi” ormai privi di lacrime di una mamma e di un padre che hanno dato un figlio alla Patria che sua volta lo ha affittato ad altri. Più vuoto di un posto a tavola per un orfano ammutolito, più vuoto del posto in un letto troppo grande per una vedova.
Non c’è più nemmeno l’immagine di Martin Fortunato, 8 anni e lacrime sotto il basco amaranto di papà ormai avvolto dal tricolore. Non è più la sua tragedia ora che di anni ne ha 26.
Gli hanno raccontato che il suo papà laggiù era andato per proteggerci, ma 18 anni dopo proteggiamo quelli che da laggiù vengono e andiamo pure a prenderli. Gli hanno raccontato che suo papà portava la pace, ma è strano vedere dopo 18 anni che gli stessi colleghi di suo padre picchiano il proprio popolo, interrompono funzioni religiose, o meglio solo la Santa Messa, che irrompono nelle case di quelli che hanno giurato di difendere.
Che bello, tutti fratelli, la bandiera italiana, nessuno è fascista. O forse sì. 10, 100, 1000 Nassiryia fu il modo consueto di festeggiare degli antifascisti. La bandiera italiana è seconda a quella blu con le stelline e sostituita ormai da quella arcobaleno. Che non è della pace, ma del pacifismo. Che è quella dei gay pride ma, vedrete, andrà tutto bene.
Dopo 18 anni di puro rituale retorico, forse si potrebbe iniziare a chiedere al governo di allora cosa sanno oggi di ciò che sapevano già 18 anni fa circa l’azione terroristica preparata contro la Maestrale, del camion di fabbricazione russa con cassone blu imbottito di esplosivo. E questo è solo ciò che è dato sapere pure a noi. Cosa si sa dell’allora Ministro della Difesa e dei generalissimi con gli alamari sempre lustrati che ignorarono l’informativa e, quindi, la minaccia.
Chissà se sono bastati loro 18 anni per pulirsi la coscienza con lo stesso tricolore che copriva le bare. Chissà se alla loro finestra sventola ancora un tricolore, magari sbiadito perché dalla vittoria degli europei di calcio sono passati quattro mesi. Chissà se lo rinnoveranno per i mondiali di calcio.
Ma ora si deve eleggere il Presidente della Repubblica che è pure capo delle Forze Armate, per cui anche quest’anno le domande scomode le faremo un’altra volta. Magari nemmeno l’anno prossimo.

https://www.camposud.it/il-doveroso-ricordo-dei-martiri-di-nassiriya-litalia-si-inchina-al-sacrificio-dei-nostri-militari/tony-fabrizio/