GUERRA ALLA PACE

Se n’è andato anche il III round che, già dalla terminologia usata, sa tanto di scontro più che di incontro.
Non si tratta la pace, o meglio, la resa incondizionata – perché Putin questo vuole – con una delegazione di secondo ordine. Fosse stata una certa Italia, la resa incondizionata l’avrebbe riciclata come pace, liberazione, ma, per fortuna o purtroppo, non tutti sono quell’Italia.
Chissà se di round ne occorreranno quindici come in Rocky IV, scontro Usa e URSS ai tempi della guerra fredda. Perché ancora di questo si tratta. Una guerra fredda riscaldata. Ancora il mondo diviso in due. Due blocchi contrapposti, una cortina di ferro, nessun muro che tutti hanno voluto buttare giù ad ogni costo, ma era meglio, molto meglio, se fosse rimasto in piedi. Almeno avrebbe fatto da argine, da confine, ora che dei confini se ne fottono tutti. Putin per primo. Capisco la minaccia alla sicurezza, i missili a 300 km da Mosca, capisco tutto, ma non quando tutto ciò avviene in casa d’altri. Che è altro dalla Russia. Putin avrebbe anche ragione, ha ragione, ma fino all’invasione. Con il suo sconfinare in Ucraina, ha sconfinato nel torto. È caduto nel tranello della provocazione o è stato abile a sfruttare una situazione per mettere a punto qualcosa di già pianificato, lo vedremo.
Ma mentre fai una guerra, riesci anche a pianificare di sganciarti dalla rete internet mondiale, mondialista, per inaugurarne una intranet, interna, controllata e pure limitata. Forse sarà anche un bene, ma per lanciarla a guerra in corso, allora vuol dire avevi già pianificato il tutto. E se insieme con l’intranet russo, limiti anche la presenza di cronisti in Russia, allora il controllo diventa censura. Punita con una quindicina d’anni di reclusione nel caso in cui diffondi falsità che potrebbero essere anche “verità di stato”. Pensiero unico e conformato. Come la commissione contro le fake a casa nostra. Certo, ognuno a casa propria fa ciò che vuole e non è detto tutti debbano vivere in democrazia, soprattutto se la intendiamo all’italiana o all’americana. Tali decisioni in concomitanza di una guerra, però, lasciano quantomeno riflettere. Se poi le uniamo con la censura, con le limitazioni, con le dichiarazioni di una lista di Paesi nemici e amici, allora ci sono tutte le premesse per la spartizione di terre, zone d’influenza, alleanze che concorrono alla creazione di un nuovo ordine mondiale geopolitico. Commerciale. Che si contrappone a quello “morale”, economico di stampo massone giudeo-americano.
Tra i due pretendenti, tra i due prepotenti, tra i due imperialismi perché di questo si tratta, ma con tanto di mascherina – a questo punto va legittimato anche Erdogan ed il suo sacrosanto diritto di voler rifondare l’impero ottomano – in mezzo ci sono i popoli e le Nazioni, ci sono le sovranità e le identità. Come l’Ucraina, che in lingua di Putin vuol dire “periferia”. Tutti sapevano che Putin, prima o poi, avrebbe attaccato. Sin dal 2005 nel discorso alla Nazione cui non arriva il torcicollo di quella gente abituata a vivere guardando solo al passato ma non tutto, quando parlava di decomunistizzare l’Ucraina, ovvero di cancellarla dalle mappe geografiche. Sin dal 2014 quando con una rivoluzione sorosiana si inventò il pupazzo Zelens’kyj che sostituì Yanukovich, pupazzo di Putin che lavorava per la capitolazione dell’Ucraina. Quell’Ucraina che da allora tenta di difendere con il sangue contro l’oro la propria Patria, le proprie radici e la propria identità. Che oggi diviene modello di patriottismo, inconcepibile per un Occidente – meglio uccidente per dirla con Sermonti – ormai troppo disabituato alla Politica dell’Idea, malato di leaderismo, tifoso inguaribile in perenne attesa del messia liberatore. Dipendente da tutto ciò. Capace di voler spiegare, secondo gli uccidentali canoni morali, anche la guerra. Putin=buono, Biden=cattivo, Ucraini=nazisti. Cazzarola, stavolta rappresentati senza elmetto di ferro in testa, come da narrazione sovietica. Furono loro ad entrare ad Auschwitz, non gli americani. Loro che trovarono le immagini che i tedeschi giravano, mentre erano intenti a fare una guerra mondiale. Loro a contare i seimila ebrei bruciati, ma che ai tedeschi servivano vivi nei campi di lavoro.
Drogati e nazisti, dice oggi Putin. Che se poi dovessero spiegare cosa sia il Nazionalsocialismo si limiterebbero a dire pressappoco che è un sinonimo di razzismo. Proprio quella razza cui si fa cenno col termine edulcorato di “russofono”. Che, come tali, sono perciò fratelli. Da bombardare, però. Ma solo i militari. Che sono pure civili. Perché Putin avvisa prima di bombardare. E bombarda solo obiettivi militari. Dove ci sono anche i civili arruolatisi. Che i nazisti onnipresenti e immortali camuffano in laboratori di armi chimiche, ma sempre a casa loro. Ci sta, è la guerra. Ma che non dev’esserci se qualcuno in guerra con la morte dà un senso alla propria vita. Allora no, perché Putin non c’è in Ucraina. Lì si combattono nazisti contro nazisti, due frange dello stesso esercito. E le immagini che ci propinano non sono vere. Così come non è vero che gli Ucraini stanno lottando con le unghie e con il sangue contro l’invasore.
2500 anni fa, Eschilo ebbe modo di dire che la prima vittima della guerra è la Verità: beh, se siete stanchi anche dalle tante foto che arrivano da Mariupol, da Kiev, da Volnovakha dei rifugi metropolitani, di bambini con gli orsacchiotti trite e ritrite, ritoccate come e più delle tante damine al cui strazio il loro cuore gentile potrebbe non reggere, considerate pure vera questa foto. Almeno nel significato del disperato amore.

GUERRA ALLA PACEultima modifica: 2022-03-08T08:12:08+01:00da tony.fabrizio

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