CAREBONARA (my)DAY!

Alla fine ci sono riusciti.
Prima le accuse/proposte da La Zanzara di sostituire la famiglia tradizionale con una famiglia omosessuale nelle pubblicità Barilla respinte – con tanto di polemica create ad hoc – dal “patron dei maccaroni”, poi le accuse della signora Laura Boldrini che si era scandalizzata perché, sempre in una pubblicità stavolta della Mulino Bianco, che non è altro che il tentativo della Barilla di non fallire del tutto quando fu costretta a vendere lo stabilimento, si vedeva una mamma mettere in tavola la colazione e alle quali Guido Barilla non ha nemmeno replicato. Sarebbe stato davvero difficile farlo tanto è enorme la boldrinata, tanto da essere stata colta in fallo (sperando non si offenda): proprio lei che dai suoi inservienti, così trattava le colf, sfruttate e sottopagate, si faceva addirittura prenotare il parrucchiere perché è una donna sola: cioè dovrebbe avere più tempo per lei o se avesse avuto un kompagno avrebbe dovuto farlo lui?
Adesso anche Barilla è stata costretta ad un’artistica abiura del proprio pensiero in una giornata di quelle “internazionali di” che non servono ad un emerito caspita.
Se dico 6 aprile a me viene in mente  la terribile scossa di terremoto che ha devastato L’Aquila e l’Abruzzo e i tanti, tantissimi, troppi “terremotati” dimenticati, resuscitati solo alla vigilia di qualche campagna elettorale e buoni per le fesserie delle promesse e a racimolare qualche consenso. Poi ho scoperto che il 6 aprile si festeggia/si commemora/ si ricorda/si dedica insomma è il “Carebonara”. Il giorno degli spaghetti alla carbonara. Proprio quest’anno che (ancora) non sai delle condizioni dei terremotati de L’Aquila o dei tanti ristoratori, cuochi, chef, camerieri e dell’indotto che ci gira intorno, loro girano un cortometraggio, una pubblicità di 9 minuti con tanto di attore di grido e utilizzando, difficile a farlo diversamente, una eccellenza italiana: la pasta. Chiaramente lo fanno con un tema di guerra, la II mondiale. Manco a dirlo lo fanno con gli Americani, anzi con i soldiers americani di colore. Quale, inutile dirlo. Lo fanno apparendo buoni, manco a dirlo: donano la razione K, ovvero uova in polvere e bacon, dalla cui scatol(ett)a il genio italico ci tira fuori gli spaghetti alla carbonara! Cosa importa se tutti noi sappiamo che la carbonara è nata in Romagna, terra rossa e da dimenticare, soprattutto se riferita alla II guerra mondiale, a Riccione e da lì poi esportata a Roma, scenario perfetto per lo spot!
Chi se ne fotte se lo spot mostra soldati che, alla loro prima volta, attorcigliano spaghetti come se fossero Italiani rodati e consumati, quando da Bologna in su gli spaghetti li “arrotolano” con l’ausilio del cucchiaio, fino ad arrivare a quelli che li tagliano e sui quali mi verrebbe da chiedere veramente le prove da superare per il rilascio della carta di identità!
Chi se ne frega se la storia è stata (ancora una volta) riadattata, riscritta, aggarbata all’uopo e allo scopo: ciò che occorre, che è utile, che è cosa buona e giusta è che passi il messaggio che i popoli vanno uniti, che le differenze, anche culinarie,  non esistono e che, se si amalgama tutto, che se al posto del guanciale o della pancetta, diatriba tipica e topica, può andarci bene anche il bacon. Magari affumicato. Giusto per buttare fumo negli occhi e vendercele per lacrime di commozione. Tanto poi Barilla chiarirà: non è un documentario! Ma i surrogati non sono mai eccellenza, primizia e qualità, rischiano di compromettere i sapori. Quelli veri e autentici. Della tradizione.
I “formati” fassisiti come abissine e tripoline sono già state messe al bando: a quando la battaglia per boicottare la pasta perché fatta di grano che ricorda un’altra famosa “battaglia” di ben altro sapore e che evoca ben altre immagini e magari propinarci la pasta fatta con la paglia e col fieno da dare in pasto a questi acefali ruminanti come tante bestie al macello?