20 settembre: nella Patria delle ricorrenze, l’ennesima data dimenticata

Roma, 24 settembre – Anche quest’anno, come ormai da un bel po’ di anni accade, la data del 20 settembre, o come si scriveva una volta “XX” settembre, è passata in sordina. Persino quest’anno che tutti si sono scoperti “patrioti alla Vannacci” e difensori di una Nazione che non lo è più.

20 settembre una ricorrenza da riscoprire

Nemmeno nella scuola delle crocette dei test Invalsi, del ragionamento zero e del nozionismo elevato a cultura, che, prima della copertura dei docenti, pensa a rinnovare la collaborazione non solo con l’ANPI, ma con tutte le associazioni partigiane: scuola inclusiva che più inclusiva non si può. Neppure quegli “antitutto”, anticlericali innanzitutto, che hanno dimenticato persino babbo Gramsci che ha insegnato loro come (soprav)vivere politicamente, quando scriveva nel 1916 sull’Avanti: “E’ nei piccoli paesi che il XX settembre ha avuto maggior fortuna e si è radicato profondamente. […] E la sera l’immancabile corteo, con le fiaccole di carta, con le lanternine veneziane, preceduto dalla banda musicale del luogo, e accompagnato dalle fatidiche grida al leone di Caprera [Garibaldi] e al gran morto di Staglieno [Mazzini]”. Eppure, il 20 settembre è una data importante, una tappa significante al fine di poter capire – e non solo ricordare una successione di sterili date cui segue il fatterello così come esposto sul libro di testo – la nostra storia. La storia d’Italia. La Breccia – che è l’apertura di una falla, la rottura di un sistema difensivo – di Porta Pia è un ulteriore tassello che si aggiunge nel filone del Risorgimento italiano; è la fine e la conseguente scissione del potere temporale da quello spirituale; è Roma che diviene capitale d’Italia; è la possibilità, ad essere goliardici, da parte della Chiesa “sollevata dal potere temporale” di poter “esplicare in modo più agile la missione di salvezza fra gli uomini”, come ebbe a dire il cardinale dall’Acqua; è la “rivendicazione” papalina del “Non expedit”, ovvero un documento, per nulla diplomatico, con cui si invitava i cattolici italiani a non partecipare alla vita politica della Nazione, lanciato da papa Pio IX, letteralmente confinato dentro le mura leonine e autodichiaratosi prigioniero in Vaticano: premessa per la cosiddetta Questione romana, la controversia per il “ruolo” di Roma, sede del potere temporale e capitale del Regno d’Italia, protrattasi, poi, per oltre mezzo secolo.

Roma capitale

Forse, è bene pure ricordare che alle ore 9 del mattino del 20 settembre l’Artiglieria dell’esercito italiano guidato dal generale Raffaele Cadorna bombardò per oltre quattro ore le mura di Roma fino a che riuscì ad aprire una falla di oltre trenta metri di larghezza nei pressi di Porta Pia – la famosa(?) breccia di Porta Pia appunto – attraverso cui il reparto di fanteria della stessa arma entro in città. Alle ore 10:35 lo Stato Pontificio dichiarò la sua resa esponendo le bandiere bianche sulla cupola di San Pietro e su una torre di Castel Sant’Angelo: fu la fine dello Stato Pontificio, Roma si unì all’Italia e ne divenne capitale.
Veniva scritto così un ulteriore capitolo del Risorgimento italiano che verrà ricordato in ogni città italiana intitolando all’evento una piazza, una via, rigorosamente scritto in numeri romani; data associata, per antonomasia, ad uno specifico Ministero ivi collocato. Questo evento considerevole, fondamentale per il processo di unificazione e dalla singolare rilevanza storica negli anni ha perso di importanza, in primis proprio perché la Chiesa avversava la ricorrenza (della sconfitta), ritenuta anticlericale e massonica (anche da Gramsci). Quanto ha contato, infine, la proverbiale “ingenuità” democristiana negli anni?
Un ulteriore tassello di questa “cancel culture ante litteram”, la Chiesa tentò di metterlo a segno con la sottoscrizione dei Patti Lateranensi quando tentò di far cancellare da paesi e città dello Stivale vie e piazze recanti il nome “XX Settembre”, ma Mussolini e il suo regime, che erano già stati molto generosi con la Chiesa per via delle leggi che esentavano i prelati dal servizio militare, delle leggi su matrimonio e divorzio conformi a quelle della Chiesa, per via di un risarcimento di quasi 2 miliardi di lire (siamo nel 1929!), del riconoscimento della sovranità e dell’indipendenza della Santa Sede, quindi della nascita dello Stato Vaticano, forse, per via del suo acceso anticlericalismo socialista giovanile, non acconsentì mai alla richiesta circa la toponomastica.

Origine e memoria

Il 20 settembre venne, poi, surclassata dalla data dell’11 febbraio (1929), giorno della stipula dei Patti Lateranensi, quando i contrasti tra Italia e Papato si appianarono definitivamente. Oggi, con il disincanto del tempo, si dovrebbe richiamare almeno la memoria storica di tale evento e, perché no, festeggiarla al pari della Vittoria, della conquista di Trieste e Trento e delle terre irridenti, anziché allungare l’illogica lista delle date divisive o addirittura delle sconfitte e della vergogna. Come il 25 aprile, per esempio, o il 1 maggio, ma anche l’8 marzo di cui si è perso il significato originale, ma non la memoria.

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20 settembre: nella Patria delle ricorrenze, l’ennesima data dimenticataultima modifica: 2023-09-24T06:42:03+02:00da tony.fabrizio

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