A MONACO ABBIAMO CERCATO L’ITALIA, MA NON L’ABBIAMO TROVATA

Nessun nostalgismo, a scanso di equivoci, né tantomeno una volontà di voler adattare situazioni e contesti a personaggi attuali che poco o per nulla calzano col passato; certo, però, che vedere un G7, che ha tutto il sapore di una conferenza di pace, convocata a Monaco apre a due riflessioni: la prima, ironica, che “o tocca essere malati o si è molto ottimisti” – tanto per rubare una battuta a Gabriele Adinolfi – e la seconda, iconica, al netto se si creda o meno nel simbolismo, è la concretizzazione della concezione tutta romana della tempo, quindi della storia, intesa quale spirale, ovvero l’eterno ritorno degli eventi che non si presentano identici in toto, ma maggiormente somiglianti, seppur con le dovute differenziazioni: l’accenno ai personaggi di altri tempi che mal si addicono a questi tempi moderni riproposto sopra non è un caso, anzi ha persino il sapore della conferma.

Si è concluso, dunque, il vertice convocato a Monaco di Baviera che ha visto i 7 grandi della Terra impegnarsi nel sostegno dell’Ucraina, anche militarmente. Che si condivida o meno, che rappresenti l’umore generale del Paese di rappresentanza oppure no, almeno a giudicare dai commenti che gli astanti alla conferenza hanno rilasciato: Macron vuole “una sconfitta della Russia, ma senza schiacciarla”, mentre Tajani dice che “non vogliamo fare la guerra alla Russia. Abbiamo dato armi difensive all’Ucraina. L’ultimo invio è un sistema di difesa aerea, quindi non serve per offendere ma per difendere”, mentre Orban propone l’Ungheria quale unico mediatore per la pace e per i rapporti con la partnership russa, la quale palesa la propria delusione per l’avvicinamento della Moldavia all’Unione Europea. Interlocutore unico per la pace si dice essere anche la Cina che, però, con il suo invio di droni alla Russia, sembra più volere raccogliere informazioni dai campi di battaglia a proprio uso e consumo.

Questo è lo scenario emerso dal meeting delle sette potenze che dobbiamo obtorto collo farcelo andare bene perché è un’autentica fortuna poter sedere ancora in mezzo ai sette che contano, anche se non sono i protagonisti. Ricordiamo che solo fino allo scorso anno, alla Farnesina sedeva un tale Luigi Di Maio che se è scomparso – ma solo in attesa di riciclo – non è affatto stato dimenticato: chi potrà scordare la crisi più grave provocata con la Francia che richiamò in Patria il proprio ambasciatore in Italia o lo “sgarbo istituzionale” derivato dal suo viaggio in Libia che costò bel 118 giorni di prigionia a 18 pescatori imbarcati sui pescherecci siciliani “Medinea” e “Antartide” e quasi altrettanti giorni di “ricovero” nelle tende per i familiari dei sequestrati accampati sul piazzale di Montecitorio perché ai telefoni della Farnesina non rispose mai nessuno?

Ora, 85 anni dopo, ritorniamo a Monaco e ritorniamo ancora per parlare di pace, ma da mere comparse se non addirittura da “utili attori” per un copione scritto da altri. Altri tempi quelli in cui a Monaco ci presentammo da mediatori, da protagonisti e Benito Mussolini – e con lui l’Italia nel mondo – fu salutato quale l’“artefice geniale di Monaco” dalla folla festante che, come racconta lo storico Renzo De Felice, costrinse il Duce ad affacciarsi più volte al balcone di Palazzo Venezia, da dove egli non rivolse che poche parole: «Camerati! Voi avete vissuto ore memorabili. A Monaco noi abbiamo operato per la pace secondo giustizia. Non è questo l’ideale del popolo italiano?». Entusiasmo del popolo che trova eguali solo nella dichiarazioni della proclamazione dell’impero, sempre secondo De Felice, ma che lo stesso Mussolini non accolse con gioia perché egli stesso, salutato quale “salvatore della pace” vide in questo atteggiamento della folla festante non realizzato quell’homo novus che il fascismo si era proposto di forgiare, quell’uomo che non aveva “dignità”, né “spirito di sacrificio” ma ancora permeato da quel “gretto egoismo borghese” e “pacifismo” proprie delle “putride democrazie”. Le informative della polizia non smentirono l’analisi del Duce che a Monaco fece con gli e degli altri davvero quello che lui voleva: innanzitutto diede “la pace mussoliniana all’Europa”, ovvero i rappresentanti delle quattro potenze – Italia, Germania, Inghilterra e Francia – nel Palazzo del Führer firmavano l’accordo sulla questione cecoslovacca raggiunto sulla base delle proposte del Duce; costrinse Francia e Inghilterra a procrastinare l’intervento armato già (per loro) imminente: non dimentichiamo che Churchill, di ritorno dalla conferenza, tenne un celebre discorso al suo Primo Ministro in cui pronunciò la frase “Potevano scegliere fra il disonore e la guerra. Hanno scelto il disonore, avranno la guerra”. Però sui libri di scuola ancora si studia che lo scoppio della II Guerra Mondiale fu generato dall’invasione della Germania da parte delle truppe di Hitler; non ultimo, la Germania poté annettere il territorio dei Sudeti. In realtà, nessuno nemmeno capì che la “pace” di Monaco era stata una resa delle cosiddette democrazie al nazifascismo che guadagnava, così, margine nella guerra che ci sarebbe comunque stata. Per volontà mondiale.

Guerra che ora come allora, almeno stando alla maggioranza dell’opinione pubblica, nessuno vuole, anzi da tanti, se non da tutti, non è sentita come propria; appartenenza (leggi pericolo) del conflitto che solo Orban sembra riconoscere – “L’Europa, seppur indirettamente, in guerra c’è già” ha detto a Monaco – e nessuno che riesce a farsi promotore di pace. Ci ha provato il leader turco Erdogan, ormai alle prese con l’emergenza che ha sconvolto il suo Paese (dove tra un po’ si voterà proprio per scegliere il nuovo Presidente) e la vicina Siria, ci prova la Cina, anche se più a trazione russa. Ma l’Italia in questo scenario che ruolo ha? Un’Italia che a Monaco compare appunto, ma non primeggia, forse per la mancanza di quell’homo novus non ancora creato, che dimentica di fare il tifo per sé stesso e che popola questa Europa che sembra solo volersi scegliere il proprio prossimo padrone: confermare quello vecchio americano o avvicendarlo con quello nuovo russo. Questo pare sia il nuovo popolare concetto di “sovranità”. Un’Italia relegata ad un ruolo secondario che non le si addice, quando dovrebbe essere il perno, l’asse portante di una Europa forte, nazione. Europa dei popoli, non Unione europea. A Monaco abbiamo provato a cercare questa Italia, ma non l’abbiamo trovata.

 

A MONACO ABBIAMO CERCATO L’ITALIA, MA NON L’ABBIAMO TROVATAultima modifica: 2023-02-19T12:54:29+01:00da tony.fabrizio

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