VIA AL GREEN PASS

Ed eccoci giunti alla fase successiva dell’esperimento sociale, quella della certificazione verde, il lasciapassare per andare a far la pipì al bar inventato dagli stessi personaggi che urlano e latrano un giorno sì e l’altro pure che non esistono barriere e che i confini non esistono. Che poi sono gli stessi che cianciano in nome della libertà e defecano una proposta di legge alla Camera per adottare Bella Ciao quale canzone (proprio così hanno scritto) della libertà. Che poi sono sempre gli stessi che parlano di libertà ma guai a dissentire dal loro pensiero unico che è quello di distruggere il diverso, da loro ovviamente e lottano contro la discriminazione attraverso una porcata come il ddl zan che è tutto tranne che tutela della diversità. Che sono sempre gli stessi che ti invitano a vagginarti perché ti vogliono bene, ma che belano di aborto fino al nono mese succhiando il cervello del nascituro con una canula, che anelano la legalizzazione dell’eutanasia e che difendono chi la morte la vende già in vita. Magari con la scusa di scappare dalla guerra e che poi non si fa scrupolo alcuno a scannare e squartare una ragazzina mettendola in due valige.
Se ci avessero anticipato solo lo scorso anno ciò che stiamo vivendo avremmo detto che tutto questo sarebbe stato fantascienza, che non sarebbe mai potuto accadere e che era roba da complottisti. Ma lo scorso anno ci dicevano di stare a casa ché tutto sarebbe andato bene. Sì, per loro. E per quelli come loro. E non mi riferisco al fatto di non potere andare a magiare una pizza piuttosto che non andare al cinema. L’anno scorso lo hanno vietato loro, almeno quest’anno scelgo io di non andarci. E per un solo motivo: perché la certificazione verde è un insulto all’intelligenza dell’essere umano.
Un documento (?) che tratta dei dati sensibili da esibire a chi non è deputato al controllo, che va accompagnato al documento d’identità che un ristoratore non può chiederti perché è compito delle FF.OO. che, però, non possono controllare la certificazione di avvenuto vaggino o di tampone negativo.
Che capolavoro di incapacità!
Con queste premesse vivremo il nostro primo giorno d’apartheid, dove gli ubbidienti alle disposizioni, che sono tutt’altro che sanitarie andranno a pranzo fuori e rischieranno di mangiare in compagnia del condizionatore perché l’ultimo posto all’aria aperta se l’è fregato un no vax. Che magari è solo un dissenziente. Termine inesistente nella narrazione pandemica, forse non compresa nella mazzetta di governo che affronta questa pandemia, questo problema sanitario con soluzioni economiche facendone però una questione politica. Si assuma la responsabilità la politica, obblighi al vaggino assumendosene la responsabilità, ma non partorisca demenze come questa della certificazione verde che è una “primizia” geni(t)ale per tornare all(a)normalità, un provvedimento in cui sono insite delle restrizioni in nome della libertà, il solo mezzo per una ripresa economica del Paese – loro l’Italia la chiamano così – dimezzando, se non riducendo ulteriormente, i clienti nelle attività di commercio. Che poi questi clienti che dovrebbero affollare ristoranti, cinema e musei sono quelli che hanno paura persino di respirare, che si sono chiusi in casa senza storie e che hanno accettato di poltrire sul divano davanti al grande fratello, mentre ingurgitavano kebab o il sacchetto del Mc Donald’s, convinti che stavano salvandosi la vita.
Se costoro saranno i prescelti a non ingolfare gli ospedali, come ci raccontano i giornali in questi giorni, c’avranno visto bene, il vaggino ha vinto, i non vagginati saranno intubati; se, invece, come trapela i degenti sono per lo più i vagginati, é acclarato che il siero va “migliorato”: in entrambi i casi quale sarebbe l’utilità, il vantaggio, il significa(ca)to della certificazione? È complottismo anche porsi delle domande? Quale reato si configura per chi pensa male di questi sciacalli di palazzo? Che ci vogliono così bene da volerci salvare a tutti i costi la vita, ma non ci obbligano a far ricorso all'”unico strumento” per debellare il vairus. Perché loro il vairus lo vogliono debellare, vero?
E siccome le buone azioni si fanno in silenzio, dall’inizio di questa settimana, governo tacito e opposizione silente, hanno aperto allo scannatoio fiscale per riscuotere le quote non versate dai contribuenti che sono stati in difficoltà e che magicamente, dopo diversi confinamenti (questo significa letteralmente lockdown) domiciliari che per alcune categorie non è mai cessato, adesso saranno in grado di versare quanto dovuto. Più gli arretrati. Però, a pensarci non dovrebbe essere difficile mettere su una stamperia di cartastraccia come hanno fatto loro a Francoforte sul Meno! Altrimenti si può sempre racimolare danaro in casa per andare a comprare a strozzo quello battente straccio azzurro con stelle gialle, anziché produrlo nella nostra zecca a costo zero. Che poi questo è il vero lavoro in cui riesce ottimamente quel signore che finge di fare il presidente del consiglio dei ministri!
Aumenteranno così disoccupati, aumenteranno le aziende costrette a chiudere e aumenterà la svendita della Nazione che era quarta potenza mondiale, che uscì dalla crisi del ’29 e vinse sfide come vaiolo e spagnola. Debellandole. Però, se guardiamo al passato siamo capaci solo di leggere Manzoni che parla della peste, ma non di ricordarci che lo stesso Manzoni ha scritto che “liberi non sarem se non siam uni” piuttosto che imparare da Tucidide quando ci ha tramandato che “non la peste, ma la paura della peste distrusse Atene”.
Ed ora avanti con la guerra tra i poveri issando il vessillo dei privilegiati, soggetto a ritiro e prima che scada.

DE LUCA UNO E TRINO : della serie, due mandati non mi bastano più!!

 

Uno, due e… te. No, non è una conseguenza del meriggiare pallido e assorto di questa rovente estate virale, nessun effetto di una qualche botta di calore, ma l’ultimo sogno deluchiano, vaneggiato, coltivato e addirittura reso pubblico!
Il presidente della Giunta Regionale della Campania Vincenzo De Luca, direttamente dallo scranno di Palazzo Santa Lucia dove ha sede il “suo” personale megafono col gonfalone, ha reso noto di pensare alla possibilità di un terzo mandato alla guida della regione più importante del Mezzogiorno. Ma come, se esiste il vincolo di mandato? La soluzione è semplice: se la legge per i nemici si applica e per gli amici si interpreta, per se stesso si cambia addirittura!  Ad personam, per dirla con un linguaggio finora utilizzato  dagli stessi soggetti per detestare, riconvertito in per restare.
“E sì – ammette candidamente (e pure senza vergogna) il governatore col lanciafiamme – non facciamo né più né meno di ciò che già avviene in Veneto e in altre regioni”. Proprio lui? Colui che si ergeva a paladino per il resto della Nazione, il modello di cui si poteva e si doveva solo essere e-muli, quello che era nato per tracciare e illuminare la strada agli altri, adesso sostiene di copiare da quel nord a lui tanto inviso? Sì, proprio lui : carne, spirito ed ossa. Gli interessi prima di tutto. E se c’è la possibilità di guadagnare – in senso lato, ma anche no – chi se ne frega di idee e principi, di morale e di valori: copiamo! E che terzo mandato sia!
Ma la gente, il popolo, gli elettori cosa diranno? Nulla! Saranno contenti di ridare la fiducia a chi col covid, pandemia mortale, è risorto (politicamente)? Non potranno dire nulla loro, perché l’elezione del Presidente della Giunta Regionale spetterà poi all’assemblea, in questo caso al consiglio regionale. E con diciannove liste a lui collegate, una sanità, di cui egli riveste la carica di Commissario Straordinario di Governo, completamente deluchizzata, concorsi e promozioni ad hoc, chiamate per direttissima conoscenza e riconoscenza (De Mita jr. è solo l’ultimo dei casi ecla-tanti) a cosa servirebbe più l’elettore e il suo voto? Uno vale uno! Ma mica uno qualunque. Questa è l’Italia del vincolo dei due mandati di cui il primo è quello zero che non si conta! E lo sceriffo in quanto a contare è uno specialista: pensiamo ai posti letto in degenza e terapia intensiva, tanto per rimanere nella stretta attualità: i posti lievitavano di giorno in giorno, Vicienzo quotidianamente compiva “mira-culi” non sottraendosi al proselitismo urbi et orbi, ma chi orbo (e De Luca) non è, si accorgeva che il miracolo sciorinato avveniva cambiando solo le parole. Perché a questo ormai è stata ridotta l’arte sacra della politica: a parole, a chiacchiere, a pura demagogia da perenne campagna elettorale.
Così, mentre i campani rischia(va)no di non campare col covid, lo sceriffo si divertiva a tramutare i posti letto da attivati in attivabili, da disponibili in ipotetici. Una truffa! Consumata sulla pelle dei cittadini, dei contribuenti, dei cristiani tutti. Un atto di sciacallaggio puro. Nei confronti del popolo e in beffa alle Istituzioni Alle quali non rimaneva che affibbiare i colori della contagiosità delle diverse regioni, come bimbi che giocano con i gessetti colorati reggendo il gioco – in tanti casi giogo – a De Luca. Si proprio lui, divenuto nel mentre maschera e macchietta di se stesso. Recitando la nenia di colui che é scontento per il colore non gradito. E continua(va) con ogni mezzo a beffarsi dei cittadini inasprendo le misure restrittive per il bene comune, ma che in realtà erano solo tranelli per evitare, se la situazione fosse precipitata o precipitasse, di far venire a galla i tanti imbrogli “operati” in (e ai danni di) quella sanità “straordinariamente” amministrata che, in realtà, ha più buchi di un colapasta. E che finisce per rappresentare il vero pericolo per i malati. Quel comparto distrutto in nome del profitto e che, se anche ci fosse stato un qualcuno che, pur lucrando, avesse tenuto a cuore la salute pubblica, avrebbe potuto rilanciare davvero la Campania, creando infrastrutture, assumendo personale, creando occasioni concrete per uno sviluppo decente e possibile. E invece no! La Sanità Campana vive solo di indagini delle Procure, la Guardia di Finanza sale e scende dai palazzi delle ASL, le gare d’appalto sono più fasulle e truccate di sempre !! Purtroppo tutto ciò non è stato capito dal 70% dei campani o si finge di non capire.
Si pensa in grande, dunque, in Regione, idee e progetti a lungo termine, tanto che non basta pensare a far bene in questo quinquennio, le cui premesse dei cinque anni precedenti non sono delle migliori, ma addirittura si pensa di qui a dieci anni. “Tanto la salute c’è” ha detto Vicienzo. Tuttavia e per prudenza “la modifica allo statuto meglio farla già entro l’anno”. Un terzo mandato, dunque, per continuare ad operare miracoli, da sanità a santità, cosicché poi dovremmo sentirci spacciare anche il panegirico del Presidente uno e trino. Secondo lui. Di vedere triplicati i danni secondo “gli altri” , in vero sempre più numerosi, ma altrettanto impauriti dallo strapotere minaccioso del Gran Capo salernitano.

https://www.camposud.it/2021/08/de-luca-uno-e-trino-della-serie-due-mandati-non-mi-bastano-piu/

UNITED COLORS OF RACISM : La tragedia tutta italiana del razzismo ad ogni costo!

Seid Visin e Saman sono due facce della stessa medaglia, l’una d’oro e l’altra di stagno. Nocera e Novellara, nord e sud di uno stivale sempre più multietnico, sfruttato e bistrattato, trattato a proprio uso e consumo e poi rinnegato. Quell’Italia terra di nuova vita e di morte, croce e delizia.
Seid, ragazzo adottato da genitori italiani che in Italia diventa figlio e poi calciatore,l coronando il sogno della maggior parte degli adolescenti. Morto suicida per motivi che solo i genitori conoscono e che hanno voluto tenere privati in un primo momento, ma poi costretti a svelare.
Saman arriva in Italia dal Pakistan insieme con la famiglia per una speranza di vita migliore, per un futuro che la sua terra non gli ha offerto, per scelte che chi l’ha messa al mondo ha fatto anche per lei, fino a condannarla a morte. Allo strangolamento.
Seid è immediatamente diventato un caso da “sfruttare”, da rivendere sulle pagine dei giornali e sulle “prime pagine” di quelle trasmissioni televisive di tuttologi che abbondano in ogni dove. Poco importa se non si sa cosa sia davvero accaduto. La storia è di quelle strappalacrime che va subito rivenduta e veicolata per la speculazione e lo sciacallaggio dal Berizzi di turno e in ottemperanza al politically correct. Così uno sfogo adolescenziale su un social scritto tre anni prima diventa il motivo per cui il ragazzo si è suicidato: il razzismo. Magari una forma di sottile e deprecabile bullismo compiuta da coetanei su un ragazzo di un piccolo paesino del sud che ha subito il cambio e l’impatto come quello che una città come Milano può dare?  Ma no. Said aveva la pelle nera per cui è il razzismo il motore di tutto. Ma la mamma e il padre adottivi smentiscono. Costretti a rilasciare dichiarazioni e a tutelare, in un momento tragico e privato, la loro immagine e quella del figlio, per una cosa fondamentale che si chiama verità. Ma il mainstream ha deciso: ad ammazzare Said è stato il razzismo. L’udienza è tolta e la sentenza è emessa: un ragazzo di colore non può avere problemi di depressione, d’amore, di nostalgia, di stanchezza, di stress e mille altri mali che affliggono il nostro tempo. Magari per un lockdown che è stato un vero e proprio confinamento lontano da casa e dagli affetti e che è pesato un po’ troppo. No! Seid è morto di discriminazione.
Quella discriminazione, al contrario, cui non si è fatto minimamente cenno nella tragica storia di Saman, sparita ormai da più di un mese e con una confessione di strangolamento dello zio che si spera faccia almeno ritrovarne il cadavere.
La colpa? La libertà di volersi integrare. Di voler magari rinunciare al velo e di decidere di chi innamorarsi. Una colpa “italiana” così grave e poco diffusa, tanto da attribuire con ipocrita disinvoltura di certa stampa “allineata”, l’etichetta di  “ragazza ribelle” alla giovane e sfortunata Saman.  E poco importa se la ragazza sia stata, piuttosto, costretta a fuggire dalla propria famiglia. Un nucleo familiare numeroso e composito che pare l’abbia invitata a ritornare ingannandola. O, forse, il ritorno a casa sia dovuto al recupero dei documenti per un allontanamento definitivo. Qui la famiglia non parla con i giornalisti, non cerca di dare spiegazioni in merito. Fugge all’estero piuttosto. Non prima di essersi  riunita in una sorta di “consiglio” per decretare la condanna a morte della diciottenne, in nome dell’islamico Corano. Elemento fin troppo evidente, fatto passare sottogamba. Una autentica e ipocrita  mistificazione islamista taciuta e silenziata ad arte.
Qualche timido tentativo di derubricare l’accaduto in femminicidio, che è quanto di più spregevole si possa attribuire ad una donna, equiparata ad ogni costo all’uomo, mai (e mai più) complementare ad esso e per la quale non esiste demarcazione che differenzia maggiormente la donna dal resto del genere umano come il termine femminicidio. Quasi che l’omicidio non includesse la donna come appartenente alla specie umana. Per Saman non ci sono accuse di razzismo all’Islam, alla famiglia, alla mancata integrazione di chi vive nella nostra stessa terra, ma pretende che questa Italia sia solo un’appendice dell’islamico Pakistan o della più sperduta provenienza geografica.
Nessuna accusa e nemmeno una presa di posizione da parte dell’intero “quarto potere”. Nessun politico inginocchiato, non una femminista che rivendica diritti e libertà per le donne. Solo tanto silenzio. Eloquente. Complice. Omertoso. Che nemmeno la peggiore Sicilia dei tempi d’oro di Corleone.
Non è forse questo un caso di razzismo al contrario? Non è forse questo un caso di mancata integrazione verso il Paese ospitante? Non è forse questa una mancanza di rispetto verso l’Italia e gli Italiani, terra e gente che ha offerto ospitalità e integrazione senza nulla pretendere e che pare non essere mai abbastanza. Tanto da essere rifiutata nel modello educativo, formativo, di vita?
Giammai qualcuno che si indignasse al contrario, in difesa del bianco considerato suprematista a prescindere. Colpevole pure di respirare e di vivere, persino di essere nato e mai e poi mai vittima di una qualche anomala forma di discriminazione, di episodi di razzismo al contrario che dovrebbero pesare il doppio se commessi da chi abbiamo accolto. E invece no: lo stereotipo imposto vuole che il razzismo abbia la faccia nera, più nera possibile.  Magari con lo sguardo trafelato ma soddisfatto di chi arriva col barcone stringendo in mano il telefonino cellulare di ultima generazione. E ciò nonostante é ritenuto “vittima” a priori. Coccolato e osannato da una finta e ipocrita politica dell’accoglienza che non garantisce neanche la sicurezza e una sopravvivenza decorosa per tanti disperati abbandonati a se stessi nelle periferie-ghetto delle nostre città. Con buona pace dei “buonisti” di turno!
https://www.camposud.it/2021/06/united-colors-of-racism-la-tragedia-tutta-italiana-del-razzismo-ad-ogni-costo/

NON SOLO GIOVANNI BRUSCA HA PAGATO!

NON SOLO GIOVANNI BRUSCA HA PAGATO!

La scarcerazione di Giovanni Brusca, il killer più feroce di tuti i tempi, colui che ha ideato e messo in atto la strage di Capaci al più importante giudice antimafia ed alla sua scorta, colui che ha sequestrato, strangolato e sciolto nell’acido un bambino di dodici anni ha riempito e riempirà ancora le pagine di giornali e telegiornali provocando unanime sensazioni di rabbia, dolore, sconcerto. Tutte capibili, ma va capito anche altro.
Al netto dei nomi altisonanti, importanti od “eccellenti”, per rifarci al gergo utilizzato per le scarcerazioni di cui il MoVimento 5 stelle tramite il Ministro della Giustizia Fofò Bonafede non ne sa(peva) nulla, avvenute con una circolare firmata da una “sprovveduta” segretaria di un ufficio periferico di sabato pomeriggio, ci sono personaggi scomodi ed ingombranti, veri e propri giganti trasformati in capri espiatori, servitori di uno stato ingrato che continua a condannarli persino dopo le indagini, dopo i processi, dopo le pene espiate per intero e senza sconti.
Penso alle vittime del golpe – perché tale fu! – giudiziario e finanziario del 1992, penso a due personaggi per tutti, l’uno di caratura nazionale e l’altro di rilevanza non minore, ma per una sorta di “orgoglio patrio”: penso al segretario del PSI Bettino Craxi, forse l’ultimo statista Italiano. Dobbiamo ritornare alla notte di Sigonella per ricordare un’Italia che ha fatto l’Italia, che poteva permettersi di fronteggiare gli USA a muso duro e schiena dritta, non solo con la forza militare, ma anche con quella diplomatica. E mai come in questo strampalato e pericoloso periodo storico che stiamo vivendo – non certo da protagonisti – non si può che ripensare a lui ed alle sue parole dall’amaro sapore profetico che trent’anni fa non abbiamo colto circa ciò che sarebbe stata l’Italia in questa Europa, a cosa avrebbero portato le privatizzazioni delle tante società statali, a come sarebbe stata svenduta la nostra Nazione. Al costo di qualche monetina, per di più di nostra proprietà. Posso citare Enel, Telecom, INa, IMI, COMIT, ENI o semplicemente l’IRI che oggi sarebbe la più grande azienda al mondo e che fino ad allora la classe dirigente italiana aveva tenuto saldamente. Siamo negli anni in cui si affacciarono sulla scena politica personaggi come Romano Prodi, quello che disse che avremmo guadagnato di più lavorando un giorno di meno e oggi già con un piede sul colle più alto di Roma. Erano i tempi della crociera del Britannia che aveva imbarcato a bordo anche tale Mario Draghi, oggi nominato Presidente del Consiglio.
Craxi è morto in esilio, ad Hammamet, ha scelto di morire tale perché non è più potuto tornare nella nostra terra da “uomo libero”.
E penso al napoletanissimo dottor Bruno Contrada, uomo di Stato, vertice delle Istituzioni, persona di fiducia dello Stato tanto da chiedergli di infiltrarsi per capire, autentico mastino di razza dell’Intelligence nostrana, ripagato con l’umiliazione dell’arresto, della condanna, dell’assoluzione impugnata, della cancellazione della condanna dalla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo (CEDU) e da una nuova impugnazione da parte di quella magistratura che preferisce comparire sui giornali per il personale momento di gloria piuttosto che fare la storia per tutti.
Questi uomini hanno avuto vite distrutte e famiglie dilaniate, hanno pagato in termini giudiziari – quella ingiusta giustizia degli uomini iniziata quasi un secolo fa condannando e mettendo a morte altri uomini senza processo – ma anche in termini personali: carriere spezzate, malattie che hanno invaso i loro corpi, e la loro mente, ombre che inevitabilmente si ripercuoteranno anche sui loro figli e nipoti, parenti e amici. Autentici protagonisti della storia d’Italia consigliati e quasi costretti a chiedere la Grazia al Presidentissimo di turno (carica ricoperta anche da sinistri assassini riabilitati) quando, invece, avrebbe dovuto essere lo Stato a dire e a dare semplicemente un “grazie”. Grazia che, per un sussulto di dignità che solo chi ha la certezza della coscienza monda e le mani pulite per davvero può permettersi, non è mai chiesta.
Giovanni Brusca, dopo venticinque anni di detenzione per essere stato un collaboratore di giustizia e non un pentito, per avere fatto bene i suoi conti, come aver “lavorato in carcere” dicendo cose che poteva dire o magari solo quello che poteva “servire”, è libero di tornare a casa a godersi le sue ricchezze patrimoniali mai confiscate (MAI CONFISCATE!) sbeffeggiando anche pensione sociale e reddito di cittadinanza già riservato ad altri suoi “compari”, mentre persone come Bettino Craxi o Bruno Contrada, Publio Cornelio Contrada, il cui ultimo capitolo del suo orrore giudiziario vede il ricorso al risarcimento per condanna sbagliata da parte dello Stato che ha servito e di quella Patria per la quale ancora prova dolore nel vederla condannata, non godranno mai del diritto forse a questo punto più anelato, quello all’oblio.
Sarà un caso che gli stessi personaggi che si sperticano in corsi e ricorsi contro tutti e tutti sono gli stessi che pronunciano le parole più “misurate”? “La liberazione di Brusca, che per me avrebbe dovuto finire i suoi giorni in cella, è una cosa che umanamente ripugna – commenta all’agenzia Adnkronos Salvatore Borsellino, fratello di Paolo ucciso nella strage di via D’Amelio, poche settimane dopo Giovanni Falcone -. Però, quella dello Stato contro la mafia è, o almeno dovrebbe essere, una guerra e in guerra è necessario anche accettare delle cose che ripugnano. Bisogna accettare la legge anche quando è duro farlo, come in questo caso. Brusca è uscito dal carcere di Rebibbia dopo 25 anni. Questa legislazione premiale per i collaboratori di giustizia fa parte di un pacchetto voluto da un grande stratega, Giovanni Falcone, per combattere la mafia, dentro ci sono​ l’ergastolo ostativo, il 41 bis. Va considerata nella sua interezza ed è indispensabile se si vuole veramente vincere questa guerra contro la criminalità organizzata”.
Il Generale Dalla Chiesa, altro servitore di quello stesso Stato che lo chiamò alla lotta alla mafia e che, per premio e incentivo, lo lasciò solo disse che i primi fiori che sarebbero arrivati al suo funerale sarebbero stati da parte dei suoi mandanti: la prima corona che arrivò fu quella della Regione Sicilia. Per cui in questa Italia qua possiamo pure continuare ad andare avanti a cercare l’ormai famosa, o forse famigerata, agenda rossa. Certa che continuerà a proteggere ‘o verru perché testimoni ad altri processi o faccia attenzione a ciò che dice, mentre da vivo condanna a morte capitano Ultimo, già solo e senza scorta, costretto ad indossare un mephisto che lo renda irriconoscibile e a rinunciare alla propria identità. Come il peggiore dei criminali comuni.

Giggì, attaccate ‘o tramm!!

Ebbene, le elezioni comunali slittino al prossimo autunno. Gigino de Magistris chiude (finalmente) la sua esperienza a palazzo San Giacomo e, come un commerciante qualunque di Napoli, come uno qualunque di tutta Italia in questo triste momento, mette in saldo la merce invenduta e procede allo svuota-tutto prima di chiudere i battenti!
Ultima trovata di Gigino ‘o bluff, ritardataria, quasi postuma e senz’altro inutile, è la messa in vendita di alcuni tram storici che circolavano a Napoli già prima della II Guerra Mondiale.
Si tratta dei vecchi modelli CT139K, visibilissimi in numerose cartoline e praticamente in tutti i film ambientati negli anni ’30 e fino al dopoguerra, così diffusamente presenti da divenire parte integrante del paesaggio della città partenopea.
Mezzi con un’anzianità di servizio di oltre ottant’anni, 13 metri di lunghezza, 2 e mezzo di altezza, peso superiore alle dieci tonnellate, attualmente custoditi nel deposito ANM di San Giovanni a Teduccio, in attesa di venderli. O meglio di svenderli.
Ogni mezzo antico, infatti, sarà ceduto a circa tremila euro, più le spese di ritiro. Non un’asta e nemmeno una offerta al migliore acquirente.
Neppure una mossa della disperazione del Sindaco dal bilancio folle, “miracolosamente” approvato, tanto da pensare che da Sindaco con la bandana in testa sia diventato il Sindaco co’ le pezze ‘n fronte.
Ma questa vendita non ha certo il sapore della mossa della disperazione: non si vuol trarre profitto, non si vogliono rimpinguare le casse comunali – non sarebbe nemmeno una goccia nell’oceano – ma si deve solo (s)vendere.
Chissà che non esista già anche un fantomatico acquirente che si paleserà il 19 marzo, ultima data utile per l’acquisto degli storici reperti.
Eppure Napoli vanta lo storico museo di Pietrarsa cui si potrebbero affidare gli ancora funzionanti tram napoletani. Saprebbero certo come utilizzarli al meglio per finalità turistiche o solo didattico-divulgative. Ma si potrebbero valorizzare in mille altri modi, se solo si volesse:  adibirli a ristoranti, così come accade in altre città europee come Praga; farne una linea dedicata ai turisti come accade nella non lontana Milano; fittarli per la pubblicità itinerante; venderli come ha fatto Torino (a New York), ma di certo non svenderli come ha “pensato” di fare l’attuale amministrazione, pur di toglierseli dal groppone.
Idea che non ha trovato terreno fertile nemmeno nel numero uno di ANM Nino Simeone che, anzi, non ha nascosto la propria soddisfazione nel liberarsi dell’incomodo! E questo la dice lunga sulla lungimiranza e la qualità manageriale degli uomini scelti dal Sindaco per guidare le sue partecipate!! Anziché puntare sulla valorizzazione del nostro patrimonio che rappresenta una importante parte della memoria storica cittadina, si pensa a far cassa con quattro spiccioli. Ma tant’é !! Senza vergogna. Senza pudore.
E invece si continua a far male a questa città, a pugnalarla ulteriormente, a stravolgerla e distruggerla tanto da renderla irriconoscibile. Ulteriormente. Infierire fino all’ultimo. Oltre l’utile. Oltre tutto.
Chissà quale strano progetto serba, se serba,  il peggior Sindaco che Napoli abbia mai avuto!   Non ci stupirebbe se alla base dei suoi pensieri ci sia solo il disinteresse più totale per la città e i suoi abitanti! D’altronde Gigino ha già la mente in Calabria per cui Napoli può letteralmente cadere a pezzi: dalle strade alle infrastrutture, dai progetti ai rappresentanti istituzionali. Non ci resta che fare appello al buonsenso dei cittadini e sperare che la (s)vendita dei tram vada deserta.  O che nessuno sappia cosa fare di un vecchio tram in disuso e impolverato. Pur se, al contrario, può essere certamente una occasione ghiotta e fantasiosa per il rilancio turistico cittadino.
Ma, a pensarci bene,  uno dei tram in vendita, e magari solo uno,  Gigino potrebbe acquistarlo proprio per la sua campagna elettorale calabrese. E se malauguratamente per lui, ma per fortuna dei calabresi, dovesse andar male la consultazione elettorale, potrebbe pur sempre …………..  attaccarsi al tram!!!

https://www.camposud.it/2021/03/4907/