SI SCRIVE ILVA, SI LEGGE ITALSIDER


Perché mai dovrebbe stupire che il piano di rilancio dell’area dell’ex Italsider di Bagnoli sia presentato (anche) a Milano, prima a Milano? Perché mai dovrebbe stupire che al piano di rilancio dell’area dell’ex Italsider di Bagnoli che viene presentato prima a Milano non partecipi alcun imprenditore napoletano, men che meno il commissario straordinario all’uopo designato, né alcun rappresentante del Comune di Napoli, proprietario dell’area? Perché mai dovrebbe stupire che al piano di rilancio dell’area dell’ex Italsider di Bagnoli, che viene presentato a Milano cui non partecipa alcun imprenditore napoletano men che meno il commissario straordinario all’uopo designato, né alcun rappresentante del Comune di Napoli, proprietario dell’area, passi per le mani (e per la testa) del ministro per il Sud (?) dall’allogeno nome di Giuseppe Provenzano, già destinatario di una lettera dell’Acen, degli Industriali e dell’Ordine di Architetti e Ingegneri con cui chiedono una pausa di riflessione, eufemisticamente uno stop, un altro, l’ennesimo al progetto per rilanciare quella parte d’area flegrea abbandonata e dare finalmente inizio a quel progetto di rigenerazione urbana?

Nell’attuale Italia, però, quella che prevede lo scudo fiscale per i taglieggiatori del MES, ma non per l’Ilva, quella dove si festeggia il Natale senza il Nato, quella dove rifugiati e immigrati che sono oggettivamente impossibilitati a presentare la documentazione attestante i requisiti per ottenere il reddito e la pensione di cittadinanza sono esentati del tutto dallo stesso INPS, quella in cui per il Ministro della Giustizia “un reato diventa colposo quando non si riesce a provarne il dolo”, è possibile tutto. Anche che il Ministro per il Sud sia pronto e prono a credere che il progetto di riqualificazione dell’area napoletana debba partire da (le cadreghe di) Roma per approdare a Milano, sempre più vera capitale, dove si crede siano concentrati tutti i tecnici, quali architetti e ingegneri, dell’intero Stivale.

Poco importa, dunque, che esista un commissario straordinario per il progetto e che tale commissario, alla seconda chiama anche questo, sia Francesco Floro Flores, imprenditore dell’hinterland flegreo (Arena, zoo e parcheggio dell’area flegrea in sua gestione farebbero gridare al conflitto d’interesse ogni giudice, ma non a Napoli: why not?) e che sia amico di Roberto Fico il napoletano, presidente della Camera dei Deputati, nonché datore di lavoro del fratello del Sindaco, ex togato: la decisione, chissà quale, potrebbe essere presa altrove, magari da altri, non locali, che non conoscono peculiarità e ricchezza topografica, vantaggi e limiti. Ilva docet. Come Taranto, anche Bagnoli ha il mare (e di certo non piccolo) quindi, se si seguissero gli auspici del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio il quale per l’acciaieria pugliese prevedeva un allevamento di cozze, non sorprenderebbe più di tanto se all’attuale compagine partenopea venisse in mente di puntare sulle colture attuali e instaurare persino un allevamento di… sardine.

Poco importa delle radici, di scavare nell’intimo e nel profondo. Senza bonifica. L’importante è la superficie. È apparire e dire la propria. Guadagnarsi la fama. Mentre il territorio “conquista” la fame: nell’ultimo decennio, la Campania ha perso 180 mila posti di lavoro e i giovani campani e del Sud che hanno lasciato la terra natia toccano quota 400 mila. Senza considerare gli ex lavoratori della Whirlpool, della Tirrenia e di Almaviva.

Senza lavoro non c’è futuro e quando si creano delle occasioni per investire, per crescere, per restare e per vivere al Sud non ci si dovrebbe spendere per fare “emigrare” pure quelle. Eppure il Sud dei nostri padri e dei nostri nonni ha duramente pagato lo scotto dei finanziamenti in nome del Mezzogiorno per le “fabbriche fantasma” che mai sono state aperte, di quelle altrettanto fantasma che, se non sono sparite in concomitanza dell’esaurimento dei fondi, hanno sicuramente chiuso i battenti poco dopo lo stanziamento delle risorse, dell’arretratezza conveniente per tutti, eccetto che per la popolazione locale, degli opifici soggetti a delocalizzazione interna alla nostra stessa Penisola. L’attuale classe dirigente, però, sembra intenzionata a ripercorrere la stessa strada già battuta in passato senza far tesoro, col prezioso senno di poi, che ripetendo gli stessi errori, condannano l’intero Sud alla morte totale. Eppure questa è storia. Di più di un secolo fa!

L’Ilva rischia di essere l’Italsider del Terzo millennio, come a ragione ha fatto notare il partenopeo Severino Nappi a proposito del “giardino felice che Grillo sogna per l’Ilva di Taranto si può vederlo a Bagnoli, luogo di trent’anni di chiacchiere e cattiva politica, di masterplan, consulenze, progetti, conferenze di servizi, ma di fatti concreti zero. Allora fu un disegno della vecchia sinistra a cancellare 10 mila posti di lavoro e a creare questo sfacelo: oggi ci stanno pensando i loro nipotini accompagnati da dilettanti grillini”.

Bagnoli è ancora in Campania e non possono portarla via, anche se fa gola a molti. Questa è la nostra Campania, la terra da ricostruire per campare di e al Sud, quello da cui partire per intraprendere finalmente quel progetto di Macroregione e, perché no, di autonomia, da tanto desiderata e sperata e finora solo promessa, barattata in cambio di voti che si sono rivelati essere solo vuoto pneumatico, nulla istituzionale e niente amministrativo, ma che potrebbe essere una solida realtà già nell’immediato, già la prossima primavera, tempo di rinascita e risveglio a partire da Palazzo Santa Lucia.

SI SCRIVE ILVA, SI LEGGE ITALSIDERultima modifica: 2019-12-19T00:36:04+01:00da tony.fabrizio

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