ADESSO TOCCA A NOI

Alla fine Zelensky non ha chiesto nulla al Parlamento italiano.

Non ha chiesto l’interdizione dello spazio aereo, sottoposto a controllo militare, a tutti i velivoli non autorizzati – gli anglicismi mal li digerisco – non ha chiesto di incrementare l’invio di armi; ha invitato molto retoricamente di inasprire le sanzioni alla Russia e ha ricordato che anche l’Ucraina fece la sua parte con l’invio di medici e paramedici ai tempi (perpetui) del Covid.

Ma soprattutto non ha fatto alcun cenno alla resistenza, nonostante deputati e senatori erano già pronti e proni per eiaculare e qualcunA era pure già inginocchiata.

Probabilmente anche in Ucraina ormai è nota la pochezza dell’attuale classe politica nostrana, tanto da non chiedere nulla e anche difronte al nulla Montecitorio è riuscito a contare niente.

La cosa che più fa male non è l’uscita di Mario Draghi del quale è pur troppo scontata la sua (?) volontà di volerci trascinare in un conflitto perché evidentemente il grado di distruzione del Paese non gli è ancora sufficiente; non è il fatto che, dormendo a Palazzo Chigi, parli a nome dell’Italia e degli Italiani – mi fanno ridere quelli che “non in mio nome” fanno notare che l’ingresso dell’Ucraina nella UE non spetta a lui, ma agli elettori e al Parlamento che ha dato più volte prova di essere un duplice Mario Draghi, come se il liquidatore finora avesse avuto anche mezzo rispetto di uno sputo di legge.

La cosa che più mi fa male è che anche l’Ucraina, come la Russia e la sua “occultata buona fede”, non perde occasione per ricordarci di averci inviato medici, medicine e tutto l’occorrente necessario come se l’Italia fosse al pari del disastrato Burundi. Evidentemente così ci vedono. E, forse, non hanno tutti i torti.

Giovedì partiranno le sanzioni, altre, nuove, inasprite verso Mosca e vuoi che Draghi per l’Italia non faccia la sua parte? Nonostante Putin abbia fatto sapere che ci saranno azioni irreversibili nei confronti di chi applicherà nuove sanzioni, Gigino Di Maio replica che un ricatto del Cremlino è inaccettabile e non intendono cedere: “pure ‘e pullece tenene ‘a tosse” si dice dalle parti di Gigino.

Lo stesso pugno – è proprio il caso di dirlo – duro mi sarebbe piaciuto vedere quando Mosca ha fatto sapere che in caso di ulteriori ostilità potrebbe rivelare ciò che hanno scoperto grazie ai “medici che hanno inviato in aiuto nella lotta al coronavirus”. Ho sempre sospettato che non tutti i russi fossero medici. Ma Mosca da questo affare ne esce ancora più sporca dal come ci è entrata: se mi sanzioni sputo il rospo, ma se fai la brava tu, la faccio anche io. Comprerà il silenzio l’Italia? La Russia glielo venderà? I bensanti putinisti giustificheranno e assolveranno sicuramente lo zar. Che poi sono gli stessi che faticano a trovarci una matrice ideologica in questo prosieguo della guerra fredda che si riscalda ogni giorno di più. D’altronde questa è una guerra e in guerra ci si schiera. Ma non si dovrebbe tifare. A loro che tutto sanno e lo sanno subito vorrei chiedere che cosa fosse successo se gli ucraini non avessero approntato una difesa contro l’invasione. Che cosa se ne farà Putin di una Ucraina da ricostruire. Se saranno sufficienti cinquant’anni dalla fine dell'”operazione speciale” – Putin, non il parlamento, ha previsto l’arresto per chi nomina la guerra – per fare cessare anche l’odio degli ucraini verso la Russia. Come ne uscirà la Russia che conta già otto Generalissimi licenziati da Putin nel bel mezzo di una guerra e qualcosa come diecimila soldati russi morti in un mese. In Afghanistan ne sono caduti quindicimila, ma in quindici anni. Oltre ad un ingente numero di mezzi distrutti. Ma questa è la guerra. E la guerra va fatta così. Più persone ammazzi, prima finisce. E Russi e Ucraini ancora combattono. E sono loro gli unici ad avere ragione. Tutte le ragioni. Più di tutti. Diverse, ma uguali. Distinte, ma altrettanto valide. Professione. Mestiere. Dignità. Identità. Confini. Patria. Sono loro gli unici a poter parlare, ma preferiscono tacere per fare parlare le armi. Come i Generali in tivvù che sono i soli a poter parlare, ma che spesso tacciono. Gli unici a non essere andati nel teatro di Mariupol, a differenza dei soldati del tifo che dal divano sanno dirti anche quanti peli ritrovati. Che professano una guerra con avvertimenti, con accortezza e senza farsi male. E ci credono pure. D’altronde quando si finisce di credere in Dio si comincia a credere a tutto. Si crede alle invenzioni del missile educato che entra in casa e non distrugge i muri, ma non si crede alle bandiere rosse con falce e martello issate in segno di vittoria perché tale è il significato assunto nel secondo conflitto mondiale. Anche da chi non ricorda nemmeno l’Urss. Forse, perciò lo fa. Ma loro no, i tuttodietrologi di Netflix rifiutano il movente ideologico, anche se poi chiamano tutti indistintamente “nazisti”. Ottant’anni dopo. E non si chiedono se quei nazisti, che sono lo zoccolo duro identitario, non possano essere anche il fronte interno duro e puro qualora Zelensky dovesse arrendersi alla Russia. Loro, A3OV, rappresentano la Nazione, l’Idea. Così come i soldati russi. Capaci di sacrificare ciò che di più prezioso hanno, la vita umana, capaci di sacrificarsi per un ideale. Che è un valore. E per questo meritano silenzio e rispetto. Sono loro la meglio gioventù. E se, invece, dovesse succedere anche in Italia?

ADESSO TOCCA A NOIultima modifica: 2022-03-23T07:17:20+01:00da tony.fabrizio

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