La Seconda Rivoluzione Industriale

Lo sviluppo industriale ebbe inizio nella seconda metà del Settecento e proseguì fino agli inizi del Novecento (1914, inizio della Prima Guerra Mondiale). Tuttavia le innovazioni della seconda metà dell’Ottocento (1870) furono molto più complesse, e la fase che va dal 1870 al 1914 è chiamata Seconda Industrializzazione o Seconda Rivoluzione Industriale. Mentre durante la Prima Rivoluzione Industriale lo sviluppo si concentrò soprattutto nell’Europa occidentale e in America, durante la Seconda Rivoluzione Industriale esso si diffuse anche nei paesi più periferici come il Giappone e la Russia. Un’altra differenza fondamentale tra la Prima e la Seconda Industrializzazione fu che mentre nel corso della prima le regioni più avvantaggiate furono quelle più ricche di carbone e ferro, nel corso della seconda furono quelle sprovviste di materie prime ma ricche di capacità tecniche culturali che permisero le innovazioni tecnologiche.

Grazie alla sempre maggiore richiesta di energia elettrica da parte delle industrie nascenti negli anni Ottanta dell’Ottocento, si affermarono le industrie produttrici dell’energia elettrica che andò a sostituire il vapore. Dapprima i prodotti come i cereali importati da altri stati erano molto costosi a causa dell’alto prezzo dei trasporti, poi, durante la Seconda Rivoluzione Industriale, i costi calarono moltissimo, perché con l’affermazione della ferrovia e della macchina a vapore i trasporti costavano meno. Così le aziende del continente europeo che prima erano protette dai prodotti industriali d’oltreoceano a causa dell’alto prezzo che veniva imposto per i trasporti, si videro investiti dai prodotti americani (in particolare cereali) che ora potevano esseri commerciati a prezzo basso. Il costo basso dei prodotti d’oltreoceano era dovuto alla grande disponibilità di terreni coltivabili e di manodopera in paesi come gli Stati Uniti, il Canada, l’Argentina, l’Australia, l’India e la Nuova Zelanda che vennero battezzati “i nuovi granai del mondo”. Questo processo costrinse molte fabbriche europee a chiudere così questa crisi di sovrapproduzione venne chiamata “Grande Depressione”.

Fra il 1870 e il 1900 fecero la loro prima apparizione una seria di strumenti, di macchine, di oggetti d’uso domestico che sarebbero poi divenuti parte integrante della nostra vita quotidiana: la lampadina e l’ascensore elettrico, il motore a scoppio e i pneumatici, il telefono e il grammofono, la macchina per scrivere e la bicicletta, il tram elettrico e l’automobile… Nel 1873 apparve il frigorifero, un anno dopo il ferro da stiro elettrico, la penna stilografica, la gomma per cancellare. Nel 1876 lo scozzese Alexander Graham Bell costruì il telefono (già ideato dall’italiano Antonio Meucci); nel 1877 Edison brevettò il fonografo, che qualche anno più tardi fu trasformato in grammofono da Hans Berliner. Nel 1895 ci furono altri due avvenimenti fondamentali nella storia moderna delle invenzioni: l’italiano Guglielmo Marconi effettuò il primo esperimento di telegrafo senza fili e i fratelli francesi Lumière inventarono il cinema. La fabbricazione della cellulosa permise di compiere i primi passi nella produzione di materie plastiche. Non tutte le invenzioni trovarono un impiego pacifico però: la dinamite, inventata dallo svedese Nobel, fu usata principalmente a scopo bellico, poiché in quegli anni erano necessari esplosivi più potenti per perforare le corazze delle navi che cominciavano ad essere costruite con l’acciaio. Il Novecento si aprì con un’invenzione che avrebbe trasformato il mondo: nel 1903 due americani, i fratelli Wright, fecero sollevare da terra un mezzo più pesante dell’aria (fino ad allora avevano volato solo aerostati e palloni gonfiati con aria calda o gas più leggeri dell’aria) ma soltanto nel 1911 fu costruito il primo aereo con una struttura coperta totalmente da una tela verniciata che permetteva di vincere la resistenza dell’aria.

La vera novità della Seconda Rivoluzione Industriale però non fu tanto nelle conquiste della scienza, quanto nell’applicazione su sempre più larga scala delle scoperte nei vari rami dell’industria. Il legame che si veniva a creare tra scienza e tecnologia e tra tecnologia e mondo della produzione diventava sempre più stretto: scienziati di grande prestigio misero i loro studi a disposizione dell’industria, ingegneri, biologi, chimici e fisici divennero titolari o contitolari di imprese. Gli sviluppi più interessanti si concentrarono in industrie “giovani”, come quella chimica o metallurgica dedita alla produzione dell’acciaio. L’impiego su vasta scala dell’acciaio fu uno dei tratti distintivi della nuova epoca; i pregi del solido e malleabile metallo erano conosciuti da tempo, ma gli elevati costi di produzione ne avevano limitato l’uso alle armi da fuoco, alle lame e agli strumenti di precisione. Con l’impiego di nuove tecniche di fabbricazione dal 1879 fu possibile realizzare acciaio in grandi quantità e a costi modesti, da allora la produzione di questo metallo crebbe a ritmi rapidissimi. L’acciaio venne usato per le rotaie delle ferrovie, per le corazze delle navi da guerra, per gli utensili domestici e per le macchine industriali che divennero più precise, potenti e leggere; inoltre fornì anche le strutture per costruire grandi edifici e grandi ponti, come il Tower Building di New York, il primo palazzo in acciaio costruito nel 1889, e la Torre Eiffel, realizzata nello stesso anno in occasione dell’Esposizione Universale di Parigi destinata a diventare il simbolo più celebre dell’età dell’acciaio.

L’industria chimica era un’industria multiforme, essa abbracciava una grande varietà di produzioni: dalla carta al vetro, dai medicinali ai concimi, dai saponi ai coloranti, dagli esplosivi alla ceramica. La crescita delle nuove industrie fece aumentare la domanda di prodotti destinati ad essere impiegati come reagenti chimici in altre lavorazioni. I più diffusi di questi prodotti erano l’acido solforico e la soda. Queste furono produzioni che costituirono la base per lo sviluppo dell’industria chimica, che allargò e diversificò l’area delle sue specializzazioni.

Nella Prima Rivoluzione Industriale era stata inventata la macchina a vapore, e nella Seconda questa stava per essere inglobata dalla macchina con il motore a scoppio, inventato dai tedeschi Gottlieb Daimler e Carl Benz. Successivamente nel 1897 Rudolf Diesel, inventò il motore a nafta. L’automobile si diffuse a poco a poco e il petrolio divenne sempre più importante per l’uomo, non solo per i motori ma anche per illuminare o riscaldare. Col passare del tempo “l’oro nero” venne sostituito dalla dinamo e da generatori, in grado di trasformare il movimento di un corpo in corrente elettrica, batterie capaci di immagazzinarla e motori elettrici che permettevano di trasmettere corrente elettrica a grandi distanze e di utilizzarla per l’illuminazione e il riscaldamento. A partire dalla fine dell’Ottocento, l’energia elettrica cominciò ad essere usata anche per i mezzi di trasporto e per gli usi industriali. Di fronte alla richiesta sempre crescente di energia elettrica, si faceva strada l’idea di ricorrere per la produzione di corrente, anziché alle macchine a vapore, all’energia idraulica. Tra il 1850 e il 1870 si costruirono in Europa circa 75000 chilometri di strade ferrate, parallelamente si potenziarono anche le comunicazioni via mare. Lo sviluppo delle ferrovie permise di raggiungere nuovi mercati per la vendita dei prodotti industriali e agricoli, alimentò una continua domanda di ferro e carbone, che erano le materie prime necessarie per costruire binari, locomotive e vagoni e per far funzionare le macchine a vapore.

Con il prezzo calante dei prodotti e il conseguente aumento del reddito procapite, si allargò il mercato e si ebbe sempre più bisogno di prodotti. Per venire incontro ai cittadini James Taylor inventò la catena di montaggio per la produzione di massa. La prima catena di montaggio fu introdotta nel 1913 nelle officine automobilistiche Ford di Detroit. Fu un’innovazione rivoluzionaria che consentì di ridurre i tempi di lavoro, ma frammentando il processo produttivo in una serie di piccole operazioni, ciascuna affidata a un singolo operaio, il lavoro risultava ripetitivo e spersonalizzato. Le tecniche del Taylorismo permisero alta produttività e alti salari, ma i lavoratori si lamentarono di essere privati di autonomia dalle macchine e quindi del proprio orgoglio professionale.

La Seconda Rivoluzione Industrialeultima modifica: 2019-08-12T10:52:23+02:00da gloria_2019

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