AVELLINO D’ITALIA SI TROVA IN CAMPANIA

Alla faccia di chi accusa di inettitudine e di inefficienza il governo “giallorosso”, i suoi rappresentati continuano ad inanellare un successo dietro l’altro e mettere tutto in bacheca (che presto potrebbe essere solo quella dei ricordi).
L’ultimo – solo in ordine cronologico – punto portato a casa da Luigi Di Maio, il famoso punto GiGi, vale doppio, se non triplo: doppio perché ha dimostrato di essere un politico che non dimentica la “sua terra” e triplo perché è un successo che possono vantare ben tre ministeri: Farnesina, Viminale e Giustizia.
Dopo l’ultima “figura di cioccolato” firmata Pernigotti a ricordo di quando egli sedeva al Ministero del Lavoro e dello Sviluppo Economico e quella delocalizzazione della Whirpool di Napoli non in crisi, ora che è agli Esteri il capo politico del 5 Stelle si ricorda della sua terra e fa suo l’accordo siglato a Malta circa la redistribuzione di 90 migranti provenienti da Agrigento tra tre Paesi dell’unione europea: Terni, Ancona ed Avellino. Che, ad oggi, risultano ancora essere tre capoluoghi di provincia italiani e non Stati esteri, anche per la Farnesina.

Poi si scopre che pure l’inquilino della Farnesina è Italiano (come è normale che sia!), napoletano di adozione, addirittura nato ad Avellino, dunque, quello che era un successo resta sì un successo, ma non per l’Italia e per il Ministro degli Affari Esteri che pure rappresenta, o almeno dovrebbe, la Nazione di appartenenza.
E questo non è che l’inizio! Della rotazione dei porti: dopo la lettera A, ci sarà la B – annuncerà fiero l’ex vicepremier degradato – quindi sarà la volta di Barcellona (che fortuna, pare ce ne sia una anche in Italia!) Udine e Benevento e poi la C quindi Caltanissetta, Zagarise e Caserta fino ad arrivare alla Z.
Ma Di Maio è uno stakanovista e salta… di Matteo in Matteo: se “giocare a fare Renzi” con l’istituzione dei 40 euro nel cuneo fiscale gli fa guadagnare le accuse di quest’ultimo non per plagio (o mezzo plagio, visto l’importo) ma per aver proposto un “panno caldo”, eccolo rifarsi sotto e proporre un “decreto che non urla, ma fa i fatti”: rimpatri certi e pure in 4 mesi!
“Alla faccia del bicarbonato di sodio!” avrebbe detto un altro suo conterraneo altrettanto comico, ma che per vivere aveva scelto in maniera consapevole di far ridere la gente, non di governarla.
Quindi gioca a fare il Salvini per salvarsi, ma a leggere il testo, frutto del lavoro congiunto con Bonafede (assente alla questione interna Lamorgese) si legge che tra i Paesi oggetto di rimpatrio compaiono stati come l’Ucraina, attualmente colpita da una guerra civile che ha fatto più di 10mila vittime negli ultimi anni, ma non il Bangladesh, il Pakistan o la Nigeria, non interessati da alcun conflitto.
In pratica tempo e risorse dei nostri governanti saranno impiegati (e sprecati) per rimpatriare e non accogliere più badanti dell’Est, ma in compenso ci teniamo la mafia nigeriana che, ormai, soprattutto sul litorale domizio (non lontano da casa Di Maio) commercia anche in organi umani. Ad acuire la situazione di una terra difficile, problematica e che se non è dimenticata dallo Stato, lo stesso sembra non porre la dovuta attenzione attraverso gli esponenti locali. E di origine locale.
Intanto anche nel capoluogo irpino è già montata la massiccia protesta dei Sindaci del Centro Destra capeggiati dalla rappresentanza locale della Lega che hanno prontamente scritto al Prefetto ricordandogli che il territorio, già interessato da misure in materia (adesione allo SPRAR in primis), è largamente provato da significativi fenomeni di svuotamento, mentre si dovrebbe auspicare ad una permanenza delle nuove generazioni.
Chissà se è chiaro persino a Di Maio che la politica dell’uno vale uno Che poi diventa zero, non significa che l’uno vale l’altro.
Tra qualche mese questi personaggi si presenteranno ai cittadini campani in vista delle elezioni regionali. Compreso Di Maio ben cosciente (?) che Avellino (dove egli è nato) si trova in Campania e che non è di certo un’enclave. Dove egli potrà – quindi dovrà – pur candidarsi (ma con chi?) per ripartire da quel (fu?) serbatoio di voti che fa gola a molti, al governatore uscente per primo, ma in nome del quale si è poco propensi a stringere alleanze, contrattualizzare patti e consumare inciuci.
Un’occasione che il Centro Destra locale dovrebbe saper cogliere affinché gli elettori campani si sentano rappresentati da idee e programmi e si identifichino ancor più nel programma svolto. In nome della serietà, dell’impegno della parola data e dell’interesse del cittadino.
Fino ad allora potremo continuare a gustarci dell’ideologo del 5 Stelle e le battute ruspanti del Governatore De Luca, magari “insieme in giro” in macchina – rigorosamente berlina tedesca -​ per la “campania elettorale” magari con DiBa al volante, sperando in una maggiore conoscenza del territorio. Lui la strada almeno fino a Bruxel la conosce…

A VOLTE RITORNANO: POMICINO E DE MITA VOGLIONO RICOSTITUIRE LA DC

L’intramontabile Ciriaco De Mita fa sul serio e si pone a guida del progetto pilota per il futuro, ma con lo sguardo rivolto al passato. E perché il progetto possa funzionare si affida ad un coetaneo navigato: nientedimeno che Paolo Cirino Pomicino.

Riuniti nell’hotel Sakura di Castellammare di Stabia, i due ex democristiani (anche se come dice Cirino Pomicino “democristiani lo si è per sempre”) tentano di rifondare la nuova Dc con il preciso obiettivo di essere già presenti nelle piazze per le prossime elezioni Regionali in Campania.
Un movimento nuovo, forse addirittura un partito che punti a riappropriarsi di quell’elettorato rimasto orfano dei valori dello scudo crociato che non ha trovato seguito né successori. Una formazione moderata, centrista, ancorata nel popolarismo capace di passare il testimone “dai padri ai figli di” e che attecchisca innanzitutto proprio in Campania, terra fertile di “una pluralità di intelligenze che può dare vita a questo soggetto politico e perché nella nostra regione è forte il desiderio di recuperare tale memoria storica” come ammette il Sindaco di Nusco (AV).
Memoria storica che affonda le radici in personaggi come don Luigi Sturzo, storico fondatore del partito dallo scudo crociato, chiedendosi “cosa avrebbe fatto oggi, come si sarebbe comportato davanti ai problemi di oggi”.
“La verità – come diceva Bacone – è figlia del tempo” e don Sturzo non è sopravvissuto ai tempi (e ai problemi) della Prima Repubblica: a sostenerlo sono due quasi centenari (Ciriaco De Mita 91 anni e Cirino Pomicino 80) che tra le (poche) cose certe vedono senz’altro “quella di capire chi è cresciuto mentre alla Farnesina sedeva gente come Alcide De Gasperi, Pietro Nenni, Amintore Fanfani, Gaetano Martino, Aldo Moro, Giuseppe Saragat, Giulio Andreotti e oggi fa fatica a vedere nei panni di ministro degli Esteri chi confonde il Cile con il Venezuela”. Quindi anche i “demitiani” ed i (neo) democratici cristiani si pongono come antitesi e avversari della formazione grillina, sempre più sola ed isolata anche da quel Pd compagno di ventura ovunque, eccetto (o non ancora) in Campania.
Un’idea che è più di un progetto destinato a non rimanere un “affare” soltanto locale se si pensa che, prima che i “big” si dessero appuntamento al Sakura, il 14 ottobre scorso, si erano incontrati già al teatro Carlo Gesualdo di Avellino in occasione dell’inaugurazione della Fondazione Fiorentino Sullo a 100 anni dalla nascita del deputato della Dc, organizzata dal (quasi ex) forzista Gianfranco Rotondi. In tale occasione, proprio il deputato irpino aveva auspicato per il nuovo soggetto politico il compito orientare i cristiani, rappresentare i laici democratici, i liberali e i riformisti spingendoli all’impegno nelle istituzioni e incarnando l’alternativa alla Destra verso cui vede impossibile ogni dialogo. Disegno palesato alla fine di una lectio magistralis tenuta nientemeno che dal premier Giuseppe Conte nella cui persona proprio Rotondi vede l’”uomo giusto”, non facendo mistero di aver più volte indicato proprio Conte come Premier, votando(gli) sempre la fiducia. Quella fiducia che sembra essere costantemente compromessa nonostante provenga da due forze politiche che hanno tutto l’interesse alla comune sopravvivenza ed in cui il professore di Volturara non sembra trovare spazio: se in fase di costituzione del Conte bis il pd diceva di non volergli confermare l’incarico, l’etichetta pentastellata è stata chiaramente rifiutata dall’inquilino di Palazzo Chigi.
Il Presidente che – secondo indiscrezioni – ha avuto più incontri (privati) con la figlia di Alcide de Gasperi durante i quali, come ha raccontato la stessa Maria Romana, “si è limitato ad ascoltare e a prendere appunti”; nel pomeriggio della sua visita in Irpina, terra di democristiani da sempre (e forse per sempre) ha tenuto a battesimo il progetto “Borgo 4.0 – dalla tecnologia sostenibile a un nuovo umanesimo – “e dove ha ricevuto il saluto (e la benedizione) dei padroni di casa (democristiani della prima ora) Ciriaco De Mita, Presidente del Consiglio per la Dc già Presidente della Bicamerale per le Riforme Costituzionali, oltre a quello di esponenti regionali della tradizione democratica-cristiana e popolare Gerardo Bianco, Nicola Mancino, Giuseppe Gargani, Ortensio Zecchino, Enzo De Luca, Mario Sena.
Un altro passo verso quella Dc scomparsa e che starebbe tracciando nuovamente la via (già battuta dai veterani) – anche per Conte -​ da seguire qualora decidesse di intraprendere un “suo” percorso politico, che forse insiste sulla stessa via percorsa dallo scudo crociato per cui non è stato trovato un degno successore e rappresentante. O almeno non ancora.
Un vero banco di prova l’imminente corsa a Palazzo Santa Lucia inserita in un progetto di più ampio respiro che punti direttamente ai palazzi romani. Che potrebbero essere non troppo distanti, nemmeno in termini temporali (o almeno si spera): e se dovessero togliere il voto ai sessantenni?http://https://www.camposud.it/2019/10/a-volte-ritornano-de-mita-e-pomicino-vogliono-ricostruire-la-dc/

IL GOVERNO GIALLO-ROTTO

IL GOVERNO GIALLO-ROTTO
Non ha stato Salvini! La colpa, stavolta, è di Zingaretti! O meglio della sua “zeppola”, quella che l’intellighenzia sinistra chiama sigmatismo e gli elettori, pidistellati inclusi, riconoscono dalla distanza che mantengono dal loro segretario….onde non essere annaffiati. Ma si sa, l’asinistra non è più amica del popolo altrimenti qualcUno, forse l’unico a qualche festa della (mono) Unità, si sarebbe unito a Nicola e gli avrebbe detto che il volgo la chiama semplicemente sputazzella.
In realtà, Nicola lo aveva già reso noto tempo fa: aveva detto governo giallo-rotto, non giallorosso. Ma per ovvia complementarietà, lo aveva capito solo Maurizio Costanzo.
Così, mentre il BisConte si era espresso per il campanilismo, facendo dell’Umbria un territorio non più grande di quello della provincia di Lecce, l’Umbria ha suonato le campane. A festa! Per i regionali, per i cittadini, per gli Italiani, per i sovranisti; per tutti, tanti: coloro che semplicemente non ce la fanno più. E le ha suonate anche al Conte, ammannendogli solo un acconto di ciò che elettoralmente gli spetta.
Pare che l’unico commento degno di nota sia stato quello di Giggino ‘o bibitaro che ha pronunziato: “Umbriachiamoci tutti!”. ma aveva dimenticato (o qualcuno non glielo aveva ancora spiegato bene), che questa volta Salvini ha vinto da solo, senza di lui ma con Meloni e Berlusconi. Ovvero, a lui è toccato scendere dal carro…ccio ! Giggino però, muta (nel senso che svaria quando ​ parla, anche se non sa cosa dice e poco importa se ciò che dice è l’esatto contrario di quanto detto il minuto prima). Abbraccia Salvini, “s’addenocchia, vasa chelle mmane” e sussurra: ” Scurdàmmoc’ ‘o passato, torna, Matte’, sta casa aspetta a te! “. Matteo twitta “la pacchia è finita”, ma Giggino, che ha appena imparato a leggere tra le righe, non comprende che è un vecchio mantra sempre attuale e capisce “la pappa è finita”. La coerenza della metamorfosi di Di Maio, già Of Maio e ora Di Muoio, avverte sentore di lavoro e assenza di reddito di cittadinanza quindi sentenzia “MAI PIU COL PIDDÌ”, ma poi si corregge e dice che intendeva “tanto ​ pe’ di’”. Pausa fibrillatoria e torna a ripetere, come un disco rotto, mai più col piddì ma solo in consesso regionale. In pratica,come ad intendere “visto che nessuno più ci metterà sotto il culo altre poltrone, teniamoci ben strette quelle di Roma”. Si sa che chi se ne va da Roma perde la poltrona!.
Loro sono oltre e oltretutto; oltretutto, oltre il limite e la misura, Si dicono post-ideologici. Ovvero, “oggi con te domani con me”. Una sorta di sdoganamento dell’attività politica di meretricio, un lupanare della politica! Peraltro, nemmeno godereccio; solo una sorta di prova in potenza (o meglio impotenza). Il capo politico dei 5 stelle ha fatto il Classico e non ricorda che il termine “politica” è ricondocibile alla Pòlis greca, la città-stato ed il modello amministrativo nella Grecia antica; per lui “polis” vuol dire plus, più… ed ecco spiegato il post-ideologismo, ovvero la faccia tosta di allearsi con tutti e con chiunque. Nel nome della pagnotta!
Pare che nemmeno Grillo sparli più, ma sulla sua personale VaffaChat abbia detto, dopo che ai sessantenni, di voler togliere il voto anche agli umbri! Le prime indiscrezione vogliono che anche i frati di Assisi si siano spogliati tutti. E pure le monache! Bergogliosamente battezzati durante un rito tribale nella santa adunata del Sinodo Amazzonico. Infine, si dice che il Giggino abbia assoldato Roberto Fico affinché si sostituisca al sindaco De Magistris nella guida della città partenopea e De Magistris torni a fare il pm d’assalto per poter invalidare l’ultima tornata elettorale chè non si è tenuta sulla piattaforma spaziale Rousseau. Ancora, Zingaretti, sfuggito alle belle pietre de L’Unità, giornale del Pd, acronimo di Partito Diviso, travagliato dai fatti quotidiani, pare abbia profferito ruttò invece di russò, a proposito di quello liberatorio emesso da Salvini seguìto al mojito della vittoria già dopo la prima sezione umbra scrutinata. E sciorinata.
D’altronde Grillo stesso aveva detto nel decennale di essere il caos. Aveva ragione: caos a 5 stelle!