NON E’ TUTTO PUTIN QUELLO CHE LUCCICA………!!

Al di là di come la si pensi su Vladimir Putin, la sua plebiscitaria riconferma dovrebbe essere occasione di numerosi spunti di riflessione che sarebbe un vero peccato non cogliere. Primo su tutti la libertà di stampa dell’intero Occidente, o meglio, il grado di asservimento da cui la stampa nostrana è affetta: lo ricordiamo che l’Italia, la democraticissima Italia si attesta al 41° posto secondo Reporter senza Frontiere? Nel 2002 eravamo precipitati addirittura al 58esimo posto: Covid batte guerra in Ucraina 1-0.
Opinione pubblica da in-formare persino sulla sorpresa della (auto)vittoria nella corsa per il Cremlino con avversari imprigionati, esiliati, morti.
Anche da solo , anche con le urne trasparenti dove inserire la scheda (aperta) una volta votata – come nel caso del referendum sull’Ucraina ad “operazione speciale” iniziata – l’ex membro del KGB ha ottenuto un consenso elettorale altissimo, con pochissimi precedenti in Patria a cui, forse, solo la cancelliera tedesca Angela Merkel può avvicinarsi.
È innegabile che la Federazione russa dell’era Putin abbia registrato un miglioramento delle condizioni di vita, ma va ricordato che il Paese aveva appena vissuto il crollo dell’URSS, quindi, il fondo era stato già toccato. Questo è un dato che hanno stesso valore di quando in Italia ci si fa belli con la disoccupazione che scende o con lo stipendio che aumenta a cui, però, non corrisponde l’ effettivo potenziamento del potere d’acquisto. Il PIL russo è quello di un Paese medio, inferiore non solo a quello dell’Europa, ma addirittura a quello di singoli stati come la Germania o la Francia, ad esempio. Dunque, se è vero come è vero che la situazione non è così florida, da dove deriva quest’alta percentuale di gradimento? In un momento di guerra, per giunta! Proprio dalla guerra. È evidente che i Russi approvino la guerra all’Ucraina che Putin ha iniziato. A torto o a ragione. Vecchie reminiscenze di quell’identità espansionistica tanto cara agli zar? Che vadano a quel paese tutte le cartine che recitano l’espansione NATO ad Est, proprio la stessa Nato di cui proprio Putin avrebbe voluto fare parte e alle cui esercitazioni ha partecipato da “membro esterno”. Se la Russia di Putin non ha velleità espansionistiche, Putin ha saputo ben interpretare il volere del suo popolo. Chissà se lo stesso popolo è a conoscenza dei frequenti viaggi compiuti dall’americano Kissinger tra Washington e Mosca, anche ad operazione speciale in pieno svolgimento. Lo stesso Kissinger che ha (ri)armato la Russia dopo il crollo dell’Urss. E che, questa guerra, non sia stata l’occasione giusta, il favore ricambiato per riportare in vita un vecchio catorcio come la NATO che senza un nemico non aveva più ragione di esistere? Con buona pace dei due nemici in guerra che, a quasi tre anni dal conflitto, non si sono scambiati uno sputo direttamente. D’altronde, così come riportano il Corsera ( ) ed altri fonti, pare che la Russia attacchi postazioni ucraine dopo che gli Usa abbiano fornito l’esatta posizione degli obiettivi a seguito di sofisticati studi di droni satellitari. D’altronde nello spazio Usa e Russia ci vanno insieme perché non stare insieme pure con i piedi per terra, magari con i piedi ancora sotto lo stesso tavolo, ancora a Yalta? E se questo è un vero affare, perché mai non può esserlo la verità di uranio russo agli Usa, quando gli Usa stanno commerciando gas con l’Europa al posto di Mosca? Perché l’obiettivo, non solo commerciale, è l’Europa, dove si interrogano, soprattutto in Italia, sulla possibilità di una terza guerra mondiale, mentre una escalation nucleare paralizza le meningi. Non di Macron, per fortuna che – sarà pure odiato all’ombra della Torre Eiffel, ma in quanto a politica estera non è certo Gigino Di Maio – ha rimesso le cose al loro posto, snocciolando, dati alla mano, la vera valenza di Mosca e tranquillizzando sul pericolo della minaccia nucleare.
Se così stanno davvero le cose, allora perché la Russia è così potente tanto da essere calamita per tanti italiani? Semplice: non è la Russia ad essere forte, ma l’Europa ad essere debole. Se Usa e Russia ci stanno facendo la guerra – in Ucraina, ma la stanno facendo a noi Europa -, se ancora fatichiamo a sentire nostro questo attacco è perché l’Europa è divisa e manca di una identità propria. Questo porta persino al pericolo di sentirsi “liberi” illudendosi di scegliere il nostro nuovo padrone: non più Washington, ma sì a Mosca. Mai Roma, ma perché no la terza Roma. Cioè loro che vogliono essere noi. Finché non avremo coscienza unitaria e non saremo in grado di riconoscere che siamo LA Civiltà per antonomasia, la nostra debolezza sarà il loro punto di forza. E non rendercene conto sarà persino peggio.
“Liberi non sarem se non siamo uno” scriveva Manzoni. Il Canto degli italiani recita “Noi fummo da secoli calpesti, derisi perché non siam popolo, perché siam divisi”: è questa la “ricetta” dell’altrui forza, questa la soluzione affinché noi ritorniamo potenza.
Questa è una lettura degli eventi “interessata” per ciò che a noi interessa, deve interessare: non ci interessa capire se davvero la Russia stia combattendo con una mano dietro la schiena e cosa giovi perdere tempo per una vittoria finale, ma non si può non apprezzare chi non è rimasto sordo, persino ad una battaglia impari, al richiamo del suolo natio, a come stanno dividendosi le nostre vesti, alla sorte che stanno gettando sul nostro vestito.
Allora, fu vera gloria?

 

QUALCOSA ANCORA DA CAPIRE

Forse dirò qualcosa di impopolare, qualcosa che farà storcere il naso agli economisti laureatisi all’università della vita. O forse no. Tuttavia, io continuo a pensare che, avessimo avuto un Presidente del Consiglio degno di questo nome, degno dell’Italia Nazione, pandemia prima e guerra poi sarebbero stati degli ottimi input per fare di necessità virtù. Con la pandemia – e il relativo giro di denaro ad essa correlato – si sarebbero potuti ammodernare, ristrutturare e costruire nuovi ospedali, rivedere la medicina domiciliare, eliminare il numero chiuso alla facoltà di Medicina a favore di una “selezione naturale” durante il corso di studi, in nome della meritocrazia.

Nel caso del conflitto in terra ucraina, attesa la mia contrarietà ad ogni forma di sanzione verso quel Putin che è stato e dovrà continuare ad essere un partner commerciale col quale fare affari, considerata la più totale ripugnanza per la cancellazione della cultura russa, il momento sarebbe stato propizio per riscoprire il grano nostrano, le potenzialità del tavoliere delle Puglie, mettere finalmente mano alle nostre riserve naturali di gas e portare a pieno funzionamento i 752 dei 1298 punti di estrazione del (nostro) gas, oggi chiusi. Limitare la fuga di cervelli e di materiali verso la Francia che viene a ordinare da noi pezzi per le loro centrali nucleari, viene a prendere le menti dei nuovi ingegneri cui fare assemblare impianti e produrre energia che poi l’Italia, paradossalmente, (ri)compra. Rivalutare la peculiarità dell’olio pugliese in cui ha investito Baffino che possiede – lo so, è compagno, ma posso assicurare che sono di proprietà – uliveti dal Salento fino alle Marche inoltrate. Non di solo commercio d’armi vive quell’uomo.
Sono utopie, giusto per rimanere in tema? Sono obiettivi perseguibili? Non so, ma è così che intendo la politica: il Ministro deve avere l’idea, poi spetterà ad assistenti parlamentari, di gabinetto e tecnici vari tradurre in atto ciò che è solo potenza.
Ecco perché non ho mai accusato, offendendo, Di Maio di aver fatto il bibitaro – certo, se il Ministro degli Esteri conoscesse le lingue straniere e il Ministro della Salute fosse anche solo un infermiere sarebbe un ottimo punto di partenza – e quanto sostengo è confermato proprio dallo zar del conflitto, Vladimir Putin che, cinquant’anni fa, vendeva limonate in strada, come un Di Maio qualunque.
Certo, poi mi piacerebbe poi capire cosa sia successo dopo che Clinton, sì proprio quello americano, su consiglio di Kissinger e dopo che la Russia si stava sciogliendo come neve al sole, lavorò per limitare il tonfo rosso nella steppa, prima favorendo l’israelita Primakov, padrino di Putin, e poi intervenendo attivamente nel disarmo dell’Ucraina. Con relativa beneficenza al Cremlino.
Mi piacerebbe capire, ora che abbiamo superato i cinquanta giorni di guerra, in che modo la NATO – cui andrà il mio sempiterno disprezzo – possa rappresentare il nemico di Mosca, visto che, ad oggi, non ha ancora sparato un colpo. Capire come la sua espansione ad est possa rappresentare una minaccia, se proprio la Russia di Putin è stata tentata da un ingresso nel trattato (difensivo) nordatlantico al punto da partecipare, quale membro associato, addirittura ad azioni addestrative congiunte. Fino a che punto la Russia può essere garantista verso gli stati dell’ex Unione che si sono rifugiati sotto l’ala americana, appena vista la Russia di nuovo messa in piedi – evidentemente chi ha conosciuto il Comunismo vero se ne guarda bene – Ucraina e Georgia in primis che sono gli unici due stati “rifiutati” dal patto e, guarda caso, sono quelle attaccate militarmente dalla Russia. Che continua a puntare missili, testate nucleari per la precisione, anche su Aviano. Che, figli di Putin, è Italia. Ma i cattivi stanno dall’altra parte. Sempre e comunque. È la ciclicità della storia, figlia delle bombe alleate e liberatorie. Servi di due padroni, sempre russi o americani. Ai quali obbediscono e che tradiscono contemporaneamente i padroni dell’Unione europea – francesi e tedeschi – traini del carro bestiame di Bruxelles santificato ad Aquisgrana e col culo prono a Mosca. Quella Mosca che ha tradito il “patto” – di cui Macron ha annunciato la “morte celebrale” – ben tre volte: nel 2008 con l’attacco della Georgia, nel 2014 quando il fantoccio di Putin – Yanukovitch – fu cacciato da una insurrezione popolare dopo che fu beccato a svendere a Mosca le ricchezze ucraine e a cestinare la richiesta di Kiev di entrare nell’Ue con buona pace del Memorandm di Budapest e oggi con l’aggressione all’Ucraina per gli identici motivi. Quel patto che Mosca è riuscita a riportare in vita, quasi un “pegno d’amore” verso quegli Usa col quale vorranno replicare una seconda Yalta.
Capire perché gli ucraini che in casa – al netto dei bombardamenti, è chiaro – loro, sparano ai russi sparano sui fratelli e lo stesso legame non vale per i russi che vanno ad ammazzare i loro fratelli nelle case – si fa per dire – abbattute.
Capire perché la Russia non ha capito che l’Ucraina sarebbe diventata un nuovo Afghanistan ed essa stessa sarebbe finita tra le braccia di Pechino che le sorride di rimando.
Mosca è tenuta per le palle da Pechino che non ha intenzione di aumentare la fornitura di gas o petrolio russo, né di garantire in rubli mediante la propria moneta e se, malauguratamente, i geni dell’occidente, il migliore dei migliori su tutti dovessero praticare l’embargo, Mosca rischierebbe di andare a gambe all’aria, allo stesso modo in cui un manipolo di soldati tiene per le palle in esercito imperiale.
Abbiamo guardato con disprezzo, timore e resistenza – è proprio il caso di dirlo – il modello cinese su cui il tanto odiato green pass è tarato, quello del riconoscimento facciale ai semafori e del premio all’ubbidienza e ora si corre il rischio di passare dalle grinfie del drago alle fauci del dragone, dopo aver strappato di mano la bandiera del sovranismo e averla sostituita con quella rossa con le cinque stelle e la falce e martello. Senza farsene accorgere. Rigorosamente tifando. Non per se stessi.