GESU’ DI NAZARETH


GESU’ DI NAZARETH

ESTRATTI

Questo testo può essere letto per intero sul sito degli Avventisti del 7mo giorno:

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Venendo a vivere con noi, Gesù avrebbe rivelato Dio agli uomini e agli angeli. Egli era la Parola di Dio, il pensiero dell’essere supremo reso intelligibile. Nella preghiera per i discepoli, egli dirà: “Io ho manifestato il tuo nome agli uomini”. Giovanni 17:6. “Il Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira, ricco in bontà e fedeltà”. Esodo 34:6. “E io ho fatto loro conoscere il tuo nome e lo farò conoscere, affinché l’amore del quale tu mi hai amato sia in loro e io in loro”. Giovanni 17:26. Ma questa rivelazione non era diretta solo alle creature della terra. {GN 8.3}

Il nostro piccolo mondo è il libro di testo dell’universo. Il piano meraviglioso della grazia di Dio, il mistero dell’amore redentore sono il tema in cui “gli angeli bramano penetrare con i loro sguardi” (1 Pietro 1:12); esso sarà il loro soggetto di studio per tutta l’eternità. Gli esseri redenti, insieme con quelli che non hanno mai peccato, troveranno nella croce di Cristo il loro soggetto di studio e il loro motivo di gioia. Si vedrà che la gloria che brilla sul volto di Gesù è quella dell’amore che si sacrifica. Il Calvario insegna che l’amore, pronto alla rinuncia, è la legge di vita della terra e del cielo; che l’amore, il quale “non cerca il proprio interesse” (1 Corinzi 13:5), ha la sua fonte nel cuore di Dio e che il Maestro umile e mansueto manifesta il carattere di colui che vive nella luce e che nessun uomo può vedere. {GN 8.4}

Sebbene il peccato abbia alterato l’opera perfetta di Dio, quel messaggio rimane vivo. Tuttora il creato proclama la gloria della sua magnificenza. Nulla, eccetto il cuore egoistico dell’uomo, vive solo per sé. Né l’uccello che fende l’aria, né l’animale che si muove sul terreno: tutti si rendono utili ad altre vite. Non vi è foglia della foresta o umile filo d’erba che non svolga il suo compito. Ogni albero, arbusto o foglia elabora e trasmette quegli elementi di vita, senza i quali non potrebbero sussistere né uomini né animali. Questi, a loro volta, contribuiscono alla vita degli alberi, degli arbusti e delle foglie. I fiori emanano il loro profumo e offrono la loro bellezza in benedizione per il mondo. Il sole diffonde la sua luce e allieta i mondi; l’oceano, fonte di tutte le nostre sorgenti, riceve i corsi d’acqua da ogni terra, ma prende per dare. Il vapore acqueo ricade sotto forma di pioggia sulla terra per renderla fertile. {GN 9.1}

Gli angeli gloriosi provano gioia nel dare; offrono amore e instancabile servizio a uomini decaduti ed empi. Le creature del cielo fanno appello al cuore umano; portano in questo mondo oscuro la luce del cielo; con un servizio amorevole e paziente, operano per condurre uomini e donne alla comunione con Cristo, il quale è più vicino a loro di quanto non se ne rendano conto. {GN 9.2}

Il piano per la nostra redenzione non fu un ripiego, concepito dopo la caduta di Adamo. Esso è la rivelazione “del mistero che fu tenuto nascosto fin dai tempi più remoti” (Romani 16:25), la manifestazione dei princìpi che sono alla base del governo di Dio sin dall’eternità. Fin dal principio, il Padre e il Figlio sapevano che si sarebbe verificata l’apostasia di Satana e la caduta dell’uomo, a causa delle sue tentazioni e dei suoi inganni. Dio non aveva voluto l’esistenza del peccato, ma in anticipo aveva previsto i mezzi per affrontare questa terribile situazione di emergenza. Era così grande il suo amore per il mondo, che egli offrì il suo unico Figlio, “affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna”. Giovanni 3:16. {GN 10.1}

La sua divinità fu velata dall’umanità, la gloria invisibile nella forma umana visibile. {GN 11.1}

Per il mondo non aveva attrattive tali da suscitare ammirazione; tuttavia era Dio incarnato, la luce del cielo sulla terra. La sua gloria fu velata, la sua grandezza e maestà nascoste, perché potesse avvicinarsi all’uomo tentato e infelice. {GN 11.3}

Poiché Gesù è venuto a vivere con noi, noi sappiamo che Dio conosce le nostre lotte e simpatizza con i nostri dolori. Tutti, figli e figlie di Adamo, possono capire che il nostro Creatore è l’amico dei peccatori. In ogni insegnamento della grazia, in ogni promessa di felicità, in ogni atto di amore, in ogni aspetto della vita del Salvatore su questa terra possiamo infatti scorgere “Dio con noi”. {GN 11.6}

Gesù è stato trattato come noi meritiamo, affinché possiamo ricevere il trattamento che egli merita. Egli è stato condannato per i nostri peccati, senza avervi partecipato, affinché potessimo ottenere la giustificazione in virtù della sua giustizia, senza avervi preso parte. Egli subì la morte che era nostra, affinché potessimo ricevere la vita che era sua. “Mediante le sue lividure noi siamo stati guariti”. Isaia 53:5. {GN 13.2}

L’elevazione dei redenti sarà una testimonianza eterna della misericordia di Dio. “Per mostrare nei tempi futuri l’immensa ricchezza della sua grazia, mediante la bontà che egli ha avuta per noi in Cristo Gesù”. “Affinché i principati e le potenze nei luoghi celesti conoscano oggi, per mezzo della chiesa, la infinitamente varia sapienza di Dio, secondo il disegno eterno che egli ha attuato mediante il nostro Signore, Cristo Gesù”. Efesini 2:7; 3:10, 11. {GN 13.4}

Il governo di Dio viene riconosciuto giusto grazie all’opera redentrice di Cristo. L’Onnipotente viene presentato come Dio d’amore. Le accuse di Satana sono confutate e il suo vero carattere viene svelato. La ribellione non scoppierà un’altra volta; il peccato non può riapparire nell’universo; in futuro non vi sarà più il pericolo dell’apostasia. Grazie al sacrificio dettato dall’amore, gli abitanti della terra e del cielo sono legati al loro Creatore con vincoli indissolubili. {GN 14.1}

L’opera della redenzione sarà completata. Dove il peccato è abbondato, la grazia di Dio sovrabbonderà. La terra stessa, che Satana pretende come sua, deve essere non solo riscattata, ma innalzata. Il nostro piccolo mondo contaminato dal peccato, unica macchia nella gloriosa creazione divina, sarà onorato in tutti gli altri mondi dell’universo. Quaggiù, dove il Figlio di Dio è diventato uomo, dove il Re della gloria è vissuto, ha sofferto ed è morto; quaggiù, quando egli renderà nuove tutte le cose, il tabernacolo di Dio sarà in mezzo agli uomini, “egli abiterà con loro, essi saranno suoi popoli e Dio stesso sarà con loro e sarà il loro Dio”. Apocalisse 21:3. Per sempre i redenti cammineranno nella luce del Signore, lodandolo per il suo dono meraviglioso: Emmanuele, “Dio con noi”. {GN 14.2}

Allontanandosi da Dio, gli ebrei persero di vista gran parte degli insegnamenti del servizio religioso stabilito da Cristo stesso, che in ogni sua parte era il simbolo della sua missione ed era ricco di vitalità e di bellezza spirituali. Ma gli ebrei trascurarono il significato spirituale delle cerimonie e si interessarono solo alle forme. Riposero la loro fiducia nei sacrifici e nelle prescrizioni, invece di rivolgersi a colui che vi veniva presentato. Per compensare ciò che avevano perso, i sacerdoti e i rabbini moltiplicarono le richieste della legge, che più diventavano rigide, meno manifestavano l’amore di Dio. Misurarono la loro santità in base al numero delle cerimonie, mentre i loro cuori traboccavano di orgoglio e ipocrisia. {GN 17.1}

Con le minute e gravose imposizioni di questi capi religiosi, osservare la legge diventava impossibile. Coloro che desideravano servire Dio e cercavano di osservare i precetti dei rabbini, si addossavano un carico pesante. Non riuscivano a trovare pace dalle accuse di una coscienza turbata. Satana agiva così perché il popolo si scoraggiasse, la sua concezione del carattere di Dio si impoverisse e la fede d’Israele venisse disprezzata. In questo modo egli sperava di dimostrare che l’accusa pronuncata quando si ribellò nel cielo, secondo la quale le richieste di Dio erano ingiuste ed era impossibile osservarle, fosse corretta. Perfino Israele, affermava, non aveva osservato la legge. {GN 17.2}

Gli esseri dell’universo si aspettavano che Dio si decidesse a distruggere gli abitanti della terra. Ma, se l’avesse fatto, Satana avrebbe cercato di realizzare il suo piano per legare a sé gli altri esseri celesti. Egli aveva dichiarato infatti che i princìpi su cui si basa il regno di Dio rendono impossibile il perdono. Se il mondo fosse stato distrutto, avrebbe affermato che le sue accuse contro Dio erano vere. Era pronto a criticare Dio e a diffondere negli altri mondi il suo spirito di ribellione. Ma Dio, invece di distruggere la terra, inviò suo Figlio a salvarla. Così veniva provveduta una salvezza per questo mondo ribelle. Nell’ora più difficile della crisi, quando sembrava che Satana stesse per trionfare, il Figlio di Dio venne come ambasciatore della grazia del cielo. L’amore di Dio si era sempre manifestato nei confronti del genere umano perduto, durante tutte le età, in ogni momento; nonostante la corruzione degli uomini, la sua misericordia si era continuamente rivelata. E quando venne “la pienezza dei tempi”, la divinità fu glorificata con l’effusione nel mondo di un’abbondante grazia, che non conoscerà né ostacoli né interruzioni fino a quando il piano della salvezza non sarà interamente compiuto. {GN 23.2}

Il cielo e la terra non sono oggi più lontani di quanto lo fossero quando i pastori udirono il canto degli angeli. Ancora oggi l’umanità è oggetto delle cure del cielo, come lo era quando uomini di umile condizione avevano il privilegio di incontrarsi con gli angeli a mezzogiorno e conversavano con loro nei campi o nelle vigne. Il cielo può esserci molto vicino anche nelle comuni vicende della vita. Dal cielo gli angeli accompagnano coloro che ubbidiscono agli ordini di Dio. {GN 26.6}

La storia di Betlemme è un soggetto inesauribile di meditazione. Essa racchiude la “profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio”. Romani 11:33. Il sacrificio del Salvatore, che lascia il trono celeste per una mangiatoia e la compagnia degli angeli per quella degli animali di una stalla, ci lascia attoniti. Questo sacrificio condanna l’orgoglio e la presunzione umani. Ma era solo all’inizio della sua missione. {GN 27.1}

La consacrazione del primogenito risaliva ai tempi antichi. Dio aveva promesso di dare il Primogenito del cielo per la salvezza dei peccatori e questo dono era riconosciuto da ogni famiglia mediante la consacrazione del primo nato, che veniva consacrato al sacerdozio, come rappresentante di Cristo. {GN 28.4}

L’ordine di consacrare i primogeniti fu ripetuto quando Israele uscì dall’Egitto. Mentre i figli d’Israele soffrivano per la schiavitù, Dio inviò Mosè dal faraone per dirgli: “Così dice il Signore: Israele è mio figlio, il mio primogenito, e io ti dico: Lascia andare mio figlio, perché mi serva; se tu rifiuti di lasciarlo andare, ecco, io ucciderò tuo figlio, il tuo primogenito”. Esodo 4:22, 23. {GN 28.5}

Nel giudizio dell’universo sarà evidente per tutti che Dio non ha avuto nessuna responsabilità per l’esistenza e la diffusione del male e che i decreti divini non hanno in nessun modo favorito il peccato. Il governo di Dio era esente da difetti e non poteva esservi alcun motivo valido di malcontento. {GN 33.1}

La notte in cui la gloria di Dio aveva inondato le colline di Betlemme, i magi avevano scorto nel cielo una luce misteriosa. Essa aveva poi lasciato posto a una stella luminosa che si spostava lentamente nel cielo. Non era una stella fissa né un pianeta e questo fenomeno provocò in loro la più viva curiosità. Quei savi non sapevano che quella stella era formata da una schiera di angeli risplendenti, però avvertirono che essa aveva per loro una grande importanza. Consultarono sacerdoti e filosofi ed esaminando le antiche pergamene, trovarono che Balaam aveva dichiarato: “Un astro sorge da Giacobbe, e uno scettro si eleva da Israele”. Numeri 24:17. Forse quella strana stella era stata mandata per annunciare loro la venuta di colui che era stato promesso? Questi savi avevano salutato con gioia la luce della verità celeste, che ora risplendeva su di loro, e si sentirono spinti dai sogni avuti a ricercare il Principe appena nato. {GN 34.4}

Aveva la sapienza per discernere il male e la forza per resistervi. Cristo è il solo essere umano che sia vissuto sulla terra senza peccare. Eppure trascorse trent’anni fra i malvagi abitanti di Nazareth. Questo dimostra l’errore di quanti sostengono che una vita irreprensibile non si possa vivere, se non in condizioni favorevoli di luogo, di fortuna e di prosperità. La tentazione, la povertà e le difficoltà sono, invece, la disciplina necessaria per la formazione di un carattere puro e saldo. {GN 42.5}

Durante l’infanzia e la gioventù di Gesù, il lavoro contribuì a sviluppargli il corpo e lo spirito. Egli non sprecava le sue forze fisiche, ma le usava in modo tale da mantenersi sano e compiere sempre il suo dovere nel modo migliore. Voleva fare tutto con diligenza, anche saper maneggiare gli utensili; la perfezione del suo carattere si manifestava nel suo modo di lavorare. Con il suo esempio volle insegnarci l’impegno, la fedeltà nel compimento del dovere e la nobiltà di questo modo di agire. Nell’educazione l’attività manuale, che rende abile la mano e porta ad assumersi la propria parte di responsabilità dell’esistenza, sviluppa le energie fisiche e tutte le facoltà. Ognuno dovrebbe svolgere un’occupazione utile per sé e per gli altri. Iddio ha voluto che il lavoro fosse una benedizione e solo chi lavora diligentemente scoprirà la gioia di vivere e la vera gloria. Dio approva i bambini e i giovani che si assumono fedelmente le loro responsabilità familiari, aiutando i genitori. Questi giovani, usciti dalla famiglia, saranno utili a tutta la società. {GN 43.2}

Egli non era mai così preso dalle preoccupazioni terrene da non avere il tempo di pensare alle realtà divine. Spesso esprimeva la sua gioia con il canto di salmi o di inni sacri. Gli abitanti di Nazareth lo udivano mentre innalzava a Dio espressioni di lode e di ringraziamento. Mediante il canto restava in comunione con il cielo e quando i suoi compagni si lamentavano per la stanchezza del lavoro, li confortava intonando dolci melodie. Sembrava che i suoi canti allontanassero i demoni e riempissero di profumo il luogo in cui si trovava. La mente degli uditori era trasportata da questo esilio terreno fino alla loro patria in cielo. {GN 44.2}

Gesù fu per il mondo una fonte di misericordia e durante gli anni in cui visse a Nazareth diffuse intorno a sé simpatia e tenerezza. La sua presenza rendeva tutti più felici: gli anziani, gli afflitti, coloro che si sentivano oppressi dal peso del peccato, i bambini intenti a giocare. Colui la cui parola potente sosteneva i mondi, si chinava per raccogliere un uccello ferito. Nulla gli sembrava indegno della sua attenzione e del suo aiuto. {GN 44.3}

Così, mentre cresceva in sapienza e in statura, cresceva anche in grazia davanti a Dio e davanti agli uomini. Provando simpatia per tutti, si conquistava la simpatia di tutti. Per la speranza e il coraggio che sapeva infondere, era una fonte di benedizione per ogni famiglia. Spesso nella sinagoga, in giorno di sabato, era invitato a leggere un brano dei profeti e una luce nuova scaturiva dalle note parole del testo sacro, facendo trasalire il cuore degli uditori. {GN 44.4}

Gesù cercò di alleviare ogni sofferenza. Possedeva poco denaro, ma spesso rinunciò al cibo per soccorrere coloro che avevano maggiore bisogno di lui. I suoi fratelli sentivano che il suo influsso era superiore al loro. Aveva un tatto che nessuno di loro aveva, né desiderava possedere. Quando parlavano duramente ai poveri o agli infelici, Gesù andava a cercarli e rivolgeva loro parole di incoraggiamento. Era pronto a offrire un bicchiere d’acqua fresca e il proprio cibo a chi ne aveva bisogno. Alleviando le sofferenze, le verità che insegnava, associate ai suoi atti di misericordia, si fissavano nella memoria. {GN 55.1}

Tutto questo dispiaceva ai suoi fratelli. Essendo maggiori di età, ritenevano che avrebbe dovuto sottostare alla loro autorità. I fratelli dicevano che si sentiva superiore a loro e lo biasimavano perché si metteva al di sopra dei loro maestri, dei sacerdoti e dei capi del popolo. Spesso lo minacciavano e cercavano di intimidirlo, ma non se ne curava. La sua guida erano le Scritture. {GN 55.2}

Gesù amava i suoi fratelli e li trattava con molta gentilezza, ma essi erano gelosi di lui e manifestavano nei suoi confronti incredulità e disprezzo. Non riuscivano a capire il suo comportamento. Scorgevano nella sua vita grandi contraddizioni. Egli era il divino Figlio di Dio e nello stesso tempo un bambino bisognoso di aiuto. Era il Creatore del mondo; la terra era sua e tuttavia la povertà lo accompagnava in ogni momento della vita. Aveva una dignità e una personalità del tutto distinte dall’orgoglio e dalla presunzione. Non aspirava alla grandezza terrena e si accontentava anche della posizione più umile. Tutto ciò provocava la collera dei fratelli, che non riuscivano a spiegarsi la sua costante serenità nelle prove e nelle privazioni. Non sapevano che si era fatto povero per amor nostro, affinché potessimo diventare ricchi attraverso la sua povertà. Cfr. 2 Corinzi 8:9. Non potevano capire il mistero della sua missione, così come gli amici di Giobbe non riuscivano a comprenderne l’umiliazione e le sofferenze. {GN 55.3}

Gesù non fu accettato dai suoi fratelli perché non era come loro: il suo ideale era diverso. Per seguire gli uomini, essi si erano allontanati da Dio e la sua potenza non si manifestava più nella loro vita. Il tipo di religione che professavano non poteva trasformare il loro carattere. Essi pagavano “la decima della menta e dell’aneto e del comino”, ma trascuravano “le cose più importanti della legge: il giudizio, la misericordia e la fede”. Matteo 23:23. L’esempio di Gesù era per loro un motivo costante di irritazione. Egli odiava una sola cosa nel mondo: il peccato. Non poteva trovarsi di fronte a nessun errore, senza provare una sofferenza che non riusciva a dissimulare. Vi era un contrasto evidente tra i formalisti, la cui apparente santità nascondeva l’amore per il peccato, e un carattere in cui predominava sempre la preoccupazione per la gloria di Dio. {GN 55.4}

Poiché la vita di Gesù rappresentava una condanna del male, egli incontrò opposizione sia in casa sia fuori. La sua generosità e integrità erano criticate con un sorriso di beffa. La sua pazienza e gentilezza erano definite viltà. {GN 56.1}

Gesù assaporò tutta l’amarezza che sperimenta la maggior parte degli uomini. Alcuni cercarono di disprezzarlo per la sua nascita. Anche nell’infanzia vide sguardi sprezzanti e sentì mormorii maligni. Se avesse risposto con una parola o con uno sguardo impazienti, se avesse reagito contro i suoi fratelli con una sola azione sbagliata, non sarebbe stato più un esempio perfetto. Non avrebbe più potuto realizzare il piano della nostra redenzione. Agendo così, avrebbe ammesso che vi poteva essere qualche scusa per il peccato. Satana avrebbe trionfato e gli uomini avrebbero perso ogni possibilità di salvarsi. Per questa ragione il tentatore si impegnò per rendere la vita di Gesù più penosa possibile, perché potesse cadere nel peccato. {GN 56.2}

Ma a ogni tentazione Gesù rispondeva: “Sta scritto”. Raramente rimproverava i fratelli per i loro errori, ma sempre aveva per loro una parola da parte di Dio. Spesso fu accusato di codardia per il suo rifiuto di unirsi ad alcuni loro atti peccaminosi, ma la sua risposta era: “E disse all’uomo: Ecco, temere il Signore, questa è saggezza, fuggire il male è intelligenza”. Giobbe 28:28. {GN 56.3}

Alcuni cercavano la sua compagnia perché la sua presenza portava la pace, ma molti la evitavano perché si sentivano a disagio per la sua vita irreprensibile. I coetanei lo invitavano a imitarli. Erano lieti della sua presenza e accettavano i suoi consigli opportuni, ma non potevano sopportare i suoi timori di fare qualcosa che non fosse giusto e lo consideravano ristretto d’idee e pieno di scrupoli. Gesù rispondeva: “Sta scritto: Come potrà il giovane render pura la sua via? Badando a essa mediante la tua parola. Ho conservato la tua parola nel mio cuore per non peccare contro di te”. Salmi 119:9, 11. {GN 56.4}

Spesso gli chiedevano perché fosse così particolare e diverso da tutti. Rispondeva citando la Parola di Dio: “Beati quelli che sono integri nelle loro vie, che camminano secondo la legge del Signore. Beati quelli che osservano i suoi insegnamenti, che lo cercano con tutto il cuore e non commettono il male, ma camminano nelle sue vie”. Salmi 119:1-3. {GN 56.5}

Quando gli domandavano perché non partecipasse agli scherzi dei giovani di Nazareth, rispondeva citando la Parola di Dio: “Gioisco seguendo le tue testimonianze, come se possedessi tutte le ricchezze. Io mediterò sui tuoi precetti e considererò i tuoi sentieri. Mi diletterò nei tuoi statuti e non dimenticherò la tua parola”. Salmi 119:14-16. {GN 57.1}

Gesù non si accaniva per difendere i propri diritti. Spesso il suo lavoro era più difficile perché era conciliante e non si lamentava. Tuttavia non si lasciò andare né alla noncuranza né allo scoraggiamento. Visse al di sopra di queste difficoltà, come se fosse in presenza di Dio. Se trattato duramente, non reagiva, ma sopportava con pazienza gli insulti. {GN 57.2}

Spesso gli veniva chiesto perché accettasse questo trattamento persino dai fratelli. La sua risposta era sempre tratta dalla Parola di Dio: “Figlio mio, non dimenticare il mio insegnamento e il tuo cuore osservi i miei comandamenti, perché ti procureranno lunghi giorni, anni di vita e di prosperità. Bontà e verità non ti abbandonino, legatele al collo, scrivile sulla tavola del tuo cuore; troverai così grazia e buon senso agli occhi di Dio e degli uomini”. Proverbi 3:1-4. {GN 57.3}

Fin dal tempo in cui i genitori lo ritrovarono nel tempio, la condotta di Gesù apparve loro un vero mistero. Non polemizzava con loro, ma il suo esempio era una lezione continua. Sembrava vivesse in un’altra dimensione. Le sue ore di felicità le viveva solo con la natura e con Dio. Quando gli era possibile godere di questo privilegio, lasciava il lavoro, andava nei campi e meditava nelle verdi vallate; stava in comunione con Dio sui pendii dei monti o fra gli alberi del bosco. Nelle prime ore del mattino spesso lo si poteva trovare in un luogo appartato a meditare, a studiare le Scritture o a pregare. {GN 57.4}

Dopo queste ore tranquille, tornava a casa per assolvere i suoi doveri e offrire un esempio di pazienza nel lavoro. Gesù aveva rispetto e amore per sua madre. Maria credeva fermamente che quel bambino, nato da lei, fosse il Messia promesso da tanto tempo, tuttavia non osava esprimere la sua fede. Durante tutta la vita del Figlio, partecipò alle sue sofferenze. Assistette con dolore alle prove che egli dovette affrontare nell’infanzia e nella gioventù. Poiché difendeva ciò che riconosceva giusto nella condotta del Figlio, venne spesso a trovarsi in situazioni difficili. Considerava d’importanza vitale per la formazione del carattere la piena unità della famiglia e l’amorevole vigilanza della madre. I figli e le figlie di Giuseppe sapevano tutto ciò e, facendo appello a questa sua preoccupazione, cercavano di modificare la condotta di Gesù secondo il loro punto di vista. {GN 57.5}

Maria spesso esortava Gesù a conformarsi agli usi dei rabbini. {GN 57.6}

Ma egli non poteva rinunciare a contemplare le opere di Dio e ad alleviare le sofferenze degli uomini e degli animali. Quando i sacerdoti e i maestri chiesero l’aiuto di Maria per controllare meglio Gesù, ella rimase turbata, ma le tornò la pace nel cuore quando il Figlio le presentò le dichiarazioni delle Scritture a sostegno della sua condotta. {GN 58.1}

Ogni tanto esitava tra le posizioni di Gesù e dei suoi fratelli, che non credevano che egli fosse l’inviato di Dio. Ma era chiaro che Gesù possedeva un carattere divino. La madre lo vedeva sacrificarsi per il bene degli altri. La sua presenza creava un’atmosfera di santità in casa e la sua vita rappresentava per la società un esempio di trasformazione. Sereno e senza peccato camminava tra gli uomini sconsiderati, tra quelli dai modi rudi o sgarbati, tra i pubblicani ingiusti, gli scialacquatori, i samaritani, i soldati pagani, i contadini rozzi e la gente di ogni tipo. Rivolgeva parole di simpatia agli uomini stanchi, costretti a portare pesanti fardelli. Condivideva i loro pesi e ripeteva le lezioni che aveva imparato dalla natura sull’amore, la benevolenza e la bontà di Dio. {GN 58.2}

Insegnava a tutti che dovevano considerarsi dotati di talenti preziosi, che, se impiegati diligentemente, avrebbero assicurato loro le ricchezze eterne. Eliminava dalla vita ogni cosa inutile. Insegnava con l’esempio che ogni istante è ricco di risultati eterni, che dev’essere considerato prezioso come un tesoro e usato per scopi santi. Non pensava che esistessero uomini privi di valore, ma offriva a ognuno il rimedio adeguato. A ciascuno presentava una lezione adatta al tempo e alle circostanze. Cercava di infondere speranza nelle persone più rozze e incapaci, convincendole che potevano diventare giuste e irreprensibili, acquisendo un carattere che avrebbe manifestato le loro qualità di figli di Dio. Spesso incontrava uomini che erano caduti sotto il dominio di Satana e non erano capaci di liberarsene. A questi uomini scoraggiati, ammalati, tentati e caduti, Gesù rivolgeva parole di affetto, parole di cui avevano bisogno e che potevano capire. Ne incontrava altri impegnati in una lotta corpo a corpo con l’avversario. Li incoraggiava a perseverare, assicurando loro che avrebbero vinto, che gli angeli erano al loro fianco e avrebbero assicurato loro la vittoria. Tutti coloro che aiutava si convincevano che c’era qualcuno in cui potevano confidare completamente. Egli non avrebbe tradito i segreti che essi, fiduciosi, gli rivelavano. {GN 58.3}

Gesù guariva il corpo e lo spirito. Si interessava a ogni tipo di sofferenza con cui veniva a contatto e a ogni sofferente portava sollievo. Le sue parole gentili erano come un balsamo. Nessuno poteva dire che egli avesse compiuto un miracolo, ma la potenza guaritrice dell’amore si trasmetteva da lui a chi era ammalato o scoraggiato. In questa maniera discreta operò per il popolo fin dalla sua infanzia. Per questa ragione, quando iniziò il suo ministero pubblico, molti lo ascoltarono volentieri. {GN 58.4}

Tuttavia, durante l’infanzia, la gioventù e la maturità Gesù camminò da solo. Puro e fedele affrontò da solo e senza aiuto le difficoltà. Portò il terribile peso della responsabilità della salvezza degli uomini. Sapeva che, senza un radicale cambiamento dei princìpi e degli ideali dell’umanità, si sarebbero persi. In questo consisteva il peso che gravava su di lui e nessuno poteva comprendere il carico che portava. Con profonda convinzione realizzò nella sua vita l’obiettivo di essere la luce degli uomini. {GN 59.1}

Egli (Giovanni Battista) diceva che tutti i sudditi del regno di Cristo dovevano dimostrare nella vita pentimento e fede ed essere gentili e onesti. Dovevano soccorrere i bisognosi e portare le loro offerte a Dio, proteggere i deboli e manifestare misericordia e virtù. Così i discepoli di Cristo testimoniano della potenza trasformatrice dello Spirito Santo. La giustizia, la misericordia e l’amore di Dio si devono scorgere nella vita di tutti i giorni. In caso contrario, non sono che pula destinata al fuoco. {GN 68.4}

Molti ritengono che la lotta fra Cristo e Satana non influisca sulla loro vita e la giudicano di scarso interesse. In realtà questa lotta si ripete in ogni cuore. Nessuno può abbandonare il male e servire Dio senza affrontare gli attacchi di Satana. Le prove contro cui Cristo resistette sono le stesse contro le quali noi oggi lottiamo con tanta difficoltà; erano però maggiori delle nostre quanto lo è il suo carattere rispetto al nostro. Portando su di sé il terribile peso dei peccati del mondo, Cristo superò la prova dell’avidità, dell’amore del mondo e dell’orgoglio. Queste erano le tentazioni che avevano travolto Adamo ed Eva e che tanto facilmente travolgono anche noi. {GN 75.5}

Satana si era servito del peccato di Adamo per dimostrare che la legge di Dio è ingiusta e che non si può osservarla. Diventato uomo, Cristo doveva riscattare la colpa di Adamo. Ma Adamo, al momento della tentazione, non portava su di sé le conseguenze del peccato; aveva la forza di un’umanità perfetta e un completo sviluppo mentale e fisico. Circondato dagli splendori dell’Eden, comunicava ogni giorno con gli angeli. Ma queste non erano le condizioni in cui si trovava Gesù, quando entrò nel deserto per affrontare Satana. Per quattromila anni le facoltà fisiche, mentali e morali dell’umanità si erano affievolite. Cristo prese su di sé le debolezze di un’umanità degenerata. Solo così poteva riscattare l’uomo dalla sua profonda degradazione. {GN 76.1}

Molti pensano che Cristo non potesse cedere alla tentazione, ma in tal caso non avrebbe potuto prendere il posto di Adamo e vincere dove questi era caduto. Se dovessimo affrontare delle lotte più dure delle sue, allora non potrebbe esserci di aiuto. Ma il nostro Salvatore ha rivestito l’umanità con tutti i suoi limiti. È diventato uomo con il rischio di essere sopraffatto dalla tentazione. Noi non dobbiamo affrontare nulla che egli stesso non abbia affrontato. {GN 76.2}

Per Cristo, come per i nostri progenitori nell’Eden, la prima grande tentazione riguardò la gola; e la redenzione doveva cominciare proprio là dov’era iniziata la caduta. Adamo cadde cedendo all’appetito; Cristo vinse dominandolo. “E, dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame”. Matteo 4:2. Quando il tentatore gli disse: “Se tu sei Figlio di Dio, ordina che queste pietre diventino pani”. Ma egli rispose: “Sta scritto: Non di pane soltanto vivrà l’uomo, ma di ogni parola che proviene dalla bocca di Dio”. Versetti 3, 4. {GN 76.3}

Discutere con il nemico significa concedergli un vantaggio. {GN 79.1}

Le Scritture dicono ancora: “Come sacrificio offri a Dio il ringraziamento e mantieni le promesse fatte al Signore; poi invocami nel giorno della sventura; io ti salverò e tu mi glorificherai”. Salmi 50:14, 15. {GN 84.4}

Satana, quando dichiarava che la potenza e la gloria del mondo gli erano state date e che era libero di disporne a suo piacimento, diceva una mezza verità. Il dominio di Satana è quello che ha usurpato ad Adamo, che comunque non era un sovrano indipendente, ma un amministratore di Dio. La terra appartiene all’Eterno, che ha affidato tutto a suo Figlio. Adamo governava alle dipendenze di Cristo. Quando l’uomo cedette a Satana il suo dominio, Cristo rimase il sovrano legittimo. Per questo Dio disse al re Nebucadnetsar che “l’Altissimo domina sul regno degli uomini e che egli lo dà a chi vuole”. Daniele 4:17. Satana può esercitare il potere usurpato solo nella misura in cui Dio glielo permette. {GN 85.4}

Nei tempi antichi, quando un re viaggiava con il suo seguito attraverso le regioni meno frequentate del suo dominio, era preceduto da incaricati che livellavano le asperità del terreno e colmavano le fosse, affinché il sovrano potesse viaggiare sicuro e senza ostacoli. Il profeta si serve di questa usanza come di un’immagine per illustrare l’opera del Vangelo. “Ogni valle sia colmata, ogni monte e ogni colle siano abbassati”. Isaia 40:4. Quando lo Spirito di Dio opera in un’anima con la sua potenza rigeneratrice, l’orgoglio si abbassa e i piaceri, la posizione e la potenza perdono ogni valore. L’umiltà e l’amore, così poco apprezzati dagli uomini, vengono considerati come i veri valori. Questa è l’opera del Vangelo di cui il messaggio di Giovanni rappresentava una parte. {GN 90.1}

Viene confermata la mia interpretazione. I monti e i colli rappresentano livelli dell’orgoglio umano; le valli rappresentano l’umiliazione umana.

Il pentimento, la fede e l’amore permettono all’uomo di ricevere la sapienza divina. La fede che opera nella carità è la chiave della conoscenza; chiunque ama “conosce Dio”. Giovanni 4:7. {GN 93.5}

Natanaele, se si fosse lasciato guidare dai rabbini, non avrebbe mai trovato Gesù, mentre, osservando e valutando personalmente, divenne un discepolo. Anche oggi i pregiudizi impediscono a molti di conoscere il bene; essi otterrebbero risultati molto diversi, se andassero di persona a verificare. Finché confidano in un’autorità umana, non potranno mai giungere alla conoscenza della verità. Come Natanaele, anche noi dobbiamo studiare per conto nostro la Parola di Dio e pregare per ricevere la luce dello Spirito Santo. Colui che vide Natanaele sotto il fico, vedrà anche noi mentre preghiamo segretamente. Gli angeli sono vicini a coloro che cercano con umiltà la guida divina. {GN 95.1}

Molti hanno bisogno dell’assistenza di cristiani premurosi. Tante persone si sarebbero potute salvare, se i loro vicini, uomini e donne comuni, li avessero aiutati. Altri ancora aspettano che qualcuno li guidi. {GN 95.3}

Il nostro influsso dipende più da quello che siamo che da quanto diciamo. Gli uomini possono confutare e distruggere la nostra logica, resistere ai nostri appelli; ma una vita ispirata a un amore disinteressato è un argomento irrefutabile. Una vita fedele, che ha come caratteristica principale la mansuetudine di Cristo, è una potenza nel mondo. {GN 95.5}

Gli angeli di Dio salgono e innalzano verso il Padre le preghiere dei miseri e degli afflitti, e scendono per portare agli uomini benedizioni, speranza, coraggio, soccorso e vita. {GN 96.5}

Il vino che Cristo provvide per la festa (delle nozze di Cana) e quello che offrì più tardi ai discepoli, come simbolo del suo sangue, era puro succo d’uva. Ad esso allude il profeta Isaia quando parla del succo nel grappolo e dice: “Non lo distruggere perché lì c’è una benedizione”. Isaia 65:8. {GN 102.3}

Cristo aveva dato a Israele il seguente ammonimento: “Il vino è schernitore, la bevanda alcolica è turbolenta, chiunque se ne lascia sopraffare non è saggio”. Proverbi 20:1. Quindi non poteva essere lui a offrire una simile bevanda. Satana tenta gli uomini spingendoli alla rilassatezza, che offusca la ragione e affievolisce la sensibilità spirituale; ma Cristo ci insegna a dominare la nostra natura. Tutta la sua vita è stata un esempio di abnegazione. Per vincere la potenza delle passioni, sopportò per noi la prova più dura a cui l’umanità possa trovarsi esposta. Era stato Cristo a stabilire che Giovanni il Battista non bevesse “né vino né cervogia (birra fatta con orzo o avena fermentata)”. Egli aveva ordinato una simile astinenza alla moglie di Manoah e aveva maledetto l’uomo che avrebbe dato da bere al suo prossimo. Cristo non ha contraddetto i suoi insegnamenti. Il vino non fermentato, che aveva provveduto alla festa nuziale, era una bevanda sana e rinfrescante e mirava a soddisfare il gusto, essendo insieme un alimento sano. {GN 102.4}

Il ministero di Cristo era in netto contrasto con quello degli anziani del popolo d’Israele. La stima in cui tenevano la tradizione e il formalismo aveva distrutto ogni vera libertà di pensiero e azione. Vivevano nella paura continua della contaminazione. Per evitare il contatto con gli “impuri” stavano lontani non solo dai gentili, ma anche dalla maggior parte dei loro compatrioti, evitando di aiutarli e farseli amici. Pensando sempre a tali questioni, avevano limitato le loro menti e ristretto la visuale della loro vita. Il loro esempio favoriva la diffusione dell’egoismo e dell’intolleranza in tutto il popolo. {GN 103.1}

Dio aveva guidato Giovanni il battista nel deserto affinché fosse al riparo dall’influsso dei sacerdoti e dei rabbini e si preparasse per la sua missione. Ma l’austerità e l’isolamento della sua vita non erano un modello da proporre a tutti. Giovanni stesso non aveva indotto i suoi uditori a dimenticarsi dei loro doveri pratici. Aveva ordinato di manifestare il loro pentimento con la fedeltà a Dio là dove erano stati chiamati. {GN 103.3}

Gesù vedeva in ognuno un candidato per il suo regno. Egli toccava il cuore delle persone perché voleva il loro bene. Le cercava nelle strade, nelle case, sulle barche, nella sinagoga, sulle rive del lago, alle feste nuziali. Le incontrava mentre svolgevano i loro lavori quotidiani e manifestava interesse per ciò che facevano. Portava i suoi insegnamenti nelle case e faceva sentire alle famiglie il suo influsso divino. Con la sua intensa partecipazione umana conquistava i cuori. Spesso si ritirava sui monti a pregare, ma sempre in vista di una vita attiva tra gli uomini. Andava poi in mezzo a loro per guarire gli ammalati, istruire gli ignoranti e spezzare le catene dei prigionieri di Satana. {GN 104.1}

Non dovremmo mai offrire al mondo la falsa impressione che i cristiani siano persone tristi e infelici. In Gesù vediamo un Redentore compassionevole, che ci illumina mentre lo contempliamo. Dove regna il suo spirito, regna anche la pace. E vi sarà gioia, perché in Dio vi è una fiducia santa e calma. {GN 105.3}

I capi esortavano gli israeliti a recarsi a Gerusalemme per essere istruiti su come adorare Dio. Durante la settimana di Pasqua, nella capitale erano in molti ad accorrere da ogni parte della Palestina e anche dai paesi più lontani. Una folla eterogenea occupava i cortili del tempio. Siccome la maggior parte delle persone non poteva portarsi dietro gli animali che dovevano essere immolati, per loro comodità si effettuava una vendita di animali nel cortile esterno del tempio. Qui tutti i fedeli, senza distinzione di classe, andavano a procurarsi le vittime e a cambiare ogni moneta straniera con quella del santuario. {GN 106.3}

Ciascun israelita doveva pagare ogni anno mezzo siclo per riscattare la sua persona. Cfr. Esodo 30:12-16. Il denaro così raccolto serviva per la manutenzione del tempio. Oltre a ciò, offerte volontarie di entità cospicua venivano portate nel tesoro del tempio. Ogni moneta straniera doveva essere cambiata con il siclo del santuario, unica moneta accettata nel servizio del tempio. Questo cambio, che offriva occasioni di inganni ed estorsioni, era per i sacerdoti una vergognosa fonte di guadagno. {GN 106.4}

I commercianti vendevano gli animali a prezzi esorbitanti e dividevano poi i loro guadagni con i sacerdoti e gli anziani, che si arricchivano a spese del popolo. Si insegnava ai fedeli che, se non offrivano sacrifici, la benedizione divina non sarebbe scesa sui loro figli e sulle loro terre. Si alzavano i prezzi delle vittime, con la certezza che i fedeli, giunti da tanto lontano, non sarebbero tornati alle loro case senza aver compiuto gli atti di culto prescritti. {GN 106.5}

In occasione della Pasqua il numero dei sacrifici offerti era notevole e le vendite nel tempio aumentavano. La confusione faceva pensare a un mercato di bestiame più che al santo tempio di Dio. Si udivano il muggito dei buoi, il belare delle pecore, il tubare dei piccioni, mescolati con il tintinnio delle monete e le contrattazioni. La confusione disturbava i fedeli e sommergeva le preghiere. Gli israeliti erano orgogliosi del loro tempio e consideravano una bestemmia ogni parola pronunciata contro di esso. Erano scrupolosi nella celebrazione dei riti, ma per amore del denaro passavano sopra a questi scrupoli. Non si rendevano conto di quanto si fossero allontanati dall’obiettivo per cui Dio stesso aveva stabilito quel servizio. {GN 107.1}

Quando il Signore discese sul monte Sinai, consacrò con la sua presenza quel luogo. Mosè ricevette l’ordine di isolare il monte con delle barriere e di santificarlo. “Guardatevi dal salire sul monte o dal toccarne i fianchi. Chiunque toccherà il monte sarà messo a morte. Nessuna mano dovrà toccare il colpevole: questo sarà lapidato o trafitto con frecce; animale o uomo che sia, non dovrà vivere!” Esodo 19:12, 13. Dio insegnava che qualunque luogo dove si manifestava la sua presenza era santificato. I luoghi adiacenti al santuario avrebbero dovuto esser considerati sacri, ma l’amore del denaro aveva fatto perdere di vista tutto questo. {GN 107.2}

I sacerdoti e gli anziani, rappresentanti di Dio presso il popolo, avrebbero dovuto reprimere gli abusi commessi nel cortile del tempio e offrire al popolo esempi di onestà e misericordia. Anziché ricercare guadagni personali, avrebbero dovuto pensare alle condizioni e ai bisogni dei fedeli e venire in aiuto di chi non aveva i mezzi per procurarsi gli animali, richiesti per i sacrifici. Ma trascurarono il proprio dovere, perché l’avidità aveva indurito il loro cuore. {GN 107.3}

Venivano alla festa anche i malati, i poveri, i ciechi, gli zoppi, i sordi. Alcuni erano portati sui loro giacigli. Molti erano troppo poveri per poter offrire al Signore anche l’offerta più modesta e perfino per procurarsi il cibo con cui placare la fame. Erano molto turbati per gli insegnamenti dei sacerdoti, che si vantavano della loro generosità e si proclamavano custodi del popolo, ma erano privi di simpatia e compassione. I poveri, i malati, i morenti si rivolgevano a loro inutilmente. In quei cuori induriti non si risvegliava nessun sentimento di pietà. {GN 107.4}

Entrato nel tempio, Gesù colse con un solo sguardo tutta la scena. Vide la disonestà, vide l’angoscia dei poveri che temevano, non potendo portare dei sacrifici, di non avere il perdono dei peccati. Vide che il cortile esterno del tempio era stato trasformato in un luogo di traffici profani: sembrava un grande mercato. {GN 108.1}

Appena entrò nel tempio colse con uno sguardo penetrante la scena che gli si presentava. Con occhio profetico vide il futuro, e non solo anni, ma secoli e millenni. Vide che sacerdoti e capi si sarebbero rifiutati di far giustizia ai miseri e avrebbero impedito la predicazione del Vangelo ai poveri. Vide che l’amore di Dio sarebbe stato nascosto ai peccatori e la sua grazia sarebbe stata oggetto di un vero commercio. Guardando quella scena si indignò e sul suo viso si leggevano forza e autorità. L’attenzione del popolo si volse verso di lui. Gli occhi dei trafficanti si fissarono sul suo volto. Non riuscivano a sfuggire al suo sguardo. Sentivano che quell’uomo leggeva i loro pensieri più intimi e svelava i loro segreti moventi. Cercarono di voltarsi, temendo che quegli occhi scrutatori potessero leggere nei loro le cattive azioni compiute. Immaginiamo la scena. {GN 108.3}

Il frastuono cessa. S’interrompe il brusio dei traffici e delle contrattazioni e il silenzio si fa opprimente. L’assemblea è dominata da un senso di timore, come se si trovasse davanti al tribunale di Dio. La divinità rifulge in Cristo attraverso il velo dell’umanità. La Maestà del cielo si erge come nell’ultimo giorno, non rivestita della stessa gloria, ma capace di leggere nell’animo. Il suo sguardo spazia sulla folla e si sofferma su ognuno. Il suo volto risplende di luce divina. Egli parla e la sua voce chiara e potente — la stessa che ha proclamato la legge dal Sinai e che ora i sacerdoti e gli anziani non vogliono ascoltare — echeggia sotto i porticati del tempio: “Portate via di qui queste cose; smettete di fare della casa del Padre mio una casa di mercato”. Giovanni 2:16. {GN 108.4}

Scendendo lentamente i gradini, con in mano una sferza di cordicelle, ordina ai mercanti di lasciare i cortili del tempio. Con uno zelo e una severità che non aveva ancora manifestati, rovescia le tavole dei cambiavalute. Le monete, cadendo sui pavimenti di marmo, mandano un suono squillante. Nessuno osa porre in dubbio la sua autorità né raccoglie il denaro guadagnato illecitamente. Gesù non colpisce nessuno, ma quella semplice sferza sembra fra le sue mani come una spada fiammeggiante. Gli addetti al tempio, i sacerdoti affaristi, i compratori e i mercanti di bestiame, insieme con i loro buoi e le loro pecore, si precipitano fuori, preoccupati unicamente di sfuggire alla condanna della sua presenza. {GN 108.5}

La folla, sentendo passare su di sé l’ombra della sua divinità, è presa dal panico. Da centinaia di labbra pallide sfuggono grida di terrore. Perfino i discepoli tremano, impressionati dalle parole e dall’atteggiamento di Gesù, così insoliti. Si ricordano di ciò che è stato scritto: “Mi divora lo zelo per la tua casa”. Salmi 69:9. Presto la folla tumultuosa, con la sua mercanzia, si trova lontana dal tempio del Signore. I cortili sono liberi dal traffico profano. Un silenzio profondo e solenne subentra alla confusione. La presenza del Signore, che una volta aveva santificato la montagna, ora ha santificato il tempio eretto in suo onore. Con la purificazione del tempio, Gesù proclamava la sua missione di Salvatore e inaugurava il suo ministero. Questo tempio, costruito come casa per il Dio vivente, doveva essere per Israele e per il mondo una parabola. {GN 109.1}

Poiché tutta l’economia rituale era un simbolo di Cristo, senza di lui non aveva valore. Quando gli ebrei rifiutarono Cristo condannandolo a morte, respinsero tutto ciò che dava significato al tempio e ai servizi. La sua sacralità spariva e veniva condannato alla distruzione. Da quel momento tutte le offerte e tutti i servizi sarebbero stati privi di valore. Non esprimendo la fede nel Salvatore, sarebbero stati simili all’offerta di Caino. Condannando Cristo a morte, gli ebrei distrussero virtualmente il loro tempio. Quando Gesù spirò, la cortina del tempio si strappò in due da cima a fondo, per significare che ormai il grande sacrificio finale era stato compiuto e che il sistema delle offerte si era concluso per sempre. {GN 113.4}

Non vi erano scuse per la cecità d’Israele nei confronti della rigenerazione. Guidato dallo Spirito Santo, Isaia aveva scritto: “Tutti quanti siamo diventati come l’uomo impuro, tutta la nostra giustizia come un abito sporco”. Isaia 64:6. Davide così si era espresso in una preghiera: “O Dio, crea in me un cuore puro e rinnova dentro di me uno spirito ben saldo”. Salmi 51:10. E tramite il profeta Ezechiele, era stata fatta questa promessa: “Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo; toglierò dal vostro corpo il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Metterò dentro di voi il mio spirito e farò in modo che camminerete secondo le mie leggi, e osserverete e metterete in pratica le mie prescrizioni”. Ezechiele 36:26, 27. {GN 119.4}

Non si illumina un’anima con le controversie e le discussioni. Bisogna guardare per vivere. {GN 120.4}

Perché “in nessun altro è la salvezza; perché non vi è sotto il cielo nessun altro nome che sia stato dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati”. Atti 4:12. Per fede possiamo ricevere la grazia di Dio, ma la fede non è la causa della nostra salvezza. Essa non merita nulla. {GN 120.5}

Ma allora come siamo salvati? “Come Mosè innalzò il serpente nel deserto”, così il Figlio dell’uomo è stato innalzato, e chi è stato ingannato e morso dal serpente può guardare a lui e vivere. “Ecco l’Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo!” Giovanni 1:29. La luce che brilla dalla croce rivela l’amore di Dio. Il suo amore ci attrae. {GN 121.2}

È la grazia di Cristo che dà vita all’uomo. Senza Cristo, il battesimo, come ogni altra cerimonia, è una forma priva di valore. “Chi invece rifiuta di credere al Figlio non vedrà la vita”. (Giovanni 3:36). {GN 125.1}

L’opera di Dio non deve portare l’immagine e la firma degli uomini. Il Signore si serve di diversi strumenti, attraverso i quali il suo piano può essere realizzato con maggiore efficacia. Beati coloro che sono disposti a umiliarsi e a dire con Giovanni il battista: “Bisogna che egli cresca e che io diminuisca”. {GN 126.2}

I samaritani credevano che il Messia sarebbe venuto per redimere non solo gli ebrei, ma tutto il mondo. Lo Spirito Santo, tramite Mosè, aveva preannunciato che egli sarebbe stato un profeta inviato da Dio. Mediante Giacobbe era stato detto che in lui si sarebbero riuniti tutti i popoli e, attraverso Abramo, che in lui sarebbero state benedette tutte le nazioni della terra. I samaritani basavano su questi passi la loro fede nel Messia. Il fatto che gli ebrei avessero interpretato male i profeti più recenti, attribuendo al primo avvento di Cristo la gloria del suo ritorno, aveva indotto i samaritani a respingere tutti gli scritti sacri, ad eccezione di quelli relativi a Mosè. Ma, appena il Salvatore ebbe confutato quelle interpretazioni sbagliate, molti accettarono le ultime profezie e le parole di Cristo stesso sul regno di Dio. {GN 134.1}

Gesù aveva iniziato ad abbattere il muro di separazione fra gli ebrei e i gentili e a proclamare la salvezza al mondo. Benché ebreo, egli trattava liberamente con i samaritani, senza curarsi per nulla delle abitudini farisaiche della sua nazione. Nonostante i pregiudizi, accettò l’ospitalità di un popolo disprezzato: dormì sotto il loro tetto, mangiò alla loro tavola un cibo preparato e servito dalle loro stesse mani, insegnò nelle loro strade e li trattò con la massima amabilità. {GN 134.2}

II soggiorno di Gesù in Samaria fu una benedizione per i suoi discepoli, che erano ancora sotto l’influsso del fanatismo ebraico. Essi pensavano che la fedeltà alla propria nazione esigesse anche l’odio nei confronti dei samaritani. Si meravigliarono perciò della condotta di Gesù. Tuttavia non poterono rifiutarsi di seguire il suo esempio; e durante i due giorni in Samaria, sebbene non fossero ancora del tutto convinti, non si lasciarono dominare dai pregiudizi, grazie alla fedeltà al Maestro. Erano lenti a imparare che il disprezzo e l’odio dovevano cedere in loro il posto alla compassione e alla simpatia. {GN 134.4}

Il più piccolo dei discepoli che vide le opere potenti di Cristo e udì le sue parole poté godere di un privilegio maggiore di quello di Giovanni. E in questo senso era più grande di lui. {GN 158.4}

Erode subiva le conseguenze di una vita di peccato, secondo quello che Dio ha detto: “Un cuore tremante, degli occhi che si spengono e un’anima languente. La tua vita ti starà davanti come sospesa; tremerai notte e giorno e non sarai sicuro della tua esistenza. La mattina dirai: Fosse pur sera! e la sera dirai: Fosse pur mattina! a causa dello spavento che ti riempirà il cuore e a causa delle cose che vedrai con i tuoi occhi”. Deuteronomio 28:65-67. Sono i pensieri del peccatore che lo accusano; non vi è tormento peggiore dei rimproveri di una coscienza colpevole che non dà requie né giorno né notte. {GN 161.2}

Perché vi è stata concessa la grazia, rispetto a Cristo, non soltanto di credere in lui, ma anche di soffrire per lui”. Filippesi 1:29. Di tutti i doni che il cielo può accordare agli uomini, non ce n’è uno più grande della partecipazione alle sofferenze di Cristo. {GN 162.4}

Molte volte coloro che cercano la verità devono, per ubbidire a quegli insegnamenti, lasciare le chiese dei loro padri. {GN 163.5}

Le popolazioni della Galilea, disprezzate dai rabbini di Gerusalemme che le consideravano rozze e ignoranti, erano il campo più favorevole per l’opera del Salvatore. Erano più pronte e sincere, meno fanatiche, la loro mente era più aperta alla verità. Andando in Galilea, Gesù non cercava l’isolamento e la solitudine. In quella provincia c’era allora una popolazione numerosa, con un numero maggiore di stranieri che in Giudea. {GN 164.1}

Il messaggio di Cristo era: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; ravvedetevi e credete all’evangelo”. Questo messaggio, annunciato dal Salvatore stesso, si basava sulle profezie. Il “tempo” che egli considerava compiuto era il periodo profetico rivelato a Daniele dall’angelo Gabriele: “Settanta settimane sono state fissate riguardo al tuo popolo e alla tua santa città, per far cessare la perversità, per mettere fine al peccato, per espiare l’iniquità e stabilire una giustizia eterna, per sigillare visione e profezia e per ungere il luogo santissimo”. Daniele 9:24. Nelle profezie un giorno rappresenta un anno. Cfr. Numeri 14:34; Ezechiele 4:6. Le settanta settimane, ossia i quattrocentonovanta giorni, rappresentano quattrocentonovant’anni. La profezia indica anche il momento di inizio di questo periodo. “Sappi dunque e intendi che da che sarà uscita la parola che Gerusalemme sia riedificata fino al Messia, Capo dell’esercito, vi saranno sette settimane e altre sessantadue settimane”. Daniele 9:25 (Diodati). Sessantanove settimane, ossia quattrocentottantatré anni. L’ordine di restaurare e di ricostruire Gerusalemme emanato da Artaserse Longimano (cfr. Esdra 6:14; 7:1, 9) divenne esecutivo nell’autunno del 457 a.C. Iniziando da questa data, i quattrocentottantatré anni ci portano all’autunno dell’anno 27 d.C. Secondo la profezia questo periodo doveva giungere fino al Messia, all’Unto. Nell’anno 27 Gesù fu battezzato, fu unto di Spirito Santo e iniziò il suo ministero. Allora fu proclamato il messaggio: “Il tempo è compiuto”. {GN 164.3}

L’angelo aveva aggiunto: “L’invasore stabilirà un saldo patto con molti per una settimana”. Daniele 9:27. Per sette anni, dall’inizio del ministero del Salvatore, il Vangelo venne predicato soprattutto agli ebrei; per tre anni e mezzo da Cristo stesso, dopo dagli apostoli. “in mezzo alla settimana farà cessare sacrificio e offerta”. Versetto 27. Nella primavera dell’anno 31 d.C. Gesù, il vero sacrificio, fu offerto sul Calvario. In quel momento la cortina del tempio si lacerò, indicando che il valore simbolico dei vari sacrifici era finito. Si era concluso il tempo dei sacrifici e delle offerte terreni. {GN 165.1}

L’ultima settimana — sette anni — terminò nel 34 d.C. Con la lapidazione di Stefano gli ebrei rifiutarono definitivamente il messaggio del Vangelo. I discepoli, dispersi per la persecuzione, “se ne andarono di luogo in luogo, portando il lieto messaggio della Parola”. Atti 8:4. E poco dopo Saulo, il persecutore, si convertì e divenne Paolo, l’apostolo dei gentili. {GN 165.2}

Gesù dimostrò la sua divinità rivelando i loro pensieri segreti. “Ed egli disse loro: Certo, voi mi citerete questo proverbio: Medico, cura te stesso; fa’ anche qui nella tua patria tutto quello che abbiamo udito essere avvenuto in Capernaum! Ma egli disse: In verità vi dico che nessun profeta è ben accetto nella sua patria. Anzi, vi dico in verità che ai giorni d’Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e vi fu grande carestia in tutto il paese, c’erano molte vedove in Israele; eppure a nessuna di esse fu mandato Elia, ma fu mandato a una vedova in Sarepta di Sidone. E al tempo del profeta Eliseo, c’erano molti lebbrosi in Israele; eppure nessuno di loro fu purificato, lo fu solo Naaman, il Siro”. Versetti 23-27. {GN 168.5}

La nostra posizione davanti a Dio non dipende dalla conoscenza che abbiamo ricevuto, ma dall’uso che ne facciamo. Così, perfino i pagani che scelgono ciò che è giusto nella misura della loro conoscenza, sono in una posizione migliore di coloro che hanno una conoscenza maggiore e professano di servire Dio, ma la trascurano con il loro comportamento e contraddicono la loro professione di fede. {GN 169.3}

Gli angeli avevano protetto Lot e lo avevano guidato fuori da Sodoma. Nello stesso modo avevano protetto Eliseo nella piccola città di montagna, quando le alture circostanti erano piene di cavalli e carri del re di Siria. Eliseo aveva visto gli eserciti del cielo accampati sui fianchi delle colline: cavalli e carri di fuoco stavano intorno al servo del Signore. {GN 170.1}

Così, in tutti i tempi, gli angeli sono stati vicini ai discepoli fedeli di Cristo. Le potenze del male si sono coalizzate contro tutti i figli di Dio, ma Cristo li invita a guardare le cose invisibili: gli eserciti del cielo accampati intorno a coloro che amano Dio, pronti a liberarli. Soltanto nella luce dell’eternità, quando comprenderemo la provvidenza di Dio, sapremo da quali pericoli visibili e invisibili siamo stati liberati per l’intervento degli angeli. Sapremo allora che la famiglia del cielo si è interessata della famiglia terrena e che i messaggeri di Dio hanno seguito, giorno dopo giorno, tutti i nostri passi. {GN 170.2}

Negli intervalli tra i suoi viaggi Gesù si fermava a Capernaum. Per questo motivo quella città fu chiamata “la sua città”. Sorgeva sulla riva del mar di Galilea, vicino alla bella pianura di Gennezaret, precisamente al suo inizio. {GN 179.1}

La profonda depressione del lago conferiva a quella pianura il tipico clima del sud. Ai tempi di Cristo vi crescevano la palma e l’ulivo, c’erano frutteti e vigneti, campi verdi e splendidi fiori; il terreno era irrigato da sorgenti che sgorgavano dalle rocce. Città e villaggi sorgevano sulle rive del lago e sulle colline circostanti, e le barche dei pescatori ne solcavano le acque. Ovunque la vita scorreva operosa. {GN 179.2}

La città di Capernaum era molto adatta a essere il centro del ministero del Salvatore. Sorgeva infatti sulla via che collegava Damasco a Gerusalemme, all’Egitto e al Mediterraneo, ed era perciò un importantissimo nodo di transito. Viaggiatori provenienti da vari paesi passavano per la città e si fermavano fra le sue mura per riposare. Gesù vi incontrava persone di ogni classe sociale e nazionalità, persone ricche e potenti, persone povere e umili. I suoi insegnamenti potevano diffondersi in altri paesi e in altre famiglie. In questo modo si sarebbe approfondito lo studio delle profezie e lo sguardo di molti si sarebbe rivolto verso il Salvatore del mondo per conoscere la sua missione. {GN 179.3}

Gesù non si interessava affatto delle varie questioni di cui discutevano gli ebrei. Egli presentava la verità. Le sue parole mettevano in luce gli insegnamenti dei patriarchi e dei profeti e le Scritture apparivano quasi come una nuova rivelazione. I suoi uditori non avevano mai capito così profondamente il significato della Parola di Dio. {GN 180.1}

I rabbini parlavano ponendo dubbi e incertezze, come se le Scritture potessero essere interpretate in modo opposto; gli ascoltatori quindi rimanevano incerti. Ma Gesù spiegava le Scritture con indubbia autorità. Parlava con potenza, su qualsiasi argomento, come se le sue parole non potessero essere messe in dubbio. {GN 180.2}

Egli cercava di rompere l’incantesimo che attirava gli uomini verso gli interessi terreni e poneva le realtà di questa vita al giusto posto, subordinandole agli interessi eterni, ma non ne ignorava l’importanza. Insegnava che il cielo e la terra sono uniti, e che la conoscenza della verità divina rende gli uomini più capaci di assolvere i loro doveri quotidiani. {GN 180.3}

Per secoli Satana e i suoi seguaci avevano cercato di dominare il corpo e l’anima degli uomini per spingerli al peccato, farli soffrire e poi far ricadere la colpa su Dio. Gesù, invece, faceva conoscere agli uomini il carattere di Dio. Era venuto per annientare il potere di Satana e mettere in libertà i suoi prigionieri. Una vita nuova, un amore e una potenza divini agivano sugli uomini… {GN 183.2}

La stessa cosa accadrà nell’ultima fase della grande lotta fra la giustizia e il peccato. Quando una vita, una luce e una potenza nuove scendono dall’alto sui discepoli di Cristo, dal basso sale un’energia malefica per infondere nuovo vigore agli strumenti di Satana. {GN 183.3}

La storia si ripete. Anche oggi molti capi religiosi distruggono la fede nella Parola di Dio, pur aprendo la Bibbia e manifestando rispetto per i suoi insegnamenti. Essi analizzano la Parola e antepongono poi le loro opinioni ai suoi chiari insegnamenti. Nelle loro mani la Parola di Dio perde la sua potenza di rigenerazione. Per questo motivo l’infedeltà rimane priva di ogni freno e l’iniquità prevale. {GN 183.5}

La critica delle Sacre Scritture e le speculazioni hanno aperto la strada allo spiritismo e alla teosofia, forme moderne dell’antico paganesimo, e hanno consentito a queste dottrine di affermarsi perfino nelle chiese che si professano seguaci del nostro Signore Gesù Cristo. {GN 184.1}

Durante la vita del Salvatore la sua missione non sembrò trovare un’eco nel cuore dei sacerdoti e dei dottori. Più tardi, però, dopo la sua ascensione, “una gran quantità di sacerdoti ubbidiva alla fede”. Atti 6:7. {GN 190.1}

Migliaia di persone oggi ripetono gli stessi errori dei farisei che condannarono Cristo al banchetto di Matteo. Molti, piuttosto di rinunciare a idee a cui sono affezionati o abbandonare alcune opinioni idolatriche, rifiutano di accettare la verità che viene dal Padre della luce. Essi confidano in se stessi, nella loro saggezza e non si rendono conto della loro povertà spirituale. Insistono nel voler essere salvati compiendo alcune opere importanti. Quando si accorgono di non poter affermare il proprio io, allora rigettano la salvezza che viene offerta loro. {GN 201.4}

Una religione legalistica non può mai condurre persone a Cristo, è una religione priva di amore. Il digiuno e la preghiera di chi è pieno di se stesso rappresentano un’abominazione agli occhi del Signore. L’assemblea solenne di adorazione, l’insieme delle cerimonie sacre, l’umiliazione esteriore e i sacrifici proclamano che colui che fa queste cose si considera giusto e adatto al cielo, ma è tutta un’illusione. Le nostre opere non possono acquistarci la salvezza. {GN 202.1}

Come ai tempi di Cristo è così anche oggi. I farisei non conoscono la loro povertà spirituale. A loro si rivolge il seguente messaggio: “Tu dici: – Sono ricco, mi sono arricchito e non ho bisogno di niente! – Tu non sai, invece, che sei infelice fra tutti, miserabile, povero, cieco e nudo. Perciò io ti consiglio di comperare da me dell’oro purificato dal fuoco per arricchirti e delle vesti bianche per vestirti e perché non appaia la vergogna della tua nudità”. Apocalisse 3:17, 18. La fede e l’amore sono come l’oro affinato nel fuoco. {GN 202.2}

Tutti i discepoli avevano gravi difetti, quando Gesù li chiamò al suo servizio. Persino Giovanni, il discepolo che più si avvicinò mansueto e umile al Maestro, non era per natura né dolce né arrendevole. Egli e suo fratello erano chiamati “figli del tuono”. Marco 3:17. Quando si trovavano con il Maestro, ogni mancanza di rispetto nei suoi confronti suscitava la loro indignazione e il loro spirito polemico. Il discepolo prediletto aveva un temperamento collerico, vendicativo, orgoglioso; era pronto alla critica e ambiva il primo posto nel regno di Dio. Ma egli contemplò giorno dopo giorno la tenerezza e la pazienza di Gesù, tanto diversa dalla violenza del suo carattere, e ascoltò le sue lezioni di umiltà e pazienza. Aprì il suo cuore all’influsso divino; non si accontentò di udire le parole del Salvatore, ma le mise in pratica. Seppe rinunciare al suo io, imparò a prendere su di sé il giogo di Cristo e a portare la propria croce. {GN 214.3}

Gesù rimproverava e avvertiva i suoi discepoli. Ma Giovanni e i suoi fratelli, nonostante i rimproveri, non lo lasciarono, anzi si affezionarono a lui ancora di più. Il Salvatore non li abbandonò, a causa delle loro debolezze e dei loro errori, ed essi condivisero sino alla fine le sue prove e impararono le sue lezioni. Contemplando Cristo, il loro carattere si trasformava. {GN 214.4}

Gli apostoli erano molto diversi gli uni dagli altri per abitudini e carattere. C’era il pubblicano Levi Matteo; Simone, l’ardente zelota, inflessibile nemico della potenza romana; Pietro, generoso e impulsivo; Giuda, dall’animo meschino; Tommaso, sincero ma timido e dubbioso; Filippo, lento e incline al dubbio; infine gli ambiziosi e aperti figli di Zebedeo con i loro fratelli. Si trovarono tutti insieme, ciascuno con i propri difetti e le proprie tendenze al male, ereditate e accarezzate, chiamati tutti a partecipare in Cristo e mediante Cristo alla famiglia di Dio per giungere all’unità della fede, della dottrina e dello spirito. Avrebbero affrontato prove e conosciuto difficoltà per le loro differenze di opinioni, ma con Cristo nel cuore ogni dissenso sarebbe stato eliminato. Il suo amore li avrebbe spinti ad amarsi, le istruzioni del Maestro avrebbero smussato i contrasti e spinto i discepoli ad avere una sola mente, un solo sentimento e un solo obiettivo. Cristo era il fulcro del gruppo ed essi, avvicinandosi a lui, si sarebbero trovati più vicini gli uni agli altri. {GN 214.5}

Cristo non ha scelto come suoi rappresentanti gli angeli che non sono mai caduti, ma degli esseri soggetti alle stesse passioni degli uomini che cercano di salvare. Cristo si è fatto uomo per poter salvare gli uomini. Per la salvezza del mondo era necessaria la collaborazione del divino con l’umano. Bisognava che la divinità si incarnasse per essere un mezzo di comunicazione fra Dio e l’uomo. Così è per i servitori e messaggeri di Cristo. L’uomo ha bisogno di una potenza superiore per poter riacquistare l’immagine di Dio e compiere la sua volontà. Ma con ciò non viene eliminata la parte dell’uomo. L’umanità afferra la potenza divina e Cristo abita nel cuore mediante la fede. Così l’uomo per la grazia di Dio è in grado di compiere il bene. {GN 215.2}

Colui che chiamò i pescatori di Galilea, chiama ancora oggi gli uomini al suo servizio. Desidera manifestare la sua potenza attraverso noi, così come fece con i primi discepoli. Per quanto siamo imperfetti e peccatori, il Signore ci invita a unirci a lui e a seguire i suoi consigli. Ci invita ad accettare i suoi insegnamenti affinché, uniti a lui, possiamo compiere le opere di Dio. {GN 215.3}

Ma noi abbiamo questo tesoro in vasi di terra, affinché questa grande potenza sia attribuita a Dio e non a noi”. 2 Corinzi 4:7. Questa è la ragione per cui la proclamazione del messaggio del Vangelo è stata affidata a uomini peccatori anziché ad angeli. È chiaro che ciò che opera attraverso la debolezza degli uomini è la potenza di Dio. Quella potenza che ha soccorso esseri deboli come noi può venire anche in nostro aiuto. Coloro che hanno sperimentato la sofferenza potranno “avere compassione verso gli ignoranti e gli erranti”. Ebrei 5:2. Essendosi trovati in pericolo, conoscono i rischi e le difficoltà e possono aiutare coloro che si trovano in simili pericoli. Vi sono uomini di poca fede, tormentati dal dubbio, oppressi dal peso dell’infermità, incapaci di afferrare l’Invisibile. Ma un amico che si avvicini a loro in modo visibile, al posto di Cristo, può essere un mezzo per ancorare a lui la loro fede vacillante. {GN 215.4}

Gli orgogliosi fanno di tutto per guadagnare la salvezza, ma solo la giustizia di Cristo consente di ottenerla. La salvezza di un uomo non può avvenire prima che questi, convinto della sua debolezza e privo di ogni fiducia in sé, si sia sottomesso volontariamente a Dio. Solo allora potrà ricevere il dono che Dio vuole elargirgli. {GN 218.4}

Quando Satana vi dice che siete dei peccatori e che non potete sperare nelle benedizioni di Dio, rispondetegli che Cristo è venuto nel mondo per salvare i peccatori. Noi non abbiamo alcun merito davanti a Dio, ma possiamo sempre far valere la nostra situazione disperata che rende indispensabile l’intervento della sua potenza redentrice.

Previde con gioia l’incontro dei credenti di ogni nazione nel regno di Dio. E con profonda tristezza descrisse agli ebrei i risultati del rifiuto della sua grazia: “E io vi dico che molti verranno da Oriente e da Occidente e si metteranno a tavola con Abraamo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, ma i figli del regno saranno gettati nelle tenebre di fuori. Là ci sarà pianto e stridor di denti”. Matteo 8:11, 12. Sono tanti quelli che si preparano per questa fatale delusione. Mentre nelle tenebre del paganesimo molti accettano la grazia di Cristo, altri nei paesi cristiani disprezzano la luce che brilla per loro. {GN 233.2}

I figli di Giuseppe non approvavano l’opera di Gesù. Le notizie che ricevevano sulla sua vita e sulla sua missione li riempivano di stupore e sgomento. Sapevano che consacrava notti intere alla preghiera e che durante il giorno era talmente assediato dalla folla che non aveva neppure il tempo per mangiare. I suoi amici temevano che si esaurisse per quel lavoro continuo; non riuscivano a comprendere il suo atteggiamento nei confronti dei farisei e alcuni temettero persino per il suo equilibrio psichico. {GN 236.1}

I suoi fratelli vennero a conoscenza di queste cose e anche dell’accusa dei farisei secondo cui cacciava i demoni con il potere di Satana. E sentirono che la parentela con Gesù costituiva un pericolo per la loro reputazione. Seppero dell’agitazione prodotta dalle sue parole e dalle sue azioni; si allarmarono per le sue dichiarazioni esplicite e si indignarono per le accuse che rivolgeva agli scribi e ai farisei. Allora decisero, con la persuasione o con la forza, di indurlo a cambiare modo di agire e convinsero Maria a unirsi a loro, per far leva sul suo amore filiale e indurlo a una maggiore prudenza. {GN 236.2}

Non è Dio che acceca gli occhi degli uomini e che indurisce i loro cuori. Egli offre la luce per correggere i loro errori e condurli per la via più sicura. Gli occhi si chiudono e i cuori si induriscono quando questa luce viene rigettata. Spesso questo processo è graduale e quasi impercettibile. La luce giunge allo spirito mediante la Parola di Dio, attraverso i suoi messaggeri e per azione diretta del suo Spirito. Ma quando anche un solo raggio viene respinto, si verifica un parziale intorpidimento della sensibilità spirituale e il secondo raggio di luce viene avvertito meno chiaramente. Così le tenebre si addensano finché si fa notte nell’anima. Tutto ciò stava avvenendo per i capi del popolo. Essi erano convinti che una potenza divina operasse attraverso Cristo, ma resistettero alla potenza della verità e attribuirono a Satana l’opera dello Spirito Santo. Agendo così scelsero volontariamente l’inganno, si consegnarono a Satana e da quel momento caddero completamente sotto il suo controllo. {GN 237.1}

Mentre Gesù stava ancora parlando alla folla, i suoi discepoli gli riferirono che sua madre e i suoi fratelli erano fuori e desideravano vederlo. Egli conosceva i loro pensieri. “Ma egli rispose a colui che gli parlava: – Chi è mia madre, e chi sono i miei fratelli? – E, stendendo la mano verso i suoi discepoli, disse: – Ecco mia madre e i miei fratelli! Poiché chiunque avrà fatto la volontà del Padre mio che è ne’ cieli mi è fratello e sorella e madre -”. Matteo 12:48-50. {GN 239.3}

Sarebbe stata una grande consolazione per Cristo, se i suoi parenti terreni avessero creduto in lui come inviato dal cielo e avessero collaborato con lui nel compiere l’opera di Dio. La loro incredulità gettò un’ombra sulla vita terrena di Gesù. Fu una parte dell’amara coppa di dolore che egli bevve sino in fondo. {GN 240.1}

Il Figlio di Dio avvertì profondamente l’ostilità nata nel cuore degli uomini contro il Vangelo e provò un dolore particolare quando sorse nella sua casa, perché il suo cuore traboccava di tenerezza e di amore per i suoi familiari. I suoi fratelli volevano che Gesù condividesse le loro idee, ma se le avesse accettate, si sarebbe completamente allontanato dalla sua missione. Pensavano che avesse bisogno dei loro consigli; lo giudicavano dal loro punto di vista e ritenevano che se avesse predicato un messaggio gradito agli scribi e ai farisei, avrebbe potuto evitare tutte le polemiche che le sue parole facevano sorgere. Pensavano che fosse fuori di sé, quando pretendeva di avere un’autorità divina e quando rimproverava le colpe dei rabbini. Sapevano che i farisei cercavano un pretesto per accusarlo e si erano accorti che Gesù aveva offerto sufficienti occasioni per permettere che lo facessero. {GN 240.2}

Con i loro criteri miopi non potevano valutare correttamente la missione che Cristo era venuto a compiere e perciò non potevano simpatizzare con lui nelle prove. Le loro parole sprezzanti e grossolane mostravano che non avevano un’esatta comprensione del suo carattere e non distinguevano la sua natura divina che si manifestava in quella umana. Spesso lo videro addolorato, ma invece di confortarlo lo ferirono con le loro parole e con il loro atteggiamento. Il suo animo era tormentato perché le sue motivazioni e la sua opera non erano compresi. {GN 240.3}

I suoi fratelli seguivano l’antica dottrina dei farisei e pensavano di poter insegnare a colui che comprendeva tutta la verità e tutti i misteri. Essi condannavano apertamente ciò che non potevano capire. I loro rimproveri colpirono Gesù, il cui animo fu ferito e afflitto. Facevano professione di fede in Dio e pensavano di sostenerlo, mentre il Signore era in mezzo a loro in carne e ossa senza che lo riconoscessero. {GN 240.4}

Tutte queste cose resero molto duro il lavoro di Gesù. L’incomprensione dei suoi familiari era un motivo di grande dolore che trovava sollievo nel recarsi altrove. C’era una casa che amava visitare: quella di Lazzaro, Maria e Marta. In quell’atmosfera di fede e amore trovava riposo. Tuttavia, nessuno sulla terra avrebbe potuto comprendere la sua missione divina o rendersi conto del peso che portava per l’umanità. Spesso trovava conforto soltanto nella solitudine e nella comunione con il Padre. {GN 240.5}

Coloro che sono chiamati a soffrire per amore di Cristo, che devono sopportare incomprensioni e prove perfino nella propria famiglia, possono consolarsi al pensiero che anche Gesù ha sopportato le stesse difficoltà. Egli ha compassione di loro. Offre loro la sua amicizia e li invita a consolarsi là dove egli stesso ha trovato consolazione: nella comunione con il Padre. {GN 241.1}

Nelle leggi date a Israele c’è una bella illustrazione della relazione di Cristo con il suo popolo. Quando un israelita era costretto per la miseria a vendere se stesso e il suo patrimonio, il parente più stretto aveva il dovere di salvarlo e riscattare i suoi beni. Cfr. Levitico 25:25, 47-49; Rut 2:20. Così il compito di redimerci e riscattare la nostra eredità perduta attraverso il peccato spetta a colui che è il “parente più prossimo”. Per redimerci Cristo divenne nostro parente. Gesù, nostro Salvatore, ha stabilito con noi un legame più profondo di quello del padre, della madre, del fratello, dell’amico o del fidanzato. Egli dice: “Non temere, perché io t’ho riscattato, ti ho chiamato per nome; tu sei mio!… Perché tu sei prezioso ai miei occhi, sei stimato e io ti amo; io do degli uomini al tuo posto e dei popoli in cambio della tua vita”. Isaia 43:1, 4. {GN 241.3}

Egli dice: “Prendete su voi il mio giogo”. Il giogo è uno strumento che si mette sui buoi perché lavorino ed è necessario affinché il lavoro risulti ben fatto. Con questa immagine Gesù ci insegna che siamo chiamati a servire per tutta la nostra vita. Dobbiamo prendere su di noi il suo giogo e diventare suoi collaboratori. {GN 243.1}

Il giogo che costringe al servizio è la legge di Dio. La grande legge di amore, rivelata in Eden, proclamata sul Sinai, scritta nei cuori al nuovo patto, lega il lavoratore umano alla volontà di Dio. Se seguissimo le nostre inclinazioni, se andassimo là dove la nostra volontà ci orienta, ci ritroveremmo tra le fila di Satana con un carattere simile al suo. Perciò Dio ci ordina di fare la sua volontà, nobile e purificatrice. Egli desidera che adempiamo con pazienza e saggezza i doveri del servizio. Cristo stesso ha portato nella sua umanità questo giogo del servizio. Egli ha detto: “Dio mio, desidero fare la tua volontà, la tua legge è dentro il mio cuore” (Salmi 40:8); “Perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato”. Giovanni 6:38. Gesù è venuto su questa terra per soffrire e morire, motivato dall’amore per il Signore, dallo zelo per la sua gloria e dall’amore per l’umanità decaduta. Questo fu il principio dominante della sua vita. E vuole che lo sia anche della nostra. {GN 243.2}

Attraverso i profeti fu dato questo messaggio: “Così dice il Signore: Fermatevi sulle vie e guardate, domandate quali siano i sentieri antichi, dove sia la buona strada, e incamminatevi per essa; voi troverete riposo alle anime vostre!” Geremia 6:16. Egli dice ancora: “Se tu fossi stato attento ai miei comandamenti, la tua pace sarebbe come un fiume, la tua giustizia come le onde del mare”. Isaia 48:18. {GN 244.4}

Cristo rivolge anche oggi ai suoi discepoli stanchi e affaticati le stesse parole affettuose: “Venitevene in disparte… e riposatevi un poco”. Non è saggio restare sempre impegnati nella tensione del lavoro, anche se ci si occupa delle necessità spirituali degli uomini. Se ci si lascia assorbire troppo, si trascura la comunione personale con Dio e si affatica eccessivamente la mente, lo spirito e il corpo. I discepoli di Cristo sono chiamati alla rinuncia e al sacrificio, ma devono vegliare affinché l’eccesso di zelo non offra a Satana l’occasione di approfittare della debolezza umana e nuocere così all’opera di Dio. {GN 268.3}

Non avevano ricevuto nessun aiuto né dai sacerdoti né dagli anziani, ma ora potevano attingere liberamente all’acqua della vita, che sgorgava dalle labbra di Cristo, quando insegnava la via della salvezza. {GN 271.2}

Gesù compiva miracoli solo per rispondere a reali necessità. Ognuno dei suoi miracoli mirava a rivolgere l’attenzione verso l’albero della vita, le cui foglie sono per la guarigione delle genti. {GN 272.2}

Se gli uomini vivessero in maniera più semplice, in armonia con le leggi della natura, come Adamo ed Eva, ci sarebbe la possibilità di soddisfare abbondantemente le necessità di tutti. Vi sarebbero meno esigenze artificiose e più occasioni per rendersi utili al servizio del Maestro. Ma l’egoismo e l’avidità hanno introdotto nel mondo il peccato e la miseria, e così alcuni hanno troppo mentre altri sono nel bisogno. {GN 272.3}

Nutrendo la folla, Gesù ha sollevato il velo che ci nasconde il mondo naturale e ci ha mostrato la potenza che continuamente opera in nostro favore. Con il raccolto Dio compie ogni giorno lo stesso miracolo, servendosi dei mezzi naturali. L’uomo coltiva il suolo e sparge il seme, ma il Signore lo fa germogliare. La pioggia, l’aria e i raggi del sole mandati da Dio fanno sì che la terra dia il suo frutto, “prima l’erba; poi la spiga; poi nella spiga il grano ben formato”. Marco 4:28. Ogni giorno Dio nutre gli uomini mediante il raccolto dei campi. Poiché gli uomini, coltivando il grano e preparando il pane, sono chiamati a collaborare con Dio, perdono di vista l’intervento divino. La sua opera viene attribuita a cause naturali e a mezzi umani. L’uomo è glorificato al posto di Dio, i cui doni generosi sono usati per fini egoistici e vengono tramutati in maledizione. Il Signore desidera che tutto questo cambi, che diventiamo capaci di scorgere la sua azione misericordiosa e lo glorifichiamo per le manifestazioni della sua potenza. Desidera che lo riconosciamo nei suoi doni, affinché divengano per noi una fonte di benedizione. Gesù mirava a questo quando faceva dei miracoli. {GN 273.2}

Dopo che la folla si fu sfamata, avanzò molto cibo. Colui che disponeva di tutte le risorse della sua potenza infinita dette quest’ordine: “Raccogliete i pezzi avanzati, perché niente si perda”. Giovanni 6:12. In quelle parole c’era una lezione che andava oltre la conservazione di quei pani. La lezione era che non si doveva sciupare nulla e che non si doveva trascurare nessuna cosa che potesse assicurare un beneficio a un’altra persona. Bisognava raccogliere tutto ciò che poteva servire per nutrire gli affamati. La stessa cura è necessaria per i beni spirituali. Quando i panieri furono riempiti con gli avanzi, i presenti pensarono agli amici rimasti a casa e conservarono per loro una parte di quel pane benedetto da Cristo. Il contenuto dei cesti fu distribuito alla folla, che fu lieta di riceverlo e portarlo in tutta la regione circonvicina. Quelli che avevano partecipato alla festa dovevano distribuire ad altri il pane disceso dal cielo per placare la fame dello spirito. Essi dovevano ripetere quello che Dio aveva fatto per loro. Nulla doveva andare perso. Neppure una parola di quello che riguardava la salvezza eterna doveva restare inutilizzata. {GN 273.3}

Il miracolo dei pani ci insegna che dipendiamo da Dio. Quando Cristo nutrì la folla, non aveva cibo a disposizione. Apparentemente non aveva nulla. Era in un luogo solitario con cinquemila uomini, oltre alle donne e ai bambini. Non li aveva invitati, erano accorsi da soli, ma sapeva che dopo aver ascoltato il suo insegnamento, erano stanchi e affamati. Egli simpatizzò con loro. Erano lontani da casa e la notte era vicina. Molti non avevano neppure il denaro per comprarsi del cibo. Colui che per amor loro aveva affrontato quaranta giorni di digiuno nel deserto, non li avrebbe fatti tornare a casa senza mangiare. La provvidenza di Dio aveva posto Gesù là dove si trovava ed egli dipendeva dal Padre per i mezzi con cui affrontare quella difficoltà. {GN 274.1}

È possibile dare solo se riceviamo e, d’altra parte, possiamo ricevere solo se trasmettiamo agli altri. Riceviamo se diamo e nella misura in cui diamo. Così possiamo credere, avere fiducia, ricevere e dispensare. {GN 275.3}

Non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome; tu sei mio! Quando dovrai attraversare le acque, io sarò con te; quando attraverserai i fiumi, essi non ti sommergeranno; quando camminerai nel fuoco, non sarai bruciato e la fiamma non ti consumerà, perché io sono il Signore, il tuo Dio, il Santo d’Israele, il tuo salvatore”. Isaia 43:1-3. {GN 280.6}

Quando il messaggio della verità produce una profonda impressione, Satana ricorre a tutti i mezzi per impegnare gli uomini in dispute su questioni di secondaria importanza. Ottiene così il risultato di distogliere l’attenzione da ciò che è essenziale. {GN 294.1}

Appena viene iniziata una buona opera, sorgono cavillatori che intavolano discussioni su questioni marginali e puramente formali, per cercare di allontanare la mente dalle realtà viventi. Quando si vede che Dio opera in modo particolare in favore del suo popolo, non ci si deve impelagare in controversie che producono solo la rovina degli uomini. {GN 294.2}

Dio infatti farà venire in giudizio ogni opera, tutto ciò che è occulto, sia bene, sia male”. Ecclesiaste 12:16. {GN 295.5}

Il futuro regno di gloria apparve in miniatura sul monte: Cristo il Re, Mosè il rappresentante dei santi risuscitati, Elia quello dei santi trasformati. {GN 317.4}

Se il popolo avesse studiato personalmente e con sincerità la Parola, non sarebbe stato fuorviato. Il capitolo sessantunesimo di Isaia presenta l’opera che Cristo compì realmente, il capitolo cinquantatreesimo predice il suo rifiuto e le sue sofferenze e il cinquantanovesimo descrive il carattere dei sacerdoti e dei rabbini. {GN 344.1}

Molti oggi si ingannano come si ingannarono gli ebrei. I teologi leggono la Bibbia e la comprendono alla luce della loro mentalità e delle tradizioni, mentre il popolo non investiga per conto proprio le Scritture e non ricerca la verità, ma rinuncia al proprio giudizio e affida il proprio spirito ai capi. La predicazione e l’insegnamento della Parola è uno dei mezzi scelti da Dio per la diffusione della luce, ma ogni insegnamento degli uomini si deve provare con le Scritture. Chiunque studia la Bibbia, con spirito di preghiera, con il desiderio di conoscere la verità e seguirla, comprenderà le Scritture e riceverà la luce divina. “Se uno vuol fare la volontà di lui, conoscerà se questa dottrina è da Dio o se io parlo di mio”. Giovanni 7:17 {GN 344.3}

Gesù pensa a tutti gli uomini che sulla terra sono stati sviati dai falsi pastori. Riferendosi a coloro che vorrebbe raccogliere nel suo ovile e che sono dispersi fra i lupi, egli dice: “Ho anche altre pecore, che non sono di quest’ovile; anche quelle devo raccogliere ed esse ascolteranno la mia voce, e vi sarà un solo gregge, un solo pastore. Per questo mi ama il Padre, perché io depongo la mia vita, per riprenderla {GN 365.5} poi”. Giovanni 10:16, 17. {GN 365.6}

La tendenza a danneggiare e a distruggere coloro che non apprezzano la nostra opera o agiscono contro le nostre idee, è la prova più evidente che possediamo lo spirito di Satana. {GN 369.2}

Con la parabola del buon samaritano Gesù illustra la natura della vera religione, che non consiste in sistemi teologici, in credi o in cerimonie, ma in atti d’amore per il bene degli altri, compiuti con uno spirito di sincera bontà. {GN 376.1}

Ma guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché serrate il regno dei cieli davanti alla gente, poiché né vi entrate voi, né lasciate entrare quelli che cercano di entrare”. Matteo 23:14

Gesù aveva parlato davanti alla folla, ma quando fu solo e si sedette sul monte degli Ulivi, Pietro, Giovanni, Giacomo e Andrea gli si accostarono, e gli chiesero: “Quando avverranno queste cose e quale sarà il segno della tua venuta e della fine dell’età presente?” Matteo 24:3. Nella sua risposta, Gesù non distinse la distruzione di Gerusalemme dal giorno del suo ritorno, ma intrecciò la descrizione di quei due eventi. Se avesse presentato ai discepoli il futuro, così come si presentava al suo sguardo, essi non sarebbero stati in grado di sopportarne la rivelazione. Nella sua misericordia unì la descrizione di quei due grandi avvenimenti e lasciò ai discepoli il compito di approfondirne da soli il significato. {GN 478.3}

Ma Giuda non si consacrò mai completamente a Gesù e non rinunciò alle sue ambizioni mondane e all’amore per il denaro. Pur accettando di essere un discepolo di Cristo, non si lasciò modellare secondo quell’esempio divino. Coltivando la disposizione alla critica e all’accusa, ritenne di poter conservare il proprio giudizio e le proprie idee. {GN 546.4}

Giuda era molto stimato dai discepoli, su cui esercitava un forte influsso. Aveva un’alta opinione delle proprie capacità e considerava gli altri inferiori a lui nella capacità di valutazione e nell’abilità. Pensava che essi non sarebbero riusciti a cogliere le occasioni giuste e a trarne profitto, e che la chiesa non sarebbe mai giunta alla prosperità, avendo come capi degli uomini dalla visione limitata. Pietro era impulsivo e avrebbe agito sconsideratamente; Giovanni, che ascoltava attentamente le parole di Gesù, era considerato da Giuda come un cattivo amministratore; Matteo, che aveva imparato dalla sua professione a essere preciso in tutto, era molto scrupoloso nell’onestà, ascoltava rapito le parole di Gesù e, secondo il giudizio di Giuda, era così assorbito da tutte queste cose che non gli si poteva affidare nessun compito difficile e di ampia portata. Giuda giudicava tutti i discepoli in questo modo e pensava che la chiesa si sarebbe trovata in difficoltà, senza le sue doti di amministratore. Egli, invece, pensava di essere un uomo capace e insostituibile, e che la sua presenza fosse un motivo di onore per l’opera di Dio. {GN 547.1}

Ma Giuda non si rendeva conto della debolezza del suo carattere; per questo motivo Gesù gli affidò un compito che gli avrebbe offerto l’occasione di conoscersi meglio e correggere i suoi difetti. Come amministratore doveva preoccuparsi delle necessità di quel piccolo gruppo e aiutare i poveri, quando occorreva. {GN 547.2}

Lavorando al servizio degli altri, Giuda avrebbe potuto sviluppare uno spirito di altruismo. Ma pur ascoltando ogni giorno gli insegnamenti di Gesù e osservando la sua vita disinteressata, sviluppò la propria avidità. Le piccole somme di denaro, che passavano fra le sue mani, erano per lui una continua tentazione. Spesso, quando rendeva un piccolo servizio a Gesù o dedicava del tempo a qualche attività religiosa, si retribuiva attingendo a quegli scarsi fondi. Ricorreva a dei pretesti per scusare queste sue azioni, ma agli occhi di Dio era un ladro. {GN 547.3}

Il discorso di Gesù nella sinagoga sul pane della vita fu decisivo nella storia di Giuda. Egli udì le parole: “Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete la vita in voi”. Giovanni 6:53. Comprese che Gesù offriva beni spirituali e non terreni. Considerandosi intelligente, gli parve di capire che Gesù non avrebbe ricevuto onori e quindi non avrebbe concesso incarichi importanti ai suoi discepoli. Decise allora di non unirsi strettamente a Gesù, in modo da non potersene più separare. Decise di vegliare e lo fece. {GN 548.4}

Da allora Giuda cominciò a esprimere dei dubbi, che lasciavano perplessi gli altri discepoli. Provocava discussioni ed eccitava gli animi, ripetendo gli argomenti degli scribi e dei farisei contro le dichiarazioni di Gesù. Considerò come prova contro la veridicità di queste affermazioni tutti i turbamenti, le prove e le difficoltà piccole e grandi che ostacolavano il progresso del Vangelo. {GN 549.1}

Citava i testi delle Scritture che non avevano nessuna relazione con le verità insegnate da Gesù. Quei testi, staccati dal contesto, rendevano perplessi gli altri discepoli e lo scoraggiamento cresceva. Giuda si comportava così per dimostrare la sua scrupolosità. Gli altri discepoli cercavano ogni prova per confermare le parole del loro grande Maestro, mentre Giuda faceva di tutto per condurli, sia pure impercettibilmente, su un’altra strada. Con un atteggiamento religioso e apparentemente saggio, falsava le dichiarazioni di Gesù, attribuendo loro un significato diverso. I suoi suggerimenti miravano a suscitare desideri ambiziosi di affermazione terrena, distraendo i discepoli dalle realtà importanti, che avrebbero dovuto prendere in considerazione. Era stato Giuda a iniziare la discussione su chi di loro dovesse essere considerato il maggiore. {GN 549.2}

Quando Gesù presentò al giovane ricco le condizioni per essere suo discepolo, Giuda ne provò dispiacere. Pensò che Gesù avesse sbagliato; se degli uomini come quel capo si fossero uniti ai credenti, avrebbero potuto offrire un contributo positivo all’opera di Cristo. Giuda si riteneva in grado di dare ottimi consigli per il progresso di quella piccola comunità. È vero che talvolta i suoi princìpi e i suoi metodi differivano da quelli di Gesù, ma egli credeva che i suoi fossero migliori. {GN 549.3}

Giuda riteneva che se Gesù doveva essere crocifisso, quell’evento sarebbe successo; il suo tradimento non avrebbe cambiato il corso degli eventi. Se invece Gesù non doveva morire, allora quel tradimento lo avrebbe obbligato a liberare se stesso. In ogni caso Giuda avrebbe guadagnato qualcosa con il suo gesto. Riteneva quindi di non sbagliare, tradendo il Maestro. {GN 550.2}

Giuda, in realtà, non credeva che Gesù si sarebbe lasciato arrestare. Voleva che il Maestro imparasse una lezione e lo trattasse poi con maggiore rispetto. Non sapeva che in questo modo avrebbe contribuito a far morire Gesù. Tante volte, con i suoi insegnamenti illustrati nelle parabole, Gesù aveva messo in difficoltà scribi e farisei, e li aveva costretti a pronunciare dei giudizi, che si erano ritorti contro di loro. Diverse volte, quando la verità era stata presentata con chiarezza, si erano arrabbiati e gli avevano lanciato delle pietre per ucciderlo, ma Gesù era sempre riuscito a sfuggire. Giuda pensava che anche questa volta Gesù non avrebbe permesso che lo catturassero. {GN 550.3}

Voleva fare in modo che se Gesù era realmente il Messia, il popolo, per il quale aveva fatto così tanto, si schierasse dalla sua parte e lo proclamasse re. Questo fatto avrebbe indotto molti, sino a quel momento incerti, a decidersi, ed egli avrebbe avuto il merito di aver posto il Maestro sul trono di Davide. Quell’atto gli avrebbe assicurato il posto d’onore, accanto a Gesù, nel nuovo regno. {GN 550.4}

Quel falso discepolo svolse la sua parte: tradì Gesù. Quando nel giardino disse ai capi della folla: “Quello che bacerò, è lui; prendetelo” (Matteo 26:48), era pienamente convinto che Gesù sarebbe sfuggito alla cattura. Se poi lo avessero rimproverato della sua fuga, Giuda avrebbe sempre potuto rispondere di avere detto loro di prenderlo. {GN 550.5}

Ma alle sue parole Gesù fu preso e legato. Sbalordito, vide il Salvatore che si lasciava condurre via. Ansioso, lo seguì dal giardino sino al tribunale, dove fu condotto davanti ai capi del popolo. Si aspettava da un momento all’altro che sbalordisse i suoi nemici, manifestandosi come il Figlio di Dio e sventando tutti i loro complotti. Ma via via che passavano le ore, vedendo che Gesù sottostava a tutte le loro violenze, fu preso dal terribile presentimento di aver consegnato il suo Maestro per una morte sicura. {GN 550.6}

Mentre il processo stava per concludersi, Giuda non poté più sopportare la tortura della sua coscienza accusatrice. All’improvviso, una voce rauca echeggiò nella sala e riempì di terrore tutti i cuori: “Egli è innocente, risparmialo, Caiafa!” {GN 551.1}

Si vide l’alta figura di Giuda muoversi tra la folla impaurita. Il suo volto era pallido e stravolto, grandi gocce di sudore gli imperlavano la fronte. Si spinse fino al seggio del giudice e gettò davanti al sommo sacerdote le monete d’argento, prezzo del tradimento del Signore. Afferrò con forza la ricca veste di Caiafa e lo supplicò di liberare Gesù, dicendo che non aveva fatto nulla che fosse degno di morte. Caiafa, sebbene confuso ed esitante, lo respinse adirato. Così si manifestò apertamente la perfidia dei sacerdoti. Era evidente che avevano indotto il discepolo a tradire il suo Maestro. {GN 551.2}

Giuda gridò ancora: “Ho peccato, tradendo il sangue innocente”. Ma il sacerdote, dopo essersi ripreso, gli rispose con disprezzo: “Che c’importa? Pensaci tu”. Matteo 27:4. I sacerdoti erano stati ben contenti di servirsi di Giuda, ma ne avevano disprezzato la viltà. E quando tornò da loro per confessare il suo errore, lo respinsero. {GN 551.3}

Giuda si gettò ai piedi di Gesù, lo riconobbe come Figlio di Dio e lo supplicò di liberarsi. Il Salvatore non rivolse nessuna parola di rimprovero a colui che lo aveva tradito. Sapeva che Giuda non era veramente pentito. La sua confessione era dettata dalla paura per la prospettiva del giudizio e non per il dolore di aver tradito l’innocente Figlio di Dio e aver rinnegato il Santo d’Israele. Tuttavia Gesù non pronunciò nessuna parola di condanna. Guardò Giuda con compassione e disse che era venuto al mondo per vivere quell’esperienza. {GN 551.4}

Fra i presenti ci fu un mormorio di sorpresa. Tutti si stupirono per la pazienza di Gesù nei confronti di colui che lo aveva tradito. Ancora una volta si diffuse la convinzione di trovarsi di fronte a qualcuno che era più che un uomo; si chiedevano come mai, se era il Figlio di Dio, non si liberava e non trionfava sui suoi accusatori. {GN 551.5}

Giuda, vedendo che le sue suppliche erano inutili, si precipitò fuori della sala gridando: – È troppo tardi! È troppo tardi! – Sentì che non avrebbe potuto resistere alla vista di Gesù crocifisso e, in preda alla disperazione, andò a impiccarsi. {GN 551.6}

Più tardi, in quella stessa giornata, sulla strada che conduceva dal palazzo di Pilato al Calvario, le grida e le beffe di quella folla che accompagnava Gesù alla crocifissione si interruppero. In un luogo appartato, ai piedi di un albero secco, c’era il corpo di Giuda. Era uno spettacolo ripugnante. Il peso del suo corpo aveva spezzato la corda con la quale si era impiccato. Precipitando, il corpo si era orribilmente lacerato e dei cani lo stavano divorando. I suoi resti vennero subito sepolti; gli schernitori si placarono e il pallore di molti volti rivelò i loro pensieri. Sembrava che il giudizio iniziasse già a colpire coloro che erano responsabili della morte di Gesù. {GN 551.7}

I più grandi colpevoli e i maggiori responsabili erano i capi della nazione, depositari delle sacre verità che stavano calpestando. Pilato, Erode e i soldati romani conoscevano assai meno Gesù e, maltrattandolo, pensavano di far piacere ai sacerdoti; essi non avevano ricevuto la luce che era stata concessa alla nazione ebraica. Se quei soldati avessero posseduto una così grande luce, certamente non avrebbero agito con tanta crudeltà. {GN 565.5}

Pilato propose ancora una volta di liberare il Salvatore. “Ma i giudei gridavano, dicendo: – Se liberi costui, non sei amico di Cesare” -. Gv. 19:12. Quegli ipocriti fingevano di avere a cuore l’autorità di Cesare; ma gli ebrei erano i più decisi oppositori del potere romano. Quando non correvano alcun pericolo, imponevano le loro idee nazionalistiche e religiose; ma quando volevano attuare un loro progetto crudele, allora esaltavano la potenza di Cesare. Pur di ottenere la condanna di Gesù, giungevano a dichiararsi sudditi leali di un odiato governo straniero. {GN 565.6}

Essi continuarono: “Chiunque si fa re, si oppone a Cesare”. Questa dichiarazione colpiva Pilato in un punto debole. Il governo romano aveva dei sospetti sul suo conto ed egli sapeva che un rapporto del genere avrebbe causato la sua rovina. Si rendeva conto che se si fosse opposto agli ebrei, essi avrebbero rivolto le loro accuse contro di lui e non avrebbero lasciato nulla di intentato pur di vendicarsi. Ne aveva la prova nella tenacia che dimostravano nel chiedere la morte di un essere che odiavano, senza che avesse alcuna colpa. Pilato riprese il suo posto in tribunale e presentò ancora Gesù al popolo, dicendo: “Ecco il vostro Re!” E di nuovo quella folla ipocrita gridò: “Toglilo, toglilo di mezzo, crocifiggilo!” Con una voce che si udì ovunque, Pilato chiese: “Crocifiggerò il vostro Re?” Ma da quelle labbra profane e blasfeme uscirono queste parole: “Noi non abbiamo altro re che Cesare”. Gv. 19:14, 15. {GN 566.1}

 

Gesù disse al ladrone: “Io ti dico, oggi, che sarai con me in paradiso”. Gesù non gli promise che sarebbe stato in paradiso con lui in quel giorno, perché egli stesso non vi andò in quel giorno. Si riposò nella tomba e nel mattino della risurrezione disse: “Non sono ancora salito al Padre”. Giovanni 20:17. La promessa veniva fatta proprio nel giorno della crocifissione, giorno che sembrava quello del trionfo delle tenebre e della sconfitta. “Oggi”, mentre moriva sulla croce come un malfattore, Cristo assicurava al povero peccatore che sarebbe stato con lui in paradiso. {GN 576.3}

Le parole di Gesù: “È compiuto!” avevano un profondo significato per gli angeli e per gli abitanti degli altri mondi non caduti nel peccato. Volevano dire che la grande opera della redenzione era stata compiuta non solo per noi, ma anche per loro. Anch’essi partecipavano ai frutti della vittoria di Cristo. {GN 582.2}

Ma l’uomo, sebbene peccatore, era in una posizione diversa da quella di Satana. Lucifero in cielo aveva peccato, pur vivendo nella luce della gloria di Dio. L’amore di Dio gli era stato rivelato come a nessun’altra creatura. Pur conoscendo il carattere di Dio e la sua bontà, Satana scelse di seguire la sua volontà egoistica e indipendente. Quella scelta fu definitiva e Dio non avrebbe potuto fare più nulla per salvarlo. L’uomo, invece, fu ingannato e la sua mente venne offuscata dalle menzogne di Satana. Egli non conosceva ancora l’altezza e la profondità dell’amore di Dio; c’era quindi la speranza che se ne rendesse conto e, dopo avere contemplato il carattere di Dio, tornasse a lui. {GN 585.2}

La grazia di Dio fu manifestata agli uomini tramite Gesù. Ma la grazia non annulla la giustizia. La legge rivela gli attributi del carattere di Dio e neppure un iota o un apice di questa legge può essere mutato per scusare i peccati degli uomini. Il Signore non ha cambiato la sua legge, ma si è offerto in sacrificio, nella persona di Cristo, per la redenzione dell’uomo. “Dio era in Cristo nel riconciliare con sé il mondo”. 2 Corinzi 5:19. {GN 585.3}

L’amore di Dio si manifesta sia nella sua giustizia sia nella sua misericordia. La giustizia è la base del suo trono e il frutto del suo amore. Satana mirava a dividere la misericordia dalla verità e dalla giustizia. Fece di tutto per provare che la giustizia della legge divina è contraria alla pace. Ma Gesù ha dimostrato che nel piano di Dio esse sono indissolubilmente unite e che l’una non può esistere senza l’altra. “La bontà e la verità si sono incontrate, la giustizia e la pace si son baciate”. Salmi 85:10. Con la sua vita e la sua morte, Gesù ha dimostrato che la giustizia di Dio non esclude la sua misericordia, che il peccato può essere perdonato, che la legge è giusta e che può essere pienamente osservata. Le accuse di Satana sono state confutate e Dio ha fornito una prova irrefutabile del suo amore. {GN 586.1}

Satana, inoltre, aveva affermato che la misericordia distruggeva la giustizia e che la morte di Gesù abrogava la legge del Padre. Se fosse stato possibile modificare o annullare la legge, non ci sarebbe stato bisogno che Gesù morisse. Ma abrogando la legge, si sarebbe perpetuata la trasgressione e il mondo sarebbe rimasto sotto il controllo di Satana. Gesù fu innalzato sulla croce proprio perché la legge era immutabile e perché l’unica salvezza per l’uomo consisteva nell’osservanza dei suoi precetti. Satana additò come mezzi di distruzione della legge proprio quelli di cui Gesù si era servito per stabilirla. E su questo si combatterà l’ultima battaglia del gran conflitto tra Cristo e Satana. {GN 586.2}

Satana ripete ancora oggi che la legge pronunciata dalla bocca di Dio non è perfetta e che in alcune parti ha dovuto essere modificata. È questo l’ultimo grande inganno che sarà presentato al mondo. Per conseguire il suo scopo, Satana non ha bisogno di attaccare tutta la legge, gli basta indurre gli uomini a trasgredirne un precetto. “Chiunque infatti osserva tutta la legge, ma la trasgredisce in un punto solo, si rende colpevole su tutti i punti”. Giacomo 2:10. Gli uomini che acconsentono a infrangere anche un solo comandamento della legge, si pongono sotto il dominio di Satana. Satana cercherà di assumere il controllo del mondo, sostituendo una legge umana a quella divina. Questa sua opera è preannunciata nella profezia. A proposito del grande potere apostata che rappresenta Satana nel mondo, viene detto: “Egli parlerà contro l’Altissimo, affliggerà i santi dell’Altissimo e si proporrà di mutare i giorni festivi e la legge; i santi saranno dati nelle sue mani”. Daniele 7:25. {GN 586.3}

Gli uomini faranno di tutto per promulgare le loro leggi in contrapposizione con quelle di Dio; cercheranno di costringere le coscienze degli altri e nel loro zelo per imporre queste leggi, opprimeranno i loro simili. {GN 587.1}

Mai come ora, mentre giaceva nella tomba, Gesù aveva attratto l’attenzione della folla. Come nel passato, le persone continuavano a portare i malati e i sofferenti nel cortile del tempio, e chiedevano notizie di Gesù di Nazareth. Molti erano venuti da lontano per cercare colui che aveva guarito i malati e risuscitato i morti. La folla reclamava Cristo, colui che compiva potenti miracoli. In questa occasione, coloro che presentavano i sintomi della lebbra venivano esaminati dai sacerdoti. Molti erano disperati, sentendo dichiarare lebbroso il marito, la moglie o il figlio. Questi disgraziati erano condannati a vivere lontani dalle loro case e dai loro amici, e dovevano mettere in guardia gli estranei con il triste grido: “Impuro! Impuro!” {GN 595.1}

Le amorevoli mani di Gesù di Nazareth, che non si erano mai rifiutate di toccare con la loro potenza di guarigione il corpo ripugnante dei lebbrosi, erano congiunte sul suo petto. Quelle labbra, che avevano risposto alle preghiere con le parole consolanti: “Lo voglio, sii purificato” (Matteo 8:3), erano ormai silenziose. Molti chiedevano al sommo sacerdote e ai capi comprensione e aiuto, ma invano. Sembrava che le persone volessero di nuovo Gesù vivente fra loro; insistentemente lo invocavano, decisi a non desistere. Ma vennero allontanate dai cortili e alcuni soldati alle porte impedirono che esse ritornassero con gli ammalati e con i morenti. {GN 595.2}

I sofferenti, che erano venuti per essere accolti dal Salvatore, si abbandonarono allo sconforto. Le strade si riempirono di lamenti. Alcuni malati morivano per la mancanza del tocco guaritore di Gesù. Invano si ricorse ai medici; nessuno possedeva la potenza di colui che giaceva nella tomba di Giuseppe. {GN 595.3}

Udendo il gemito di tanti sofferenti, migliaia di persone compresero che una grande luce si era spenta nel mondo. Senza Cristo la terra era oscura e tenebrosa. Molti di coloro che avevano gridato: “Crocifiggilo! Crocifiggilo!”, ora si rendevano conto della sventura che era caduta su loro. Se Gesù fosse stato ancora vivo, avrebbero volentieri gridato che venisse loro restituito. Quando la folla venne a sapere che Gesù era stato condannato a morte dai sacerdoti, si informò di questa morte. Gli atti del processo erano stati tenuti segreti, ma mentre egli era nella tomba, il suo nome riecheggiava su migliaia di labbra e ovunque circolavano le notizie del suo processo farsesco e della crudeltà dei sacerdoti e dei capi. Uomini intelligenti chiesero ai sacerdoti e ai capi di spiegare loro le profezie messianiche dell’Antico Testamento; ma essi, nel tentativo di rispondere con delle falsità, sembravano usciti di senno e non furono capaci di spiegare le profezie sulle sofferenze e sulla morte di Cristo; così molti si convinsero che le Scritture si erano adempiute. {GN 596.1}

La vendetta che i sacerdoti avevano tanto atteso, si era trasformata in una sconfitta. Si resero conto che il popolo li condannava severamente e che coloro che essi avevano incitato contro Gesù, adesso provavano orrore per la loro terribile opera. Quei sacerdoti avevano inutilmente cercato di dimostrare che Gesù era un seduttore. Alcuni di loro erano stati testimoni della risurrezione di Lazzaro, e tremavano al pensiero che Cristo risuscitasse dai morti e apparisse loro. Si ricordavano che egli aveva detto di possedere la potenza di deporre la sua vita e riprenderla. Si ricordavano delle sue parole: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”. Giovanni 2:19. Giuda aveva riferito loro le parole dette da Gesù ai discepoli in occasione dell’ultimo loro viaggio a Gerusalemme: “Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà dato nelle mani dei capi sacerdoti e degli scribi; essi lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché sia schernito, flagellato e crocifisso; e il terzo giorno risusciterà”. Matteo 20:18, 19. {GN 596.2}

I sacerdoti dettero disposizioni perché il sepolcro fosse sorvegliato. Una grande pietra fu posta sulla sua apertura. Legarono la pietra con grosse corde, ne fissarono le estremità alla roccia e vi apposero il suggello romano. La pietra non poteva essere rimossa senza che il suggello venisse rotto. Un corpo di guardia di cento soldati fu messo intorno al sepolcro per prevenire qualsiasi inganno. I sacerdoti fecero tutto quello che potevano perché il corpo di Cristo rimanesse dove era stato posto. Gesù era stato rinchiuso nella tomba come se dovesse restarvi per sempre. {GN 597.2}

Questi piani vennero architettati da uomini deboli, che non si rendevano conto dell’inutilità delle loro precauzioni. Ma la loro azione doveva dare maggiore gloria a Dio. I numerosi tentativi compiuti per impedire la risurrezione di Gesù, avrebbero costituito una grande prova in suo favore. Maggiore era il numero dei soldati posti intorno al sepolcro, più efficace sarebbe stata la testimonianza della sua risurrezione. {GN 597.3}

La notte del primo giorno della settimana stava per concludersi. Era l’ora più buia, quella che precede l’alba. Gesù era prigioniero nella sua tomba angusta; la grande pietra era ancora al suo posto e il suggello romano era intatto; i soldati romani vegliavano. Erano presenti anche schiere invisibili di angeli malvagi. Il principe delle tenebre, insieme con il suo esercito apostata, avrebbe voluto trattenere per sempre il Figlio di Dio nella tomba sigillata. Ma anche una schiera divina circondava il sepolcro; quegli angeli, eccelsi in potenza, custodivano la tomba ed erano ansiosi di salutare il Principe della vita. {GN 598.1}

Ed ecco si fece un gran terremoto, perché un angelo del Signore, sceso dal cielo, si accostò, rotolò la pietra e vi sedette sopra”. Matteo 28:2. Quell’angelo aveva lasciato il cielo rivestito dell’armatura di Dio. I raggi splendenti della gloria di Dio lo precedevano e illuminavano il suo sentiero. “Il suo aspetto era come di folgore e la sua veste bianca come neve. E, per lo spavento che ne ebbero, le guardie tremarono e rimasero come morte”. Versetti 3, 4. {GN 598.2}

Sacerdoti e capi d’Israele, dov’è la potenza del vostro corpo di guardia? Quei soldati valorosi, che non hanno mai temuto la potenza umana, sono prigionieri, catturati senza spade e senza lance. Essi vedono un volto che non è quello di un guerriero mortale, ma dell’essere più potente dell’esercito del Signore. È l’angelo che occupa il posto di Satana, dopo la sua caduta. È l’angelo che sulle colline di Betlemme ha annunciato la nascita di Cristo. Al suo avvicinarsi la terra trema, i demoni fuggono; e mentre egli fa rotolare la pietra, sembra che il cielo sia sceso sulla terra. I soldati lo scorgono mentre rimuove la pietra come se fosse un ciottolo e odono il suo grido: “Figlio di Dio, vieni fuori. Tuo Padre ti chiama”. Vedono Gesù uscire dal sepolcro aperto e sentono che proclama: “Io sono la risurrezione e la vita”. Giovanni 11:25. Mentre esce nella maestà e nella gloria, gli angeli divini si prostrano in adorazione davanti al Redentore e lo salutano con canti di lode. {GN 598.3}

Un terremoto aveva indicato l’ora della morte di Cristo e un altro terremoto ne segnalò il momento del trionfo. Colui che aveva vinto la morte e il sepolcro uscì dalla tomba come un conquistatore, tra il sussultare della terra, il bagliore dei lampi e lo scoppio dei fulmini. {GN 598.4}

Al momento della morte di Gesù, i soldati avevano visto la terra avvolta dalle tenebre di mezzanotte; al momento della risurrezione videro lo splendore degli angeli illuminare la notte e udirono gli esseri del cielo cantare con gioia trionfante: “Tu sei il vincitore di Satana e delle potenze delle tenebre. Tu hai sommerso la morte nella vittoria!” {GN 599.1}

Alla vista degli angeli e del Salvatore risorto, i soldati romani erano caduti come morti. Si rialzarono quando il corteo divino era ormai scomparso e uscirono tremanti dal giardino. Barcollando come ubriachi, si diressero verso la città e raccontarono il fatto straordinario a tutti quelli che incontrarono. Stavano dirigendosi da Pilato, quando le autorità ebraiche, i sacerdoti e i capi, alle cui orecchie era già giunta la notizia, li chiamarono in loro presenza. {GN 599.3}

Quei soldati avevano uno strano aspetto. Tremanti e pallidi di terrore, affermarono la risurrezione di Gesù. I soldati raccontarono tutto quello che avevano visto; non avevano avuto tempo di pensare a qualcosa di diverso dalla verità. Con voce accorata dissero che colui che era stato crocifisso era il Figlio di Dio e che avevano udito un angelo dichiarare che egli era la Maestà del cielo, il Re della gloria. {GN 599.4}

I volti dei sacerdoti si fecero bianchi come cadaveri. Caiafa cercò di parlare, le sue labbra si mossero, ma senza emettere nessun suono. I soldati stavano per lasciare l’aula del consiglio, quando una voce li fece fermare. Caiafa finalmente era riuscito a parlare. Disse: “Aspettate, aspettate. Non raccontate a nessuno ciò che avete visto”. {GN 599.5}

Fu imposto ai soldati di fornire un rapporto falso. I sacerdoti dettero loro questo suggerimento. Voi direte: “I suoi discepoli sono venuti di notte e lo hanno rubato mentre dormivamo”. Matteo 28:13. Ma i sacerdoti non si accorsero di cadere in una grave contraddizione. Come potevano, infatti, i soldati dire che i discepoli avevano rubato il corpo mentre essi dormivano? Se stavano dormendo, come potevano saperlo? E se fosse stato provato che i discepoli avevano trafugato il corpo di Cristo, non sarebbero stati i sacerdoti i primi a condannare le sentinelle? Se esse si fossero addormentate accanto al sepolcro, non sarebbero stati i sacerdoti stessi ad accusarle di fronte a Pilato? {GN 600.1}

I soldati non volevano accusarsi di essersi addormentati al posto di guardia, tanto più che questa era una colpa passibile di morte. Dovevano forse dare una falsa testimonianza, ingannando il popolo e mettendo a repentaglio la propria vita? Non avevano assolto il loro compito vigilando ininterrottamente? Come avrebbero potuto giurare il falso per amore del denaro? {GN 600.2}

Per mettere a tacere la testimonianza di cui avevano paura, i sacerdoti dettero loro la garanzia dell’impunità, dicendo che nemmeno Pilato avrebbe certo voluto la diffusione di un rapporto simile. I soldati romani si fecero corrompere dal denaro. Si erano presentati ai sacerdoti con uno straordinario messaggio di verità; se ne andarono con un gruzzolo di denaro e un rapporto bugiardo, inventato dai sacerdoti. {GN 600.3}

I sacerdoti, condannando Cristo a morte, diventarono strumenti di Satana e caddero completamente sotto il suo dominio, presi in una trappola dalla quale non potevano più uscire. Non restava loro che continuare la lotta contro Cristo. Nell’apprendere la notizia della sua risurrezione, temettero l’ira del popolo e si videro in pericolo. Ricorsero a uno stratagemma: negare la risurrezione di Gesù, dimostrando che era un impostore. Pensarono di corrompere i soldati e, ottenuto il silenzio di Pilato, fecero circolare un falso rapporto. Ma c’erano dei testimoni che non era possibile ridurre al silenzio: molti avevano ascoltato la testimonianza dei soldati sulla risurrezione di Gesù; inoltre, alcuni dei morti che erano usciti dal sepolcro insieme con Cristo, apparvero a molti e ne annunciarono la risurrezione. {GN 601.1}

Fu riferito ai sacerdoti che delle persone avevano visto questi risuscitati e avevano udito la loro testimonianza. {GN 601.2}

Quando Cristo risuscitò, portò con sé una folla di prigionieri. Alla sua morte il terremoto aveva fatto aprire delle tombe; quando risuscitò fece uscire dai sepolcri quei giusti, che erano stati collaboratori di Dio e che, a costo della loro vita, avevano reso testimonianza della verità. Da quel momento diventavano testimoni di colui che li aveva risuscitati dai morti. {GN 602.2}

Pietro, mentre camminava accanto a Gesù, vide che Giovanni li seguiva. Sentì il desiderio di conoscere qualcosa sul futuro di quel discepolo e “disse a Gesù: – Signore, e di lui che sarà? – Gesù gli rispose: – Se voglio che rimanga finché io venga, che t’importa? Tu, seguimi”. – Giovanni 21:21, 22. Pietro avrebbe dovuto considerare che il suo Signore gli rivelava solo ciò che poteva essergli utile. Ognuno ha il dovere di seguire Cristo, senza preoccuparsi del compito assegnato agli altri. Dicendo: “Se voglio che rimanga finché io venga”, Gesù non promise che il suo discepolo sarebbe vissuto fino al suo ritorno. Riaffermò semplicemente la sua autorità e fece notare che le sue intenzioni nei confronti di Giovanni non lo riguardavano in nessun modo. Il futuro di Giovanni e quello di Pietro erano nelle mani del Signore. Entrambi avevano il dovere di seguirlo, ubbidendogli. {GN 622.6}

GESU’ DI NAZARETHultima modifica: 2021-03-27T12:50:32+01:00da ruggerorv


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