Tra i tanti che immediatamente si sono imperticati la sera in tivvù a cui demandano la politica, ridotta ad una disonorevole ricerca del consenso per il voto – sarà per questo che non aprono cinema e teatro, perché sono aperte Camera e Senato? – manca lei, la Cecilie anti-Salvini, l’ex ministro per l’integrazione, la pdina dell’afroitalian power initiative che voleva accogliere tutti, la parlamentare della Repubblica italiana dello ius soli.
Lei africana della Repubblica Democratica del Congo non parla, nessuno la invita, forse tutti la tutelano. Eppure, sarebbe la vera ricchezza in questo momento, almeno per quelli che vorrebbero cercare di capire di più sulla tragica fine dell’ambasciatore italiano Luca Attanasio e della sua scorta, il carabiniere scelto Vittorio Iacovacci, tragedia dai tanti interrogativi, molti dei quali di difficile risposta.
A partire dall’ONU: Nazione Unite da che cosa? Vi sembrano organizzate? Forse, solo nell’etichettare subito come “tentativo di rapina” il vile attacco. Un’imboscata. Sapete quale prezzo – perché l’Italia paga – avrebbe pagato l’Italia di Greta&Vanessa e di Silvia Romano? Forse non erano i soldi che gli servivano.
Soldi che, forse, ha preso il locale Governatore che non sapeva del convoglio (tre macchine? Meno di un Di Maio qualunque che andò solo a Mendrisio) e che le Nazione Unite dicono di aver comunicato. Ma se l’organizzazione ha dato conoscenza del tragitto visto la strada a rischio, perché non erano scortati?
Il viaggio che si snodava per duecento chilometri sarebbe durato due ore, ma l’attacco è avvenuto dopo un quarto d’ora di viaggio, a quindici chilometri. Praticamente vicino a casa. Non una forza di polizia a soccorrere il diplomatico e la sua scorta, ma solo delle buonanime di guardie di un locale parco chiuso per Covid. Non un colpo sulla carrozzeria della vettura, fuori bersaglio. Quasi una esecuzione. Da distanza ravvicinata.
L’ambasciatore non stava andando a conquistare, né a depredare oro e diamanti, ricchezze del sottosuolo che non vanno mai al popolo indigeno, l’ambasciatore stava andando ad assicurare mezzi di refezione scolastica, a fare del bene. Cibo. Acqua. Vita.
Banditi, ladri che non ti portano via nulla, se non la vita che ha un valore inestimabile, ma adesso non più un prezzo.
O forse un messaggio, uno schiaffo ottimale in quella faccia dell’Occidente mentre mostra il suo volto più pulito da parte dei suoi antagonisti: soldati dell’ISIS, che, seppur in numero esiguo, si difende bene, attaccando, in un Paese cattolico: la Repubblica democratica del Congo. Soldati dell’Isis, quelli “defecati” dalla democratica kHillary Clinton e foraggiati dal democratico Barack Hussein Obama e oggi, forse, as-soldati da un altro democratico come loro: Biden. Come già successo nel nord della Siria.
Altro che imboscata o incidente: questo è un vero e proprio attacco terroristico al mondo occidentale e all’Italia in particolare. Forse nello specifico. E sul quale piomberà il “solido” religioso silenzio. A partire da Ciccio sul trono di Pietro che ormai nemmeno parla più del Padreterno, ma solo di vaccini, di immigrati, di tutto tranne che di Dio, per finire al governo Draghi che esprime la sua prima nomina con il cambio al vertice dello Stato Maggiore dell’Esercito: in arrivo il generale bykers, ex addetto per l’Esercito presso l’ambasciata d’Italia a Washington dal 2007 al 2010, capo ufficio pianificazione, programmazione e bilancio dello Stato maggiore della Difesa, uno specialista, nel gergo militare definito “un finanziario” e che avrà, manco a dirlo, così come impartito dal ministro Guerini, un ruolo strategico nel piano nazionale vaccini, massima priorità per la Difesa. Mica la difesa dei confini, valicati da mezzo migliaio di migranti economici e risorse solo mentre Attanasio e Iacovacci venivano trucidati, mica la difesa della Patria, mica il bene per i figli che oggi in Congo sono liberi di essere scannati, mica una parola con l’ambasciatore congolese che indisturbato continua a condurre la sua bella vita nel Belpaese… non ultima proprio la Kyenge, usata, esaltata, osannata, intronata e rintronata, ma oggi non riciclabile nemmeno per combattere in casa propria. Per casa propria.
CHI È ALFREDO COVELLI?
Alfredo Covelli è un bonitese di 107 anni che da 23 anni riposa definitivamente a Bonito.
Non è stato il compaesano che ha portato in alto il nome di Bonito nelle Istituzioni, dalla Camera dei Deputati sino all’Europarlamento, ma il bonitese che da Bonito è partito e a Bonito è sempre ritornato.
Non è stato il bonitese che è arrivato ad affascinare addirittura re Umberto, ma l’Onorevole la cui porta dello studio di Bonito era aperta a tutti.
Non è stato il politico, il Padre Costituente, l’inventore del Partito monarchico Stella e Corona, l’Europarlamantare stimato persino dai suoi avversari politici, ma il compaesano che ha aiutato tanti bonitesi, di qualsiasi estrazione sociale e politica, a garantire il sostentamento alle proprie famiglie.
Non è stato il lavoratore instancabile, forgiatore del copioso archivio politico consultabile presso la Camera dei Deputati, ma quello che ha garantito diritti e giustizia a tanti bonitesi.
Non è stato l’Onorevole chiuso nel suo scranno di Destra Nazionale, ma l’uomo capace di guardare bene al di là di biechi schieramenti politici arrivando a “liberare” persino i suoi “buoni” avversari politici.
Alfredo Covelli non è il più illustre bonitese, quello utile da rispolverare nei comizi dal candidato di turno, ma il concittadino condannato al ripudio e all’oblio, l’uomo da sprofondare nel baratro del dimenticato da ogni primo cittadino che “si rispetti”
È onore e vanto di Bonito e di quei Bonitesi che, ancora dopo un quarto di secolo dalla sua scomparsa, sono stati capaci di non intitolargli una piazza, il corso, una via, un vico, uno spiazzo, il Concittadino che vivrà in eterno nel ricordo di quelli che hanno radici profonde che non gelano mai!
Why not ? No, so guaie ‘e notte !!
Uniti nella buona e nella cattiva sorte. Sicuramente nessuno avrà da ridere nell’applicare questo vecchio adagio alla signora Eleonora De Majo e al compagno – stavolta di vita – Egidio Giordano, entrambi assessori al Comune di Napoli, lei con delega Cultura, lui responsabile dei Beni comuni e delle Politiche sociali della III municipalità del capoluogo partenopeo. Entrambi provenienti dallo stesso centro sociale, Insurgencia, prolifico vivaio cui attingere per la giunta de Magistris.
Denunciati entrambi per detenzione di materiale esplodente nel corso di una perquisizione ordinata dai Pubblici Ministeri della Procura napoletana.
La perquisizione, in realtà, era volta ad accertare le posizioni di Gennaro Grosso, esponente del tifo azzurro, circa la composizione della commissione che avrebbe dovuto “scegliere” la statua di Maradona che i napoletani avrebbero dovuto pagarsi e gli amministratori avrebbero dovuto collocare nei pressi dello Stadio Maradona”. “Folkloristico” progetto denominato Sinfonia della Felicità, di cui Campo Sud si è già occupato, secondo il quale si chiedeva al popolo dei tifosi azzurri di finanziare una statua del Pibe de Oro (operazione immaginata in autofinanziamento, tenendo conto delle disastrose finanze del Comune di Napoli!). Gli Assessori comunali, coadiuvati da alcuni “esperti” appositamente nominati, avrebbero poi scelto la statua (quella che dicevano loro) e collocata (dove dicevano loro). Come a dire “mangia, cornuto, ché la roba è la tua”.
Secondo gli inquirenti, l’ultrà del Calcio Napoli avrebbe esercitato pressioni sul Giordano pur di far parte della commissione giudicatrice, oggi abbandonata, e sempre il tifoso sarebbe coinvolto anche negli scontri di piazza del 23 ottobre scorso, seguiti alle stringenti misure anticovid del secondo governo Conte ed acuite oppressivamente dal fobico De Luca.
Circostanza prontamente smentita dall’assessora “gruppettara” che prontamente rimarcava la precisa volontà da parte della giunta arancione/multicolor di coinvolgere il tifo organizzato nell’omaggio al D10S.
È bastata, al contrario, la detenzione di 7 lacrimogeni per far scattare la denuncia per la coppia di assessori “socialmente insorgenti”, già vecchie conoscenze delle Forze dell’Ordine.
Sempre i due assessori&compagni, lo scorso giugno presero parte, se non ai tafferugli, sicuramente alle successive manifestazioni di protesta che seguirono gli scontri in Piazza Bellini, quando alcuni esponenti dei centri sociali si rifiutarono di fornire le proprie generalità in fase di controlli di polizia, da cui scaturì un parapiglia sfociato in cori e cortei con lanci di bottiglie ed aggressioni ripetute all’indirizzo degli agenti, con immancabili feriti tra le fila dei tutori dell’Ordine.
E se per l’assessora era giusto protestare, il compagno bollò addirittura come falsi i referti medici degli appartenenti alla forza pubblica recatisi in ospedale per le ferite riportate negli scontri. Forze di Polizia che furono accusate, sempre dall’assessore Giordano, di aver volontariamente danneggiato i propri automezzi di servizio, pur di dimostrare la violenza premeditata degli scalmanati manifestanti……….
Chissà se stavolta i lacrimogeni, detenuti in numero plurimo, saranno sufficienti per far scattare l’onta della banda armata o, in alternativa, dell’associazione a delinquere per il nostro “Duo Istituzionale” in salsa Arancione e i loro amichetti esagitati!!
Non proprio una bella figura, seppur in scadenza di mandato, per due rappresentanti delle istituzioni cittadine come la De Majo e il suo compagno, nonché per il sindaco de Magistris costretto, quest’ultimo, “a riparare” in terra Calabra per tentare una nuova (dis)avventura politica sulla pelle dei cittadini di quella già tanto martoriata regione meridionale. Regione che di tutto potrebbe aver bisogno, tranne che della demagogica, imbelle ed inconcludente esperienza politico-amministrativa del nostro, ancora per poco, Sindaco con la bandana!
https://www.camposud.it/2021/02/why-not-no-so-guaie-e-notte/
“Campo Sud” celebra con questo toccante articolo di apertura di Tony Fabrizio, la “Giornata del Ricordo” dei martiri delle foibe e dell’esodo italiano dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia.
Un volto e una testimonianza dell’esodo Istriano: Il Professor Claudio Antonelli.
Io ho potuto rivolgermi al prof. Claudio Antonelli (in origine il cognome era Antonaz), istriano di Pisino, dal profondo amor patrio, che oggi vive in Canada. Figlio di genitori rimasti per sempre fedeli alle terre perdute, i suoi gli hanno trasmesso – mi ha detto – un esempio prezioso d’italianità vissuta nei fatti e non nelle parole. Ossia un esempio di patriottismo nobile, alieno da ogni retorica e che rispetta i patriottismi altrui – come l’amore per la propria mamma dovrebbe far capire che anche gli altri amano la loro madre – ed è fonte di civismo, di responsabilità sociale, di autodisciplina e, quando necessario, di abnegazione. Questo paragone gli viene ogni volta spontaneo, mi ha detto Claudio Antonelli, per spiegare le cose ai mammisti italiani. L’estero ha messo alla prova, confermandoli però pienamente, questi suoi valori di partenza. Il dott. (PhD) Antonelli, sia pur giovanissimo a quei tempi, ha vissuto in prima persona la condizione di esule.