E mettilo un po’ di sale… in zucca!

Bonito da sempre è paese devotissimo a Sant’Antonio da Padova e, al pari della fede, resiste il voto di recarsi scalzi alla tradizionale tredicina.
Parli di voti e qualcuno “votato” subito si sente Padreterno, ma qui tocca rimanere atei e pure diffidenti e precisare, a chi in chiesa ci entra e ci esce solo per obblighi istituzionali, che Sant’Antonio ricorre a giugno e non a gennaio.
Non sarebbe pura demagogia far passare l’immagine delle mamme viste stamani in via Piave per delle devote al santo taumaturgo di Padova, nonostante in quella strada una volta sorgeva la chiesa – o meglio la baracca – ad Egli dedicata, ma le mamme, quelle poche ai cui figli è stato concesso di poter frequentare le lezioni in presenza, sono state costrette a togliersi le scarpe pur di raggiungere l’edificio scolastico, adibito e recuperato da un ex mobilificio poiché la rampa che porta a scuola era completamente ghiacciata.
A dire il vero, qualcuno un po’ di sale lo aveva sparso, ma solo nella parte finale della strada di accesso a scuola, quella con l’incrocio con Via Maleprandi, quello dove sosta(va) il vigile urbano che sicuramente se ne sarebbe reso conto, se solo però stamattina fosse stato presente (a se stesso). Anche perché l’ingresso – e spesso solo quello – è la sola occasione per confermare che anche a Bonito c’è un corpo di polizia municipale.
Ma i disagi non finiscono qui: ebbene sì, perché se i novelli scalatori sono riusciti a guadagnare incolumi l’ingresso, ops il varco, scolastico, anche grazie al solo cancello che costeggia l’ex mobilificio, riconvertito a unico appiglio di fortuna su cui fare affidamento, arrivati sulla scala in ferro che costituisce l’unico accesso al plesso di Bonito, bisognava rifarsi la croce e riprendere la scalata dato che sulla suddetta scala “non è stato possibile spargere del sale perché altrimenti si rovina” c’è stato riferito dal personale scolastico.
Eppure la neve era stata ampiamente annunciata dal comunissimo (non comunistissimo) meteo, figuriamoci se chi campa di app non ne era al corrente. Anzi, sul sito istituzionale del comune, ancora campeggia l’invito del Sindaco ai detentori di mezzi spazzaneve e spargisale che intendono offrire (non alla lettera chiaramente) tale servizio, di regolarizzare la propria proposta.
Ebbene,  dopo stamattina Sindaco e squadra non hanno app…igli!
Forse per spargere un po’ di sale nel mese di gennaio davanti ad una scuola occorre istituire una commissione atta a valutare la fattibilità della cosa, ma prima occorre individuare le persone che ne debbono far parte e per individuare le persone che ne debbono far parte bisogna prima stilare un regolamento e prima di redigere tale regolamento occorre individuare una commissione cui affidare la redazione di detto (f)atto?
Eppure il sale, almeno stando al sacco che campeggia da sempre, abbandonato sul ciglio dell’ingresso, c’era e c’era pure tanto di transenna col divieto di accesso all’ingresso della strada: bisognava solo rendersene conto e usare la transenna per impedire il transito dalla parte superiore del percorso!
O, si sarebbe addirittura potuto osare stampando un cartello che vietava ripercorrere Via Piave e persino indicare una strada alternativa.
Quando ci diranno che nei pressi della scuola è stato creato un percorso ludico per bambini e genitori?
La mamma con le scarpe in mano è la triste immagine di un paese in ginocchio, che scivola sempre più in basso fino a sgretolarsi completamente, fino a sparire, ma attenzione perché, come si dice a Bonito, “a la spenta de la neve si videno le stronze”!

Il Sindaco “pasionario” di una città in ginocchio che si occupa della crisi tra Armenia e Azerbaigian!!

Anno nuovo, politici vecchi. E politica ancor più vecchia che trova elementi “dissuasivi” e fuorvianti, per nascondere le proprie magagne e i fallimenti.
Palazzo San Giacomo si tinge sempre più di vergogna. Pur essendo, la vergogna, un sentimento per troppi motivi sconosciuto agli attuali occupanti del Palazzo.
Il primo Consiglio comunale del nuovo anno della città metropolitana vede presentata dal consigliere Solombrino e, (manco a dirlo!) approvata, una mozione con la quale si chiede alle autorità italiane di attivarsi per chiedere rispetto dell’integrità territoriale dell’Azerbaijan, fortemente “minacciata” dalla confinante Armenia.
Forse dimentichi – e speriamo non ignoranti – che i motivi del conflitto azero-armeno hanno più di un secolo e affondano le radici nella Russia di Stalin quando, il buon “Baffone”, allora Commissario delle Nazionalità, insieme al Partito Bolscevico del Caucaso, prese l’importante (per l’Unione Sovietica) decisione di annetterla all’Azerbaigian sulla base del fatto che sarebbe stato economicamente vantaggioso per la regione. Ma questo era in realtà solo un meschino pretesto. La vera ragione, piuttosto, era tenere Yerevan e Baku (rispettivamente le capitali dell’Armenia e dell’Azerbaigian) sotto il diretto di controllo di Mosca.
Chissà se gli attuali amministratori cittadini ignorano ugualmente che la Napoli che loro “amminestrano” è conosciuta nel mondo intero anche per una stradina dedicata proprio all’Armeno San Gregorio.
Un conflitto, quello azero-armeno, che è stato anche teatro dei genocidi. Il prezzo della solidarietà allo stato del Karabak che, come l’Armenia, ha respinto l’offensiva dell’Azerbaijan che, ostinatamente, tenta di recuperare la propria integrità territoriale risalente ai tempi pre-sovietici.
Di fatto una guerra “istigata” da altre due superpotenze, la Turchia – attivissima nel conflitto – che sostiene l’Azerbaijan e la Russia – più neutrale – schierata a favore dell’Armenia.
Tutte le più importanti personalità politiche mondiali (e qui ci spieghiamo il silenzio dell’Italia) hanno espresso una voce e una posizione politica chiara in merito. Dal presidente Macron che ha redarguito le offensive militari dell’Azerbaijan, al Ministro degli Esteri tedesco che ha chiaramente annunciato che la Germania, nel caso in cui il fuoco sull’Armenia non dovesse cessare, potrebbe rivedere la propria posizione di neutralità.

Un vero intrigo internazionale, con attori politici di primo piano che si fronteggiano su uno scacchiere spinoso e fin troppo caldo. Uno scenario inquietante che può esplodere all’improvviso, come spesso accade in quell’area geopolitica sempre in fermento e che mette ragionevolmente in apprensione gli osservatori. Ma non il nostro Gigino, il “Sindaco arancione”, il “pasionario” della rivoluzione napoletana. Il rappresentante dei poveri e degli emarginati, il liberatore dei deboli e degli oppressi, quello che tiene viva la memoria della Napoli delle Quattro Giornate, delle Medaglie (non sue) puntualmente appuntate sul petto e che non perde occasione per gridare, quando gli conviene, allo spauracchio del Fascismo e condannarlo (ormai sono da tribunale, o forse da teatro comico, anche le Abissine rigate e le Tripoline della Pasta Molisana). Colui che non disdegna di sostenere e schierarsi con il peggiore dei dittatori, a favore di un regime repressivo e autoritario e sostenerne la prevaricazione ai limiti della legittimità.
Nella mozione si accenna anche che il Nagorno-Karabakh, riconosciuto come parte dell’Azerbaijan, agli inizi degli anni ’90 sia stato occupato militarmente dall’Armenia e che il 27 settembre dello scorso anno l’Armenia abbia aggredito con le armi ancora una volta il malcapitato l’Azerbaijan.
Ci piacerebbe leggere sulla stessa mozione o conoscere dai suoi autori se le notizie sono state verificate e – magari – spiegarci anche come è possibile che uno Stato con soli tre milioni di abitanti come l’Armenia entri in guerra, se non previa costrizione. Magari per difendersi.
Ma sarà colpa di questo stramaledetto Covid se le notizie arrivano “mutevoli” o se non arrivano proprio come nel triste caso della Siria.
Stando sempre alla mozione e a quanto sostiene l’”Associazione Napoli – Baku”, l’antico gemellaggio tra la città di Napoli e la capitale dell’Azerbaigian risalente agli inizi degli anni 70, ha prodotto risultati concreti in termini di amicizia, scambi culturali, commerciali e istituzionali.
Che Napoli sia gemellata con Baku, forse a qualcuno in città risulta. Ma a leggere il documento sembra si parli degli Stati Uniti o di qualche altro paese industrializzato. Se é vero come é vero che in quella mozione del Consigliere Solombrino si fa esplicito cenno alla cooperazione nel campo degli approvvigionamenti energetici, in quanto principale fornitore di petrolio per il nostro Paese. E chissà cosa accadrà quando entrerà in funzione il gasdotto TAP. Senza parlare degli attuali scambi commerciali che riconoscono l’Azerbaigian quale principale acquirente del made in Italy e primo rivenditore di prodotti italiani nell’area caucasica, per una percentuale che si aggira intorno al 92%.

Qui l’affare puzza. E non è solo il gas…

https://www.camposud.it/2021/01/il-sindaco-pasionario-di-una-citta-in-ginocchio-che-si-occupa-della-crisi-tra-armenia-e-azerbaigian/

Molo borbonico crollato: ma chi è ‘o vero Chiavicone?

Dopo le abbondanti piogge che si sono abbattute su Napoli in questo periodo natalizio, aggiungendo danni alle sciagure post-covid, oggi è il giorno delle lacrime, salate come la salsedine del mare e che, come il mare, prima o poi, per fortuna o sfortuna, sono destinate a placarsi.
Eppure questo potrebbe – o addirittura dovrebbe – essere il giorno degli sputi che (male) potrebbero arginare l’indignazione per il crollo del molo borbonico di Via Caracciolo.
Sputi postumi quanto inutili che sarebbero dovuti arrivare prima, già quando, per arginare il degrado che è conseguenza dell’incuria che è come dire menefreghismo, si decise di puntellare un’opera d’arte per… lasciarla poi così.
Già quando, da approdo per i pescatori “luciani”, del Borgo Santa Lucia, si decise che il molo settecentesco dovesse fungere da chiavicone, ovvero da terminale dello scarico fognario. Il vero approdo borbonico, infatti, era in via Santa Lucia, ma ormai non vi é più traccia. E questa è la prima, vera, seria tragedia. Quasi come quella che nessuno, nemmeno in questo momento, se ne ricordi e lo racconti.
D’accordo, ci sono state le denunce nel corso degli anni ma che oggi non servono a ripulirsi la coscienza. Non servono per non vedere un’opera d’arte, una “veteris vestigia flammae”, i segni tangibili di un’antica passione, ridotta a un cumulo di massi vergognosamente riversi in mare. Macerie. Cumuli. Rovine rovinate.
Quella di questi giorni non è di certo la prima mareggiata verificatasi e subita e il molo finora aveva retto. Ad abbatterlo, a contribuire al crollo è stata l’incuria, la trasandatezza, la superficialità di chi, puntellandolo, se ne è poi definitivamente dimenticato.
Dando così teatro allo scaricabarile istituzionale: è competenza della Regione, ma deve intervenire l’Autorità portuale, che prima deve essere autorizzata dalla Sovrintendenza dei Beni Culturali che, però, attende la segnalazione dell’Amministrazione Comunale verso la quale nessun fondamentalista meridionale, nessun neo-borbonico, nessun meridionalista è stato capace di indirizzare quella Vandea promessa, promossa e mai messa in atto da centosessant’anni, finendo così per dare luogo ad una sceneggiata che vede come solo protagonista il tipico e topico individualismo meridionale. Lo stesso che ha arrecato più danni a Napoli e all’intero Meridione che nemmeno quelli compiuti da Garibaldi con i suoi Mille.
Ed oggi tutti a versare lacrime per ripulire la coscienza. Pulita come quelle mani precedentemente lavate, a fare lo struscio sul lungomare per piangere il “morto” e scaricare il peso, il fardello della propria identità, a fornire a se stessi una giustificazione che non serve a nessuno.
È successo e succederà ancora se ad amministrare Napoli, la Campania e l’Italia in generale non ci sarà qualcuno che ama la propria terra, che non aspetta per intervenire, che capisce che deve intervenire non in emergenza e non per arginare e che adotti una politica di prevenzione, quella degli amministratori veri e degli statisti capaci di immaginare il futuro.
Oggi è toccato irrimediabilmente al molo borbonico, ma non è l’unico dono che la dinastia della Real Casa ha lasciato in città: uno su tutti ‘o Reclusorio, nell’accezione popolare anche ‘o Serraglio. Quel cosiddetto Real Albergo dei Poveri e più precisamente Palazzo Fuga, realizzato dal Vanvitelli, che é certamente molto più impressionante di quella bomboniera, tanto vantata, che si chiama a Roma “Porta del Popolo”. Come ebbe a dire Stendhal dopo aver visitato le due Capitali dello stivale più importanti del suo tempo! Ebbene, in che condizioni versa questa meraviglia architettonica della Capitale del Mezzogiorno? Da quando è stata abbandonata? Quanti progetti sono stati presentati in merito? Quali le azioni intraprese? Quando potremo assistere al suo recupero e all’indispensabile e non più rinviabile restauro? Quanti sono i beni “ereditati” in città?
Il molo borbonico crollato rappresenta metaforicamente questa società moderna, malata di mondialismo, dove tutto è comune e niente è nostro, dove non esistono confini, ma nessuno è sovrano: è un caso che sulla moneta comune ci siano ponti e archi che ultimamente crollano inesorabilmente divenendo scenografie di morte per questa società priva(ta) di fondamenta, di radici, di identità?
Non sappiamo più chi siamo e le future generazioni non lo sapranno mai. La nostra memoria è stata recisa (sarà un caso che i nonni se non sono stati portati via dal Covid non si possono frequentare?) e quindi non sappiamo più dove andare, prendendo per buono qualsiasi solco che altri – opportunisticamente – hanno già tracciato per noi.
È ora che si diventi protagonisti senza essere necessariamente primi attori, che si diventi comunità pur essendo comparse. Che chi é chiamato a governare senta il peso, la responsabilità e la passione per l’arte del fare, del progettare, del realizzare per la comunità. E non per se stessi o per la propria parte!
E noi, con il nostro Quotidiano, saremo sempre presenti a pungolare, spronare, criticare ed incalzare amministratori distratti o strafottenti, costruendo, giorno dopo giorno,
una nuova identità e una nuova coscienza civile per una città meravigliosa che può e deve rinascere.

https://www.camposud.it/2021/01/molo-borbonico-crollato-ma-chi-e-o-vero-chiavicone/

Ci vogliono “rubare” anche il Natale

“Anche questo Natale si è presentato come comanda Iddio!”. Anzi, no! “Quest’anno sarà un Natale diverso” hanno sentenziato quelli che andrà-tutto-bene e uniti-ce-la-faremo.
Niente albero e presepe addobbato, come da tradizione, il giorno dell’Immacolata Concezione perché quest’anno il periodo di Natale sarà anticipato, persino contingentato, e annunciato (altro che Arcangelo Gabriele!) il giorno – o forse la notte – del 4 dicembre dal ventesimo/ventunesimo dippiciemme di colui che è sceso dal 5 stelle.
Piccola raccomandazione istituzionale: in strada, come nelle case, nessun assembramento: sobrietà e distanziamento che è l’esatto contrario dello spirito natalizio che è sinonimo di calore, di unione, di famiglia. Che è casa, confine valicato da chi i confini non è abituato minimamente a considerarli.
Degli zampognari nemmeno l’ombra in nessuna città d’Italia, ormai uniformemente colorate di “giallo” che è il nuovo ammonimento alla socializzazione. Al loro posto, però, rumorosissimo e silenziato è il grido d’allarme di commercianti, ristoratori e lavoratori in genere a cui il nuovo diktat governativo ha chiuso le serrande e spalancato le bocche.
Questa l’aria che si respira (si fa per dire!) dalla grande metropoli al piccolo borgo e che fa di Napoli in particolare una città spettrale, irriconoscibile, derubata della propria anima.
All’interno degli storici Decumani, le vene del cuore del centro storico, sorge San Gregorio Armeno, rinomata nel mondo come la stradina dei presepi, la vetrina natalizia più famosa al mondo e che fa di Napoli l’eterna città del Natale. Qui, trecentosessantacinque giorni all’anno, si ripete una magia unica: solo qui il sacro si mescola al profano, la contemporaneità abbraccia il passato, la tradizione si fonde con l’innovazione: è così che, dall’arte delle nuove generazioni tramandata dai loro padri e a loro volta intrapresa dai loro nonni, i mastri presepari danno vita alle loro creazioni, tutte rigorosamente ed orgogliosamente MADE IN CAMPANIA: argilla di Amalfi, stoffe di San Leucio, legno delle terre partenopee, pietra del Vesuvio diventano creazioni uniche che spaziano dal sempiterno Benino – forse il vero ideatore del presepio napoletano – fino ai personaggi dell’anno particolarmente distintisi in ogni campo, del bene e del male.
Nonostante le regole dell’autentico presepe siano rigide e rigorose, dalla collocazione dei personaggi alla loro “trina” dimensione, non è difficile vedere all’interno della stessa rappresentazione i Magi accanto ad un De Crescenzo, lo​ sciò sciò​ affiancato al Papa, anonimi pastori in processione uniti a personaggi dello spettacolo e calciatori. Non così differente dalla “processione” assortita di “presepisti e alberisti” che affolla la stradina di Spaccanapoli come un rito, una tradizione, un appuntamento improcrastinabile.
Almeno fino allo scorso anno.
I divieti di assembramento a causa del Covid, infatti, hanno colpito al cuore queste botteghe, dapprima vietando il passeggio alle persone e poi costringendo alla chiusura i laboratori in quanto “attività non essenziali”. Come se il loro pane non potesse essere questo. Vieppiù, i cervellotici censori non hanno elargito un ristoro e nemmeno un correttivo per queste persone che sono artisti a tutti gli effetti, ma che non rientrano nemmeno nel codice ATECO degli artigiani.
Gli unici “visitatori” – come i Magi – vengono dall’Oriente – ma non come i Magi – e sono gli imprenditori cinesi interessati a rilevare le attività chiuse e che, molto probabilmente, non riapriranno più, ovvero coloro che commettono il sacrilegio di dare un prezzo a tutto, ma che dimostrano di conoscere il valore di niente. Come se la tradizione, il sacrificio, gli insegnamenti, la vita potessero avere un prezzo congruo e la difficoltà (creata ad arte) potesse valere ancora meno e diventare così occasione. Come se il Natale che si ripete tutti gli anni potesse per una volta essere saltato. Come se un Cristo che non è risorto per un anno fosse quel Bambinello che può anche non nascere per una volta.
Il tutto ridotto alla stregua di un ciclico e vuoto rituale e che, invece, è tradizione, è identità che è il vero obiettivo di questa guerra. Un reset che parta dal passato e dalla memoria, che lo recida per farci cittadini nuovi, senza radici e senza legami e, magari, anche senza fiori e senza frutti, senza figli.
Il Natale da trascorrere in “unità” – dicono loro – in massimo di sei – guarda caso – praticamente da soli, magari festeggiato – per stavolta – prematuramente perché anche Cristo deve adeguarsi ai decreti di Conte e al coprifuoco virale – coprifuoco o copricristo? – e che presto, anche grazie al religioso silenzio-assenso, persino in tempi di distanziamento (a)sociale potrebbe lasciare il posto alla festa dell’incontro (voce del verbo accogliere: per enciclica siamo fratelli tutti, ricordate?) eccetto consanguinei (Aborro! Trasecolo! Disdegno!) e nipoti che debbono sempre più stare lontani dai nonni, dai loro simili, dal prossimo.
Mica come Cristo predicava!
Quest’anno tocca proprio Lui a non nascere. Non deve: un po’ come quelle politiche tese all’infanticidio che ormai non fa più notizia e prorogato fino al nono mese di gravidanza. O con la scusa di un virus che rimanda indietro cure e miracoli.
Ci è stato rubato il Natale quando hanno iniziato a sospendere Cristo, vietandocelo per DPCM, quando ci viene impedito di aiutare gli altri per paura di contagiar(si), quando per paura di morire si finisce a rinunciare alla vita, quando si confida nel vaccino anche per la cura dell’anima.
Ma a Napoli, a San Gregorio Armeno è Natale sempre, è Natale nelle idee e nei pensieri, è Natale tra le pietre e tra la gente, è Natale nel caffè sospeso e nel panariello solidale, è Natale nella realtà e nella speranza. È Natale dal momento in cui è comparsa la mascherina anche sui pastori, ma non sul Bambinello che ora nasce. E che nascerà ancora!

https://www.camposud.it/2020/12/ci-vogliono-rubare-anche-il-natale/

Il giorno della polemica, o meglio, della vergogna

La Campania non è ancora guarita e l’Italia tutta non ha ancora saputo dell’infanticidio provocato in una clinica partenopea per troppo rigore nell’applicazione di un protocollo Covid, che già Napoli offre un nuovo caso, forse peggiore e non differente per gravità.
Ospedale Cardarelli, ops!,  Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale, il maggior ospedale della Campania e dell’intero Meridione, nonché il primo a livello nazionale per la cura dei grandi ustionati, costruito in epoca fascista e perfettamente funzionante, ma non funzionale.
Un uomo, ricoverato per sospetto Covid, viene ritrovato morto nel bagno da una altro degente che documenta tutto col suo telefonino.
Sospetto Covid è la “lettera scarlatta”, la nuova stella gialla, la contemporanea condanna.
Chissà se pure questa volta si mancherà di ottemperare al protocollo sanitario che bandisce le autopsie, tanto per (non) capire, cosicché il certificato di morte rechi la formula ormai “istituzionalizzata” “morto per Covid”.
Un altro. Ancora.
Tanto era sospetto per cui nessuno mai sospetterà.
Una forma che uniforma, identifica e anonimizza, che richiama probabilmente quel “nato il 1 gennaio 20..” valido per 1000 anni e già buono oggi per tutti coloro che toccano terra a Lampedusa ed hanno bisogno di una nuova identità.
Senza più una storia, un passato, come quelli che non hanno più nemmeno potuto salutare per l’ultima volta gli affetti più cari, anch’essi stipati tra attesa e angoscia in squallide sale d’attesa. E che continueranno ad attendere per il resto della loro vita una verità, magari stravolta, stavolta davvero senza tempo.
Il giorno dopo è sempre quello della polemica fatta da chi resta e che ancora affolla questo mondo, sterile come solo può essere chi sciorina la soluzione e propaganda di avere la bacchetta magica, ma tende, spesso se non sempre, a confondere la causa con l’effetto.
Le immagini della morte di quest’uomo, per quanto crude, oltre ad essere una preziosa testimonianza utile ai fini processuali, raccontano la verità del nostro tempo, la crudezza di questa vita, le condizioni della nostra sanità.
Purtroppo si muore anche negli ospedali che è un ossimoro, una contraddizione in termini così come lo è una pandemia nel 2020. Come il “restate a casa” ché “andrà tutto bene” prima, durante e dopo la quotidiana lettura del bollettino della morte.
Che tutela è quella che raccomanda di non affollare gli ospedali se per mesi vi è stato un martellamento continuo che ha generato paura del e nel prossimo, che ha dilaniato famiglie con tanto di inviti a non vivere persino l’intimità perché veicolo di contagio?
Perché se corsie e reparti sono il nuovo Grande Fratello programmato con tempi da lockdown, una verità senza filtri deve essere criticata se non censurata?
Non è la spettacolarizzazione della morte, bensì l’assassinio in diretta della vita.
Si sprecano oggi le etichette per il testimone di una scomoda verità: un “paziente ossessivo, sempre vicino alle apparecchiature mediche”; “un disturbato” è stato definito questo paziente ben poco paziente dai vertici dell’Azienda ospedaliera, ma che, purtroppo, ha avuto ragione. Ci aveva visto bene, forse per “esperienze pregresse” proprio in quella sanità con cui qualcuno vorrebbe guadagnarsi la santità.
Un nome su tutti Vincenzo De Luca, presidente della Regione Campania che continua gelosamente – e vergognosamente – a tenere per sé la delega alla sanità.
È vero, quel che è accaduto poteva accadere in qualsiasi ospedale del mondo, ma il fatto è che è accaduto a Napoli. In quella Napoli presentata qual fiore all’occhiello nel bel mezzo di una pandemia che gli ha fruttato un consenso plebiscitario, oggi considerevolmente ridotto.
Sacrosanti i complimenti a personale medico e paramedico che opera in condizioni disumane che nemmeno nel disastrato Burundi, ma dai vertici del settore, che sono gli stessi della presidenza della Regione, si pretenderebbe che si facesse di più anche solo in merito all’organizzazione, al modo di lavorare e che, invece, aggiunge caos a insufficienze di uomini e mezzi.
Altrimenti i complimenti senza risultati concreti non sono altro che una lavata di faccia oggi che tutti hanno l’acqua corrente in casa, una pisciata di letto di un paziente a cui non si può nemmeno cambiare il catetere, una vita umana finita nel cesso di un ospedale che lì sarebbe dovuta essere preservata.
Ma questi devono essere i giorni dello sciacallaggio mediatico del paziente testimone di questa vergogna, della colpevolizzazione fino al vittimismo di quella Campania che, purtroppo, non racconta storie diverse, di questa terra in cui è meglio continuare ad infangare la verità a discapito dell’onestà.
Questo è il giorno in cui i veri colpevoli si prodigano in complimenti ai medici tanto per sciacquarsi la coscienza e con la vicinanza – in tempi di raccomandazione di distanziamento che è diventato il nuovo Vangelo- tentano di alleggerire le proprie coscienze. Per quanto possa servire.

https://www.camposud.it/2020/11/il-giorno-della-polemica-o-meglio-della-vergogna/

L’esasperazione della città accende la fiamma della protesta!

Napoli è esplosa. Il popolo si è riversato unito nelle strade e nelle piazze per
protestare contro l’annunciato ordine terapeutico del presidente della Regione Vincenzo De Luca.
Doveva essere la prima sera del coprifuoco (sì, proprio coprifuoco!) e invece è stata una battaglia!
Erano in migliaia per contestare il provvedimento di restrizione che, nemmeno entrato in vigore, sarà certamente seguito da ulteriori misure stringenti: blocco di tutto. Lockdown. Persino la chiusura dei confini intercomunali. E il governatore, in un raptus di onnipotenza, ha addirittura consigliato al Governo centrale la chiusura dell’intera Nazione!
La protesta di ieri sera, fin quando il corteo ha tentato di raggiungere Via Santa Lucia, sede del palazzo della Regione, si è svolta in maniera pacifica. Come nelle migliori intenzioni degli esasperati manifestanti.
Alle 23, orario di inizio del provvedimento di restrizione, non vi era il suono delle sirene antiaereo, ma quello dei clacson dei tantissimi motorini; per strada non vi era gente che si prendeva a fucilate, ma solo fratelli che invitavano chi ancora era alla finestra a unirsi al corteo. Alla protesta. La folla non correva nei rifugi fino a far perdere traccia di sé, ma sostava in piazza, testimoniava la propria presenza, dimostrava di esserci. Ha voluto esserci.
Le violenze, cui la stampa tenterà di attribuire ogni responsabilità, non sono tali. Ma, probabilmente, frutto delle risposte risolute e imprevedibili delle Forze dell’Ordine che pur(troppo) rispondono agli ordini dl Potere: cariche e lacrimogeni. Come se questo bastasse per alleggerire le proprie coscienze, sgravare le proprie responsabilità.
Il tentativo di inquinare la riuscita della manifestazione risponderà al solito cliché giornalistico di “camorra”, ma sarà solo un goffo tentativo di taluna stampa per non raccontare il vero. Per poter dire che pure stavolta la piazza era strumentalmente predisposta allo scontro fisico.  Niente di più falso, Terribilmente falso. Chi era sul posto a svolgere il suo “mestiere” di cronista, se in buona fede, può testimoniarlo. Si poteva leggere negli occhi dei manifestanti. Non vi era odio, non si leggeva un benché minimo  desiderio di sconvolgere niente e nessuno. Vi era solo paura del proprio futuro. Angoscia per le proprie famiglie. Preoccupazione per un nuovo e magari lungo tunnel nel quale, si temeva, sarebbero state  ingoiate le proprie attività economiche e lavorative e la sopravvivenza di centinaia di migliaia di famiglie napoletane già allo stremo.
La sommossa, pertanto, ha una sola matrice “ideologica”: la noncuranza, o piuttosto, la strafottenza di chi avrebbe dovuto agire per tempo e non lo ha fatto. Ha i volti di coloro che avrebbero dovuto approfittare dei mesi estivi per affrontare adeguatamente questa seconda ondata autunnale dell’epidemia che tutti avevano previsto. Anche quella pletora di virologi ed esperti di cui si è avvalso dal primo momento l’Esecutivo e che ha taciuto rispetto al disinteresse generale degli “addetti ai lavori”. Ci si é attardati a comprare inutili banchetti monoposto a rotelle per i bambini delle scuole e non si é pensato alla carenza di insegnanti, né una lira é stata spesa per adeguare le strutture scolastiche fatiscenti e letteralmente cadenti. Non si é provveduto ad aumentare i posti letto per i probabili aumenti del contagio da Covid 19, né attrezzato o riservato interi ospedali  esclusivamente per le patologie non covid. Al contrario, almeno in Campania, sono stati vietati i ricoveri e le visite specialistiche negli ospedali pubblici e presso gli ambulatori delle Asl, con il risultato di negare il diritto all’assistenza medica a centinaia di migliaia di nostri corregionali affetti da varie patologie croniche. Una imbecillità troppo evidente da far ridere a crepapelle anche i bambini, se non fosse una scelta politica semplicemente folle e criminale! Non si é voluto potenziare il trasporto pubblico almeno nelle aree metropolitane del Paese ove più evidente é il disastro di un sistema antiquato e senza finanziamenti adeguati per l’implementazione dei mezzi necessari. Stato e Regioni si sono voltati dall’altra parte per non vedere gli assembramenti di viaggiatori in ogni ora del giorno. Ma nessuno ha pensato di utilizzare, tra l’altro gratuitamente, i veicoli militari o quelli delle aziende di trasporto private per diluire la presenza di passeggeri in quelle “bare viaggianti” che sono diventati i mezzi pubblici delle nostre città. Nessuno ha trovato (tra Governo e Regione) in questi mesi il sistema per pagare le rate di cassa integrazione mai ricevute o in grande ritardo nella erogazione, per centinaia di migliaia di cittadini disoccupati. Eppure costoro erano in piazza Venerdi sera. E protestavano civilmente per “ricordare” a chi di dovere le proprie difficoltà e il loro insopportabile disagio per quei vergognosi e intollerabili “disguidi”.
Questi i motivi reali della protesta dei napoletani. Una protesta sacrosanta perché indirizzata a chi avrebbe dovuto operare per tempo e non lo fatto. A chi deve fare delle scelte e sceglie sempre quelle che penalizzano ulteriormente soggetti già penalizzati. Personaggi pubblici che magari non sono all’altezza di fare scelte adeguate e di buon senso, che si nascondono dietro gli schermi televisivi per pronunciare proclami irriverenti, minacciosi e volgari. Tanto per dare l’immagine del decisionista. Di decisioni sbagliate e spesso inutili. Come quella di “chiudere”  la Campania o l’intero Paese, perché in tal modo si tolgono più facilmente e letteralmente le “castagne dal fuoco”. Solo che al posto delle castagne ci sono milioni di cittadini, che nel fuoco già si dibattono. E abbondantemente!
I napoletani che hanno protestato in queste ore per le strade di Napoli hanno finalmente compreso che qui non si combatte più una emergenza sanitaria: si combatte per la libertà. Era, infatti, questo uno dei cori del corteo. Un coro che rimbalzava dalla strada ai balconi dei palazzi, riscuotendo la solidarietà e la partecipazione di tanti. Una manifestazione pacifica e sacrosanta di tanti lavoratori precari, cassaintegrati, disoccupati, lavoratori del settore alberghiero, della ristorazione, del comparto turistico con le Guide Turistiche della Campania e gli operatori delle agenzie di viaggi. Un mondo composito e composto di gente perbene che non può  essere liquidato e bollato come “rivoltosi” o, peggio ancora, come camorristi.
Tuttavia nessuno nega che la protesta sia degenerata in atti sconsiderati di violenza gratuita. E che probabilmente si siano infiltrati nella manifestazione frange di teppisti, professionisti delle rivolte urbane cui, in questa città, siamo ahinoi abituati. Ma se ciò si é verificato, le forze dell’Ordine sapranno individuare i personaggi infiltrati, unici responsabili degli accadimenti violenti di venerdi sera, e perseguirli adeguatamente. Chiarendo ufficialmente e nel contempo, che la stragrande maggioranza dei cittadini intervenuti volontariamente alla legittima manifestazione di protesta contro i provvedimenti restrittivi seguiti all’emergenza Covid 19, non aveva alcun ruolo né  responsabilità negli accadimenti violenti della notte scorsa.  E a tal proposito, a nome della Redazione di Campo Sud, esprimiamo la più totale solidarietà alle Forze dell’Ordine, coinvolte loro malgrado, negli incidenti deplorevoli della notte scorsa.
Analoga solidarietà esprimiamo ai cittadini napoletani che hanno manifestato pacificamente contro le scelte annunciate dalla Regione Campania di un nuovo “lockdown” su base regionale. Provvedimento che, ove assunto, non terrebbe in nessun conto le difficoltà ulteriori  di ordine economico cui sarebbero sottoposte intere categorie di lavoratori, già fortemente danneggiati dai provvedimenti governativi e regionali dello scorso inverno, in tema di emergenza sanitaria per la pandemia da Coronavirus.
https://www.camposud.it/2020/10/lesasperazione-della-citta-accende-la-fiamma-della-protesta/

…….E se fosse la mascherina il vero virus?

Nei giorni in cui la Campania sprofonda nel baratro dei numeri per la crescita dei contagi da Covid 19, dove ogni giorno è più di ieri, dove il rischio è altissimo, almeno stando al MES-saggio ufficiale diffuso, tutti – campani e non – ricordano le perle che il giullare, in capo al corteo a Palazzo Santa Lucia snocciolava e con cui, autoincoronatosi novello Napole-one, si auto elevava a Padreterno per i “mira-culi” operati e ne dettava i comanda-menti:
1. Io sono Vincenzo De Luca: non avrai altro Governatore all’infuori di me; 2. Non rendere gli altrui sacrifici vani; 3. Ricordati di cancellare le feste; 4. Onora i guanti e le mascherine; 5. Non uscire; 6. Non commettere atti impuri a distanza minore di quella sociale; 7. Non rubare: ci sono già i furti dei deputati; 8. Non dire falsa testimonianza, ovvero spaccia pure liberamente le bufale di stato; 9. Non desiderare le ASL degli altri; 10. Non desiderare la Sanità d’altri.
Potremmo chiedere al rinnovato inquilino di Palazzo Santa Lucia, dove si sia nascosto il virus dal 18 Maggio al 24 Settembre e quindi dove sia stato lui, cosa abbia fatto per approntare le strategie di difesa e di preparazione alla famigerata seconda ondata, attesa più che respinta. Chissà se seconda per “importanza”, a leggere i numeri che sono alti come a Marzo, ma non lo è per fortuna la situazione generale, o se è seconda solo per fase cronologica.
Se fino al mese scorso si inaugurava lo stesso ospedale prefabbricato ben tre volte, si pubblicizzavano quelli portati di notte (ma perché sempre di notte?) si propagandavano i moduli Covid di Napoli, di Caserta e di Salerno (da Irpino vi dico che questa è la vera essenza del tristemente noto Patto di Marano rinnovato da quel De Mita che oggi, nemmeno un mese dopo, ha già scaricato De Luca), si cantava vittoria contro l’untor lombardo e se ne deridevano i morti e oggi siamo col culo nei pomodori (ma non erano finiti prima del comizio di Salvini?), La domanda sorge spontanea: non è che De Luca ci ha preso per il c…ovid? Mettendoci pure la mascherina per non farci vedere il nulla!
Stando all’emergenza sanitaria, ad oggi per una regione di 6 milioni di abitanti vi sono solo 110 posti di terapia intensiva. Insufficiente anche per una intossicazione alimentare ad un banchetto di matrimonio di uno dei 6 milioni di campani!
Chissà come ricorderà Vincenzino questo periodo: l’involuzione d’Ottobre? O forse il mese nero per il governatore rosso?
Nel giro di pochi giorni, il governat(t)ore dal lanciafiamme facile e dalle ordinanze deliranti ha ricevuto ben due “cartoscelle”: l’una dal Tribunale Amministrativo Regionale che certifica la spavalderia fondata sul niente del Governatore-padrone e che annulla il diktat dello “sceriffo”: LESIONE DEL DIRITTO DI ISTRUZIONE !! (Un brutto colpo quello del Ricorso al Tar delle nuove Mamme Coraggio degli alunni appiedati. Indipendentemente dall’esito che tale ricorso produrrà nei prossimi giorni)
L’altra è quella a firma del Direttore Generale della tutela della salute della Regione Campania Antonio Postiglione e del coordinatore dell’Unità di crisi Italo Giulivo che comunicano che sono finiti i posti letto a disposizione in Campania e pertanto ordinano ad ASL e Aziende Ospedaliere di attivare nell’immediato tutti i posti letto indicati nel piano della Regione Campania, illustrato recentemente anche dallo stesso Vincenzo De Luca. Nella nota si legge:  “il piano prevede la sospensione fino a nuova disposizione dei ricoveri programmati sia medici che chirurgici per raggiungere il numero predisposto dall’Unità di Crisi”. Cioè a dire: hai un cancro o una patologia cardiaca allo stato avanzato per cui è indispensabile un immediato ricovero con conseguente intervento chirurgico? Lascerai il posto ad un positivo, magari asintomatico, il cui tampone probabilmente è solo la ripetizione di un precedente tampone positivo. Allora sì che ci saranno morti per colpa del Covid! Così come lo saranno i destinatari della nenia “restate a casa”, dello “Speranzoso ed istituzionale” “chiudiamo le attività non essenziali”. Per costoro non sarà necessaria l’autopsia: basterà solo guardare in dispensa.
Forse, tutti i posti letto destinati al Covid non serviranno nemmeno perché la maggioranza dei positivi è asintomatica pertanto non necessita di ricovero, ma può essere utile per rimpinguare le casse.  In sostanza l’autocertificazione dell’incapacità amministrativa e organizzativa, per non dire altro. Una Regione senza ragione.

Contagi da Covid 19 : La Campania é prima. E De Luca lancia una nuova “Quota 100” !

Negli ultimi giorni la Campania ha fatto registrare numeri da capogiro riguardo ai contagi da SARS-CoV 2 e, nonostante fosse cosa nota a tutti che con la ripresa dell’attività lavorativa completa e la riapertura delle scuole uno scenario simile fosse poco più che paventato, Vincenzo De Luca, prima e dopo, ha fatto poco o nulla per evitare che la Regione da lui amministrata fronteggiasse le criticità connesse a questa emergenza sanitaria, facendo correre a tutti noi un serio rischio da cui potrebbe non esserci ritorno.
Il coronavirus è stato la fortuna politica del governatore-sceriffo sempre più incline ad un uso politico scellerato di un’emergenza che, di fatto, ha certificato la sua incapacità, qualora ce ne fosse ancora bisogno di ribadirlo.
La teoria del lanciafiamme e del cinghialone è stata solo “fuffa” elettorale, buona a farsi votare da chi non conosceva il signor Vincenzo da Ruvo del Monte e che, alla prova dei fatti, si è dimostrata valere quanto il suo spacciatore.
Uno su tutti, pendolari ammassati su mezzi di trasporto insufficienti e degni di un carro bestiame, in barba all’assillo “distanziamento e mascherine”, settore su cui Ministro, Presidente della Regione e Sindaco sono stati concordi a non muovere un dito.
Così se in tanti ricorderanno i camion trasportare gli ospedali container, tutti oggi potranno constatare che quei cassoni sono serviti unicamente a offrire una processione all’inutilità, giacché quegli ospedali non sono  mai entrati in funzione. Chiusi, a dire il vero, al loro utilizzo perché le porte di accesso della struttura prefabbricata sono vergognosamente aperte. Non forzati ma lasciati aperti. Con beffa delle più elementari norme di igiene e di sicurezza. Oltre che dello sperpero di denaro pubblico e della farsa della salute pubblica.
Ma De Luca è pur sempre il governat(t)ore dal sinistro pugno di acciaio e così, se prima delle elezioni si ergeva a salvatore – anche qui meglio salvat(t)ore – della più importante regione del Mezzogiorno, quasi che la sua riconferma fosse un premio all’immunità acquisita e dispensata, adesso, in piena preoccupazione dei contagi che toccano settecento al giorno, torna a tuonare proclami che sanno di delirio, ed echeggia l’immediata chiusura di tutto, qualora i contagi dovessero toccare quota ottocento con duecento guariti.
Mille! E chiudiamo. È il rilancio della follia!
Non ci vuole un esperto secolare per capire che, stando a questi i numeri ed analizzando la modalità del contagio, agli ottocento casi accertati in Campania, probabilmente, si giungerà prima che questo articolo sia concluso. Ma De Luca è amante della spettacolarità, anche se ciò comporta la derisione dei suoi corregionali, colpevoli per la diffusione della diffusione, e verso cui nessun dovere, e nemmeno riconoscenza per la fiducia accordatagli, sente di avere. Non ne parliamo dell’istinto di protezione.
Con i suoi modi da giullare torna a inveire contro la gente che ha la sola colpa di volere ritrovare un minimo di normalità, contro gli “scemi” che vogliono solo festeggiare un traguardo con sacrifici raggiunto, minacciandoli di serrarli in casa nuovamente.  Come se la gente uscisse solo per divertirsi! Ma in casa, per colpa della sua incapace gestione, (che va dall’assenza di strutture ospedaliere chiuse per il business a favore delle case di cura private di cui egli stesso è  da anni l’unico promotore, fino all’insufficienza di personale sanitario, dagli ospedali fatiscenti, fino al risibile numero di tamponi effettuati), rischia di restarci anche il ristoratore che campa grazie ai turisti cui l’inquilino di Palazzo Santa Lucia pensa di chiudere i confini. Rischiano di rimanerci anche numerose partite IVA, rischia di rimanerci il tassista e la guida turistica che fanno la loro parte nella conoscenza e quindi nello sviluppo dei nostri luoghi turistici. Rischia di rimanerci l’operaio  cui il governo centrale si è già dimenticato di pagargli mesi di cassa integrazione. E rischia tanta gente comune che, molto elementarmente, fa girare l’economia.
 Ma a lui non interessa. No, a lui interessano i proclami, le “deluchiate” in streaming urbi et orbi. Gli annunci che, ormai, anche verso quelli che lo hanno eletto a furor di popolo, evidenziano l’inettitudine di questo soggetto malato solo di protagonismo. A danno di tutti i Campani.
Lo Sceriffo tuttavia ha funzionato: è riuscito a farsi rieleggere. Per cui sarebbe ora di smetterla con i suoi manifesti elettorali di propaganda logora di una sinistra ormai decotta  e iniziasse a lavorare seriamente per la Campania. Magari cercando esclusivamente di arginare questa nuova situazione catastrofica. Stando ai suoi dati, però. Eh sì, perché analizzando i dati che fornisce chi è davvero esperto in Sanità, quei pochi professionisti, che pur ci sono, non conniventi e non complici di questa trasformazione politica ad uso dittatoriale di una emergenza organizzativa che cela (anche/solo) un business sanitario, pare emergere che gli ospedali non sono ancora al collasso come terroristicamente paventato; le terapie intensive offrono ancora qualche centinaio di posti utilizzabili; che il Covid abbia perso carica virale per cui è basso il suo tasso di pericolo mortale e che la soglia degli asintomatici – persone che hanno contratto il virus, ma che non manifestano particolari sintomi, rappresenta una forbice del 92-95%.
Invece di ricorrere al pianto capitolino e correre verso quella Roma sempre più secretata, mostrasse anche lui i numeri reali di questa nuova ondata e collaborasse, magari avvalendosi di persone davvero oneste e capaci. O si (di)mettesse da parte. Lo deve al 70% di persone che lo ha votato, lo deve a quella percentuale di elettorali che hanno creduto, sposandola, nella sua politica clientelare. Lo deve anche a quel 30% di persone che non lo ha scelto. E che ci ha visto giusto già in tempi in cui egli aspirava a tiranneggiare attraverso dirette televisive comiche, ridicole e pericolose a danno di tutto il popolo campano.
https://www.camposud.it/2020/10/contagi-da-covid-19-la-campania-e-prima-e-de-luca-lancia-quota-100/

De Luca non si azzardi a toccare i nostri bambini !!

Ora sì, ora riconosciamo il pdino insito nel governatore uscente De Luca.
Non è bastato il caravan pre-elettorale, i “panciuti” scandali delle strutture Covid affidate ad amici e compagni, il terrorismo mediatico, il personaggio grottesco e per nulla comico – per camuffare e continuare ad arruffare – cucito addosso a quello che ha fallito nella gestione della Campania, regione strategica per l’intero Meridione.
Nel consueto (e ormai stancante e ripetitivo) rendez-vous, performance che non gli fa onore se non per dar prova di obbedienza ai comandi di quelle personalità invasate che muovono i fili della marionetta che è, Vincenzo De Luca, sembra finalmente essersi allineato ai “dettami” ufficiali di quel Pd che solo pochi mesi fa non lo voleva nemmeno candidato e dà a bere al suo pubblico il risultato di un “fantomatico” studio condotto in una non meglio precisata università del Massachusetts (crede! cit. dunque nemmeno sa di cosa parla) secondo cui i bambini sono portatori di un’altissima carica virale. Delle vere e proprie bombe silenti e apparentemente innocue, ma pronte all’unzione da Covid 19.
Eccoli là, il loro chiodo fisso, il loro connubio indissolubile, la mascher(in)a è calata ed il re è nudo: I BAMBINI.
Ancora loro. Sempre loro. Dopo la Legge Lorenzin che esclude dall’obbligo (!) scolastico i bambini non in regola con i vaccini, dopo che in piena “pandemia” Zingaretti propinava sfacciatamente centri estivi per bambini, dopo gli scandali del Forteto, dopo i crimini di Bibbiano dove veniva applicato il “metodo Cirinnà”, senatrice ancora accomodata nel Senato di questa malsana repubblica, volto a rieducare secondo i loro metodi (gay, LGB, LGBT, omotransfobia) i fanciulli sottratti alla famiglia tradizionale, ancora resistono.
Durante la sua ultima (speriamo davvero!) “piece”, lo sceriffo non solo non cita il nome dell’ateneo americano, ma nemmeno il capo dell’equipe che ha condotto lo studio sconosciuto dai risultati nuovi e agli antipodi dello scibile Covid e di cui egli sembra essere l’unico depositario e il solo destinatario, o meglio intermediario a (s)vantaggio di un pubblico che, attraverso lui, ride non sapendo di autoderidersi.
Dal Massachusetts all’ammassa-ciuccis sembra voler proclamare Vincenzino il subliminale.
Immediata e reprimente la risposta di alcuni medici e biologi napoletani che fanno riferimento alla cultura nozionistica accessibile a tutti (ma evidentemente no!) dell’antologia medica, all’ABC, ai principi fondanti e fondamentali dell’immunologia classica e persino alla banale ed elementare logica secondo cui “a fronte di una bassa carica virale – anche in un infante – non può considerarsi malato un soggetto che, in quanto possessore di tale entità di carica virale, è sano”; vieppiù in assenza di sintomi o addirittura immune, quindi san(at)o. Quasi vaccinato, ma naturalmente.
Di contro, la carica virale alta porta nel soggetto interessato la comparsa di sintomi che fanno di lui, appunto, un malato. In assenza di sintomi, dunque, il contagiato non è un malato.
E non serve nemmeno andare negli States, ma è sufficiente farsi un giro (tour forse fa più campagna elettorale) in quegli ospedali che hanno resistito ai tagli alla sanità del De Luca presidente e commissario straordinario, eccellendo addirittura e arrivando ad essere il vero MODELLO ITALIA e non solo quello regalmente millantato, per vedere che i reparti non sono in affanno e le terapie intensive risultano essere pressoché vuote. Nonostante questo governo consenta sbarchi indiscriminati su ogni costa. Nonostante questa amministrazione a guida De Luca approvi il rientro indiscriminato di turisti all’aeroporto Capodichino e senza nemmeno la misurazione della temperatura corporea .O lo disponga in grave ritardo!
Però – c’è sempre un però – l’inquilino di Palazzo Santa Lucia annuncia contromisure a partire da una data non meglio indicata, forse il 31 agosto. Correttivi tanto postumi quanto inefficaci. Come se non si sapesse che agosto e l’estate in generale favoriscono gli spostamenti e sono periodi di vacanze.
Un ritardo che sa di beffa, una ghiotta occasione per continuare sciacallamente a proporre un copione uniformato e già visto, anche nella sua finzione ed inefficienza. Non disdegnando questa volta di andare a toccare, e forse persino a ledere, ciò che le persone di sani principi e non deviati da un disegno sinistro hanno di più caro: i bambini. I nostri figli e nipoti.
Perché se questo è il modo di terrorizzare la gente che non è far politica, eccezion fatta per loro e per i loro simili, in guerra e in amore ogni arma è lecita, soprattutto se in gioco c’è la difesa dei nostri figli, del nostro sangue.
Adesso basta! Invece dei soliloqui monòtoni e monotòni, De Luca si confronti civilmente raccogliendo l’invito proposto da esperti in campo medico, biomedico e genetico che si sono detti disponibili alle delucidazione per chi, come il Governat(t)ore, è ignorante su un tema che è sensibile a tutti e la smetta con questo suo terrorismo che sconfina nel campo delle minacce svanite con lo scambio di qualche preferenza in più. Provi, almeno questa volta che sarà l’ultima per ovvie ragioni anagrafiche, a far politica in modo lecito e serio. Se ci riesce!

Vengo anche io? Si, tu si! ……..disse De Luca ai nuovi adepti imbarcati sull’Arca salva tutti!!

Messa da parte, almeno temporaneamente, la tattica politica della paura – che è ben altro dall’accezione della politica intesa quale amministrazione pura – il presidente uscente De Luca si è dedicato ai grandi acquisti: dal grande magazzino, ai negozi di prossimità, ai discount non ha disdegnato un solo “prodotto” per riempire, allargare e trasbordare quel listone che è una vera accozzaglia.
Una sorta di paranza, forse più “fravamaglia” e “menozzaglia” senza distinzione di sorta, senza differenziazioni nemmeno di idee e ideali, né di passato né di presente, ma con la speranza di un comune futuro. Cosa già di per sé fuori dal comune… ma magari in Regione.
L’ex primo cittadino di Salerno, dopo aver rianimato il famigerato patto di Marano con l’ultranovantenne Ciriaco De Mita, nell’ottica della continuità “anagrafica” che dovrebbe essere il rinnovamento, rianima anche il coetaneo Paolo Cirino Pomicino, già ministro del bilancio ai tempi di Tangentopoli, aprendo persino alla “new generation” e dando il benvenuto a Riccardo Villari,(altro Democristiano della prima ora) ex consigliere regionale e senatore e attualmente Presidente di Città della Scienza, nonché all’immarcescibile e non collocabile Clemente Mastella, dimessosi dalla carica di Sindaco di Benevento per creare una sua lista satellite. Il quale ha fatto immediatamente abbandonare il gruppo Forza Italia al Senato alla moglie Sandra Lonardo a favore del gruppo misto. Che, però, non è l’unica forzista a chiedere ospitalità in casa De Luca: altro nome noto è quello di Flora Beneduce, emerso con frequenza nell’inchiesta “Antemio” sugli intrecci tra camorra e politica in provincia di Napoli.
E restando ai “nomi noti”, come non ricordare l’ex parlamentare di Alleanza Nazionale Mario Ascierto, fratello del più conosciuto virologo Paolo e di Filippo Ascierto, dirigente nazionale di Fratelli d’Italia (in Veneto)?
Questo groviglio di nomi, idee e passati è stata da subito invisa alla direzione del Pd che vedeva, come vede tutt’ora, nel risuscitare i fantasmi della vecchia Dc, un pericoloso accentramento di potere in Campania nelle mani di personalità dello scomparso (?) scudo crociato. Zingaretti e Renzi i più maliziosi di tutti. Ma la politica, certa politica, per questi personaggi, è quell’arte che ad uno più uno fa fare pure tre e se “Vicienzo” fino a dopo Natale non era nemmeno candidabile a detta del “suo” stesso Pd, dopo le memorabili macchiette mediatiche che hanno contribuito a far conoscere il De Luca personaggio ad appannaggio interessato e voluto del De Luca presidente, non solo riceve la benedizione da via Sant’Andrea delle Fratte, ma ottiene la benedizione, oltre che la collaborazione elettorale, di quel Renzi fuoriuscito dal Pd, ed ancora in cerca di ruolo e spazio ulteriore ovunque faccia comodo o ove si creino le condizioni favorevoli. Da buon ex democristiano, anche lui!
Inspiegabile! O meglio, inconcepibile. Per noi. Un vero miracolo! Altro che quello operato dallo “sceriffo” per arginare il contagio da Coronoavirus, la cui gestione (e quella degli appalti pre-elezione) sono stati smascherati dal presidente di Campo Sud Marcello Taglialatela e dettagliati su questo giornale.
“Se per De Mita, Renzi non ha pensiero, per Renzi De Mita cambia partito ogni qualvolta gli tolgono un seggio. Oggi il partito di Renzi, per tenersi vivo, insieme con i demitiani corre a difesa di De Luca che definì, a sua volta, De Mita il principale problema della Campania”.
Non risulta difficile capire, dunque, come De Luca con questi personaggi abbia potuto “comprare” facile, forse persino al ribasso ed al discount, per tirare a campare, almeno politicamente. Di contro potrà essere utile ricordare il trasformismo di certi personaggi, se così vogliamo chiamare la loro bramosia di potere e la loro sete di poltrone. Persino la loro incapacità di contarsi per poter contare qualcosa.
Se il governo della Regione Campania é stato così efficace in questi cinque anni con De Luca e la gestione dell’Emergenza sanitaria da Covid è stata così esemplare, c’era bisogno davvero di prodigarsi per stilare liste elettorali a profusione, con candidati a dir poco vergognosi e improponibili?
E invece eccoli lì, tutti affannati a spolverare vecchi scheletri della politica nazionale, come se non ci fosse un domani per la Campania. Tutti dentro per salvare la baracca o, in realtà, la poltrona. O per conquistarla nuovamente in barba ad un reale rinnovamento della politica.
O le cose stanno diversamente? E se De Luca e i suoi (Nuovi e vecchi) si sentissero in grande difficoltà annusando una eventuale e sonora sconfitta? Loro stessi sanno bene che le balle propinateci da De Luca hanno una grossa eco e non sono facilmente smaltibili o digeribili!
Quel che é certo é che il calderone è colmo, senza misura, senza dignità e persino senza vergogna. E il rischio dell’eventuale ingovernabilità, dopo il 21 settembre, è altissimo. Una sorta di Conte I in salsa campana. Ove il comune denominatore é uno ed uno soltanto: L’INAFFIDABILITA’!!!