23 novembre ’80: chi ha ditto ca la paura fa sulo 90?

23 novembre ’80:
chi ha ditto ca la paura fa sulo 90?

‘na bomba, ‘na botta, ‘no truono,
‘na paura senza nome, ‘no dolore senza suono,
90 seconde senza parla’, 90 seconde senza sente,
‘na eternità addò non se capivo niente.
“C’ha successo?” “Che cosa?” “Lo terremoto?”
E ogni comune d’Irpinia a tutti è noto.

23 novembre ’80:
chi ha ditto ca la paura fa sulo 90?

“Fuje!” “Curre!” Lo terrore era ‘n’unica parola:
non te gerave arreto pe’ paura d’esse’ sola.
pe’ lo ccorre annommennave tutte le sante,
senza de te ferma’ contave ancora pe vede’ se ce steveno tutte quante.
Tuorno tuorno era sulo prete, poreva e fumo ianco,
non conuscive a nisciuno pecchè tutto era chino de sango.

23 novembre ’80:
chi ha ditto ca la paura fa sulo 90?

Tanta peskune ‘nderra erano le ccase,
non tinive ‘na porta manco pe’ pote’ dice “Trase!”,
quaccuno deceva “Dormo dindo a la macchina mia”,
l’ate no, tutte quante ‘mmiezzo a la via.
Si aprive l’uocchie vidive le stelle,
sintive le chiante ma, tutte insieme, come stevemo belle!

23 novembre ’80:
chi ha ditto ca la paura fa sulo 90?

Arrevaro le soldate co’ le skatolette e le coperte,
ma tu putive ‘nfoca’ ‘no figlio sulo co’ le bbrazze aperte.
Macerie e prete era tutto: isso steva llà sotto
e tu sintive ca puro lo core se n’asceva da pietto.
Mano a mano ca la speranza deventava dolore
tu priavi ca te lo trovavano…
sulo pe’ ce porta’ ‘no fiore…

23 novembre ’80:
chi ha ditto ca la paura fa sulo 90?

D’austo ‘no furno, de vierno ‘na iacciera: queste le case c’arrevaro, le prefabbricate de lamiera.
Co’ le ‘mbruoglie s’arrevaro a piglia’ lo contribbuto
addeventato casa pe’ poche e fortuna pe’ chi se l’ha fottuto.
“Non ‘mborta, voglio mangia’ pane assutto, ma ha da esse’ lo mio,
tanto prima o poi ogni anema va ‘nnanze a Dio”.

23 novembre ’80:
chi ha ditto ca la paura fa sulo 90?

Domeneca: le sette e trentacingo de la sera,
‘na sera ca spiere ca cchiù non s’avvera,
pe’ la forza c’ha stata veramente troppa,
com’a lo dolore a vede’ le tittere sotta e le pavimente ‘ngoppa,
‘no ricordo da tutte cchiù lontano ca ci sia,
‘no ricordo ancora presente senza manco ‘na fotografia.

23 novembre ’80:
chi ha ditto ca la paura fa sulo 90?

Il giorno della polemica, o meglio, della vergogna

La Campania non è ancora guarita e l’Italia tutta non ha ancora saputo dell’infanticidio provocato in una clinica partenopea per troppo rigore nell’applicazione di un protocollo Covid, che già Napoli offre un nuovo caso, forse peggiore e non differente per gravità.
Ospedale Cardarelli, ops!,  Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale, il maggior ospedale della Campania e dell’intero Meridione, nonché il primo a livello nazionale per la cura dei grandi ustionati, costruito in epoca fascista e perfettamente funzionante, ma non funzionale.
Un uomo, ricoverato per sospetto Covid, viene ritrovato morto nel bagno da una altro degente che documenta tutto col suo telefonino.
Sospetto Covid è la “lettera scarlatta”, la nuova stella gialla, la contemporanea condanna.
Chissà se pure questa volta si mancherà di ottemperare al protocollo sanitario che bandisce le autopsie, tanto per (non) capire, cosicché il certificato di morte rechi la formula ormai “istituzionalizzata” “morto per Covid”.
Un altro. Ancora.
Tanto era sospetto per cui nessuno mai sospetterà.
Una forma che uniforma, identifica e anonimizza, che richiama probabilmente quel “nato il 1 gennaio 20..” valido per 1000 anni e già buono oggi per tutti coloro che toccano terra a Lampedusa ed hanno bisogno di una nuova identità.
Senza più una storia, un passato, come quelli che non hanno più nemmeno potuto salutare per l’ultima volta gli affetti più cari, anch’essi stipati tra attesa e angoscia in squallide sale d’attesa. E che continueranno ad attendere per il resto della loro vita una verità, magari stravolta, stavolta davvero senza tempo.
Il giorno dopo è sempre quello della polemica fatta da chi resta e che ancora affolla questo mondo, sterile come solo può essere chi sciorina la soluzione e propaganda di avere la bacchetta magica, ma tende, spesso se non sempre, a confondere la causa con l’effetto.
Le immagini della morte di quest’uomo, per quanto crude, oltre ad essere una preziosa testimonianza utile ai fini processuali, raccontano la verità del nostro tempo, la crudezza di questa vita, le condizioni della nostra sanità.
Purtroppo si muore anche negli ospedali che è un ossimoro, una contraddizione in termini così come lo è una pandemia nel 2020. Come il “restate a casa” ché “andrà tutto bene” prima, durante e dopo la quotidiana lettura del bollettino della morte.
Che tutela è quella che raccomanda di non affollare gli ospedali se per mesi vi è stato un martellamento continuo che ha generato paura del e nel prossimo, che ha dilaniato famiglie con tanto di inviti a non vivere persino l’intimità perché veicolo di contagio?
Perché se corsie e reparti sono il nuovo Grande Fratello programmato con tempi da lockdown, una verità senza filtri deve essere criticata se non censurata?
Non è la spettacolarizzazione della morte, bensì l’assassinio in diretta della vita.
Si sprecano oggi le etichette per il testimone di una scomoda verità: un “paziente ossessivo, sempre vicino alle apparecchiature mediche”; “un disturbato” è stato definito questo paziente ben poco paziente dai vertici dell’Azienda ospedaliera, ma che, purtroppo, ha avuto ragione. Ci aveva visto bene, forse per “esperienze pregresse” proprio in quella sanità con cui qualcuno vorrebbe guadagnarsi la santità.
Un nome su tutti Vincenzo De Luca, presidente della Regione Campania che continua gelosamente – e vergognosamente – a tenere per sé la delega alla sanità.
È vero, quel che è accaduto poteva accadere in qualsiasi ospedale del mondo, ma il fatto è che è accaduto a Napoli. In quella Napoli presentata qual fiore all’occhiello nel bel mezzo di una pandemia che gli ha fruttato un consenso plebiscitario, oggi considerevolmente ridotto.
Sacrosanti i complimenti a personale medico e paramedico che opera in condizioni disumane che nemmeno nel disastrato Burundi, ma dai vertici del settore, che sono gli stessi della presidenza della Regione, si pretenderebbe che si facesse di più anche solo in merito all’organizzazione, al modo di lavorare e che, invece, aggiunge caos a insufficienze di uomini e mezzi.
Altrimenti i complimenti senza risultati concreti non sono altro che una lavata di faccia oggi che tutti hanno l’acqua corrente in casa, una pisciata di letto di un paziente a cui non si può nemmeno cambiare il catetere, una vita umana finita nel cesso di un ospedale che lì sarebbe dovuta essere preservata.
Ma questi devono essere i giorni dello sciacallaggio mediatico del paziente testimone di questa vergogna, della colpevolizzazione fino al vittimismo di quella Campania che, purtroppo, non racconta storie diverse, di questa terra in cui è meglio continuare ad infangare la verità a discapito dell’onestà.
Questo è il giorno in cui i veri colpevoli si prodigano in complimenti ai medici tanto per sciacquarsi la coscienza e con la vicinanza – in tempi di raccomandazione di distanziamento che è diventato il nuovo Vangelo- tentano di alleggerire le proprie coscienze. Per quanto possa servire.

https://www.camposud.it/2020/11/il-giorno-della-polemica-o-meglio-della-vergogna/

IN NOME DEL COVID

Si può preservare in maniera ossessiva la vita fino al punto di perderla? Qual è la linea di confine tra il ligio professionista ed il medico che salva le vite? Può un protocollo sanitario-governativo essere più importante persino del giuramento d’Ippocrate?
Napoli, un giorno qualunque dell’emergenza sanitaria-ospedaliera, quella Napoli “ca faceva ridere e pazzià” e dove oggi sono banditi persino i festeggiamenti, dove finanche un normalissimo parto si trasforma in tragedia. In nome del Covid.
Una giovanissima partoriente arriva in clinica con dolori preparto: viene sottoposta a tampone, come da prassi, i cui risultati arrivano dopo sei ore. Troppo per il feto che non sopravvive. Per poco.                                              Numerose, ma senza esito, a dire dei familiari, le preghiere del loro ginecologo di fiducia che si scontrano contro l’impeccabile applicazione del protocollo da parte del Direttore della clinica: bisogna attendere l’esito del tampone e in caso di negatività si potrà procedere al parto, altrimenti bisogna disporre il trasferimento in altra struttura.
Dopo sei ore di estenuante attesa arriva il risultato del tampone – negativo – per cui si può procedere al parto che diventa un cesareo, sempre più preferito da certe strutture, per via delle complicazioni cardiache e renali patite dalla partoriente e che saranno addirittura fatali per il nascituro, che non vedrà mai la luce.
In nome di Ippocrate, si può condannare ad un ritardo mortale una giovane vita? Che fine hanno fatto i medici che sono chiamati a spendere parole di conforto anche verso i malati terminali? È possibile che tutto ciò accada ancora nel 2020, nella città che ha dato i natali – e la gloria della terra e dei cieli – a San Giuseppe Moscati, un santo medico diventato poi medico Santo? Possibile che anche in un’emergenza continua che ha scosso l’esistenza di ognuno si diventa così fedeli e devoti di un pezzo di carta, forse nemmeno condiviso e rivelatosi poi vano, al punto da bistrattare il miracolo più grande che è quello della vita? La deontologia professionale ottempera, dunque, maggiormente a protocolli sanitari-governativi piuttosto che al dono della vita e al peso della coscienza?
È questo il significato che assume e il valore che ormai è attribuito alla vita umana in quegli ospedali – sempre più aziende – in cui non si riesce nemmeno più a preservarla? Ospedali oramai a numero chiuso, che decretano la fortuna/sfortuna per chi ha la possibilità di potervi ancora accedere. Luoghi oligarchici, altro che nosocomi, nell’accezione greca quali luoghi dove si curano le malattie!
In tempi passati, solo lo scorso anno, il caso avrebbe suscitato clamore ed indignazione, si sarebbe gridato all’ennesimo caso di malasanità, qualcuno avrebbe inzuppato il biscotto nel fango gettato sulle condizioni del Sud, ci sarebbero stati attacchi alla gestione regionale da parte dell’opposizione e l’invio degli Ispettori da parte del Ministero per fare luce sulla vicenda. Oggi, nemmeno questo: il caso è sottaciuto persino dalla stampa-straccia, nessuno amplifica il grido di dolore di una giovane coppia a cui nessuno darà più il loro primogenito; il Presidente della Regione, con le mani pasticciate di colore come le avrebbe potute avere questo bimbo mai nato e che mai le avrà, non ha ancora deciso se conviene più giocare e continuare a minacciare i cittadini campani attraverso il suo pugno di ferro, il lanciafiamme e le offese per gli adulti​ fratacchioni​ e che non risparmiano nemmeno i bimbi alimentati al plutonio, oppure cavalcare l’onda increspatagli dal Presidente del Consiglio che, mal digerendolo, colloca la Campania nella fascia gialla, ovvero completamente guarita. Un miracolo a cui nemmeno De Luca crede e che a malincuore, magari per via del mancato accesso a quei fondi che fanno sempre comodo, sarebbe utile ostentare. Almeno per ora. Non una parola dal Ministro della Salute, forse perché non è un medico o forse perché troppo preso dal suo libro scritto in piena pandemia la cui seconda ondata, annunciata ed evidentemente non temuta, ha ritardato la pubblicazione delle sue memorie. Né sentiremo una parola dal Santo Padre, ovvero quello che si dovrebbe scagliare più di tutti contro questi crimini, che si dovrebbe battere per il valore della vita e per la sua difesa. Sempre. Comunque. Ovunque. Ma che non dice una parola nemmeno sul folle progetto di Ingegneria medica che sarà il nuovo ordine per il concepimento mondiale, rivolto soprattutto alla Cina che deve riprodursi anche al posto nostro; quindi circa la nuova infernale macchina che subentrerà all’utero materno, che simula la placenta e che sostituirà la procreazione naturale. Troppo impegnato pure lui nella stesura di qualche altra enciclica che di religioso, di cattolico, di cristiano ha poco o nulla. “Fratelli tutti”, la sua ultima fatica sembra avere tutti i canoni della propaganda politica schierata, perfettamente calzante e attuale più che mai in questi giorni di fuoco negli USA, sponda​ dem, pro-Biden, l’”annusatore di bambini”, già avvezzo all’adrenocromo e agli scandali sessuali, pedofilia inclusa, con tanto di abbraccio al satanismo e da cui sembra non essere immune nemmeno il figlio. Vizietto di famiglia o (dis)valori che si trasmettono… col sangue.                              La posizione antipodicamente opposta a quella che Bergoglio – almeno professionalmente – dovrebbe avere, o meglio, a quella della Chiesa. Eppure questo papa è fratello anche di costoro!
Chissà se si sono sentiti tutti fratelli le vittime sgozzate a Notre Dame a Nizza. Chissà se sono fratelli tutti il professore francese con i suoi assassini. Chissà quanti Cattolici sentono questo papa come loro fratello. E non ci stupirebbe neppure un altro silenzio se l’ennesimo dipiciemme decreterà la mancata nascita di un altro Bambino che nasce ininterrottamente da oltre duemila anni, che non hanno fermato guerre e carestie, pestilenze e terremoti. Un dipiciemme “fratello” dell’altro dipiciemme che ha impedito dopo duemilaventi anni persino la sua Resurrezione, sospeso la funzione religiosa e abolito in fieri addirittura la Comunicazione, la Santa Comunione, il rapporto con Cristo, corpo e sangue fattosi cibo per noi.
Bisogna avere fede nei dipiciemme e confidare in sorella mascherina perché anche un papa può avere paura di sorella morte. E al vespro, visto il tempo d.C. in cui sopravviviamo ringraziamo il Covid che anche oggi non ci ha abbandonato in tentazione e che ci ha liberato dal tampone.

https://www.camposud.it/2020/11/in-nome-del-covid/

L’Italia è anche un Paese per vecchi!

Da Villa Giusti al comodo divano di casa propria, da quarta potenza mondiale a corridoio clandestino con la porta sempre aperta sul Mediterraneo, dal riscatto per la vittoria mutilata all’ammutinamento di ogni residua attività sinaptica.
Eccola l’Italia della generazione del ’99 e di Armando Diaz cent’anni dopo: tutta in fila nel click-day, in coda, manco a dirlo, virtuale e in religioso ossequio al distanziamento a-sociale, prettamente on line per combattere la propria personale battaglia nell’accaparrarsi lo sconto per l’acquisto di bici elettriche e monopattino.
La Casaleggio & dissociati è riuscita ottimamente nell’intento di portare la politica, nel senso più alto del termine, comodamente a casa sul web, è riuscita persino a spacciare la cosiddetta democrazia diretta ad appannaggio di un numero chiuso (dicesi oligarchia ma Di Maio e Toninelli non lo sanno!) di iscritti, previa la maturazione di una certa “anzianità di servizio” sulla piattaforma che ha appiattito persino Rousseau, tentando di elevare questa forma di parte-cipazione privata e persino ad istituzionalizzarla. Un po’ come il loro vaffanculo.
Ultima trovata “grilloide”: il clic-day appunto, ovvero come accedere ad uno sconto per l’acquisto di mezzi elettrici quando alle porte incombe la minaccia di segregarci nuovamente dentro casa. Monopattini e biciclette buoni nemmeno per correre dietro al virus. E chi se ne frega dei principi fondamentali, delle libertà acquisite, dei diritti inviolabili.
È l’era della digitalizzazione – dice il Presidente del Consiglio Conte – quando vanta gli sforzi profusi in tal senso, dalla “sburocratizzazione” del sistema, alla digitalizzazione di ogni settore: dalla pubblica amministrazione – che ancora annaspa- fino alla Sanità: i medici, infatti, prescrivono ricette via telefono, visitano via web e tra un po’ opereranno pure in streaming. È il 5G, la rete del futuro che è già presente. Non sappiamo quale sia, se quello cinese o quello americano, forse la guerra NBC in corso è anche per questo, ma di sicuro è quello a cui si è aperta la strada nella scorsa primavera, quando l’Italia tutta era confinata in casa e Sindaci, Presidenti di Provincia e Governatori davano il placet per l’abbattimento di alberi secolari in ogni dove.
Subito dopo, ma non troppo,  tra la fine della primavera e nell’arco dell’intera estate, la nuova tecnologia ha fatto ingresso nel mondo dell’Istruzione, distruggendola: banchi con le rotelle per tutti, distanziamento (a scuola?) sociale (a scuola?) per tutti gli alunni, mascherine urbi et orbi, verifiche “da decantare” e votazioni “da maturare”, ingressi scaglionati, presenza a singhiozzo. Risultato: scuola chiusa e lezioni a distanza. Didattica, ovvero app-rendi-mento, non insegnamento o formazione o cultura. Con la ripescata Azzolina nei panni del Ministro che fa l’avvocato del diavolo per il governo. Il partito della Azzolina che poi è quello che ha portato a nominare – in perfetto stile Casalino – Giuseppe Conte (che non è mai stato un 5 stelle) rimanda a un progetto dei Casaleggio & co(mpagni) che si pone l‘obiettivo della DAD perenne, ovvero scuola da casa, sempre e per sempre. Ciò significa niente più scuola per nessuno con la dipartita – chiaramente metaforicamente professionale – degli insegnanti che saranno sostituiti da anonimi meme. Insignificanti avatar. Un po’ come la vocina della cassa automatica che ha sostituto il casellante e che puntualmente, dopo averci reso il resto, si manda inevitabilmente… dalle 5 stelle.
L’ultima trovata, sicuramente solo in ordine di tempo, riguarda la nuova procedura per accedere ai servizi dell’AdER, l’Agenzia dell’Entrate-Riscossione. Meglio rafforzare il concetto, magari qualcuno si illudesse che non è solo il battesimo a nuova vita della prodiana Equitalia, equa solo nel far finire alla” stessa maniera” parecchi Italiani. Troppi.
Stando alle notizie dei tiggì RAI, che la task force di Stato propina per impartire le balle di “Regime”, il numero delle vittime per la pandemia aumenta considerevolmente di giorno in giorno. Stessa sorte per gli impiegati cui si toglierà il lavoro. Quindi sempre più persone, che non hanno più una vita che non sia in funzione del Covid, potrebbero accedere agli sportelli delle agenzie fiscali per il disbrigo di pratiche burocratiche. Agenzie create nel 2000 per i cittadini contribuenti e non per lo Stato ed è qui che costoro trovano la bella sorpresa: dal 26 ottobre, infatti, “cambiano le modalità di accesso in tutti gli uffici dell’Agenzia delle Entrate della provincia di Caserta, Napoli e Salerno”. Per le pratiche che non possono essere evase via web, quindi da soli, è necessario prenotare un appuntamento. Di seguito la modalità pubblicato sul sito dell’AdER: “Come prenotare un appuntamento in Agenzia – I cittadini possono prenotare gli appuntamenti tramite il sito internet, nella sezione “Contatti e assistenza” > “Assistenza fiscale” > “Prenota un appuntamento”, oppure tramite l’App mobile “AgenziaEntrate”, scaricabile gratuitamente dagli store IOS, Google e Microsoft, con cui si può accedere dal proprio smartphone o tablet a servizi come il cassetto fiscale, la dichiarazione precompilata o la richiesta del Pin. Sempre dal sito delle Entrate è possibile ottenere un web ticket (“Contatti e assistenza” > “Assistenza fiscale” > “Elimina code online (web ticket)”), che consente di prenotare un biglietto elimina code presso un ufficio dell’Agenzia da utilizzare nello stesso giorno e limitatamente ad alcuni servizi.”
Tutto questo “Ambaradan” solo per portare la pratica allo sportello, magari al cospetto di un funzionario impanicato quindi deconcentrato e, di conseguenza, annoiato e, ci auguriamo, non superficiale.
Questa è la pratica che debbono seguire i nonnini, magari non scolarizzati e allettati, spesso soli, quelli sempre più “relegati” a sostituire le baby-sitter quando ce la fanno o che hanno bisogno di una badante, quelli che sempre più spesso e mai come in quest’ultimo periodo di chiusura delle attività essenziali (quale lavoro che è fonte di sostentamento non è essenziale?) imposta da questo governo, significano piatto per figli e spesso per i nipoti. Questo il trattamento verso coloro che hanno fatto l’Italia, che hanno contribuito al boom economico, che hanno creato quello che oggi è stato distrutto. Questa l’attuale gratitudine.
Alla faccia della sburocratizzazione!https://www.camposud.it/2020/11/litalia-e-anche-un-paese-per-vecchi/

UN PANDEMONIO DI PANDEMIA

Il pandemonio come diretta conseguenza di una pandemia. Al di là dell’assonanza fonetica, non vi è praticamente nulla che accomuni lo scompiglio (de)generato da un virus – che in Germania si è scoperto essere addirittura un batterio – e il virus stesso, elevato esponenzialmente a pandemia per il solo fatto che dalla Cina ha invaso (e forse inviso) il mondo intero.
Accade che un “vairus”, (non) letale quanto un’interrogazione di latino quando la mamma è insegnante, invade e colpisca in egual modo l’intero globo, non tenendo minimamente conto del posizionamento geografico delle varie Nazioni rispetto all’equatore, quindi il ciclo delle stagioni meteorologiche antipodicamente opposte; non curandosi nemmeno di una legge elementare come quella della relatività secondo cui si continuano ad accostare le vittime degli USA o del Brasile con quelle dell’Italia, solo in base ad una nomenclatura politica e non in rapporto alla densità abitativa. Che è come accostare i contagi dell’area metropolitana di Napoli (3 milioni e mezzo di abitanti) a quelli registrati a Petruro Irpino (341 anime). Contagi che, per essere tali, si è dovuto abbassare ad una sola unità la soglia di positività dei geni rispetto all’ondata prima quando ne occorrevano tre e che, nonostante il parere clinico di luminari della medicina ci porta a confermare che la stragrande maggioranza dei colpiti è asintomatica, si fatica ancora a parlare della cosiddetta immunità di gregge.
Accade che se ragioni sei complottista e passi addirittura per negazionista se tenti di capirci qualcosa argomentando in base a studi statalmente riconosciuti, ma sconosciuti a quelli che “la pandemia è uguale in tutto il mondo”, ma guai ad azzardare il pensiero di una comune strategia, di una comune regia e che poi, però, paventano l’ipotesi di una cabina di regia allargata con chi per mesi si è ignorato: mal comune, mezzo gaudio.
Accade che nel momento in cui serve l’unione e l’amore per la propria terra e per i propri connazionali si fomenta l’odio e la divisione, col sinistro disegno di comandare, di continuare a comandare per affamare, per annientare, per consegnare persino le chiavi di casa propria.
Accade che persino l’ordine pubblico venga sconvolto da chi dovrebbe tutelarlo, da chi provoca chi non ha interesse ad aggiungere guai a guai, da tutori ligi al solo ordine di creare disordini.
È accaduto a Firenze e si è ripetuto a Roma, dopo le prove generali fatte a Napoli, a Milano, a Palermo.
Accade in quest’Italia dove in piazza ci sono donne e ragazzini, partite IVA e imprenditori, cassaintegrati, o meglio in attesa di esserlo, e studenti che rispondono cantando Il Canto degli Italiani alle cariche gratuite della Polizia al comando di un Viminale la cui inquilina è la stessa che negò a tanti di loro presenti in piazza persino la commemorazione di una giovanissima vittima dell’odio politico avverso.
Accade che chi giura sul tricolore lo straccia addirittura.
Accade nell’Italia modello, quella che deve scegliere tra il 5G cinese o quello americano, quella che è colonia americana da 80 anni ormai e che decide di mettersi in affari con la Cina sulla Via della Seta. Quella che chiama eroi chi ha mandato in prima fila ad obbedire a protocolli sbagliati, che tenta di curare i sani con protocolli governativi in sostituzione di protocolli medici, raccomandando ai sintomatici di restare a casa, ché tutto andrà bene. Le raccomandazioni, dopo quanto scoperto a marzo in Lombardia, possono essere utili solo a riempire l’ennesimo DPCM, inutile e illegittimo come tutta l’ultra decina precedente, emanato con accorato pathos al punto da confondere l’indennizzo con il ristoro.
Accade che l’attuale Italia che s’è destata dal torpore del confinamento domiciliare ed è scesa in piazza, nelle strade, ha dato senso di unità stringendosi in una lunga e vibrante protesta non per negare l’esistenza del Covid,come la stampa di regime spesso tende a far passare, ma per difendere addirittura diritti fondamentali che mai avremmo pensato di mettere in discussione: il diritto al lavoro, il diritto al libero pensiero, il diritto all’istruzione, il diritto di essere curato per malattie che sono un cancro del nostro tempo e non solo se hai la “fortuna” di essere positivo al Covid, il diritto a ricevere un’assistenza domiciliare dal proprio medico che ormai visita via telefono, il diritto di manifestare, il diritto dell’uguaglianza difronte alla Legge e dell’equità della Legge stessa, il diritto di disobbedire ad un ordine illegittimo o troppo “personale” anche se hai deciso di vivere una vita dedita all’obbedienza, il diritto di professare liberamente e senza rischi il proprio credo religioso, il diritto di difendere la propria Patria riconosciuta tale entro i confini marcati col sangue dei nostri avi, dove Patria indica anche Cultura e Tradizione come quella di leggere La Divina Commedia in classe e comprare il “cartoccio di paste” la domenica, il diritto di respirare liberamente, il diritto di vivere la propria vita che è tale fin dal suo concepimento e condividere l’esistenza con chi è venuta ad arricchirla, a riempirla.
Accade che per colpire il virus si ricorra a misure stringenti e si chiuda tutto alle ore 18:00 perché tutto è partito da un pipistrello. Che se l’unione fa la forza allora è meglio tenere tutti a distanza perché le idee contagiano, che se il Covid fa uscire allo scoperto la Sanità allora meglio riunirsi in Difesa.
Accade che è già accaduto e che è accadrà ancora. Di nuovo. Di peggio. Che forse è meglio. DPCM promettendo!

È GUERRA!

Ci siamo. Oggi è il giorno del Consiglio Supremo di Difesa. Quello che si convoca di prassi, il che vuol dire non obbligatoriamente, due volte all’anno e che stavolta è convocato in piena emergenza ospedaliera, se propri vogliamo stare ai dati dei menestrelli di regime, e non sanitaria.
L’ordine del giorno è conosciuto ed è un prolasso di parole atte solo confondere, a sviare, a nascondere.
La notizia sottaciuta è che il dormiente quirinalizio ha consegnato la bandiera di guerra al reparto Sommergibili della Marina Militare.
È fatto curioso, e forse fin troppo evocativo, che tale consegna sia avvenuta in data 8 settembre, giorno in cui 77 anni fa a Cassibile fu firmata la resa incondizionata (l’armistizio è una balla riportata solo dai testi scolastici) tra il generale Castellano in vece di Badoglio, e il suo parigrado americano Eisenhower.
Leggendo la storia con gli occhi di Giambattista Vico, quindi con i suoi legendapri corsi e ricorsi, scopriamo che questo reparto, che è stato insignito con la sacralità della bandiera, su cui ogni soldato giura e che rappresenta il bene più prezioso da difendere al costo della propria vita perché simboleggia la Patria, ha sede a Taranto. Nel mare di Taranto.
Di chi è il mare di Taranto? A chi e stato (s)venduto?
È vero che in questa Italia i politici parlano di medicina, i virologi fanno politica, chi non ha mai lavorato in vita sua dirige il Ministero del Lavoro e dello sviluppo economico, chi non conosce la lingua italiana, e nemmeno quella latina con tanto di vergogna per mammà, siede agli Esteri, chi non ha capito nemmeno ciò che ha studiato interpreta la Giustizia, ma davvero credete che in una fase del genere il CSD si riunisca per discutere delle condizioni sanitarie dell’ex Bel Paese?
Davvero credete che i Palazzi del potere (e pure la case delle marionette, vedi De Luca) siano presidiate dalle FF.OO. per paura solo del popolo?
Il popolo è insorto. Da Napoli, a Palermo, a Catania, a Roma, a Firenze, a Trieste.
Sono proteste di difesa, non di attacco.
La guerra al popolo l’hanno dichiarata gli abusivi di palazzo per conto dei loro mandanti. Per conto dei poteri forti dell’Alta Finanza, per conto dei $oro$ e dei Gates, per conto della Cina che è la vera meta di arrivo. La loro.
Hanno costretto migliaia di gente allo smart working che non è tale, si sono limitati a rinchiudere la gente in casa e non farla uscire nemmeno per andare a lavorare. Questo non è smart working! Quale azienda avrà ancora una sede di lavoro? In quale azienda si parlerà più tra colleghi? Quale azienda non licenzierà magari tramite mail? A mezzo WhatsApp è già avvenuto.
Hanno costretto i bambini alla DAD in nome di una fantomatica salvezza, ma non è altro che il progetto secondo cui si apprenderà da casa tramite una robotizzazione dell’insegnante, programmata per dire solo ciò che hanno deciso di dirvi. Niente più confronto niente dialogo, niente ragionamento, niente crescita. Questo è il fine vero del distsnziamento sociale!
I nuovi banchi, per fortuna mai consegnati, hanno dimensioni ridotte proprio perché devono ospitare solo un tablet. Niente libri, per il piacere di quella Gretina entrata pure nei programmi ministeriali. Tutto ciò è riscontrabile sul sito della Casaleggio & dissociati. Data di consegna dei lavori: 2023. Fine della legislatura. Ovvero quando il M5S cesserà di esistere.
Intanto hanno aperto la Via della Seta fin dentro le chiappe di ognuno. Hanno aperto alla cinesizzazione. A partire dalla forma di governo: questa è una dittatura!
Hanno aperto alla guerra.
Il Pil della Cina è in crescita, la festa nazionale cinese è stata osservata in milioni sopra la muraglia, non ci sono contagi da mesi ormai e la Cina non hai mai operato confinamento (questo significa lockdown) come l’Italia. Anzi, pare siano nei ristoranti fino a tardi e senza mascherina!
Al confino c’è l’opposizione che blatera, ma prende le distanze persino dal popolo che andava aiutato e incoraggiato: fa comodo a tutti che questi delegati siano al governo per altri. Per tutti.
Nemmeno l’assenza di dignità di un Di Maio qualunque porta a bussare a Pechino per farsi dare la ricetta miracolosa per aver sconfitto il Covid. La stessa dove ha inviato tonnellate di mascherine quando in Italia non se ne trovavano. Sempre quella che chiudeva Grillo nelle ambasciate senza alcun titolo per essere lì.
Nemmeno può bastare la confessione del ministro agli affaristi Enzo Amendola che fa sapere (agli americani) che non considerano più la Cina un partner affidabile.
L’Italia s’è destata: ben venga Napoli, capitale spirituale della rivolta, la Napoli di Giambattista Vico, di Armando Diaz, del comandante Achille Lauro. Ben venga Palermo, Siracusa e Messina (per i nostalgici delle Due Sicilie), ben venga Roma verso cui marcia Fiorenza, ben vengano Torino e Trieste.
Vengano pure lombardi e veneti.
La ciclicità della storia è cosa nota: il 4 novembre, per gli italiani è il giorno della Vittoria e della vera unità nazionale con l’annessione di Trento e Trieste. Quest’anno coinciderà anche con l’annuncio del vincitore delle elezioni americane.
Dopo ieri dall’Alpi a Sicilia ovunque è Legnano”, “uniti per Dio, chi vincer ci può?”.
“Evviva l’Italia, l’Italia s’è destata”…
E dopo ieri hanno dovuto aggiornare anche l’o.d.g. della riunione al Consiglio Supremo di oggi…

L’esasperazione della città accende la fiamma della protesta!

Napoli è esplosa. Il popolo si è riversato unito nelle strade e nelle piazze per
protestare contro l’annunciato ordine terapeutico del presidente della Regione Vincenzo De Luca.
Doveva essere la prima sera del coprifuoco (sì, proprio coprifuoco!) e invece è stata una battaglia!
Erano in migliaia per contestare il provvedimento di restrizione che, nemmeno entrato in vigore, sarà certamente seguito da ulteriori misure stringenti: blocco di tutto. Lockdown. Persino la chiusura dei confini intercomunali. E il governatore, in un raptus di onnipotenza, ha addirittura consigliato al Governo centrale la chiusura dell’intera Nazione!
La protesta di ieri sera, fin quando il corteo ha tentato di raggiungere Via Santa Lucia, sede del palazzo della Regione, si è svolta in maniera pacifica. Come nelle migliori intenzioni degli esasperati manifestanti.
Alle 23, orario di inizio del provvedimento di restrizione, non vi era il suono delle sirene antiaereo, ma quello dei clacson dei tantissimi motorini; per strada non vi era gente che si prendeva a fucilate, ma solo fratelli che invitavano chi ancora era alla finestra a unirsi al corteo. Alla protesta. La folla non correva nei rifugi fino a far perdere traccia di sé, ma sostava in piazza, testimoniava la propria presenza, dimostrava di esserci. Ha voluto esserci.
Le violenze, cui la stampa tenterà di attribuire ogni responsabilità, non sono tali. Ma, probabilmente, frutto delle risposte risolute e imprevedibili delle Forze dell’Ordine che pur(troppo) rispondono agli ordini dl Potere: cariche e lacrimogeni. Come se questo bastasse per alleggerire le proprie coscienze, sgravare le proprie responsabilità.
Il tentativo di inquinare la riuscita della manifestazione risponderà al solito cliché giornalistico di “camorra”, ma sarà solo un goffo tentativo di taluna stampa per non raccontare il vero. Per poter dire che pure stavolta la piazza era strumentalmente predisposta allo scontro fisico.  Niente di più falso, Terribilmente falso. Chi era sul posto a svolgere il suo “mestiere” di cronista, se in buona fede, può testimoniarlo. Si poteva leggere negli occhi dei manifestanti. Non vi era odio, non si leggeva un benché minimo  desiderio di sconvolgere niente e nessuno. Vi era solo paura del proprio futuro. Angoscia per le proprie famiglie. Preoccupazione per un nuovo e magari lungo tunnel nel quale, si temeva, sarebbero state  ingoiate le proprie attività economiche e lavorative e la sopravvivenza di centinaia di migliaia di famiglie napoletane già allo stremo.
La sommossa, pertanto, ha una sola matrice “ideologica”: la noncuranza, o piuttosto, la strafottenza di chi avrebbe dovuto agire per tempo e non lo ha fatto. Ha i volti di coloro che avrebbero dovuto approfittare dei mesi estivi per affrontare adeguatamente questa seconda ondata autunnale dell’epidemia che tutti avevano previsto. Anche quella pletora di virologi ed esperti di cui si è avvalso dal primo momento l’Esecutivo e che ha taciuto rispetto al disinteresse generale degli “addetti ai lavori”. Ci si é attardati a comprare inutili banchetti monoposto a rotelle per i bambini delle scuole e non si é pensato alla carenza di insegnanti, né una lira é stata spesa per adeguare le strutture scolastiche fatiscenti e letteralmente cadenti. Non si é provveduto ad aumentare i posti letto per i probabili aumenti del contagio da Covid 19, né attrezzato o riservato interi ospedali  esclusivamente per le patologie non covid. Al contrario, almeno in Campania, sono stati vietati i ricoveri e le visite specialistiche negli ospedali pubblici e presso gli ambulatori delle Asl, con il risultato di negare il diritto all’assistenza medica a centinaia di migliaia di nostri corregionali affetti da varie patologie croniche. Una imbecillità troppo evidente da far ridere a crepapelle anche i bambini, se non fosse una scelta politica semplicemente folle e criminale! Non si é voluto potenziare il trasporto pubblico almeno nelle aree metropolitane del Paese ove più evidente é il disastro di un sistema antiquato e senza finanziamenti adeguati per l’implementazione dei mezzi necessari. Stato e Regioni si sono voltati dall’altra parte per non vedere gli assembramenti di viaggiatori in ogni ora del giorno. Ma nessuno ha pensato di utilizzare, tra l’altro gratuitamente, i veicoli militari o quelli delle aziende di trasporto private per diluire la presenza di passeggeri in quelle “bare viaggianti” che sono diventati i mezzi pubblici delle nostre città. Nessuno ha trovato (tra Governo e Regione) in questi mesi il sistema per pagare le rate di cassa integrazione mai ricevute o in grande ritardo nella erogazione, per centinaia di migliaia di cittadini disoccupati. Eppure costoro erano in piazza Venerdi sera. E protestavano civilmente per “ricordare” a chi di dovere le proprie difficoltà e il loro insopportabile disagio per quei vergognosi e intollerabili “disguidi”.
Questi i motivi reali della protesta dei napoletani. Una protesta sacrosanta perché indirizzata a chi avrebbe dovuto operare per tempo e non lo fatto. A chi deve fare delle scelte e sceglie sempre quelle che penalizzano ulteriormente soggetti già penalizzati. Personaggi pubblici che magari non sono all’altezza di fare scelte adeguate e di buon senso, che si nascondono dietro gli schermi televisivi per pronunciare proclami irriverenti, minacciosi e volgari. Tanto per dare l’immagine del decisionista. Di decisioni sbagliate e spesso inutili. Come quella di “chiudere”  la Campania o l’intero Paese, perché in tal modo si tolgono più facilmente e letteralmente le “castagne dal fuoco”. Solo che al posto delle castagne ci sono milioni di cittadini, che nel fuoco già si dibattono. E abbondantemente!
I napoletani che hanno protestato in queste ore per le strade di Napoli hanno finalmente compreso che qui non si combatte più una emergenza sanitaria: si combatte per la libertà. Era, infatti, questo uno dei cori del corteo. Un coro che rimbalzava dalla strada ai balconi dei palazzi, riscuotendo la solidarietà e la partecipazione di tanti. Una manifestazione pacifica e sacrosanta di tanti lavoratori precari, cassaintegrati, disoccupati, lavoratori del settore alberghiero, della ristorazione, del comparto turistico con le Guide Turistiche della Campania e gli operatori delle agenzie di viaggi. Un mondo composito e composto di gente perbene che non può  essere liquidato e bollato come “rivoltosi” o, peggio ancora, come camorristi.
Tuttavia nessuno nega che la protesta sia degenerata in atti sconsiderati di violenza gratuita. E che probabilmente si siano infiltrati nella manifestazione frange di teppisti, professionisti delle rivolte urbane cui, in questa città, siamo ahinoi abituati. Ma se ciò si é verificato, le forze dell’Ordine sapranno individuare i personaggi infiltrati, unici responsabili degli accadimenti violenti di venerdi sera, e perseguirli adeguatamente. Chiarendo ufficialmente e nel contempo, che la stragrande maggioranza dei cittadini intervenuti volontariamente alla legittima manifestazione di protesta contro i provvedimenti restrittivi seguiti all’emergenza Covid 19, non aveva alcun ruolo né  responsabilità negli accadimenti violenti della notte scorsa.  E a tal proposito, a nome della Redazione di Campo Sud, esprimiamo la più totale solidarietà alle Forze dell’Ordine, coinvolte loro malgrado, negli incidenti deplorevoli della notte scorsa.
Analoga solidarietà esprimiamo ai cittadini napoletani che hanno manifestato pacificamente contro le scelte annunciate dalla Regione Campania di un nuovo “lockdown” su base regionale. Provvedimento che, ove assunto, non terrebbe in nessun conto le difficoltà ulteriori  di ordine economico cui sarebbero sottoposte intere categorie di lavoratori, già fortemente danneggiati dai provvedimenti governativi e regionali dello scorso inverno, in tema di emergenza sanitaria per la pandemia da Coronavirus.
https://www.camposud.it/2020/10/lesasperazione-della-citta-accende-la-fiamma-della-protesta/

Napoli fà ‘o pacco e lancia la DAB : la scuola d’èlite in strada!

Sarebbe potuto succedere ovunque, ma è successo a Napoli. Sarebbe potuto succedere ovunque a Napoli, ma è successo ai Quartieri Spagnoli, cuore pulsante della città dove riposa Megaride. Semplicemente ‘e quartieri per Napoli e per i napoletani. Ma per tanti sinonimo di degrado, di delinquenza, di rifugio di quegli scugnizzi che magari hanno appena scippato un turista intento ad ammirare Piazza del Plebiscito, Palazzo Reale, la Galleria Vittorio Emanuele.
Questa non è l’ennesima solita storia “gomorroide” del delinquente improvvisato finito male per la reazione del malcapitato di turno ad uno atto di delinquenza,(fenomeno in realtà in calo) ma che di Napoli ne fa la capitale. Questa volta è proprio Napoli a fa’ ‘o pacco!
Ambientata ‘ngopp’ ‘e Quartieri, quelli famosi in tutto il mondo, quelli “addò ‘o sole nun se vede, ma se vede tutto ‘o riesto e s’arapeno ‘e ffeneste e capisce comm’è bella ‘a città ‘e Pulecenella”, è la storia di uno sconosciuto, almeno finora, maestro elementare – Tonino Stornaiuolo – insegnante presso la scuola “Dalla parte dei bambini” che ha fatto davvero onore al nome dell’istituto.
Mentre in classe si sognava con le rime baciate di Gianni Rodari, mentre si programmava il centesimo compleanno dell’autore per bambini per antonomasia, si abbate su tutte le scuole della Campania la scure dell’ennesima ordinanza del presidente Vincenzo De Luca: si chiude!
E i progetti scolastici? Gli alunni? Gli insegnanti? Gli insegnamenti? Tanti i messaggi degli alunni arrivati al maestro Stornaiuolo, almeno quanti i sogni rubati, i desideri disattesi, i diritti sospesi. Tanta l’angoscia e la paura da parte dell’insegnante di non rivedere i suoi alunni per tanti mesi come l’ultima volta. Che ultima non è stata. Allora, facendo onore allo spirito di iniziativa napoletana, diciamo pure all’arte di arrangiarsi, componente essenziale del “mos maiorum” partenopeo, in tempi tristi e bui che hanno partorito la didattica a distanza (DAD), Stornaiuolo, vestendo i panni di novello prof. Keating, coglie l’attimo e s’inventa la DAB (didattica ai balconi): zaino in spalla, libro in mano e invito per i suoi alunni ad affacciarsi dai balconi delle loro case per assistere alla lettura delle poesie di Gianni Rodari. Direttamente dalla strada, sotto casa, dentro al basso. Per continuare quel progetto interrotto e per festeggiare in modo nuovo il centenario della nascita del poeta più amato dai bambini.
Alla speciale lezione si sono uniti, nemmeno a dirlo, anche i genitori degli alunni, fratelli e sorelle, semplici dirimpettai commovendo l’insegnante che, forse in maniera del tutto involontaria, ha insegnato concretamente ai suoi alunni, anche a quelli più grandi che stanno sui balconi e non sui banchi di scuola, a guardare le cose da un altro punto di vista, a non arrendersi, a credere nei sogni e… a percorrere la propria strada.
Ma se quelli americani sono sogni, magari film, Napoli ha già un altro precedente illustre e pure reale: Marcello D’Orta, scrittore sgarrupato dalla cui penna è nato il professor Sperelli, genovese trasferito per sbaglio ad Arzano che inizia una personale lotta contro la dispersione scolastica e finisce per lottare contro una richiesta di trasferimento “al nord” da lui stesso presentata.
Probabilmente come Sperelli, anche Stornaiuolo deve aver inteso che bisogna capire prima i bambini e poi gli alunni: la scuola non è solo la cattedra, il registro, i programmi, le riforme, il ministero: la scuola è amore, è passione. Sarebbe bello se tutti quelli che insegnano, prima di farlo, amassero ciò che fanno. Magari non si diventerebbe l’”omino dei sogni” di Rodari, ma almeno faremo bene le cose a cui siamo destinati. Piccole o grandi che siano, non importa.
Non è un gesto di protesta – ci tiene a far sapere il docente – tantomeno politica, non è un’azione contro nessuno, ma solo a favore dei bambini. Non sarà un atto rivoluzionario, ma sicuramente è unico. E speriamo non ultimo.
Finalmente una Napoli che non sarà “la Svizzera”, ma che almeno regala una storia di riscatto sociale, di insegnamento e di speranza. Ma soprattutto di vittoria: gli alunni hanno interiorizzato immediatamente il messaggio del loro insegnante, ne hanno preso parte dando a loro volta una lezione. Hanno colto l’attimo i ragazzi, rendendo unica e forse straordinaria, se non la vita, almeno una loro giornata. E se anche dovessero chiuderci ancora a “gennaio, febbraio, marzo ma non tutto” … speriamo che (almeno) loro se la caveranno!

https://www.camposud.it/2020/10/napoli-fa-o-pacco-e-lancia-la-dab-la-scuola-delite-in-strada/

…….E se fosse la mascherina il vero virus?

Nei giorni in cui la Campania sprofonda nel baratro dei numeri per la crescita dei contagi da Covid 19, dove ogni giorno è più di ieri, dove il rischio è altissimo, almeno stando al MES-saggio ufficiale diffuso, tutti – campani e non – ricordano le perle che il giullare, in capo al corteo a Palazzo Santa Lucia snocciolava e con cui, autoincoronatosi novello Napole-one, si auto elevava a Padreterno per i “mira-culi” operati e ne dettava i comanda-menti:
1. Io sono Vincenzo De Luca: non avrai altro Governatore all’infuori di me; 2. Non rendere gli altrui sacrifici vani; 3. Ricordati di cancellare le feste; 4. Onora i guanti e le mascherine; 5. Non uscire; 6. Non commettere atti impuri a distanza minore di quella sociale; 7. Non rubare: ci sono già i furti dei deputati; 8. Non dire falsa testimonianza, ovvero spaccia pure liberamente le bufale di stato; 9. Non desiderare le ASL degli altri; 10. Non desiderare la Sanità d’altri.
Potremmo chiedere al rinnovato inquilino di Palazzo Santa Lucia, dove si sia nascosto il virus dal 18 Maggio al 24 Settembre e quindi dove sia stato lui, cosa abbia fatto per approntare le strategie di difesa e di preparazione alla famigerata seconda ondata, attesa più che respinta. Chissà se seconda per “importanza”, a leggere i numeri che sono alti come a Marzo, ma non lo è per fortuna la situazione generale, o se è seconda solo per fase cronologica.
Se fino al mese scorso si inaugurava lo stesso ospedale prefabbricato ben tre volte, si pubblicizzavano quelli portati di notte (ma perché sempre di notte?) si propagandavano i moduli Covid di Napoli, di Caserta e di Salerno (da Irpino vi dico che questa è la vera essenza del tristemente noto Patto di Marano rinnovato da quel De Mita che oggi, nemmeno un mese dopo, ha già scaricato De Luca), si cantava vittoria contro l’untor lombardo e se ne deridevano i morti e oggi siamo col culo nei pomodori (ma non erano finiti prima del comizio di Salvini?), La domanda sorge spontanea: non è che De Luca ci ha preso per il c…ovid? Mettendoci pure la mascherina per non farci vedere il nulla!
Stando all’emergenza sanitaria, ad oggi per una regione di 6 milioni di abitanti vi sono solo 110 posti di terapia intensiva. Insufficiente anche per una intossicazione alimentare ad un banchetto di matrimonio di uno dei 6 milioni di campani!
Chissà come ricorderà Vincenzino questo periodo: l’involuzione d’Ottobre? O forse il mese nero per il governatore rosso?
Nel giro di pochi giorni, il governat(t)ore dal lanciafiamme facile e dalle ordinanze deliranti ha ricevuto ben due “cartoscelle”: l’una dal Tribunale Amministrativo Regionale che certifica la spavalderia fondata sul niente del Governatore-padrone e che annulla il diktat dello “sceriffo”: LESIONE DEL DIRITTO DI ISTRUZIONE !! (Un brutto colpo quello del Ricorso al Tar delle nuove Mamme Coraggio degli alunni appiedati. Indipendentemente dall’esito che tale ricorso produrrà nei prossimi giorni)
L’altra è quella a firma del Direttore Generale della tutela della salute della Regione Campania Antonio Postiglione e del coordinatore dell’Unità di crisi Italo Giulivo che comunicano che sono finiti i posti letto a disposizione in Campania e pertanto ordinano ad ASL e Aziende Ospedaliere di attivare nell’immediato tutti i posti letto indicati nel piano della Regione Campania, illustrato recentemente anche dallo stesso Vincenzo De Luca. Nella nota si legge:  “il piano prevede la sospensione fino a nuova disposizione dei ricoveri programmati sia medici che chirurgici per raggiungere il numero predisposto dall’Unità di Crisi”. Cioè a dire: hai un cancro o una patologia cardiaca allo stato avanzato per cui è indispensabile un immediato ricovero con conseguente intervento chirurgico? Lascerai il posto ad un positivo, magari asintomatico, il cui tampone probabilmente è solo la ripetizione di un precedente tampone positivo. Allora sì che ci saranno morti per colpa del Covid! Così come lo saranno i destinatari della nenia “restate a casa”, dello “Speranzoso ed istituzionale” “chiudiamo le attività non essenziali”. Per costoro non sarà necessaria l’autopsia: basterà solo guardare in dispensa.
Forse, tutti i posti letto destinati al Covid non serviranno nemmeno perché la maggioranza dei positivi è asintomatica pertanto non necessita di ricovero, ma può essere utile per rimpinguare le casse.  In sostanza l’autocertificazione dell’incapacità amministrativa e organizzativa, per non dire altro. Una Regione senza ragione.

LE INTERVISTE DI CAMPO SUD : Tony Fabrizio intervista in esclusiva il Professor Giulio Tarro!!

Il prof. Giulio Tarro a Campo Sud boccia il “modello Italia”,  i confini aperti e rassicura gli Italiani.
Nella palude dell’informazione, assoldata a quarto potere con incarichi di comando, protetta da task force speciali per evitare la diffusione del libero pensiero, quello non omologato e bollato quale “bufale” a vantaggio del” pensiero unico”. Quello conforme alle cosiddette “verità di stato” il cui compito peculiare è ormai la formazione, vi è Campo Sud, un quotidiano libero e indipendente che informa i lettori senza la pretesa di imporre il pensiero conformato e lungi dalla supponenza di avere verità (e soldi) in tasca.

Questo giornale ha raggiunto per i suoi lettori il prof. Giulio Tarro, virologo di fama mondiale, candidato due volte al Premio Nobel per la Medicina, allievo del prof. Sabin, inventore del vaccino contro la poliomielite, siciliano di nascita e “napoletano per scelta” – dice egli stesso – primario dell’Ospedale Cotugno di Napoli, città dove lavora e vive, assurto agli onori delle cronache per il ruolo avuto già alla fine degli anni ’70 nel combattere il Male Oscuro che colpì il capoluogo partenopeo e che ritorna oggi alla ribalta per le sue posizioni “anticonvenzionali” nella lotta al Covid 19, quasi “topiche” volte a utilizzare i poteri naturali del “sole e del mare”, per cercare di guardare con altri occhi questa nuova fase dell’epidemia.

Erano i giorni immediatamente seguenti alla conoscenza di Vo’ Euganeo e di Codogno, quelli in cui il presidente del Consiglio Conte se la prendeva con gli ospedali lombardi e il governatore Fontana era elevato ad agnello sacrificale. I giorni delle funeste previsioni dei morti per strada e dell’ecatombe di Luglio, quando il prof. Tarro tentava di tranquillizzare tutti asserendo che con la stagione calda il Covid 19 avrebbe perso la sua carica virale e ci avrebbe dato tregua, fino a poterci permettere persino le vacanze al mare. Quasi un “vaneggiamento” per i più, anche titolati, eppure così è stato.

 Seguiamo con attenzione la sua intervista raccolta per noi da Tony Fabrizio :

D. Una pandemia iniziata in Cina e importata in Italia dove sembra avere trovato terreno fertile rispetto ad altre zone del mondo in cui questo virus sembra non aver fatto troppa paura: quali sono le dimensioni di questo fenomeno?
R. Il fenomeno ha sicuramente caratteristiche pandemiche perché ha interessato tutto il mondo, ma riguardo all’Italia possiamo parlare di un’epidemia passata – ci spiega il virologo “delle due Sicilie” – in quanto l’Italia ha già raggiunto il suo picco epidemiologico, cosa che nessuno vuole ammettere, per cui non vi sarà nessun’altra ondata se non a livello mediatico. I numeri snocciolati dalla radio, TV e giornali non sono attendibili e fotografano una situazione non reale: gli ospedali non sono in affanno, ci sono posti liberi in terapia intensiva, dove si va di rado ormai. E ce ne sono ancora. E ci regala una “chicca” che nessun organo di stampa ha ritenuto conveniente raccontare: “Giorni fa al Cotugno una ragazza, stanca dell’attesa (e dello stress) per sottoporsi al tampone, ha pensato bene di abbandonare l’ospedale. Appena accortosi della sua assenza, il personale ospedaliero ha tempestivamente preso contatto con la donna per comunicarle di rientrare in struttura in quanto positiva al tampone. Risposta della donna: 《A quale tampone, quello che non ho mai fatto?》”.
D. Prof. Tarro, ormai il tampone sembra essere diventato la panacea: test di massa, screening a tappeto, bastoncini nel naso infilato a iosa: quanto è efficace questo esame?
R. Il tampone fatto adesso non serve a nulla. Può essere utile, ma non è essenziale. E non lo dico io, ma l’inventore del tampone stesso ossia Kary Mulis che riteneva la sua stessa invenzione un metodo non efficace per diagnosticare malattie infettive. Il tampone andava fatto mesi fa, a Marzo e ad Aprile, non oggi. Questa ossessiva ricerca dei contagiati può essere pericolosa ed è sicuramente fuorviante visto che la maggior parte di loro non è più soggetto infettante.
D. Dunque l’Italia e la Campania con la loro strategia di chiusura e di tamponamento generale non sono sulla retta via?
R. Diciamo che sono in ritardo. Oggi si è scatenata una vera e propria caccia al contagiato senza capire che l’aumento dei contagi altro non è che la diretta conseguenza dell’immunità di gregge. Inevitabile effetto. Chi è già entrato in contatto con il virus ha sviluppato gli anticorpi, chi non lo ha incontrato potrebbe risultare positivo. Il problema di oggi è rappresentato dalle frontiere, dove andrebbero fatti più controlli visto che il virus viene da fuori. L’Italia ha già raggiunto il picco epidemiologico a differenza degli altri Paesi, motivo per il quale è errato paragonare la situazione che stiamo vivendo con quella degli altri Paesi che sono ancora, potremmo dire, alla prima ondata.
D. Modello Italia bocciato, dunque?
R. Il vero modello potrebbe essere la Corea del Sud che ha fondato la sua strategia su quattro fattori fondamentali: tempestività, test (non tamponi) eseguiti a tappeto, rigorose misure di quarantena e coinvolgimento dei cittadini per ottenere la loro partecipazione.
D. Restare a casa e mascherine?
R. Restare a casa solo se si è ammalati. Chi è guarito non è più contagioso ed è impensabile “domiciliare” anche questi soggetti. Altrimenti ci ammaleremo di depressione e indeboliremmo il sistema immunitario (ride). Personalmente sono contrario all’utilizzo della mascherina al sotto dei 12 anni: fino ad allora ci sono particolari zone del cervello che si formano con il contatto visivo e diretto. Altro che distanziamento sociale, quello sì che è un vero rischio.
D. Professore, che inverno ci aspetta?
R. Un inverno assolutamente normale. Con la tipica influenza stagionale ed i malanni ad esso connesso. Anche l’influenza di stagione farà le sue vittime, come da sempre accade. Mi fa piacere che mi rivolge questa domanda perché le faccio notare che quando da noi era estate a sud dell’equatore, penso al Sud Africa, era inverno, ma si sono dimenticati di “raccontarci” dei loro picchi del contagio (ride).
D. Come possiamo difenderci? Possiamo solo riporre speranze nel vaccino? Se sì, in quale?
R. Per cultura e formazione non sono contro i vaccini, ma al momento dico che possiamo prender esempio proprio dall’Africa. Stare a contatto con gli animali, essere a contatto con lo “sporco” della terra per sviluppare gli anticorpi che sono la nostra miglior difesa. La cura che ha fatto Trump ha dimostrato che funziona, io ho spiegato già da tempo che può essere utile una terapia con il plasma dei guariti. Personalmente confido nel vaccino russo. Intorno al Covid si è alzato un gran polverone e pure qualche interesse, ma non avendo la stessa mortalità della Sars ad esempio, non è mortale per il 96% degli infetti.
D. Il Covid scomparirà con la fine della stagione fredda? Quando durerà?
R. Siamo diventati produttori di mascherine. Fin quando produrremo mascherine il Covid sarà in vita (ride).
Ciò che colpisce di questo luminare della Scienza medica italiana è l’umanità con cui si relaziona ad uno sconosciuto intervistatore, la disponibilità della persona e l’amore nella spiegazione che mai soggiacciono alla preparazione; introvabile la spocchia supponente dei frequentatori dei salotti televisivi, anzi sorride spesso, ride di gusto senza deridere mai, nemmeno nel sentire delle misure di contrasto per evitare la diffusione e il contenimento del contagio da Coronavirus, diretta conseguenza della sicurezza che ha radici nella preparazione professionale. Frutto di anni di studio e di esperienza sul campo. In trincea, per attualizzare. Dopo aver isolato il vibrione del colera a Napoli, dopo aver combattuto l’epidemia dell’Aids e sconfitto il male oscuro di Napoli, il virus respiratorio “sinciziale” che provoca un’elevata mortalità nei bimbi da zero a due anni, ancora c’è qualcuno che non crede ai profeti in Patria.
Forse ha ragione il prof. Tarro: il Covid non è poi il peggiore dei mali.

https://www.camposud.it/2020/10/le-interviste-di-campo-sud-tony-fabrizio-intervista-in-esclusiva-il-professor-giulio-tarro/