TRA DE LUCA E LA SCHLEIN …….. A SALTARE SARA’ IL PD !!
Gorla, 1944. Storia di una democraticissima follia
Roma, 20 ottobre – L’ultima vittima è stata trovata abbracciata alla nonna, già sua insegnante e ora maestra piu che mai. Non si sa nemmeno il nome, forse non conta. Basta sapere che era una fan di Harry Potter. Giusto una menzione prima di abbandonarla in quei sacchi bianchi già tristemente noti e già dimenticati. Basta la vergognosa pietas e nulla più perché, tanto, tutto ciò accade in Medio Oriente, è lontano da noi.
Gaza&Gorla
Da noi “uccidente”, avrebbe detto Rutilio Sermonti. Così come era lontano da noi ciò che accade(va?) in Ucraina, eppure succede davanti alla porta di casa Europa, distante da noi meno di quanto misura la distanza di due punti limiti in Italia. Non siamo abituati a vedere certi orrori se non in tivvù, i nostri cuori non reggono a tanto strazio, i nostri, ormai, sono palati fini, seppur cresciuti a stenti concessi dal desco di Marshall. Dove siamo stati ammessi per essere seduti dalla parte degli sconfitti, se non addirittura sotto al tavolo per raccogliere le briciole che il ricco Epulone lasciava cadere. Eppure a queste scene siamo stati già abituati, ci siamo passati prima di tutti mentre correvamo sulla via della democrazia. Gorla, quartiere residenziale di Milano, 20 ottobre ’44: l’Italia ha già tradito, i liberatori sono già rintanati sulle montagne dove era stipata la libertà, l’Italia è “alleata” ai loro cobelligeranti angloamericani. Alle 11.24 36 bombardieri pesanti “B-24 Liberator” del 451st Bomb Group dell’USAAF, alzatisi in volo da Castelluccio, in provincia di Foggia, e dopo che una parte della formazione era uscita dalle coordinate, decide di “riparare” all’errore bombardando “altro”. La scelta cade sui quartieri popolari di Gorla e Precotto. Nella scuola elementare Francesco Crispi di Gorla sono presenti 200 alunni cui fu dato in ritardo anche l’allarme antiaereo quando il carico di morte di oltre 2 quintali e mezzo fu liberato, mentre la scolaresca, insieme con insegnati e collaboratori, tentava ancora di mettersi al riparo nel sottoscala. 614 furono le vittime, 184 i bambini. Innocenti. Accedeva 80 anni fa e accade ancora oggi.
Dimenticare in fretta
Oggi tendiamo a dimenticare in fretta ciò che, invece, della nostra storia non abbiamo mai potuto sapere. Perché è stata una svista tra tante stars and strips. Perché alla fine quei bambini sono morti per colpa di Mussolini che faceva tenere le lezioni pure durante la guerra. Pure non essendo più al governo. Perché aveva pensato di rendere sovrana quella Nazione che oggi è una portaerei con 113 basi NATO americane. Alla faccia dell’alleanza! Il controllo passa per la fiducia. E qui sarebbe doverosa aprire (anche) una interessante parentesi su quelle leggi del ’38 passate alla storia quali “razziali” ma che furono essenzialmente leggi politiche, volte a mettere fuori dalle istituzioni e dai palazzi dei bottoni coloro che ancora oggi decidono le sorti del mondo. Niente. Tutto infoibato. Anche quest’anno. Acciocché la narrazione, la rivisitazione, l’invenzione faccia il suo corso. Storico. Eppure, a quasi un secolo di distanza, con i documenti che riemergono e le fonti dirette che ancora sopravvivono, stragi come quella di Gorla si dovrebbero fare conoscere, studiare anche e soprattutto nelle scuole. Siamo in democrazia, in fondo. Ce lo hanno insegnato loro.
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Guerra in Medio Oriente? Dal Golfo Persico invochiamo Gigino Di Maio
Roma, 11 ott – Defilato – almeno da tivvù e giornali – il fronte ucraino dove, se non si fosse ancora capito, si combatte una guerra all’Europa, un altro fronte che interessa non meno degli altri l’Italia è proprio quello (solo) acuitosi in questi giorni in Medio Oriente. E se il governo in carica, al netto di ogni schieramento, non rassicura gli italiani, questi possono ugualmente dormire su sette cuscini: il nostro inviato nel Golfo Persico c’è e risponde al nome di Gigino Di Maio. Dove “nostro” sta per inviato dell’Unione europea che è la sola rassicurazione.
Gigino Di Maio, un personaggio da rispolverare per fare un po’ di sana ironia sulla situazione
Già, perché se Gigino fino a pochi mesi fa non sapeva nemmeno individuare sulla cartina geografica il suo attuale luogo di spedizione, dove, cioè, lo avevano mandato – che tanto ricorda quel “moto a luogo figurato” con cui Grillo ha costruito le altrui fortune politiche: l’istituzionalizzazione del vaffa – a (non) lavorare in modo da non provocare danni, ora lui c’è e sta laggiù. Per tutto, per tutti. Un passe-partout, da vero fan della certificazione e della concessione. Un po’ come i suoi abiti sartoriali adatti per ogni occasione, tirati a lucido come la cravatta diventata parte del suo corpo. Una protuberanza. Un “costume” ormai. Come la brillantina nei capelli e la cromatina sulle scarpe. Sorriso sornione rassicurante, occhi da panda, eloquio da democristiano, aplomb tipico e ossequio per la carica. Quasi un apparatčik, inteso nella storpiatura napoletana di chi “appara (figure) kitsch”. Di cui è un vero fuoriclasse.
Da Pomigliano con furore
Caricato a molla, come uno di quei cagnolini da cruscotto per le auto, imbalsamato a mo’ di manico di scopa, saprà il nostro districarsi tra bombe e carrarmati, tra pace e guerra, tra jihad e tagli acqua, luce e gas, ormai affar suo? E, se non saprà, sarà semplicemente Di Maio. Una coerenza. Da Ministro degli esteri che ha “okkupato” l’”Afarnesina” non confonderà più il Cile con il Venezuela, non compirà più viaggi intercontinentali, visti quali sgarbo istituzionale – stesso frasario di quando cianciava di incriminare nientepopodimeno che il Presidente della Repubblica in persona, poi trasformatosi nel migliore di sempre – rivelatisi una vera e propria odissea per quella ventina di pescatori di Mazara del Vallo che finirono sequestrati e per i loro familiari accampati in piazza Montecitorio che mai riuscirono a parlare con l’altro capo del telefono della Farnesina. Lui “c’è lha fara pure” st(r)avolta.
D’altronde in soli due mandati – mandato dove? – da “arrangiatore”, nel senso napulegno di “artista del lavoro”, è assurto agli scranni dell’emiciclo romano quale apriscatole del Parla-mento, si è affacciato ai balconi istituzionali per vantarsi di aver sconfitto la povertà, dopo aver infuocato le piazze al grido di “onestah!”. Ha risolto la crisi dei lavoratori della Whirlpool di Ponticelli, nel senso che la chiusura non è stata scongiurata e sul tavolo del Ministro (lo è stato davvero!) ci sono stati solo i licenziamenti. Da Ministro del Lavoro senza aver mai lavorato a Ministro degli esteri senza conoscere nemmeno una lingua, persino la sua, Gigino ha dato ampia prova di essere un buono a tutto. Uno che ha saputo riciclarsi in ogni dove, in ogni come, senza, tuttavia, un perché. Ed è il migliore in assoluto, un autentico resistente, l’unico sopravvissuto, rispetto ad altre stelle cadute quali Toninelli, DiBa, Roberto Fico – con una vocale in più e non solo rispetto all’omonimo premier slovacco – dj Fofò e Lello Ciampolillo, dei quali gesta e imprese non si dimenticano di certo. Persino più di babbo Grillo e del figlio di babbo Casaleggio. Come Rosseau. Più di Russò (traslitterazione giginesca). Gigino non russò. Per sé e per i suoi. Chissà se noi con lui lì possiamo dormire sonni tranquilli. Per 13000/16000 euro al mese, Gigino a tutto gas!!!
https://www.ilprimatonazionale.it/approfondimenti/guerra-in-medio-oriente-dal-golfo-persico-invochiamo-gigino-di-maio-269943/
UNO, DUE E TRE: DE LUCA È PAPA, DE LUCA È RE!!
La verità è una sola, assoluta e deve essere accettata da tutti. Essa già trasvola dal Cervati al litorale domizio, Ischia, Capri, Procida e Nisida comprese: Vincenzo De Luca è papa e Vincenzo De Luca è re! E si candiderà per la terza volta, nonostante il Piddì, per continuare quel lungo periodo di distruzione della sanità pubblica, di appalti secondo il regola-mento ben oleato del “Sistema Salerno”; per fare di Salerno l’ombelico del mondo a dispetto di Napoli, Caserta, Avellino e Benevento.
Il Governatore col lanciafiamme parla, sparlando, del Pd e il Pd cerca di non parlare di De Luca che, però, fa parlare tutti di lui. Accolto – termine familiare (si può dire?) della galassia dem – addirittura a Paestum tra gli imbufal(l)iti, no-vacche (né percore) del deFUnto B. richiamato in vi(s)ta da un ologramma, di Forza Italia che manco la seduta spiritica di Moro, acclamato più che in via del Nazareno. Quella via per la sanità del Nazareno che non può fare a meno di ammettere come De Luca sia stato un buon amministratore, ma che nessuno, da dietro la mascherina, vuole più candidarlo in Campania. In verità, nemmeno altrove. In verità ancora, il diniego per il guappo di cartone era arrivato già prima del Covid che è stato fuoco per il de-partito, da cui Vicienzo è venuto fuori a mo’ di fenice. E la verità vera è che insieme a De Luca senior, nel PD griffato Schlein, non ci sarà posto nemmeno più per Pierino, delfino del padre, assiso a Roma in qualità di capogruppo. Proprio quella Schlein che aveva già tentato di non sistemare Vicienzo per la terza volta, Vicienzo stesso l’ha combinata peggio della sua armocromista di fiducia. “Nel Pd non conta il merito” – tuona Cenzino dal palco della Festa dell’Unità di Napoli – “ma solo la fortuna di appartenere a questa o quella corrente”, tanto che il Pd, ormai, va dove tira il vento! Come una bandiera arcobalenata pacifinta agitata da chiunque. Forte dei suoi consensi che sono trini e tripli nel solo Delucaland rispetto a quelli r-accolti dalla ricca segreteria svizzera nell’intero Stivale, De Luca (si) dice essere uomo libero nonostante le tessere e la qualifica di “cacicco” proveniente dal partito di “cooptati, anime morte che hanno lavorato per anni per creare correnti, e sottocorrenti, gruppi e sottogruppi, del tutto indifferenti al lavoro politico nei territori, alla militanza, al sacrificio”. La cosa più bella(ciao) del pollaio – epiteto riservato al (suo?) partito da De Luca, però, resta la guerra intestina, “civile” e partigiana tra “maleducati, imbecilli e pinguini” che, in nome della democrazia, é pronta anche alla trans-formazione da “partito democratico” a “democrazia partita” .Impediranno costoro al “loro” di candidarsi, mentre il “loro” è pronto a candidarsi proprio in quanto uomo libero, quasi un uomo qualunque, che non ha bisogno certo del consenso di un partito che non ha consenso, comandato da chi a Roma non può contare nemmeno sul voto della madre. Che è sempre certa.
Fatto sta che per ora la legge ad personam che dovrebbe spianare la strada al terzo mandato – ma mandato dove? – o asfaltarlo, ancora non è pronta (sarà stato questo il motivo dell’ospitata alla convention azzurra in terra cilentana?) ma che non dovrebbe essere un problema per chi non ha casa e che, però, deve solo accasarsi. Per muovere guerra al governo centrale, dice De Luca, mica per “amminestrare” la Regione che lui vorrebbe presiedere! Perché il nemico di De Luca resta il governo di Roma, (che poi è pure della Campania) che, se queste sono mosse e premesse del partito di provenienza che vuole la sua defenestrazione, rischia di durare cinque anni. Che crimine grave completare una legislatura! Ma il vero crimine di cui tutti sono colpevoli è che De Luca fa e De Luca disfa, che fa quel vuole e perché ciò che manca a manca, manca pure a destra: a destra non c’è uno che parli come De Luca. E forse al centro l’hanno capito e vogliono centrare l’obiettivo campàno – grazie a cui in tanti càmpano – consci di quel vuoto persino tra i fratelli d’Italia. La “Campania” elettorale è iniziata: tanto Pe’ Di’. Restano dietro le quinte i protagonisti veri: i cittadini, il territorio, le problematiche e le soluzioni su cui bisognerebbe fare luce, ma sui quali è già pronto a calare il sipario.
https://www.camposud.it/uno-due-e-tre-de-luca-e-papa-de-luca-e-re/tony-fabrizio/