IL PROBLEMA NON È PUTIN

Mariupol, Chernihiv, Irpin. Non ha importanza dove sia accaduto, visto che è accaduto e accadrà in altri parti d’Ucraina. L’Ucraina è in guerra, dopo sessanta giorni e oltre 20mila soldati russi mandati al macello lo ha dovuto ammettere anche Putin che finora parlava di “operazione militare” e incarcerava chi non lo facesse. In guerra, insieme alla foto di moglie e figli, di qualche razione K e, per chi crede, un crocifisso o un portafortuna, si va solo con la bandiera. Si va per la bandiera. Sulla bandiera il militare presta giuramento e la bandiera è ciò che ci rappresenta, rappresenta la Patria, l’orgoglio di ciò che si è.
Un avamposto conquistato si battezza ammainando l’altrui bandiera e issando la propria sul pennone. Che garrisce. E sventola. E inorgoglisce.
La bandiera della confederazione russa, però, è costituita da tre bandi orizzontali di eguali dimensioni (partendo dall’alto) di colore bianco, blu e rosso. E in Ucraina, i conquistadores moscoviti non hanno issato una sola bandiera ufficiale rappresentante la propria Patria, ma sui carrarmati, sulle roccaforti e su ogni punto conquistato svetta la bandiera rossa con falce e martello. Un gesto così naturale, forse pure scontato, che non ha fatto indignare nessuno. Nemmeno indurre in riflessione. Neppure gli antisovietici di casa nostra. I duri e puri. Quelli che hanno la croce celtica appesa al collo, la fiamma nel cuore e si salutano col braccio teso. Che in Russia sarebbero fuorilegge anche solo per il pensiero. Che, evidentemente, tale non è. Magari Putin avrebbe tentato un ulteriore esperimento (un altro!) di quelli demenziali che ti portano a lasciare 100 euro sul tavolo perché, dovessero entrarti i ladri in casa, questi frugherebbero ovunque, ma non vedrebbero i soldi sul tavolo. Tutta psicologia. Patologica. La verità è che a Putin non gli frega un cazzo di niente di nascondere la sua vera natura: è il superstite del KGB, l’unica struttura superstite dell’URSS di cui lui va fiero e che considera un crimine non prenderla a modello. Quando fu deposto il comunismo con i suoi vari mentori, lui appese alle pareti il ritratto di Pietro il Grande, lo zar, l’imperialista. Non ha mai nascosto di essere stalinista, concezione imbastardita con una visione imperialista, con una spiccata propensione al panslavismo, ovvero una concezione (utopica?) di creare un’area di influenza geopolitica che coincida con la vecchia unione sovietica – una “rifondazione” per dirla con un certo nostalgismo utopico – coincidente con la Moldova, le regioni baltiche, le repubbliche centrali dell’Asia e del Caucaso.
Per Putin l’Ucraina non esiste e “denazificarla” vuol dire cancellarla dalla cartina geografica. Parole sue. In altre parole farla sua, perché è cosa sua.
La legittimità o meno delle mire imperialiste di Putin – non della Russia? – non è l’argomento di questa riflessione. Mi verrebbe, però, da chiedere perché, se si riconosce a Putin di essere l’ultimo baluardo della cristianità, seppur ortodosso, egli non abbia manifestato con altrettanza trasparenza che sfocia nella “epifania” le effigie della croce, del protettore San Giorgio, di qualsiasi altra cosa che non sia la ancora tanto discussa Z che non esiste nell’alfabeto cirillico, ma che in tanti (esperti di semiotica avvinazzati) c’hanno visto l’unione del cielo e della terra, del Padre col figlio e lo Spirito Santo. Perché non esporre il simbolo cristiano con lo stesso orgoglio con cui è stata mostrata da subito la bandiera rossa con tanto di falce e martello sotto la cui effige si è consumato il più alto numero di morti di oppositori pari a cento milioni di povericristi ammazzati (stime loro, eh!)? Cosa c’è di diverso dal comunismo che propina l’abolizione della proprietà privata con l’attuale riforma del catasto (in discussione, si fa per dire, in questi giorni) e l’agenda del 2030 secondo cui “non avrai niente e sarai felice”? D’altronde, anche i primi cristiani praticavano la condivisione dei beni e le grandi utopie dell’età moderna si rifacevano sia a loro che alla società immaginata nella Repubblica di Platone. Si pensi anche a “Utopia” del letterato e politico inglese Tommaso Moro o a “La Città del Sole” del filosofo calabrese Tommaso Campanella: società immaginarie dove il denaro era abolito, e tutti i beni, sia fisici che spirituali, erano condivisi. Condivisi pure l’idea di “famiglia”, una grande famiglia dove pure i figli erano condivisi: utero in affitto e iniziazione dei bambini alle pratiche sessuali sono “comuni” tanto in Russia quanto in Ucraina. Per Marx ed Engels, i problemi che affliggevano il proletariato (povertà, malattia, alti tassi di mortalità) erano causati dallo stesso capitalismo: l’unico modo per eliminarli era rimpiazzare il capitalismo con il comunismo: quale differenza tra gli imperialismi di Usa e Russia?
Punti di discordanza zero, punti di convergenza parecchi. Tra l’Urss di allora e Putin, tra Putin e gli USA. Dovrebbe essere tutto chiaro, ma a quanto pare è una utopia pure questa.
Va da sé, a questo punto, dire che il problema non è Putin.

IL PROBLEMA NON È PUTINultima modifica: 2022-04-19T13:49:39+02:00da tony.fabrizio

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