Una lezione sul 25 aprile? E’ scolpita al sacrario di Sant’Angelo in Formis

Caserta, 22 apr – Ormai è chiaro a tutti, il 25 aprile, al netto di ogni partigianeria, è tutto ciò che (non) dovrebbe essere: i festeggiamenti di una sconfitta, ciò che avrebbe potuto essere e non è stato per “colpa” di quelli che hanno perso – dunque, stando così le cose, hanno perso davvero? -, la storia riscritta, voce del verbo infoibare, e inventata ad libitum dai “vincitori”, la liberazione ad opera di quei liberatori che hanno, di fatto, occupato l’Italia. In questa narrazione va inserita anche la guerra che i partigiani hanno combattuto a guerra finita, il nemico riconosciuto nel loro stesso popolo, la verginità riconquistata. Così i partigiani, quelli anagraficamente contestualizzati, li possiamo vedere a ridosso del 25 aprile coprirsi (e coprire) di una delle pagine più infami che hanno mai scritto, in realtà, che i “liberatori” hanno scritto per loro. Un esempio è scolpito nella pietra al sacrario di Sant’Angelo in Formis. Ma andiamo con ordine.

“Per la salvezza dello spirito e della civiltà”: l’ultima sigaretta e un bacio alla mamma

Siamo in Campania, nella provincia di Caserta, il carcere è quello di Santa Maria Capua Vetere. Si aprono le porte, esce un giovane dalla camminata fiera e spavalda, volto aquilino, sguardo fiero, vestito di camicia (nera) con le maniche arrotolate fino ai gomiti, festante, come se dovesse andare a far baldoria con gli amici, monta sul camion che lo condurrà al palo della morte. Dalle immagini stipate negli archivi Usa, sembra poter riconoscere Mario Tapoli, romano, non ancora ventenne. Le stesse immagini lo ritraggono insieme ad altri due camerati (appartenenti alla RSI) anche loro rigorosamente in camicia nera, polsi legati al palo, che fronteggiano fieri il plotone di esecuzione in una cava di tufo di cui non ne esce che la sola parte superiore tra rovi di spine e piante di ulivo. Si riconoscono Italo Palesse e Franco Aschieri, 22 e 18 anni.

Sono accusati di essere spie al servizio delle SS, ma bastava il solo non essere “dalla parte giusta” per decretarne la fine. Bastava l’abiura, come quella pretesa (e mai ottenuta) dai militi della X MAS rinchiusi nel vicino carcere di Nisida, come riportato a un aviere della RSI dalla sua insegnate (comunista) di inglese: “Era stata convocata al tribunale alleato e, con un anziano colonnello americano, delegato a giudice, condotta nella cella ove erano rinchiusi tre di quei giovani in attesa d’essere processati. L’ufficiale le chiese di tradurre quanto intendeva proporre loro: dato che oramai la guerra era perduta, dunque, sarebbe stato il loro un sacrificio inutile, gli dessero lo spunto per salvare loro la vita, trascorrendo così il resto del periodo bellico in qualche campo di prigionia, ad esempio (ammettendo) che erano stati costretti ad agire sotto minaccia dei loro superiori. Riferita la proposta, i tre chiesero di potersi consultare e, subito dopo, vollero che lei traducesse quanto deciso: nessuno ci ha obbligato, siamo volontari, dunque ciascuno compia il proprio dovere: il colonnello a condannarli, essi legati al palo dei fucilati. Una richiesta, questa sì, di non essere bendati per poter vedere l’azzurro del cielo d’Italia per cui avevano combattuto e per essa dato la vita”.

Altra razza per un’altra Italia realmente esistita. Eroica. O, forse, non proprio un’altra Italia, se pensiamo al modo di morire del filosofo Giovanni Gentile o di Fabrizio Quattrocchi. La stessa razza a cui appartenevano anche Palesse e Aschieri di cui diamo testimonianza del loro ultimo esempio: Palesse ancora oggi sbalordisce: dopo aver chiesto che gli venga tolta la camicia nera per non bucarla, morirà, fumando l’ultima sigaretta in faccia al plotone schierato, gridando “Dio stramaledica gli inglesi!”. Di Aschieri, invece, riportiamo alcuni passi dell’ultima lettera scritta alla madre, dall’alta carica di spiritualità: «Cara mamma, con l’animo pienamente sereno mi preparo a lasciare questa vita che per me è stata così breve e nello stesso tempo così piena e densa di esperienze sensazionali (…). Ti prego, mamma, fa’ che il mio distacco da questa vita non sia accompagnato da lacrime, ma sia allietato dalla gioia serena di quegli animi eletti che sono consapevoli del significato di questo trapasso. Ieri, dopo che mi è stata comunicata la notizia, mi sono disteso sul letto ed ho provato una sensazione che avevo già conosciuta da bambino: ho sentito cioè che il mio spirito si riempiva di forza e si estendeva fino a divenire immenso (…). Non ho alcun risentimento per coloro che stanno per uccidermi perché so che non sono che degli strumenti scelti da Dio (…). Io resterò vicino a te per sostenerti e aiutarti finché non verrai a raggiungermi; perché sono certo che i nostri spiriti continueranno insieme il loro cammino di redenzione (…). In questo momento sono lì da te e ti bacio per l’ultima volta, e con te papà e tutti gli altri cari che lascio. Cara mamma, termino la lettera perché il tempo dei condannati a morte è contato fino al secondo. Sono contento della morte che mi è destinata perché è una delle più belle, essendo legata ad un sacro ideale. Io cado ucciso in questa immensa battaglia per la salvezza dello spirito e della civiltà, ma so che altri continueranno la lotta per la vittoria che la Giustizia non può che assegnare a noi. Viva il fascismo. Viva l’Europa. Franco».

Il 25 aprile e il sacrario di Sant’Angelo in Formis

Potremmo riportare anche i nomi degli altri tredici militi che hanno combattuto la guerra del “sangue contro l’oro” e che sono stati ammazzati – al grido di Viva il Duce, Viva il Fascismo, Viva l’Italia – in quello che è il sacrario pressoché sconosciuto di Sant’Angelo in Formis, dalla barbarie “liberatoria” anglo-americana di cui restano solo i buchi dei proiettili nel tufo, tutt’oggi visibili. Per questi eroi, invece, restano le parole di Brasillach incise nella pietra a dare il benvenuto nel luogo: “Amore e coraggio non sono soggetti a processo”. Resta immortale per noi il loro esempio, resta eterno per loro il nostro Presente.

https://www.ilprimatonazionale.it/cultura/25-aprile-sacrario-sant-angelo-formis-260758/

Una lezione sul 25 aprile? E’ scolpita al sacrario di Sant’Angelo in Formisultima modifica: 2023-04-22T09:17:06+02:00da tony.fabrizio

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