COMUNQUE VADA SARÀ UN INSUCCESSO

COMUNQUE VADA SARÀ UN INSUCESSO Ci hanno provato in ogni modo. L’asinistra ha tentato con tutte le sue forze di rimanere a galla, ma prevedendo (bene) che sarebbe sprofondata ha creato all’uopo le sarPDine. Essendo loro, però, per costituzione pesci senza cervello, vano è stato il tentativo di mascherare il vuoto pneumatico coprendo la testa con un cartone. Allora meglio ricorrere alle strategie vecchie e ben oleate (ma non a ricino!) ritornando allA solitA, usatA, abusatA (così pure la BoldrinA sarà contentA) e ancora ottimamente funzionante magica struttura: la magistruttura, ovvero il discount del diritto in salsa rossa togata. Se politicamente e politticamente – ossia con la plurima menzogna delle sardine – non si riesce ad avere gioco con e dell’avversario, allora i rossi-giallo-arancio-fucsia-arcobaleno-già-viola-girotondi sfoderano l’asso nella… toga. Vorrebbero processare Salvini, ma forse non conviene (a loro) farlo in quanto diventerebbe un martire perché crede (anche se ora suona campanelli come un testimone di Geova qualunque!) e per loro che non (ci) credono significherebbe perdere le elezioni regionali. Non è loro interesse, infatti, andare a comandare (sono già abbondantemente intarlati nei palazzi dei poteri e delle istituzioni), ma perdere nell’altra roccaforte rossa, dopo l’Umbria, significherebbe bissare (per dirla con Giuseppi) la di merda figura. Allora processeranno sì Salvini, ma quando lo diranno loro (manco il miglior Giucas Casella!), tanto certi giudici son loro amici e fanno ciò che dico loro. In realtà certi giudici si servono di certi polituculi (che non è un volitivo siciliANO!), per esercitare i loro poteri/voleri, inventando reati, processando chi è innocente e condannando chi fa il proprio lavoro con mandato del popolo. Tanto per loro tutto è indifferentemente uguale: un seggio elettorale è uguale ad un’aula di tribunale, un ministro della Repubblica è uguale ad un delinquente, un clandestino ad un regolare cittadino, un raffreddore o una cotoletta ad un bambino (Zingaretti meglio quando i comunisti mangiavano i bambini!), una coop ad una cupola, un barcone o una ong ad una moto vedetta della Guardia di Finanza dello Stato. Invece loro esistono e resistono e hanno la faccia tosta almeno quanto duri sono di comprendonio. Senza capire che sconfitta dopo sconfitta, indagati dopo indagati, sparizione dopo sparizione hanno barattato la piazza con i salotti buoni, la gente comune con l’oligarchia, i più deboli con le élite finanziarie, le persone comuni con “quelli che… contano”. Ma loro esistono ed insistono anche se sono costretti a non metterci la faccia e nemmeno il simbolo di partito! In questo clima sinistro un posto di tutto rispetto spetta al movimento 5 Stelle, ovvero a ciò che avrebbe dovuto significare la rinascita della sinistra e che invece è stata solo una MoViMento di sinistro occultaMento, che solo i diretti interessati faticavano a capire tutto ciò che gli altri avevano già capito. Una sinistra in MoViMento che mente persino a se stessa e che spera addirittura di “fare futuro” partendo dal passato con gli uomini del passato ritornando al passato. E se il Pd e compagni nelle regionali, per constatata paura, non compaiono né scompaiono, Gigino Di Maio, attuale Ministro e Capo di quell’apriscatole che avrebbe dovuto essere il Mo-Vi-Mento a cui egli ha solo prestato la faccia e fetiene tuttavia il maggior numero di scranni okkupati, pensa addirittura di dimettersi pur restando saldamente col deretano sul velluto. E per essere coerente con i suoi frequenti cambi di idea, nel discorso di commiato-permanenza, dipinge il movimento come una “splendida creatura” all’interno della quale si annidano “franchi tiratori, nemici interni e personaggi pronti a pugnalare alle spalle”. Che cosa abbia di splendido questa creatura a questo punto lo capisce solo lui: unica coerenza il fatto che egli non capisce più nemmeno ciò che dice. Triste destino quello di Giggino che se faticherà a ricorrere all’assistenzialismo del reddito di cittadinanza, faticherà di più a ritornare alla precedente occupazione al San Paolo grazie ai suoi (in)successi parlamentari: rendere più salate (economicamente) le bibite zuccherate qualora sopravviva ancora qualcuno che potrà confezionare snack e bevande in confezioni in plastica. Dunque, se l’accozzaglia sinistra vincerà non potrà gloriarsi in quanto non compaiono leader di partito, né simboli e né sì registrano loro apparizioni manifeste. Se invece perderà, come anche loro stessi sanno bene, non potrà sentirsi colpevole, in quanto per le stesse ragioni sono stati assenti da una Regione (da due al momento) ai cui elettori facciatostamente chiedono ancora di continuare ad abbuffarsi. A questo punto sarebbe dignitoso solo fare silenzio: magari potrebbero occuparsi di pensare a come ammorbaci con la solita solfa della Giornata della Memoria. Che per loro fortuna ricorre proprio il giorno in cui verranno palesati i risultati elettorali di Emilia Romagna e Calabria e prese di coscienza delle sconfitte. Il day after rosso. Ruggine. Che abbiano, almeno oggi, la decenza di fare silenzio. E non perché lo impone la Legge, ma per rispetto degli elettori, coloro che sono i veri datori di lavoro. Sarebbe opportuno tacere anche in segno di rispetto le vittime dell’Olocausto vergognosamente arruolate e schierate e colorate. E adesso, per piacere, silenzio!

GUAPPI DA PARANZA


Esistono delle responsabilità di cui inevitabilmente si viene investiti e a cui altrettanto inevitabilmente non ci si può sottrarre.
Potrebbe essere il caso degli abitanti del popolare quartiere napoletano di Sant’Antonio Abate, 800 metri di strade dalla inalterata struttura quattrocentesca, che, per “difendere” le proprie tradizioni – il “fuocarazzo” in onore del santo il 17 gennaio – si schiera nientemeno che contro la Polizia. Di Stato.
Cinque agenti, infatti, erano intervenuti in supporto dei Vigili del fuoco, allertati da alcuni residenti, per la pericolosità dei falò, invece sono stati oggetto una sassaiola e di una aggressione con ogni tipo di oggetto: da pezzi di rami usati per i falò ai petardi, finché sono stati costretti alla ritirata. D’altronde Sant’Antonio Abate protegge gli animali e non certi uomini che del Santo e della sua storia hanno dimostrato di non saperne proprio nulla.
Se gravissimo è stato il violento episodio, ugualmente grave è stata la gestione dei risvolti occorsi: gli agenti, cui va l’insufficiente e perpetuo ringraziamento, non andavano ritirati bensì andavano affiancati. Facendo leva proprio sulla loro professionalità di non cedere alla provocazione, per dare una dimostrazione che lo Stato, rappresentato dal Questore, c’è e Napoli fa parte di questo Stato che è Sovrano perché esistono delle leggi che vanno rispettate.
La resa, perché di questo si è trattato, ha fatto intendere ai minorenni, perché tali erano, che l’hanno avuta vinta, che quello è il loro territorio dove vigono le loro leggi, tra l’indifferenza di quegli adulti, genitori e nonni, che se non lo hanno capito, hanno sbagliato anche loro. Che il silenzio è parente stretto dell’omertà.
La pezza poi, anche in senso temporale, è persino peggio del buco: identificare i minorenni per poi – sempre poi – schedarli per poi pulirli non è azione bastevole per dei criminali in erba che, all’uscita della Questura, si onoreranno della denuncia a mo’ di medaglia, magari con tanto di pacca sulla spalla di mammà e papà, per l’autoiniziazione. Se mai avverrà, perché molti degli aggressori sembrano non raggiungere nemmeno i 14 anni, quindi non sarebbero nemmeno perseguibili. Però, secondo qualche onorevole “amico” (di palazzo) del Questore, potrebbero essere in grado di votare. Pur non avendone acclaratamente la maturità.
E se non sono pronti i capi di imputazione perché non sono pronti i nomi dei delinquenti, è pronta la manifestazione postuma perché “Napoli deve poter tenere alta la testa”. Peccato che Napoli lo scorso 17 pomeriggio, la testa l’ha piegata. Per ordine (di palazzo) ricevuto. Tappandosi le orecchie, chiudendo gli occhi, cucendosi la bocca e voltando le spalle. In primis ai cinque povericristi in uniforme che sono intervenuti pagando per il danno degli aggressori e per la beffa di chi li comanda.
Questi sono i risultati di chi si arricchisce propagandando Gomorra e di chi pubblicizza El Chapo su ogni gadget, ma che sceglie di vivere a migliaia di chilometri. E che sulla vicenda non emette retorici peti di condanna, né si reca presso queste famiglie per accompagnarle presso il più vicino commissariato. O al puntone del vico semplicemente per parlare loro. Per spiegare.
Questo non è il tempo delle parole, ma quello del silenzio (anche dei religiosi) che fa più rumore dello sputtanamento urbi et orbi, gratuita pubblicità a questi indegni abitanti.
Questo non è il tempo della lotta, né della formazione, ma quello della vanagloria, della lontana vicinanza, della visibilità. Della piazza e non delle stradine dimenticate e pericolose, della folla e non della solitudine di quei residenti che hanno avuto il coraggio di chiamare in aiuto lo Stato. Napoletani tristemente ingenui e inguaribilmente speranzosi, incarnazione dell’adagio popolare secondo cui ‘o napoletano se fà sicco, ma nun more. Con l’intercessione di Sant’Antonio dalla barba bianca che faccia trovare quel che a Napoli ancora manca.

AMERICANIZZATI, MA IN BRUTTA COPIA

Black Friday, XMAS, week end, happy hour… ci siamo americanizzati, ma siamo venuti in brutta copia. Abbiamo voluto “e-mularli”, nel senso di rimanere asini e loro hanno permesso che ci americanizzasimo, ma per il loro tornaconto. USA e getta, insomma.
America e Italia potrebbero essere accomunati dalla situazione politica, o meglio dei politici, che li sta interessando: il presidente Donald Trump e Matteo Salvini, dimissionario del governo e capo dell’opposizione.
Il Tycoon ordina un assassinio politico per sfuggire all’impeachment e assicurarsi un altro quadriennio da inquilino alla Casa Bianca, il Senatore del Carroccio, invece, viene addirittura processato per fstti commessi durante la sua carica di Ministro. Solo lui, però, senza il “suo” Presidente che pur dirige la politica del Consiglio dei ministri di cui ne è responsabile.
A chiedere a gran voce la messa in stato di accusa sono gli avversari politici, veri e propri nemici, di fatto trombati in termini di consenso elettorale ad libitum italico e gli ex alleati, che ora disapprovano ciò che loro stessi hanno precedentemente appoggiato. Ma la contraddizione e la mancata coerenza sono peCULIarità del Mo-Vi-Mento.
La collera per avere staccato la spina è capibile, ma la loro “vita istituzionale” si è comunque allungata. Di poco e per poco, contro ogni principio etico e morale seppur inesistente o irrintracciabile, in barba ad ogni (il)logica accezione di un fantomatico e fanatico post-ideologismo, infischiandosene di ciò che si è detto (critiche al vetriolo e giuramenti “MAI CON”), fottendosene di Bibbiano e dei crimini ivi perpetrati a danno dei più indifesi, ma si è comunque allungata. A braccetto con gli orchi da cui avevano preso le distanze, scegliendosi.
Il Presidente del consiglio (o dei consigli), che precedentemente svolgeva l’attività di docente di diritto ed avvocato, mentre Salvini difendeva l’Italia sulla banchina del porto di Agrigento, dimentica(va) l’articolo 95 della Costituzione che lo obbliga a coordinare le attività dei Ministri per la quali ne è responsabile!
Cosa importa se mentre un Ministro, quello, non uno, deputato all’ordine ed alla sicurezza pubblica della Nazione, “sequestrava” i trasbordati rifocillandoli per quattro giorni garantendo loro acqua, cibo e assistenza sanitaria in attesa che l’Eu(t)ro(p)pa stabilisse chi dovesse ospitare chi.
Il Presidente del consiglio che precedentemente svolgeva l’attività di docente di diritto ed avvocato dimentica(va) – anche – l’art. 40 del Codice penale che recita che “non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”!
Se Matteo Salvini all’opposizione non è sufficiente perché l’accozzaglia pd-stelle governi, bisogna processarlo. Ma non facendo giustizia, bensì ricorrendo a certi giudici politicizzati (esistono! Pur essendo vietato… per legge), dalla sigla degna di un discount del Diritto, utilizzati ad orologeria e a convenienza, a se e quando, per i propri scopi non capendo che sono certi ermellini, attraverso sentenze politiche e avvalendosi di marionette seggiolate, a fare polit(t)ica.
I soloni della sinistra già esultano, forse già conoscono l’esito del pro-cesso, per il ritrovato “stato di diritto” ovvero permettere agli altri di fare come gli pare in casa nostra. Un po’ come ha fatto Mr. President in Iran ordinando di ammazzare il generale Soleimani, ma che nessuno sogna, seppur americano, di processare.
Se Salvini ha sequestrato i clandestini (perché tali sono) e la (s)Carola è libera di raccattare, quando va bene, genti inviate su prenotazione, processiamo anche i militi della Guardia di Finanza per aver impedito l’anarchico sbarco e decurtiamo loro, oltre ad IRPEF, IRAP, addizionale regionale, addizionale comunale, IMU, TARI, TARSU, IVA et similia anche i danni cagionati al mezzo dello Stato. Anzi, aboliamola pure la GdF visto che, se non può fare ciò che deve, a niente serve. Così come anche i Carabinieri, la Polizia di Stato (la cui Amministrazione risparmierebbe almeno il costo della maglietta per Salvini), l’Esercito, la Marina Militare e l’Aeronautica. Tanto a Vicenza ha sede (unica! E proprio in Italia!) l’Eurogendfor, la Gendarmeria Europea che fa paura per il suo Statuto (già in vigore!) che consente di fare ciò che vuole. Illeciti inclusi. Senza dovere dare conto a nessuno. Un po’ come la (s)Carola, paladina di quell’asinistra cui, ormai, tutto è permesso.
Aboliamo, allora, anche il Senato della Repubb(l)ica, il Parlamento repubb(l)icANO tutto ed il di lei dormiente preSIdente ché non onorano il loro onorario e prodighiamoci a rimpinguare le tasche dell’ultimo giudice di pace che si alza la mattina e detta legge.

PADRONI DEL MONDO

La reazione iraniana è arrivata e porta il nome del martire Soleimani. È arrivata dopo i tre giorni di lutto e nella stessa ora in cui il Generale è stato ammazzato. È arrivata ed è stata manifesta e rivendicata. Senza l’utilizzo di milizie clandestine. Così come Trump non era ricorso a fantomatici incidenti o a curiosi gesti di facinorosi rimasti coinvolti nell’attentato.
Curioso è che, adesso, nessuno abbia il coraggio di coinvolgere direttamente Putin nella guerra (perché guerra è!) e fa casualmente precipitare un volo diretto a Kiev da Baghdad.
Curioso è che un terremoto abbia interessato proprio ora un impianto nucleare iraniano.
Queste curiosità sono le nuove armi della guerra.
Non sono americano né iraniano, ma non posso non equiparare questo gesto del Tycoon a quello dell’eroina stupefacente Carola Rachete che violò le leggi di uno Stato sovrano scaricando la sua mercanzia secondo le proprie regole (leggasi ordini), spacciata poi dal mainstream addirittura per filantropa quando in realtà era solo il braccio di una mente razzista.
All’Italia, nella veste dei militi della Guardia di Finanza, andò bene in quanto lo speronamento permise di riportare la pelle a casa, a Soleimani no. Eppure pare che il Generale, il suo ultimo giorno, non stesse combattendo alcuna battaglia, ma dovesse “solo”​ incontrare il Primo Ministro iracheno per portare la risposta iraniana ad una proposta di pace. Risposta evidentemente positiva, altrimenti un Generale non sarebbe andato ad incassare un niet.
Tale proposta conteneva anche le richieste di Mr. President al governo iracheno affinché mediasse la fine delle azioni dimostrative contro l’Ambasciata americana.
Sono Italiano e più che sovranista mi reputo Nazionalista, dunque mi chiedo cosa ci fanno in Medioriente coloro che hanno giurato di servire fedelmente la Repubblica Italiana. Ora che la presenza a stelle e strisce è avvertita come ostile in quanto gli yankees sono considerati degli “invasori”. Se non è un caso giorno ed ora dell’attacco, non è certo un caso l’obiettivo: la base colpita è la stessa che il presidente Trump visitò nel 2018 promettendo che gli Stati Uniti avrebbero mantenuto una presenza in Iraq per tenere d’occhio (e anche le mani) la Repubblica Islamica.
Mi chiedo che strano modo è quello di fare la guerra rifugiati in un bunker americano, per motivi prettamente americani: la benzina in Italia costa già 3000 delle vecchie lire e non accenna a diminuire. Il prezzo è il medesimo anche per un orfano di guerra e l’Italia è già nelle grinfie dei banchieri Rothschild, non l’Iran però. Che ancora r-esiste. Gli stessi Rothschild che, mentre si occupano di finanza globale, dichiarano (già due anni orsono) che la popolazione mondiale va dimezzata.
Mi chiedo perché se gli altri, direttamente coinvolti, non smorzino tensioni e non stemperino comportamenti, l’Italia, dopo aver rintanato i suoi soldati trasformati in mercenari, sia costretta a smentire che il razzo “assassino e protettore elettorale” non sia partito da Sigonella. Mi chiedo perché continui a negare che ad Aviano (ancora e sempre!) non vi sia un allerta massima ed i caccia siano pronti a decollare. Mi chiedo se le 113 basi americane disseminate per lo Stivale non siano un coinvolgimento diretto. Mi chiedo perché apparire come la Svizzera per il mondo quando in realtà contiamo quanto l’Umbria conta per l’europa.
L’Italia dovrebbe ritornare a fare l’Italia! Dovrebbe difendere i confini e il proprio interesse nazionale. Che non è certo quello di mettersi sotto l’ala protettiva del più forte (economicamente) e sentirsi forte quando in realtà si rischia di diventare solo zerbini amorfi e senza vita.
Eravamo al fianco degli Americani quando invasero l’Iraq con la scusa delle armi chimiche e fecero fuori Saddam Hussein il cui assassinio fu più facile del dimostrare le armi chimiche da egli detenute. Col senno di poi e adesso che l’ONU (USA compresi!) ha riconosciuto lo Stato Iracheno il cui governo, formatosi dopo un lungo processo di normalizzazione politica, vota l’espulsione di tutti gli eserciti stranieri dal suo territorio, sentendosi autorizzato ad attaccare l’esercito americano (quindi anche la coalizione italiana) in quanto occupante, noi continuiamo ostinatamente a stare al fianco dei soldiers.
Un governo non sovranista, non nazionalista, ma semplicemente ITALIANO si mobiliterebbe per il rientro in Patria delle nostre Forze Armate e prenderebbe le distanze dalla follia guerrafondaia di Donald Trump (siamo proprio sicuri del suo assolutismo?) che minaccia il mondo intero, unica possibilità per allontanare da sé l’impeachment e lo sfratto dalla Casa Bianca.
Ma il “nostro” Ministro degli Esteri si chiama Luigi Di Maio la cui proposta di missione in Libia viene bocciata al meeting dei ministri degli esteri europei. E gli USA non ci prendono minimante in considerazione. ​ Mentre Turchia e Russia sono già operativi sul territorio, dalla Farnesina esultano perché la proposta è stata accolta dagli omologhi, ma è in via di definizione. Non siamo mica tutti Gigino che condanna l’Iran per aver reagito (che è altro da provocare) a un attacco militare in cui è morto “il” loro Generale
Veramente possiamo solo spettegolare sulla presenza della giornalista israeliana naturalizzata italiana Rula Jebreal al Festival della canzone italiana di San Remo, dove anche il sovranismo è rappresentato da Rita Pavone, che, però, in quanto cantante canta, mentre l’ospite straniera, pagata con i nostri soldi, ci dirà quanto le facciamo schifo. Ma in Italia ormai tutto è permesso. Compreso rinunciare ad essere Italiani.

CHE FINE HA FATTO L’ITALIA?


Che fine ha fatto l’Italia? La Patria di quel popolo fratello e consorte, destatosi per porgere la chioma alla Vittoria e unitosi a coorte, pronto a morire per Essa? Quei fanti fratelli e connazionali che dissero “NO!” al nemico e fecero una barriera sentendosi popolo, ormai sempre più ridotto e bistrattato a becera popolazione?
Esiste ancora un’Italia o siamo solo servi e colonia? Siamo più colonia yankee o più servi di Bruxelles?
Se la minaccia dell’imposizione europea ci viene spacciata quasi come karma “ce lo chiede l’Europa”, in nome di Bruxelles e della fantomatica unione, sempre più asse Parigi-Berlino benedetto ad Aquisgrana, in Italia è stato rovesciato e ribaltato ogni principio democratico di libertà e di espressione popolare che ha portato ad occupare le cadreghe se non dagli amici, quantomeno dai fautori benevoli e benvisti da Bruxelles, incuranti sia dell’espressione popolare che del consenso precedentemente espresso e non piaciuto.
L’assassinio elettorale – perché tale è stato – del generale iraniano Qasem Soleimani, non accolto da Washington con un “tragico incidente stradale” o il “gesto di un facinoroso rimasto coinvolto anch’egli nell’attentato”, ma addirittura annunciato via Twitter con tanto di bandiera a stelle e strisce, solo con bandiera a stelle e strisce, “impone” all’Italia un eloquente silenzio.
In una stravolta logica della dialettica del servo padrone e in virtù delle 113 basi americane disseminate sulla nostra Penisola.
Che forse dovrebbe valere più di un assoggettato silenzio.
Silenzio che diviene una impellenza rompere se è vero – come è trapelato – che il missile caduto a Bagdad sia stato pilotato da Sigonella. Ancora Sigonella. Magari ancora come allora Sigonella. Quando l’Italia fece per l’ultima volta l’Italia. Quando l’Italia seppe tener testa anche all’America. Quando vi erano dei politici che non solo non si uniformavano all’imposizione e al silenzio, ma che agivano in nome e per conto dell’Italia e del popolo italiano.
Quando i politici erano statisti e non gente improvvisata, riciclata e arrampicata dalla società civile, dai centri sociali e da quelli per l’impiego.
Quando essere politici non significava esclusivamente avere competenze di governo. Che se quello attuale è un male necessario, l’opposizione non fa nulla per apparire differente. Ancor più se il capo della minoranza è capace di convogliare in sé la maggior parte dei consensi e comunque in misura maggiore delle due compagini dell’esecutivo messe assieme.
Non è per l’opinione personale che ha espresso Matteo Salvini sul generale Soleimani, non può essere un fatto di vedute politiche scambiare un Patriota per un terrorista, ma per l’incensazione di Mr. President. Dopo lo scandalo Russiagate. Dopo le continue ingerenze persino con i nostri Servizi Segreti che tanto segreti non lo sono o non lo sono apparsi.
Se l’errore di Salvini è stato quello di parlare per se stesso e per il suo partito, lo sbaglio di governo è stato doppio se non triplo.
Il ministro degli Esteri tale Luigi Di Maio ha scelto il silenzio dalle sue vacanze natalizie rigorosamente non italiane. Tanto chi è lui se non il preposto per dare seguito (e giustificazione) alla diaria sua e per i suoi che compongono il Ministero più corposo? E punta agli aumenti, sbaciocchiandosi per corrispondenza con Zingaretti.
Il ministro della Difesa tale Lorenzo Guerini riferisce che non è allo studio (siamo o non siamo nelle vacanze di Natale?) alcun disimpegno dei nostri militari – che, contro la loro volontà, rassomigliano sempre più ad autentici mercenari – sono impiegati all’estero come se non avessimo nemici in casa nostra. Impiegati su fronti caldi dove, dopo l’assicurazione elettorale di Trump, la tensione è salita alle stelle: 1000 soldati in Kuwait, 1100 italiani in Libano e più di 300 in Libia, dove l’allerta è particolarmente alta e dove per prima si attende la reazione iraniana.
Il presidente del Consiglio tale Avvocato Giuseppe Conte riferisce di monitorare con attenzione gli sviluppi dell’attacco a Bagdad da Palazzo Chigi. Detto da “Uno” che priva di un fucile tre militari con l’idea di mandarli nelle retrovie a parlare di pace.
Qualche parolina avrebbe potuto/dovuto dirla pure papa Manesco, se non per le centinaia di chiese salvate e per la difesa dei Cristiani per opera del generale Soleimani, almeno per il piglio alla violenza del Tycoon: stando agli ultimi episodi occorsi, sembra essere questa, più del Cristianesimo, il linguaggio più congeniale al Papocchio.
Ma papa Badoglio fa leva sull’autocontrollo. Proprio lui!
Se davvero questa è (diventata) l’Italia, meglio non affrontare la discussione sul MES: non ne abbiamo il coraggio.
Se davvero questa è (diventata) l’Italia, non andiamo a discutere dello IUS SOLI: non ne abbiamo gli attributi.
Se i rappresentanti di questa Italia credono che basti vedere la luce sulla terra o, come più sovente avviene, anche nel mare nostrum, per dirsi italiani, abbiamo svenduto un orgoglio patrio e l’Italia stessa.
Bisogna riappropriarsi di Dante, Petrarca e Boccaccio, del Rinascimento e dell’Arte, della Musica e dello Spettacolo, della Gastronomia e, perché no, dell’ars amatoria. Di ciò siamo stati e che, grazie a Dio, ancora siamo.
Altrimenti indignatevi e ammainate il tricolore di fronte ad una sconfitta (la sola) evidente del prossimo incontro di calcio di una Nazionale (si può ancora dire?) in maglia verde seguita all’inghiotto di chips e kebab. Magari dal Gold Souk o dal Burj khalifa di Dubai.