O [s.f.] Tredicesima lettera dell’alfabeto mesorachese, corrispondente alla quattordicesima di quello latino, la cui forma deriva dal segno usato dai Greci per indicare in origine la vocale o, breve o lunga, prima che si differenziassero nella scrittura (dal sec. 7° a. C.) i due segni per la o breve o omicron (o) e per la o lunga o omega (ω); i Greci a loro volta l’avevano adottato dagli alfabeti semitici, dove aveva però altro valore (VT).
O [pron. cong. inter.] Può esprimere affermazione o negazione, con funzione pronominale, ad una richiesta d’attenzione, con sfumature di noia o moderato risentimento, esempi: o, cchi bbue? ‘si, cosa vuoi?’, o, mo no ‘no, adesso no’; come in italiano, è usata come congiunzione disgiuntiva e come interiezione (nella forma “o” oppure “oh”), esempi: o ccu ttie o ccu mie ‘o con te o con me’, oh jativinne! ‘oh andatevene!’.
Obbrigaziòne [s.f.] Obbligazione, debito, dovere, variante obbricaziòne, es.: teh cu mi cci’aje cacciare l’obbrigazione!? ‘che secondo te non mi ci devo togliere l’impegno!?’; vedi anche teh.
Obbrigu [s.m.] Obbligo, impegno, es.: u cc’è nessunu obbrigu u vieni ‘non c’è nessun obbligo che tu venga’.
Occhjàje [s.f.pl.] Occhiaie, borse sotto gli occhi.
Occhjàli [s.m.] Occhiali, lenti.
Occhjalòne [s.m.] Pesce molto apprezzato dalle nostre parti, dalle carni molto saporite, inimitabile fritto, nome scientifico Pagellus bogaraveo Brunnich, variante occhjaluru.
Occhjalùru [s.m.] 1 Escrescenza cutanea (fibroma pendulo) che si forma sulle palpebre. 2 Variante di occhjalone.
Occhjinurédda [agg.] Varietà di fagiolo originario dell’Africa, conosciuto in italiano come ‘fagiolo occhio nero’.
Offa [inter.] Uffa, piccola rottura di scatole; in genere, la vocale ‘o’ italiana nel dialetto diventa sempre ‘u’, in questo vocabolo poteva rimanere uguale e invece no, sembra quasi un’avversione verso l’italiano.
Offénnare [v.rifl.rec. v.intr.pron.] Scambiarsi ingiurie, offendersi, impermalirsi, variante offennìre, esempi: m’ha offennutu prima idda ‘mi ha offeso prima lei’, s’offenna si lu dici ‘se la prende se (glie)lo dici’.
Ogghjalùre [agg.] Varietà di olive dalla polpa molto ricca d’olio.
Ogghjalùru [s.m.] Piccolo recipiente per contenere olio, es.: (loc.) a fimmina è capace u minta u diavulu all’ogghjaluru ‘la donna è capace di ficcare il diavolo nell’oliera’ (è così astuta che lo farebbe passare anche attraverso il beccuccio).
Ogghjàstru [s.m.] Ulivo selvatico, Olea europaea sylvestris (Mill) Lehr.
Ogghjùsu [agg.] Oleoso, inzuppato d’olio.
Ogne [agg.indef.] Ogni, qualunque, esempi: ogne bbota a stessa storia ‘ogni volta la stessa storia’, (loc.) ogne spiritu va a nomina ‘ogni spirito va a nominativo’ (ogni cosa fatta con spirito buono va bene).
Ohi [inter.] Guarda joih.
Ojadùettu [avv.] Traduce l’italiano ‘oggi a otto’, cioè tra una settimana.
Oje [avv.] Oggi, al giorno d’oggi, esempi: oje me levanu u gnizzu ‘oggi mi levano il gesso’, oje cumu va u ritmu? ‘oggi come va il ritmo?’, oje u ru puterre fare cchjù ‘al giorno d’oggi non lo potresti più fare’.
Oliva [s.f.] Ulivo, insieme al castagno è l’albero più diffuso nel territorio, la parola denota sia l’albero che il relativo frutto (Olea europaea L.), esempi: pede e oliva ‘albero d’ulivo’, pane e olive u nne mancavanu mmai ‘pane e olive non ci mancavano mai’, (loc.) l’oliva arda morta e viva ‘l’ulivo brucia morto e vivo’ (il legno d’ulivo brucia anche quando è verde); guarda anche uegghju; a Mesoraca le olive, oltre ad essere spremute per farne dell’olio, vengono preparate in numerosi modi.
Olive ara sarzétta.
Ingredienti: olive verdi schiacciate e denocciolate (la quantità di olive necessarie per questa conserva copre la metà, o poco più, del resto degli altri componenti), sedano, carota, ciuffetti di semi (fiore) di finocchio selvatico, aglio, peperone, peperoncini interi freschi, aceto e olio q.b., limone, sale.
Preparazione: prendere le olive e schiacciarle con un sasso di fiume (cuticchja), snocciolarle, e metterle in ammollo per 5 giorni circa cambiando l’acqua una volta al giorno, con l’acqua tiepida si accorciano i tempi di molto, ma si riduce il sapore e non sono buone per essere conservate, ma ottime da mangiare subito. Finito l’ammollo vanno messe in un canovaccio con un peso sopra per levare l’acqua residua (ara mażara), altrimenti perdono vigore; dopo un’ora vanno messe in un grosso recipiente e salarle q.b., quindi aggiungere un po’ d’olio, un po’ di aceto bianco, filetti di due peperoni rossi piccanti (o dolci), sedano a gambetti, limone a fettine, carote a rondelle, semi di finocchio selvatico (ciuffetti), qualche foglia di alloro, peperoncini interi. Amalgamare bene il tutto e riempire (pressando) dei vasetti di vetro, alla sommità mettere dei pezzi (legnetti) della pianta di finocchio selvatico a formare una specie di asterisco o una coroncina. Possono essere mangiate anche il giorno dopo, ma si adattano ad essere conservate per tutto l’anno.
Olive scamacciate.
Ingredienti: olive verdi (95%), finocchio, aglio, peperoni, alloro.
Preparazione: schiacciarle e lasciarle ammollo con il nocciolo per tre giorni, cambiando l’acqua una volta al giorno, in questa maniera rimangono più amarognole. Finito l’ammollo, metterle in una grossa coppa insieme ad un po’ della sua acqua, aggiungere il resto degli ingredienti e amalgamare. Pressare il tutto in dei vasetti e porre alla sommità una pietra di fiume. Possono essere consumate subito per chi gradisce il sapore amaro dell’oliva, altrimenti diventano più dolci col tempo.
Olive ara monacale.
Ingredienti: olive nere (90%), sale, aceto, olio, origano, semi di finocchio, peperoncino macinato, peperone dolce, aglio, alloro.
Preparazione: intaccare le olive e metterle in ammollo per 8 giorni circa, fino a quando non diventano dolci, cambiare l’acqua tutti i giorni, dopodiché si scolano e si ripongono in una cesta per una settimana, per farle asciugare, ossia si devono arrappare un po’; sistemarle in una coppa dopo averle pulite con un panno, aggiungere un po’ d’olio, aceto, aglio a pezzetti, semi di finocchio, ciuffetti di origano, pezzettini di alloro, peperoncino e peperone rosso dolce; amalgamare tutto aggiungendo sale q.b.; riporre in vasetti; mentre si mescolano tutti gli ingredienti, si produce del “sugo” che va aggiunto nei vasetti, quest’ultimi nei mesi a venire ogni tanto vanno capovolti.
Olive da tavola virdi o nigure.
Ingredienti: cogliere le olive al minimo della luna calante, acqua, sale e coroncina di finocchio.
Preparazione: lavare le olive e riporle in un recipiente, colmarle d’acqua e alla sommità porre una coroncina di finocchio selvatico fresco. In quindici giorni cambiare l’acqua due volte, poi lavare le olive e riporle nel suo contenitore definitivo (la lancedda) con acqua nuova e con una nuova coroncina di finocchio selvatico, chiudere; si possono già assaggiare a Natale.
Olive arriganate.
Ingredienti: olive nere, sale, olio, aceto, alloro, origano, sole.
Preparazione: lavare le olive e salarle, lasciarle in ammollo così per tre giorni. Vanno poi scolate e messe in canestri sul balcone al sole per un periodo variabile, ovvero fino a quando non diventano dolci (due settimane circa). Dopo il sole pulirle con un panno e metterle in una coppa, aggiungere un goccio d’olio, poco aceto, alloro spezzettato e un po’ di origano; amalgamare il tutto; buone da mangiare subito o da conservare sottovuoto.
Olive morte: oliva caduta e rimasta sul terreno per un periodo variabile da alcuni giorni ad alcuni mesi; è buona da mangiare subito poiché ha perso l’amaro che caratterizza le olive non sottoposte ad alcuna procedura; fino a non molto tempo fa le olive morte erano “prede” ambite da bambini e adulti fannulloni durante la raccolta; sono chiamate olive morte anche le olive cadute a terra rimaste ancora amare, ma utili per essere sottoposte a lavorazione.
Ominìcchju [s.m.] 1 Uomo di scarso valore, onore e coraggio, un vile; termine usato prevalentemente in ambito malavitoso. 2 Uomo piccolo di statura.
Omu [s.m.] Nome generico adoperato per indicare un detersivo qualsiasi, anche se all’inizio denotava solo quello per i panni.
Opolìna [s.f.] Opalina, ossia il tipo di vetro traslucido che in genere ricopre la parte piana dei buffé.
Oppica [cong.] Perché, poiché, usato per introdurre una risposta di tipo causale, come nel francese ‘parce que’ o l’inglese ‘because’, es.: A ppecchì u manci? B oppica u mme piacia A ‘perché non mangi?’ B ‘perché non mi piace’.
Oppùru [cong.] Oppure, ‘se no’, ‘altrimenti’, si ravvisa anche oppuramente con la stessa valenza (Cetto docet).
Ordinàti [s.m.pl.] Fungo autunnale reperibile soprattutto tra i faggi; la sua commestibilità è controversa, in molti lo considerano velenoso/non commestibile, secondo altri ottimo dopo una ragionevole bollitura e successiva cottura; il nome è appropriato perché cresce in file ordinate o a piccoli gruppi, il nome scientifico è Lepista nebularis Fr. (o Clitocybe nebularis).
Orditùru [s.m.] Orditoio, ossia l’attrezzo del telaio su cui si effettua l’orditura.
Orfanìeddu [s.m.] Orfanello, bambino senza genitori, es.: mammasa è n’orfanedda ‘sua mamma è un’orfanella’.
Organéttu [s.m.] Aerofono a mantice, figlio della fisarmonica. 2 Strumento musicale popolare d’origine inglese, conosciuto in italiano col nome di armonica.
Orìcchja [s.f.] 1 Orecchio, padiglione auricolare, es.: lavate l’oricchje ‘lavati le orecchie’. 2 Parte della scarpa corrispondente alla linguetta.
Oricchjàina [s.f.] Orecchioni, parotite epidermica.
Oricchjìni [s.f.] Orecchini, pendenti.
Orìu [s.m.] Corrente d’aria, spiffero, soffio di vento.
Oriùnnu [s.m.] Oriundo, originario di un altro paese.
Orologiàru [s.m.] Orologiaio, riparatore d’orologi.
Ortalìzze [agg.pl.] Verdure da orto, al maschile ortalìzzu indica un terreno coltivato ad orto.
Orzòso [s.m.] Orzo, ossia la bevanda che si ricava dall’orzo tostato e usato come succedaneo del caffè; guarda anche ueriu.
Òsperi [s.m.pl.] Sinonimo di leguminose, come fave, ceci, fagioli e così via.
Ossicìeddu [s.m.] Osso di piccole dimensioni.
Ossùtu [agg.] Persona magra, macilenta.
Ottìna [s.f.] Insieme di persone, o animali, o cose, o eventi pari a otto o circa otto.
Ottuforìni [s.m.] Piccolo mattone usato in edilizia per fare le divisioni interne degli ambienti, i muri delle stanze.
Ovarìne [s.f.] Ovaia delle galline; le ovarine sono le uova mai nate, si trovano a grappoli di soli tuorli (di grandezza variabile) nelle galline che vengono macellate.