Fuori sacco

Un tratto di spiaggia, Borgo Marina e, in fondo a destra, il vecchio Casinò di Bordighera (IM) nel 1934 – Foto di Ezio Benigni – Archivio Moreschi di Sanremo (IM)

“Fuori sacco” é un’espressione da me appresa negli anni che furono, in relazione alla trasmissione (allorquando non sussisteva l’attuale tecnologia) di un articolo di giornale all’ultimo istante, fuori del contenitore già predisposto sul carro ferroviario della posta, dunque. Il concetto, per estensione, l’ho sentito spesso usare in seguito per l’aggiunta in extremis di punti all’ordine del giorno di riunioni professionali specializzate od altre similari situazioni

Ho usato spesso scrivere “fuori sacco” in miei tentativi di celia circa le distrazioni e le conseguenti improvvise modifiche, che mi venivano da arrecare alla stesura di vecchi post.
Potrei fare diversi esempi e probabilmente li farò, qui o sui due blog più personali che ho aperto.
Mentre scrivo queste righe, però, mi viene in mente che potrei dire “fuori sacco” anche per altri casi.
Stan Laurel e Oliver Hardy a Sanremo (IM) nel 1950. Vedere a questo link un articolo di Alfredo Moreschi circa la presenza nella città dei fiori dei due illustri attori  – Archivio Moreschi di Sanremo

Come per le fotografie che mi manda l’amico Alfredo Moreschi, che non sempre so come collocare.

Pitigliano (GR), Toscana
Foto di Gian-Maria Lojacono

O per quelle di altri amici.

Un caso classico, ad ogni modo, ma non l’unico, in cui sono caduto in pieno nell’utilizzo di “fuori sacco” è stato per la vicenda “Radio Squadra”, per la quale le modifiche da apportare, per quanto a discreti intervalli di tempo l’una dall’altra, sono state diverse. E chi vorrà leggere i trafiletti collegati (anche se l’episodio, ormai pressoché concluso, è riportato anche qui su questo sito) potrà intendere meglio…

Quella volta di Radio Squadra a Ventimiglia (IM)

Fonte: Piera Lenzi

Quando, sei anni or sono, incontrata casualmente e riconosciuto da lei, per via della mia attiva presenza nella blogosfera, ho potuto finalmente discorrere un po’ con S., già mia compagna di classe per quasi tutte le scuole elementari, nella concitazione del momento mi dimenticai di parlarle di Radio Squadra. Eppure non era passato molto tempo da che in famiglia avevamo rispolverato un vecchio  articolo di giornale, che con un breve trafiletto pubblicava una fotografia che ci ritraeva insieme mentre io rispondevo alle domande del cronista per quell’avvenimento in Ventimiglia del 1959; decisamente ancor meno da quando avevo affrontato l’argomento su altro blog, in ciò stimolato dall’aver trovata citata sul Web la canzone in dialetto, che ad un certo punto cantavano tutti i bambini partecipanti a Radio Squadra, edizione scuole della città ligure di confine.

Ho dovuto attendere a lungo per parlare di Radio Squadra con S., ma non ne ricordava nulla, neanche dopo il mio inoltro per email del citato ritaglio stampa. Sembrava un destino: già in precedenza persone addentro alle situazioni locali – eccezione per una, che aveva un vago ricordo sia della Piazza (Libertà!) del Municipio molto affollata, sia per la fuggevole visione di quel frangente nella commemorazione in televisione di un giornalista appena deceduto – mi avevano sostenuto di non rammentare niente; già in precedenza, vista la fotografia di una classe delle elementari della vicina Camporosso con la sovrascritta Radio Squadra, E., lì ritratto e da me conosciuto, si può dire, da una vita, confermava quel coro di smemoratezza; e potrei continuare.

Premetto ancora che il dubbio, che mi ero trascinato dietro, derivava da quella notizia che mi riguarda e che sottolinea domande fatte ad un alunno delle elementari di Nervia (la nostra zona di allora!), circondato da suoi compagni di classe, nel senso di non poter dimostrare bene che quella presenza di Radio Squadra a Ventimiglia aveva coinvolto in maniera centralizzata le delegazioni più o meno consistenti dei vari plessi scolastici cittadini (e, forse, – vedi il caso Camporosso Mare – oltre).

Avevo, all’epoca del mio primo interessamento a pubblicare qualche piccola nota sull’argomento, scritto una cosa del genere: “mi ritrovo, tuttavia, sempre con scarne note rinvenute sul Web, del tenore della seguente: – … Radiosquadra, un gruppo di giornalisti e di tecnici che attraversava l’Italia a bordo di un pulmann attrezzato per le riprese dirette e le registrazioni, nel suo giro della Penisola … realizza interviste, portando la radio in piccoli paesi sperduti. – Dove si accenna a Renato Tagliani, un tempo noto personaggio della RAI… E a qualche forma di trasmissione in loco, presumo con altoparlanti per surrogare la carenza di apparecchi domestici o la mancanza di segnale. Qualche ulteriore informazione lascia intendere che l’iniziativa esisteva dal 1951, che agiva su vari temi e che vi hanno collaborato, tra gli altri, Enzo Tortora, Silvio Noto, Luciano Rispoli. Lodevole e pionieristica, aggiungerei.

Ho rinvenuto, però, nel sito del Circolo Didattico di Anagni una fotografia del 27 aprile 1961 [oggi non più rinvenibile], che illustra abbastanza bene, credo, il nodo che vorrei sciogliere, perché in una piazza di quella città si vedono, ad esempio, un furgoncino di Radio Squadra e tanti scolari assiepati.

Secondo me, infatti, si trattava di una organizzazione di Radio Squadra più complessa, realizzata nel Palazzo Municipale, con tanto – per dire – di riproduzione all’esterno, sulla Piazza affollata, della trasmissione in corso: qualcosa sull’esempio di Anagni, insomma.

Guarda caso  l’anno scorso su noto social network compare prima un’immagine che ritrae davanti al Municipio di Ventimiglia tutti i partecipanti a Radio Squadra, cui ne risponde un’altra, che sancisce che le singole interviste venivano fatte all’interno del palazzo pubblico.

E solo in quel momento B.E. mi dice che sua madre aveva ascoltato quella trasmissione da casa che, va da sé, a lui, che non ne aveva fatto parte, forse in quanto riservata alle IV, ne aveva spesso parlato.

Sì, perché grosso modo, l’evento era consistito di tante domande a tanti bambini su momenti di storia locale, inframezzati e/o conclusi dal canto collettivo (che io ricordi mai provato prima tutti insieme!) della Leggenda Ventimigliese.

E S.? S., da me debitamente informata, si riconosce nell’istantanea di gruppo, mentre io praticamente non ci riesco, e mi chiede dov’era la nostra stimatissima maestra: al che presumo che io e lei siamo stati gli unici del plesso di Nervia a presenziare, accompagnati dal bidello…