B

B [s.f.] Seconda lettera dell’alfabeto mesorachese, corrispondente alla seconda lettera dell’alfabeto latino, derivata dal BETA greco, che ha lo stesso valore fonetico della BET fenicia. In italiano, e mesorachese, rappresenta la consonante esplosiva bilabiale sonora “b”, la cui pronuncia, come quella della corrispondente sorda “p”, richiede una chiusura e riapertura delle labbra (VT).

Babbiàre [v.tr.] Prendere in giro, burlare, deridere, es.: me stai babbiannu ‘mi stai prendendo per il culo’.

Babbu [s.m.] 1 Pupazzo di plastica o di altro materiale, usato dai bambini per giocarci o barattarlo nella stessa maniera delle figurine, da cui babbarìeddu ‘babbettino’; gli stessi pupazzetti e soldatini erano anche usati per jucàre a babbi ‘giocare a pupazzetti’: piccola gara di precisione consistente nel cercare di colpire il pupazzetto avversario col proprio da una certa distanza, se ciò avveniva il pupazzetto era vinto, poteva accadere che il babbu colpito fungesse da babbu da gioco e la posta era un altro pupazzetto convenuto. 2 Costruzione dal dubbio gusto architettonico o sregolata nelle proporzioni, es.: nu babbu e ciméntu ‘un brutto palazzo di cemento’. 3 Caduta rovinosa, grosso scivolone, es.: aju piatu nu babbu ‘ho preso un capitombolo’. [s.m. agg.] 4 Scemo, ingenuo, semplicione, variante più denigratoria babbarieddu, es.: ncialare cuemu nu babbu ‘guardare (fissamente) come un tontolone’.

Baccalà [s.m.] 1 Stupido, sciocco. 2 Ovviamente è anche il buonissimo merluzzo (Gadus morhua L.), essiccato e conservato sotto sale, spesso preparato la sera della vigilia di Natale in un idilliaco sugo con molta cipolla e accompagnato con un tipo di pasta denominata ‘mafalde’.

Bacchétta [s.f.] Cucitura esterna del pantalone, che parte dalla vita e arriva fino al bordo in basso.

Bacchettùne [s.m.] 1 Persona alta, sinonimo di perniciune. 2 Bacchettone, bigotto, ipocrita; cfr picuezzu.

Baciù [s.m.inv.] Paralume, lampada.

Bagàscia [s.f.] Donna dai liberi costumi prima che facili.

Bagattèlla [s.f.] Banalità, oggetto di poco valore, bazzecola, fesseria, quisquilia, es.: piate se quattru bagattelle e bavatinne ‘prenditi queste quattro carabattole e vattene’.

Bagùllu [s.m.] Baule, cassapanca.

Bajàffa [s.f.] 1 Parola del gergo malavitoso che significa pistola e arma in generale. 2 Minchia, verga.

Balìce [s.f.] Valigia, bagaglio.

Banca [s.f.] 1 Tavolo, anche se il significato è avvicinato a quello di panca e di banco. 2 Banca, luogo dove si depositano i soldi.

Banchìeri [s.m.] Bancario.

Banna [s.f.] 1 Luogo, località, es.: e quale banna arrivi? ‘da quale posto (luogo) arrivi?’. 2 Lato, fianco, vicinanza, accanto, esempi: e chissa banna ‘da questa parte’, stamme ara banna ‘stammi accanto’. 3 Gruppo di individui legati da interessi comuni, banda, esempi: ara festa e l’Acciomu c’è na banna musicale cumu se deve ‘alla festa dell’Ecce Homo c’è una banda musicale come si deve’, tu si u capubanna ‘tu sei il capobanda’ (il boss).

Bannéra [s.f.] Bandiera, drappo.

Bannitùre [s.m.] Banditore, propagandista, urlatore.

Bannu [s.m.] Bando, annuncio, e in senso figurato pettegolezzo, es.: nn’ha gghjettatu u bannu ‘ne ha gettato il bando’ (ne ha sparso troppo la voce; cfr arrivurtare); da evidenziare la cosiddetta petra du bannu ‘pietra del bando’, luogo dove il secolo scorso era annunciato l’arrivo di alcune merci alimentari (pesci, patate, ortaggi vari), il compito era assegnato ad una persona che divulgava, urlando, la vendita di tali offerte, salendo fisicamente su una apposita pietra piatta, il compenso per questo lavoro consisteva in una piccola quantità della merce bandita; il luogo esatto della petra du bannu è dove s’incrociano Via Marconi, Via La Rosa e Via Annunziata, ma ormai solo pochi anziani usano l’espressione come punto di riferimento.

Barcùne [s.m.] 1 Balcone, terrazzino, poco usato poiché è preferito (per metatesi) il corrispettivo braccune. 2 Barca di grandi dimensioni.

Bardàscia [s.f.] Ragazza giovane, maschile bardasciu, da cui bardascieddu ‘ragazzino’; termine ormai adoperato solo da qualche anziano, sono preferiti guagliuna e guagliunedda, è un peccato perché la parola è specifica per la prima adolescenza, mentre guagliuna copre un arco temporale più ampio che si estende anche oltre i vent’anni.

Barderéllu [s.m.] Persona inaffidabile, imprecisa, volta bandiera; cfr vatalanu.

Barràcca [s.f.] Costruzione di legno o di altro materiale leggero per il ricovero, generalmente provvisorio, di uomini e animali, o per il deposito di merce; guarda anche barraccune.

Barraccùne [s.m.] Baraccone, tipica costruzione in legno usata dai pastori o dai boscaioli in montagna.

Barrétta [s.f.] Berretto, coppola.

Barru [s.m.] Bar, caffé.

Battàgghju [s.m.] 1 Battaglio, ossia battente in bronzo o ferro al centro della campana, che serve a farla risonare. 2 Martello o anello fissato all’uscio delle case per picchiare (detto anche picchiotto, battaglio o bussatoio). 3 Pene, probabilmente di dimensioni equine.

Battalamìeri [s.m.] Carrozziere, si tratta probabilmente di un neologismo.

Battamùru [s.m.] Battimuro, gioco del periodo natalizio consistente nel far battere una moneta su un muro (batta-muru), con lo scopo di avvicinarla a quella avversaria, se la distanza è minore o uguale al proprio palmo si vince la posta in gioco, che spesso è la moneta stessa dell’avversario; guarda anche parmu. 

Bba [pron.pers.c.] Guarda va.

Beccu [s.m.] 1 Barbetta a punta, pizzetto. 2 Becco, quello degli uccelli.

Bedda [agg.] Bella, carina, buona, in buono stato, di cosa fatta bene (o veloce/abile), ma anche generosa, abbondante, esempi: (loc.) levate bedda levate, levate u cchjù durmire, c’a sira te curchi tardu e ra matina u tte vue levare ‘alzati bella alzati, alzati e non più dormire, che la sera ti corichi tardi e la mattina non ti vuoi alzare’ (fare tardi la sera, per qualsiasi motivo, implica una minor prestazione il giorno successivo), na bedda guagliuna ‘una bella ragazza’, na bedda suppressata ‘una buona (e ben conservata) soppressata’, e cuzzupe su venute bedde ‘le cuzzupe sono venute bene’, bedda sprinca ‘ben veloce (ed abile)’, na bedda troppa e spagnolieddi ‘una florida pianta di peperoncini’, (loc) chin’ha na bedda vuce sempre canta e chin’ha tanti dinari sempre cunta ‘chi ha una bella voce sempre canta e chi ha tanti denari sempre conta’ (ognuno fa le cose in base alle proprie competenze), (loc.) nessunu te dicia lavate a faccia ca pari cchjù bedda e mie ‘nessuno ti dice lavati la faccia che sembri più bella di me’ (a volte si può andare in giro anche sporchi e malconci e subire l’indifferenza degli altri), (loc.) è miegghju na bedda senza nente ma no na brutta ccu dinari assai ‘è meglio una bella senza niente ma non una brutta con denari assai’.

Beddìzza [s.f.] Bellezza, grazia.

Belliméntu [s.m.] L’operazione di ornare o il mezzo stesso con cui lo si fa; decorazione, abbellimento, es.: mintaccelu ppe bellimentu ‘metticcelo per adornamento’.

Benedìca [loc.] Modo di dire per augurare abbondanza di cose buone, ma soprattutto per allontanare il malocchio e la sfiga bene-dicendo; guarda anche affascinare e vuviàre; adoperato quando si comunica ad un familiare, o ad una persona fidata, un grosso guadagno, un grande raccolto, un buon lavoro e cosi via, diventa così probabile che quest’ultimo risponda con benedica!.

Benedizziùeni [loc.] Benedizione, locuzione di apprezzamento e di approvazione, vicino al significato di benedica.

Benżìna [s.f.] Punto di riferimento compreso tra la fine di via Cutro e il Macellu.

Beru [agg. s.m.] Guarda vieru.

Béstiu [s.m.] Persona che si comporta con violenza e brutalità.

Bettanima [loc.] Sinonimo di buonanima, che se ne conserva lieta memoria, es.: a bettanima du tataranne ‘la buonanima del nonno’.

Biàfa [s.f.] Biada, ovvero cereali usati come alimentazione per gli animali da tiro o da soma, specialmente avena, non di rado misti a leguminose.

Biàfaru [s.m.] Località di campagna (uliveti) compresa tra la località Ciceraru e Canalettune.

Biaféra [s.f.] Contenitore in legno ove veniva riposta la biada per gli animali da soma.

Bibigàssu [s.m.] Cucina a gas a tre fornelli, quella bianca smaltata, alta circa 10/15 centimetri, larga una sessantina e profonda 30/40, ancora in uso in qualche casa: il fuoco grande per la pasta, il medio per il sugo e il piccolo per la moka.

Biccheriàta [s.f.] Bicchierata (appunto) fatta con gli amici, per festeggiare qualcosa o semplicemente per ritrovarsi.

Biccherìnu [s.m.] Bicchiere piccolo usato prevalentemente per i liquori.

Bicchìeri [s.m.] Bicchiere, al plurale il termine non cambia.

Bìeddu [agg.] Bello, carino, grazioso, ma anche garbato, squisito, piacevole, simpatico, attraente, pulito; guarda anche bedda e coriusu. 

Biedduvidìre [s.m.] Letteralmente ‘belvedere’, strada che collega Mesoraca a Filippa, che si stacca dalla statale subito dopo il rione Vignicedda, meglio conosciuta come irtu e biedduvidìre, ‘salita del belvedere’.

Bìfara [s.f.] Oboe popolare a doppia ancia, più grande di una canna di zampogna, aperto all’estremità e dal suono acuto, in genere suonato insieme alla zampogna durante il periodo natalizio; guarda anche ciaramedda.

Bifarìgna [agg.] Alla maniera del bifaru, ovvero in maniera estremamente ‘raffinata’, cioè tamarra, es.: crapa ara bifarigna ‘capra (cucinata) alla maniera dei pastori’.

Bifaràta [s.f.] Tamarrata, cafonata, villanata.

Bìfaru [agg.] 1 Tamarro, persona grezza e grossolana, il termine è di solito associato al mondo della pastorizia. [s.m.] 2 Agnello secondogenito nato nello stesso anno del primogenito.

Bìlicu [s.m.] Bilico, bilancia con base ampia per grosse pesate, come animali (maiali, capre, pecore) o derrate alimentari (castagne, farina, grano), con scala fino a tre quintali.

Biscottu [s.m.] 1 Uccello, cazzo, verga, es.: stu biscottu! ‘sta minchia!’; guarda anche ammugghjare. 2 Biscotto, frollino, es.: accatta i biscotti du latte ‘compra i biscotti del (per il) latte’.

Bisùegnu [s.m.] Bisogno, necessità, esempi: (loc.) l’amici veri se vidanu ari bisuegni neri ‘gli amici veri si vedono ai bisogni neri’, (loc.) amaru chin’ha bisuegnu ‘amaro chi ha bisogno’, (loc.) puru a regina avetta bisuegnu da vicina ‘anche la regina ebbe bisogno della vicina’ (anche i ricchi hanno bisogno di fare cose umili).

Bo [inter.] Ferma, basta così, comando usato per interrompere un’azione, esempi: mo mmutta chjanu chjanu, bo ‘adesso spingi piano piano, stop va bene così’, bo! ‘ferma!’.

Bocchisùbra [agg.] Letteralmente ‘bocca sopra’, diritto, riferito alle persone ‘supino’, ‘pancia verso l’alto’.

Bocchisùtta [agg.] Letteralmente ‘bocca sotto’, alla rovescia, riferito alle persone ‘bocconi’, ‘pancia verso il basso’.

Boggiòrno [inter.] Il saluto del mattino, buongiorno, buondì, anche se ormai solo qualche anziano usa questa forma, ancora più di rado si può udire baggiòrno.

Bommìnu [s.m.] Bambino, ma nessuno a Mesoraca si riferisce ad un fanciullo usando questo termine, viene adoperato quatrarieddu; infatti, il bambino per eccellenza è Gesù Bambino, e la parola è usata quasi esclusivamente come bestemmia, mentre il diminutivo bomminùzzu è usato solo in termini affettuosi nei confronti della figura religiosa.

Bòmmula [s.f.] Bombola, es.: bommula du gassu ‘bombola del gas’.

Bona [agg. l.avv.] 1 Buona, brava, altruista, cortese, dolce, onesta, appetitosa, gustosa, prelibata, efficace, giusta, vantaggiosa, ma anche ‘bene’, esempi: sugnu juta bona ‘sono andata bene’, (loc.) u ssi bbona nné ppe vuddare e né ppe vaddanu ‘non sei buona né per bollire e né per caldarrosta’ (il proverbio è riferito ad un’ipotetica castagna da scartare, adattato ad una persona assume il significato di buono a nulla), ara bona ‘alla buona’ (di qualcosa fatta senza tante attenzioni); guarda anche buenu e bo. [s.f.] 2 Carina, prosperosa, da cui bonàzza ‘ragazza molto carina, molto attraente’, o come dice il misurato Rohlfs ‘ragazza formosa’.

Bonazzùne [agg.] Persona che denota semplicità d’animo e buon cuore, bonaccione appunto.

Borza [s.f.] Borsa, sacca, sporta, la zeta può essere pronunciata anche nella forma sonora ż; termine non molto usato, viene preferito il metatetico brożża.

Bottulatìna [s.f.] Botta, frase offenssiva, commento acido, rivolto verso una persona reputata antipatica o nemica.

Bràcciu [s.m.] La strada che congiunge piazza De Grazia e la statale 109, ossia l’attuale via 20 settembre.

Braccùne [s.m.] Balcone, forma molto più usata (e metatesi) di barcune.

Brìcciu [s.m.] Pietrisco, ghiaia.

Brigànte [s.m.] In origine il termine significò “soldato avventuriero a piedi”, che faceva parte di piccole compagnie mercenarie, ma anche “partigiano ribelle” (CNRTL); oggi il significato rimasto è quello di malvivente, ladrone. Il fenomeno del brigantaggio ha origini remote, durante l’impero Romano si diffuse anche in Italia e col tempo assunse connotazioni differenti: alla fine del Medioevo era assimilabile a bande di malviventi al soldo di piccoli feudatari, in Spagna invece si connotò di motivazioni politico-sociali (VT). In Italia il termine brigante così come lo conosciamo, fu introdotto come neologismo nel 1829; venivano chiamati così i soldati del Regno delle due Sicilie che combatterono vittoriosamente contro l’occupazione francese e contro la Repubblica napoletana del 1799 (sostenuta, ma non riconosciuta, dalla stessa Francia) (Wiki). Molto si potrebbe dire sulla figura del brigante dopo l’Unità d’Italia, a partire dalla retorica risorgimentale che ne ha stravolto completamente l’immagine riconducendola esclusivamente a quella di un bandito; in realtà gran parte di loro assunsero il ruolo che ebbero i partigiani durante la seconda mondiale, ossia gente del popolo, e parte dell’esercito borbonico, che giustamente e fieramente si opposero all’invasione del neonato esercito italiano; gli storici definiscono quel periodo come un periodo di guerra civile, ma il concetto è profondamente sbagliato, si trattava di un’invasione e quindi è corretto parlare di Resistenza. Naturalmente nemmeno questa sede vuole essere retorica duosiciliana, non si tratta di nascondere che tra loro ci fossero anche bande di malviventi, ma la repressione degli italiani fu così violenta che agli occhi di oggi appare essere stata quasi come una pulizia etnica: “Questa è Africa! Altro che Italia! I beduini, a riscontro di questi cafoni, sono latte e miele” (Enrico Cialdini, luogotenente del re Vittorio Emanuele II a Napoli) (Wiki).

Briggichètta [s.f.] Bicicletta, velocipede.

Briglia [s.f.] Il nome del terzo vuddu della jumàra, forse il più spazioso, variante brigghja.

Briglia

Brillòccu [s.m.] Guarda mprilloccu.

Brìnnisi [s.m.] Brindisi, cincin.

Briòsciu [s.m.] 1 Brioche, cornetto, croissant; singolare che a Mesoraca si sia evoluta anche la forma maschile. 2 Pene, membro; parola poco usata in questa accezione.

Brocca [s.f.] Forchetta, la posata adatta ad infilzare, da cui broccàta ‘forchettata’, ‘scidda’, es.: (loc.) se mancia i ciciari ccu ra brocca ‘si mangia i ceci con la forchetta’ (proverbio che si intercala davanti ad una persona che ha un rapporto problematico col cibo o che ha modi di fare troppo raffinati, in generale si usa quando qualcuno fa qualcosa che va contro le normali regole).

Brodu [s.m.] 1 Brodo, quello preparato con la carne e/o la verdura, es.: u brodu tu manci jestimannu ‘il brodo (con la pastina) lo mangi bestemmiando’ (si impreca perché è una vivanda che va mangiata scottandosi); cfr vruedu. 2 In argot giovanile ‘spinello, canna’, es.: me fazzu nu brodu ‘mi faccio una canna’.

Brożża [s.f.] Borsa, metatesi di borza.

Brudìera [s.f.] Scodella impiegata per berci il brodo o il latte la mattina.

Bruna [s.f.] 1 Susina, Prunus domestica L.; il termine indica sia l’albero che il frutto, questo perché se venisse rispettata la regola, ossia indicando il frutto al femminile e l’albero al maschile, otterremmo “brunu”, ovvero il nome Bruno. 2 Contusione, livido.

Brunu [agg.] 1 Di colore violaceo, ossia il colore della prugna; indica l’effetto di una contusione, es.: ti si cc’è fattu brunu aru vrazzu ‘ti si c’è fatto color viola al braccio’ (ti sei fatto un livido al braccio; ben tre particelle pronominali consecutive). [s.m.] 2 Il nome Bruno.

Bubbàta [s.f.] Vivanda cucinata generalmente in gran quantità, ma di poca bontà; di solito dall’aspetto non molto invitante, per non parlare poi del gusto.

Buccàcciu [s.m.] Barattolo di vetro a bocca larga, in genere di forma cilindrica, da cui buccaccìeddu ‘vasetto’, ‘barattolino’, esempi: nu buccacciu e pelati ‘un brattolo di pelati’, nu buccaccieddu e sardedda ‘un barattolino di sardedda’.

Bùenu [agg. avv.] Buono, bene, esempi: me va buenu ‘mi va bene’, (loc.) Peppe e Ntùeni assai ci nn’ha, ma pocu bbueni ‘Giuseppe e Antonio assai ce ne sono, ma poco buoni’; cfr bona.

Buenuvenùtu [agg. s.m.] Benvenuto, ben arrivato, poco usato come sostantivo, es.: buenuvenutu figghjarì ‘benvenuto figliolo’.

Buffé [s.m.inv.] 1 Tavolo imbandito come un buffet adornato per ricorrenze particolari, come matrimoni, cresime o compleanni; spesso trova alloggio nello spazio antistante la casa in maniera tale che gli invitati si servano senza fatica. 2 Mobile in cui si tengono cibi e stoviglie, credenza; col tempo è anche diventato un mobile decorativo, con annessa un’ampia specchiera e vetrinetta, con l’immancabile opalina color verde; all’interno si possono trovare i “servizi buoni” come piatti e servizi da te e caffè, in stile discutibile.

Buffettune [s.m.] Grosso schiaffo, manrovescio, ceffone che si ricorda, guarda anche fantalàta.

Bugàtta [s.f.] Barattolo di latta, es.: piame na bugatta e pumadueri ‘prendimi una scatola di pomodori’ (pelati).

Bùggia [s.f.] Tasca, saccoccia, da cui buggìnu ‘taschino dei pantaloni o della giacca’, esterno per quest’ultima, interno per i pantaloni, variante bbùggia, esempi: (loc.) maju fattu u culu na bbuggia ‘mi sono fatto il culo (come) una tasca’ (ho lavorato sodo), (A) joih! Cuemu me fattu spanticare! (B) …da paura l’è quagghjatu u sangu intra buggia ‘(A) caspita! Come mi hai fatto spaventare! (B) …dalla paura gli è quagliato il sangue nella tasca’ (modo di dire per sottolineare uno spavento), para ca pii vipare intra a buggia ‘sembra che prendi vipere nella tasca’ (intercalare per sottolineare un comportamento da tirato, mettere le mani in tasca allude al fatto di dover tirare fuori dei soldi).

Buggigàttulu [s.m.] Locale di piccolissime dimensioni, sgabuzzino.

Bullàre [v.tr.] Bollare, timbrare. 2 Bocciare, respingere alla fine dell’anno scolastico, termine ormai poco usato, es.: st’annu te bullanu ‘quest’anno ti bocciano’.

Bumma [s.f.] Bomba, ordigno, guarda anche bummicedda.

Bummicédda [s.f.] Diminutivo di bumma, con questo termine viene designato un piccolo petardo, lungo circa due centimetri e dotato di miccia, dalla forma identica ad un candelotto di dinamite; il suo utilizzo è limitato al periodo natalizio e, pur essendo quasi innocuo, non è molto pedagogico dato che ci giocano i bambini.

Bummu [s.m.] Bernoccolo, bozzo, ematoma.

Burdèllu [s.m.] Gran casino, bordello, forte confusione.

Bussu [s.m.] Nel gioco del tressette, rappresenta sia il tre, sia l’accusa (o buon gioco o bongioco), esempi: ccà ci’aju u bussu ‘qui ho il tre’, bussu! ‘bongioco!’.

Bùssula [s.f.] Infisso ad un battente, ovvero le normali porte delle camere.

Busta [s.f.] 1 Sacchetto di plastica o di altro materiale usato per contenere la spesa. 2 Somma in denaro, contenuta nella busta di un bigliettino d’auguri, viene elargita agli sposi come regalo per il loro matrimonio al posto della lista nozze, esempi: le fazzu a busta, puru c’u cce vaju aru matrimoniu ‘gli faccio la busta, pure che (anche se) non ci vado al ricevimento’, s’è scurdatu u minta u nume ara busta ‘si è dimenticato di mettere il nome alla busta’, chi vrigogna, u ll’ha fattu mancu a busta doppu tutte e civilizze chi l’ha fattu ‘non gli ha fatto nemmeno la busta dopo tutti i servigi che gli ha fatto’; di rado la busta la fa anche qualche persona che non ha ricevuto l’invito, in genere si tratta di vicini di casa, parenti lontani o semplici amici. 3 Busta per lettera.

Buttìgghja [s.f.] Bottiglia, variante vuttìgghja, molto usato anche buttigghjùne ‘bottiglione’ (di solito da due litri), esempi: n’amu vivutu na buttigghja e vinu ‘ci siamo bevuti una bottiglia di vino’, n’amu finitu nu buttigghjune e dui litri (in due) ‘abbiamo finito un bottiglione di due litri’ (di vino).

Buttigghjédda [s.f.] Bottiglietta, bottiglia di piccole dimensioni; il termine è correlato ad un uso per sostanze alimentari dell’oggetto, es.: na buttigghjèdda e sarza ‘una bottiglietta di salsa’ (di pomodoro).

Buttigghjìnu [s.m.] Bottiglietta, o meglio ‘bottiglino’, usato per contenere sostanze non alimentari, es.: nu buttigghjinu e sciampu ‘un flacone di shampoo’. 

Buttùne [s.m.] Bottone, guarda anche animedda.

Butumìera [s.f.] Betoniera, a benzina (molto rumorosa) o elettrica.

Bużżinòttu [s.m.] Pentola più alta che larga, molto simile al cucumieddu. In altre regioni è considerato un recipiente di rame, non stagnato, a fondo concavo, con manico a impugnatura, che serve per la cottura di creme e/o per la preparazione dello zucchero caramellato.

Bultima modifica: 2022-03-13T10:47:35+01:00da mars.net