IN VIRUS VERITAS

In virus Veritas.
In un futuro, magari non troppo lontano, forse già lunedì quando apriranno scuole e uffici, quando la gente toglierà le mascherine e gli scaffali di Amuchina saranno rimpiazzati da abbronzanti e oli solari, ci accorgeremo che questo COVID-19, ribattezzato coronavirus, è stato il “re” delle paure, una globale arma di distrazione di massa. Non un pericolo mondiale, ma solo un veicolo per spaventare le persone e danneggiare la loro economia. Sarà un caso, ma il coronavirus ha colpito in primis la Cina, una potenza economica che sembrava inarrestabile (il rivoluzionario 5G è cinese) anche in piena guerra dei dazi. E il posto dove scivolare più facilmente è stata la Via della Seta, che unisce la Cina con l’Italia, quel Paese che, però, ospita ben 52 basi NATO.
In Italia il virus pare abbia avuto preferenza per il lombardo-veneto ovvero per quella parte di Stivale che pullula di industrie e che rappresenta oltre la metà del PIL nazionale e il 2% di quello europeo. Quella Europa “madre protettiva” ma solo verso se stessa con il suo silenzio interessato alla chiusura di ogni frontiera verso la figlia-Italia che, in rispettosa ottemperanza di Bruxelles, non ha sospeso né Schengen né i voli indiretti provenienti dall’Asia, rischiando di diventare un lazzaretto a cielo aperto.
Risultato: Italia paralizzata ed isolata nel suo (?) psicodramma, rivelatosi più psico che dramma, per dirla con Capuozzo. Viene da chiedersi se tutto ciò sia stato possibile solo con un governo totalmente prono a Bruxelles e fino a che punto possa ravvisarsi una propria responsabilità (o compartecipazione). Sempre nell’ottica della distrazione, il governo nazionale ha pensato bene di sparare sulla croce rossa, rappresentata dall’ospedale di Codogno, colpevole di aver disapplicato delle norme di un inesistente protocollo di emergenza messo a punto dopo che l’emergenza era stata fatta passare come realtà, nello stesso tempo minimizzando sull’emergenza stessa. Quella emergenza importata su cui né la Farnesina, né il Viminale si sono pronunciati, ma che ha consentito ugualmente sbarchi incondizionati sulle coste italiche. L’Italia si è così ritrovata di nuovo divisa a metà, con l’avvocato degli Italiani in veste di PM che accusava quella eccellente sanità lombarda (anche) da lui finanziata per il doppio rispetto ad ogni altro pezzo d’Italia alla quale non ha, tuttavia, risparmiato tagli. Allora meglio giocarsi la carta della guerra dei poveri, meglio far scannare gli italiani del Nord che ce l’hanno con quelli del Sud che paradossalmente non li accolgono, nonostante il Premier minacci sanzioni pecuniarie verso chi disattende l’obbligo di quarantena imposta. Che poi se non riesce a controllare lo sciacallo scarrozzamento in lungo ed in largo per la Penisola è solo per giustificare il mancato controllo dei 48 varchi di accesso nazionale. Allora stavolta meglio far parlare loro, i cittadini che mai si ascoltano, farli ammazzare tra di loro. Tanto se al nord la morte è nell’aria e uccide i vecchi, al Sud la morte viaggia persino sottoterra (dal Nord) uccidendo bambini ai cui funerali sono ammessi solo il parroco e due familiari. Per ordine di governo. Quel governo che non incentiva le nascite, ma che puntualmente emette prosopopee sulla denatalizzazione e che prende ordini da quell’Unione la cui Presidente ha chiaramente espresso il proprio disappunto sulla longevità della senilità, sui costi che una persona anziana ha per le casse dello stato. Quell’unione a cui giova avere una Nazione divisa, perché meno Italia in Europa significa più Europa in Italia.
Questo allora è il momento opportuno ed il clima adatto per mettere le mani nelle tasche degli Italiani, per toccare i propri conti correnti, per non parlare più del MES (già firmato contro ogni legge!) ossia di come i risparmi degli Italiani finiranno per salvare le banche tedesche. La Francia, saccheggiatrice più che mai, in rispetto all’asse Parigi-Berlino santificato ad Aquisgrana qualche tempo fa, verrà in Italia ad acquistare le poche aziende italiane rimaste (la Germania verrà addirittura con i nostro soldi!) facendoci lavorare, per chi ci arriverà, fino all’età di 70 anni e ci “spiegheranno” – proff. Monti e Prodi docent- che questo è un processo inevitabile per la nostra Nazione.
Quella nazione che trova ancora al proprio governo quella sinistra sconfitta alle urne e che, nonostante ciò, riesce ancora a sedersi sugli scranni più alti. Inspiegabilmente. O forse no. Quella sinistra che ormai nemmeno conta più i decorati dalla Repubblica Francese con la massima onorificenza e che -inspiegabilmente o forse no- annovera tra i suoi il Presidente del Parlamento europeo e il più stretto consigliere di Macron. Verrebbe allora da chiedersi cosa abbiamo fatto di tanto male, ma forse la domanda giusta è chiederci quanto bene abbiamo noi per poter fare tanto male agli altri. Con ciò si spiegherebbe anche il continuo affossare l’Italia, l’inarrestabile voglia della sua distruzione, l’appiattimento delle proprie menti, l’annullamento delle proprie forze, la cancellazione delle nostre eccellenze. Del nostro essere popolo. Del nostro essere Italia. Che è il vero virus.

RI(S)CATTO MERIDIONALE

RIS(C)ATTO MERIDIONALE
Ci hanno provato. Ancora. Ininterrottamente dal 1861. Dando ulteriormente prova di grande fantasia e abilità sfiorando il goffo e a tratti il ridicolo.
L’ultimo ris(c)atto meridionale, sorta di accanimento terapeutico per il Meridione da parte dei fratelli nordici, passa niente meno che attraverso il cervellone nazional-meridionale, ricorrendo al neurone post-borbonico, millantando addirittura una scoperta globale in grado di salvare la specie umana, ma in realtà si scopre essere una bufala, non certo quelle autentiche e genuine dell’agro-aversano, ma delle medesime dimensioni.
Sono state riempite le pagine di ogni quotidiano del Belpaese e le cronache nazionali per dire che un team di ricercatrici universitarie tutte meridionali, manco fosse questo il vero contagio, aveva isolato il Coronavirus, la sola cosa cinese (?) che funziona e… resiste.
E giù di lì a “beatificare” l’origine meridionale delle ricercatrici che faceva davvero pensare che fosse la loro provenienza il vero virus da cui guardarsi e non la malattia cinese che ha seminato morte e contagio in tutto il globo terrestre.
Addirittura in una sinistra atmosfera buonista che fa tanto politically correct alla ricercatrice moliSANA che ha prestato i propri neuroni nonostante la firma del co.co.co quindi precaria, è stato offerto una regolarizzazione della propria posizione lavorativa (nessuno ha mai detto che si tratta di un contratto a tempo indeterminato) pur lavorando a Roma, in quella centralissima capitale d’Italia dove ancora vige quella regola secondo cui la meritocrazia non è la consuetudine né il metro di valutazione di questa bella Italia, ma il premio da dare non solo al merito appunto, ma soprattutto (anche) alla fortuna. Ma precaria fa molto più sinistra che fa molto più buonista che va molto più di moda che dà molte più garanzie.
Poiché detta bufala è durata il tempo di una puntura pur sperando nella propria diffusione (auspicando noi) solo nell’italica nazione e non ottenendo il risultato desiderato nemmeno attraverso il silenzio complice del Provenzano ministro del Sud (non è già questa una dis-crimi-nazione?), ci hanno spedito le “sardine”, presto rivelatesi sarPDine. Che se si è ben capito chi siano, non è altrettanto chiaro cosa vogliono e cosa facciano davvero, ma tuttavia sono ricevute al Senato, nelle istituzioni al pari di come Grillo, ideatore politico del (fu) Movimento 5 Stelle, è ricevuto in Commissione Giustizia, in Commissione Bilancio e nelle Ambasciate (cinese, ma solo in tempi non sospetti).
E se le sarpdine non erano a bordo del famigerato Britannia per mere questioni anagra-fiche, acclaratamente vi era qualche loro “padre-creat(t)ore”.
Sembra già vederle le SarPdine reclutate per la conquista del Meridione e di Napoli sua capitale al grido euro-italiota di “lavorare di meno e guadagnare di più”.
Quindi, coloro che nulla rappresentano se non il loro essere nulla, tra un “flop” a Scampia ed una magistrale moria in Piazza Dante, riescono a fare persino peggio del p.c. (primo cittadino) e dell’autoctono di provincia e bis-ministro e vice Di Maio dove, davanti agli stabilimenti (ormai in chiusura) della Whirlpool, il Ministro aveva promesso la risoluzione della crisi quindi lo scampato pericolo della chiusura dello stabilimento (poi avvenuta) e l’altro, seppur povero di idee, aveva ripiegato sull’immarcescibile “bella ciao”. Tanto per non fare niente.
Matteo Santori, sarpdina capo, fresco di convocazione di palazzo, in ossequio ai suoi predecessori inetti e sulla scia della coerenza (del non fare nulla) si è limitato a indossare la maglietta della Whirlpool, in barba ai tanto criticati simili atteggiamenti, non quella dei lavoratori, ma solo una t-shirt bianca con la scritta “Napoli non molla” facendo sapere che “non spetta a loro trovare le soluzioni della crisi”. Poi, tronfio come un kapo, scopre l’acqua calda affermando che “la mancanza di prospettiva e la disoccupazione sono i problemi principali. Non sta a noi risolverli, ma conoscere, approfondire e provare a dialogare con quella parte di società che si allontana dalla politica” sono i loro obiettivi. La via? Un flash-mob contro la presenza di Salvini in città. Che non è stato Ministro del Lavoro né è più al governo.
A questo punto viene da chiedersi cosa vogliono tutti questi “sudici” avvoltoi da questo Meridione incapace di risollevarsi, perennemente in ginocchio e pignone, ma a cui nessuno ha tentato almeno di spiegare gli ultimi dati SMIVEZ ovvero quello secondo cui una famiglia meridionale preferisce far studiare la propria prole in una Università del Nord Italia in quanto i costi da sostenere sono addirittura minori. Perché le risorse stanziate alle Regioni meridionali sono dunque di meno rispetto al Nord quindi l’offerta formativa è minore se non scarsa e tuttavia non è singolare il caso secondo cui le giovani menti laureate che trovano impiego al Nord, anche se formatesi nel Sud dello Stivale, siano cervelli in gamba nonostante le minori possibilità. Forse solo con una maggior voglia di riscatto. E non me ne voglia Saviano che li vede tutti come fanciulli criminali.
Nessuno è venuto a spiegare al Sud che tra poco più di un mese si terrà in tutta la Nazione un referendum costituzionale per tagliare i parlamentari che non significa taglio di poltrone e nemmeno risparmio (l’equivalente di un caffè al giorno) visto che tra i propositori vi è lo staff più costoso dell’intera vita repubblicana, ma significa che si avrà sempre meno rappresentanza in sede di governo, si legga di comando, che significa che maggiore sarà la possibilità di corrompere e, soprattutto, che regioni come la Basilicata o lo stesso Molise della ricercatrice precaria e premiata non avranno più voce in capitolo.
Mi chiedo cosa ne sanno le sardine di Meridione se al Sud sono venute solo per le vacanze; se l’offerta formativa è bassa e direttamente proporzionale alle risorse stanziate, eufemisticamente per dire che fa schifo, come fanno a proporre l’Erasmus interno.
Eppure, di eccellenze meridionali che insistono e resistono il territorio ne è pieno. E non sono dentro i palazzi, ma spesso dentro le ambulanze assaltate che tuttavia salvano una vita. Dentro un pronto soccorso dove si lavora con mezzi di fortuna o con mezzi messi a disposizione dalle proprie tasche riempite solo del proprio lavoro, in una scuola di confine non sentendosi supereoi, ma testimoniando con la costanza della presenza quotidiana il proprio essere speciale, indossando una divisa ed essendo già derisi quando solo accompagni tuo figlio a scuola. Sono quelle eccellenze meridionali che non scendono in strada con pistola e coltelli ma se in mano hanno una moneta la investono in un caffè sospeso. Ciò che nel resto d’Italia nemmeno si sa cosa sia.
Il Sud è pieno di problemi, ma non molto differenti dall’evasione fiscale padana o della criminalità appaltatrice dell’Expo, la crisi idrica pugliese non è molto differente da quella vissuta dal Piemonte in questo inverno, quella parlata napoletana e siciliana che ha il riconoscimento di essere considerata lingua rispetto ai dialetti veneti. Quel Sud che aveva già fondato il Banco di Napoli quando altrove si faceva ricorso al baratto, quel Sud che pullula di palazzi e parchi reali a dispetto della palude diffusa altrove, quel Sud già fiorente repubblica commerciale quando altrove non si riusciva nemmeno a comunicare.
Se non si capisce che il Meridione è la vera ricchezza (inesauribile visto che da esso si attinge da oltre 150 anni) soprattutto attraverso l’erario, lo sfruttamento del suolo con la creazione di aziende fantasma che producono solo l’evaporarsi del “finanziamento”, ormai ridotto anche a “cimitero della monnezza”, se non provate a volere il suo bene ve lo trascinerete dietro sempre a mo’ di appendice territoriale, espressione geografica di “alè-magna” memoria, se queste sono le vostre volontà lasciate almeno risolvere a noi stessi i nostri problemi. Di sardine che abboccano, ormai, ce ne sono pure troppe.

https://www.camposud.it/2020/03/riscatto-meridionale/

THE DAY AFTER

THE DAY AFTER
Il giorno dopo è quello del silenzio, quello deputato alle riflessioni e ai bilanci.
Accade, però, che il giorno dopo sia diventato quello dell’incredulità e del diniego, del disprezzo e dello schifo.
L’11 febbraio è il giorno dopo il Giorno del Ricordo, quello negato, quello che infastidisce, quello ancora avversato.
Non è la giornata della Memoria, per cui deve passare sotto silenzio questa giornata dedicata ai morti di serie B e in cui sotto silenzio passa ogni schifezza ad esso connesso.
Proprio ieri, nella Giornata del Ricordo e proprio nella martire Trieste è stato esposto uno striscione che invitava alla resistenza (quando manco più la Whirlpool le produce!) contornata da bandiere garrite con tanto di stella rossa innegianti al maresciallo Tito.
Accade che ieri nella commemorazione nei pressi della Foiba di Basovizza (che esiste!) alcuni esponenti locali del Pd, che è la continuazione di quell’anima comunista che in una sua roccaforte non ha potuto presentarsi con la propria faccia, hanno abbandonato la commemorazione quando ha preso la parola il forzista Maurizio Gasparri che non era lì in qualità di senatore azzurro, ma come Vicepresidente del Senato. Come Istituzione. Quel Senato oggi snobbato e ieri “preso” dall’ANPI, che per ovvie ragioni anagrafiche di partigiano non ha proprio nulla, per ospitare un soliloquio monòtono è monotòno sulle Foibe. Forse nell’estremo tentativo di ostacolare ed indirizzare quel revisionismo storico che dopo 70 anni di negazione ha portato alla luce la tragedia fratricida delle Foibe.
Accade che nel Giorno del Ricordo, il politico del Partito della Rifondazione Comunista Paolo Ferrero afferma in Tv che al boia Tito spetta la massima onorificenza della Repubblica italiana (concessagli dai suoi complici) perché ha contribuito a liberare l’Italia dal nazifascismo.
Evidentemente nella falsificazione storica finora raccontata hanno dimenticato, forse per le tante loro omissioni, che le truppe slave sono arrivate in territorio italiano a guerra conclusa, ovvero dopo la vergogna della resa incondizionata del Regio Esercito, capolavoro badogliano.
La loro spietata vendetta, la carneficina della pulizia etnica, è stata mirata e indirizzata verso ogni italiano. Non verso coloro che avevano, a torto o a ragione, avuto a che fare con il Partito Nazionale Fascista, ma contro tutti coloro che avevano la sola colpa di essere italiani. Sì, se il luogo di nascita può essere considerato una culpa. Quel luogo di nascita che oggi significa cittadinanza italiana e che adesso gli stessi vogliono sfruttare per estendere ad ogni singolo individuo proveniente da ogni angolo più remoto della Terra.
A nulla sono valse le chiare parole pronunciate in maniera inequivocabile (persino) da parte del Presidente, sempre più (loro) protettore, Sergio Mattarella che, in qualche suo raro sprazzo di lucidità politica, onestà intellettuale e, speriamo, orgoglio patrio ha definito le Foibe come una “scaigura nazionale”. Registriamo che nei dizionari ancora esiste questo aggettivo, ormai desueto.
È emblematico che i diretti discendenti dei carnefici con la Stella Rossa, assassini orgogliosi della lotta fratricida, oggi non perdono occasione per richiamarsi all’odio.
“Dimenticando” però lo stupro, uno su tutti, di Norma Cossetto che aveva la sola colpa di essere figlia di un dirigente fascista, stuprata da 16 titini, picchiata, amputata di entrambi i seni e solo infine infoibata.
È significativo che coloro che non perdono occasione per inneggiare all’odio non sono quelli che nel giorno della memoria espongono svastiche o altre infamità. Svastiche che nulla hanno a che fare con l’Italia come distinti e separati sono nazismo e Fascismo. Quell’Italia che ha ospitato anche campi di concentramento come quello di Ferramonti di Tarsia, nel cosentino, che sfilava gli ebrei salvati nei Balcani. Con tanto di sinagoga, biblioteche e parco giochi per bambini.
Banale che nel giorno del ricordo a Palermo, porto di approdo, viene preso a pugni una persona di colore con tanto di giustificazione razzista prima di sferrare il colpo. Come troppo prevedibile è il richiamo alla stella di Davide con la scritta “Jude” comparsa su una porta di un’abitazione in lingua rigorosamente non italiana.
Questi non sono atti di intimidazione né di razzismo, ma solo esternazioni isolate di ignoranti abissali e tali debbono rimanere. Come dovrebbe essere confinato nello stesso isolamento il comportamento di questa sinistra allo sbando che a tutti i costi vuole e disperatamente deve far parlare di sé. Anche andando via, anche inventando, anche negando, anche a discapito di ogni valore e ideale.
Per fortuna il tempo ci sta conducendo alla verità e su tanti argomenti tabù si sta facendo luce. I tempi sono ormai maturi per infoibare certi sinistri comportamenti e condannare all’oblio questo pericoloso tempo in cui alla sinistra tutto è con-cesso.

TERRA DEI FUOCHI: BRUCIANO LE ISTITUZIONI

La Terra dei fuochi rischia un’incredibile inversione a “U”, uno stop inspiegabile che potrebbe riportarla a essere di nuovo terra di nessuno, dove se finora lo Stato non era mai arrivato, adesso, che vi erano pur stati un’azione e un interessamento, rischia addirittura di abbandonare il territorio, “condannandolo” al fuoco eterno.
Il 17 dicembre scorso, infatti, è terminata la gestione commissariale decennale affidata a Mario De Biase, nominato nel 2010 con un’Ordinanza della Protezione Civile che, a suon di proroghe, spesso effimere, è arrivata a ottenere ottimi risultati se non addirittura miracolosi. E interessando ogni campo. Primo fra tutti “amministrare” i quaranta milioni stanziati per bonificare quell’area dove si muore di cancro e leucemia il 47% in più che altrove in Italia a causa dei rifiuti tossici, amianto e scorie radioattive – in una zona che non pullula certo di industrie – che sono (stati) interrati nei campi di piantagione, sotto i palazzi, dentro le strutture dei cavalcavia oppure dati alle fiamme. Dove si registra, per dirla con i numeri, una “mortalità in eccesso”, dove una vita media non supera i cinquant’anni, dove un pomodoro è nocivo anche al tatto.
Grazie a questi fondi, la maxi-discarica Resit di Giugliano in Campania, che a detta del Tribunale di Napoli, con i suoi seicentomila quadrati di estensione e due crateri dalla portata di un milione di metri cubi ognuno, rappresentava una bomba ecologica pronta a esplodere causando un immane disastro ambientale, è stata messa in sicurezza: non vi è più fuoriuscita di percolato né di biogas. Perdipiù la Resit è stata “trasformata” in un parco con 500 alberi piantumati e abbellita da due grandi murales, uno ritraente il volto del giornalista Giancarlo Siani, assassinato dalla camorra, proprio a testimoniare il ritorno alla legalità.
Sempre a Giugliano, in zona San Giuseppiello, è stato portato a termine non sono un altro successo, ma addirittura la riuscita ha interessato anche un progetto sperimentale. Nell’area dove la famiglia Vassallo aveva sversato liquami e veleni provenienti dal Nord Italia, in particolare dalla Toscana, è stato applicato il protocollo “life ecoremed”, in collaborazione con la Facoltà di Agraria dell’Università Federico II di Napoli: anziché utilizzare le tecniche ingegneristiche tradizionali, costose per la flora e per la fauna (il terreno non può essere utilizzato per la coltivazione) e per le casse pubbliche (800mila euro a fronte dei 20 milioni), si è deciso di piantare 20mila pioppi, pianta in grado più di ogni altra di assorbire i metalli dannosi stipati nelle profondità del terreno, bonificandolo, e rendendolo addirittura capace di ospitare colture nel giro di poco più di un triennio. In questo modo, al posto di discariche a cielo aperto furbescamente occultate, vi sarà un polmone verde, benefico e che rappresenta un punto visibile di legalità.
Ma se nel Luglio scorso, le Autorità invitate hanno disertato la cerimonia d’inaugurazione del Parco alla Resit, il 17 Dicembre tutto si è fermato. Allo scadere del mandato di Di Biase, che avverte che tanto c’è ancora da fare. A quanto pare, però, l’unica cosa che le istituzioni di ogni grado e livello riescono a fare è bruciare i risultati (miracolosi) fin qui ottenuti e incenerire sacrifici e dispiegamento di forze.
Questi sono i giorni in cui il governo centrale, nella persona del Ministro dell’Ambiente Sergio Costa (da Generale della Guardia di Finanza tra i primi a scoperchiare le porcherie della Terra dei Fuochi!) e il Governatore uscente Vincenzo De Luca si rimpallano le responsabilità e tessono una tela di Penelope che serve solo a decidere di non decidere. Mentre il Ministro considera conclusa la gestione commissariale indicando la Regione Campania come responsabile della gestione ordinaria, o della continuazione della gestione straordinaria visto che non è cessata alcuna emergenza, da Palazzo Santa Lucia si chiede la proroga di tale gestione almeno fino al 31 dicembre 2020 e ci si domanda pure per quale ragione da Roma non abbiano sortito risposta le richieste partite da Napoli in tal senso.
Più che l’ennesimo caso di mala burocrazia, qui sembra assistere ad una – seppur implicita – incapacità di ammissione di colpa e, di conseguenza, ad una inadeguatezza di ruolo che sfocia nel non avere fiducia nemmeno delle proprie capacità. Nemmeno quando a Roma si governa insieme e a Napoli si riesce solo a disinteressarsi di gente e territorio. Pure quando ci sarebbero meriti ed elogi da spartirsi. Forse, consci che sarebbe meglio non rivelarsi per ciò che si è (stati) proprio alle porte delle imminenti Regionali!