CAPITO(L) (H)IL(L)… BRASILE?

Questa cosa dei paragoni sembra essere sfuggita di mano nelle redazioni di giornali e tivvù. Pelé-Maradona, Ratzinger-Bergoglio, Capitol Hill-Brasilia. Da intendersi, petalosamente, che il confronto spesso è scontro. Piccolo inciso: Capitol Hill si chiama così perché Jefferson voleva emulare il colle (del Campidoglio) dove sorge il tempio a Giove Optimus Maximus, il re degli dei. E già tanto basta per schifarli. Nell’occasione Jefferson inaugurò “l’invenzione” con tanto di cerimonia massonica e un arrosto di 250 kg. Punto. Per davvero.

Dicev(an)o, Brasilia come Capitol Hill, sciamano compreso, anche se i soliti bene in-formati hanno già reso noto tanto di tweet di anni addietro che il cornuto in salsa carioca era già in azione in illo tempore. E come a Capitol Hill, la rivoluzione è stata fatta con tempi addirittura minori rispetto alla durata in carica del segretario del PD di turno. Azione coalizzata in salsa sudamericana che attacca simbolicamente i tre punti nevralgici del Paese: la capitale e più nello specifico il Congresso, il Palazzo presidenziale e il Tribunale supremo, ovvero i palazzi del potere legislativo, esecutivo e giudiziario. Il tempo di far battere la notizia alle agenzie di stampa – la voce dell’unico padrone – che arriva la Polizia e i golpisti se ne vanno comodamente a casa, non prima, però, di aver scambiato convenevoli con i (magari) questurini. La situazione rientra nella normalità e, tempo due giorni, vengono emessi mandati di cattura internazionale per i finanziatori del tentato golpe. Questo sì che è ordem e progresso! Il tutto per contestare l’elezione di Lula, incoronato presidente con un margine risicatissimo di vittoria ai danni di Bolsonaro. La stampa, ovvero, il megafono del padrone, con queste cose ci va a nozze e per dare in pasto la notizia ai tanti boccaloni che osservano con la bocca aperta e il vuoto cranico da farcire, appioppano innanzitutto delle etichette: Bolsonaro de destra e Lula de sinistra. Che, poi, ci siano una miriade di sfumature “di area” poco se ne fregano: l’importante non è catalizzare il consenso dell’opinione pubblica – ormai pubica – ma far sì che la gente sia divisa. E divisiva. E per far capire da che parte stare, basta collocare ad hoc la parolina magica a mo’ di cancro: viuleeeenza! Che significa fascismo. A destra, per forza. Per Bolsonaro. Che è come dirlo alla Meloni, per intenderci. E, per intenderci ancora di più, in Italia “ha vinto” perché c’è chi ci crede.

Ma perché ciò che succede nello stato più grande del Sudamerica dovrebbe interessare al mondo intero e in particolar modo al Bel Paese? Innanzitutto perché l’asinistra nostrana vedeva realizzarsi in Brasile ciò che non era riuscita a realizzare qui. E, quindi, la sinistra progre$$ista, tutta ambientalismo e teoria gender, era in pieno orgasmo. Dal del…atore GASsman (l’uomo-puzzetta) al Sumahoro dei suoi stivali, via ANPI. E chissenefotte – dice la sinistra – degli scandali di Lula e della sua Petrobras, dell’assoluzione avvenuta per un vizio di forma e non per estraneità ai fatti, per innocenza. Lula è l’amico, anzi, il compagno che si oppose al rientro in Patria dell’assassino pac-comunista Cesare Battisti!

Al Brasile è sempre stato riservato un trattamento di favore da parte degli Stati Uniti che lo hanno sempre osservato in maniera speciale, ma non mancavano di fargli qualche concessione, come nella lettera di Tommasino in Natale in casa Cupiello: “fa’ stà buono pure a zio Pasqualino, però con qualche malattia!”. Il bastone e la carota, insomma. Soprattutto con l’avvicinarsi da parte dei Carioca alla Russia in piena guerra fredda. Avvicinarsi che in termini geopolitici è da intendersi come dipendenza. Del grano, dei fertilizzanti, del gas. Voce deo verbo “soffermati e rifletti”.

Dipendenza e partnership del Brasile – le cui spinte egemoni sono sempre guardate con un certo sospetto da Washington – si concretizzano in un patto di cui il paese sudamericano sarà uno dei fondatori, il BRICS, il sistema economico che si contrappone al dollaro.

Come fare argine, dunque? Serviva un cavallo di Troia e il suo nome è proprio Lula. Già, perché Lula ha subito una metamorfosi nel corso dei suoi tre mandati, arrivando ad essere quel comunista che tanto piace agli Usa. Ma anche a quelli di casa nostra tutti Rolex e caviale: differenze sociali ancora più marcate, palate di finanziamenti all’agro-business, nessuna misura contenitiva contro i colossi privati della comunicazione – giusto per manipolare quel tanto che basta, che serve – sistema fiscale generoso per i multimilionari. Il coronamento all’ottimo lavoro che Lula stava portando avanti arriva direttamente da mr. President in persona e più volte pure, addirittura in mondo visione: i complimenti sdolcinati di Barack Hussein Obama che lo definì “il presidente più popolare del Brasile”, ricambiato con il dono della maglia del Brasile al G8 di Genova, la bramosia di Bidenich che “non vede l’ora di lavorarci insieme”.

Un gran bel colpo da parte degli Usa quello di avere il loro fido nel sistema economico dei propri avversari economici. Apro parentesi: ma Putin non è un fine giocatore di scacchi, uno stratega di spessore? E, se è tale, allora è complice? Chiudo la parentesi.

Dunque, si fa un po’ di casino, giusto un paio d’ore di pomeriggio, poi a ora di cena tutti a casa, si smonta tutto e il circo si sposta da Capitol Hill in Brasile. Prove generali per l’Iran che, insieme al Brasile è un polo fondamentale per il comparto energia: il Brasile è tra i poli più attrattivi per l’investimento di petrolio e gas naturale, mentre l’Iran detiene la riserva naturale di gas più grande del mondo, seconda solo alla Russia. Si tenga presente, infine, che anche l’Iran ha fatto richiesta per entrare a fare parte del BRICS.

È chiaro adesso cosa sta succedendo in Brasile? A discapito persino della guerra in Ucraina – altra terra ricchissima – che ha perso spessore, tanto che in queste ore il Segretario Generale della NATO ha dichiarato che il Patto ha terminato le riserve di armi. Tanto a Putin è stato tolto il North Stream, la vera arma (di ricatto) della guerra.

Guerra fin(i)ta, dunque? C’è un’altra guerra pronta adesso. USiamo questa, gettiamo l’altra, consumisti che non sono altro. E mentre i signori del mondo si fanno la guerra attraverso la povera gente, la gente povera, in guerra ci si schiera. L’importante è schiera a favore di se stessi. Se l’Ucraina rischia di essere fagocitata da Mosca, si benedicano pure le armi europee. L’Europa è un boccone troppo appetibile per tutti: prima dipendente dalla Russia e ora legata a doppia mandata agli Usa. Festeggiate la liberazione, ma in realtà vi fanno strozzare col piano Marshall!L

La rivoluzione non è un pranzo di gala e Usa e Russia (leggi Cina) sono ancora comodamente appropinquati al desco di Jalta. In tanti, invece, non contenti di stare sotto al tavolo a racimolare le briciole, litigano persino per la sedia presso cui (sotto)stare.

CAPITO(L) (H)IL(L)… BRASILE?ultima modifica: 2023-01-11T05:32:08+01:00da tony.fabrizio

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