Quella volta di Radio Squadra a Ventimiglia (IM)

Fonte: Piera Lenzi

Quando, sei anni or sono, incontrata casualmente e riconosciuto da lei, per via della mia attiva presenza nella blogosfera, ho potuto finalmente discorrere un po’ con S., già mia compagna di classe per quasi tutte le scuole elementari, nella concitazione del momento mi dimenticai di parlarle di Radio Squadra. Eppure non era passato molto tempo da che in famiglia avevamo rispolverato un vecchio  articolo di giornale, che con un breve trafiletto pubblicava una fotografia che ci ritraeva insieme mentre io rispondevo alle domande del cronista per quell’avvenimento in Ventimiglia del 1959; decisamente ancor meno da quando avevo affrontato l’argomento su altro blog, in ciò stimolato dall’aver trovata citata sul Web la canzone in dialetto, che ad un certo punto cantavano tutti i bambini partecipanti a Radio Squadra, edizione scuole della città ligure di confine.

Ho dovuto attendere a lungo per parlare di Radio Squadra con S., ma non ne ricordava nulla, neanche dopo il mio inoltro per email del citato ritaglio stampa. Sembrava un destino: già in precedenza persone addentro alle situazioni locali – eccezione per una, che aveva un vago ricordo sia della Piazza (Libertà!) del Municipio molto affollata, sia per la fuggevole visione di quel frangente nella commemorazione in televisione di un giornalista appena deceduto – mi avevano sostenuto di non rammentare niente; già in precedenza, vista la fotografia di una classe delle elementari della vicina Camporosso con la sovrascritta Radio Squadra, E., lì ritratto e da me conosciuto, si può dire, da una vita, confermava quel coro di smemoratezza; e potrei continuare.

Premetto ancora che il dubbio, che mi ero trascinato dietro, derivava da quella notizia che mi riguarda e che sottolinea domande fatte ad un alunno delle elementari di Nervia (la nostra zona di allora!), circondato da suoi compagni di classe, nel senso di non poter dimostrare bene che quella presenza di Radio Squadra a Ventimiglia aveva coinvolto in maniera centralizzata le delegazioni più o meno consistenti dei vari plessi scolastici cittadini (e, forse, – vedi il caso Camporosso Mare – oltre).

Avevo, all’epoca del mio primo interessamento a pubblicare qualche piccola nota sull’argomento, scritto una cosa del genere: “mi ritrovo, tuttavia, sempre con scarne note rinvenute sul Web, del tenore della seguente: – … Radiosquadra, un gruppo di giornalisti e di tecnici che attraversava l’Italia a bordo di un pulmann attrezzato per le riprese dirette e le registrazioni, nel suo giro della Penisola … realizza interviste, portando la radio in piccoli paesi sperduti. – Dove si accenna a Renato Tagliani, un tempo noto personaggio della RAI… E a qualche forma di trasmissione in loco, presumo con altoparlanti per surrogare la carenza di apparecchi domestici o la mancanza di segnale. Qualche ulteriore informazione lascia intendere che l’iniziativa esisteva dal 1951, che agiva su vari temi e che vi hanno collaborato, tra gli altri, Enzo Tortora, Silvio Noto, Luciano Rispoli. Lodevole e pionieristica, aggiungerei.

Ho rinvenuto, però, nel sito del Circolo Didattico di Anagni una fotografia del 27 aprile 1961 [oggi non più rinvenibile], che illustra abbastanza bene, credo, il nodo che vorrei sciogliere, perché in una piazza di quella città si vedono, ad esempio, un furgoncino di Radio Squadra e tanti scolari assiepati.

Secondo me, infatti, si trattava di una organizzazione di Radio Squadra più complessa, realizzata nel Palazzo Municipale, con tanto – per dire – di riproduzione all’esterno, sulla Piazza affollata, della trasmissione in corso: qualcosa sull’esempio di Anagni, insomma.

Guarda caso  l’anno scorso su noto social network compare prima un’immagine che ritrae davanti al Municipio di Ventimiglia tutti i partecipanti a Radio Squadra, cui ne risponde un’altra, che sancisce che le singole interviste venivano fatte all’interno del palazzo pubblico.

E solo in quel momento B.E. mi dice che sua madre aveva ascoltato quella trasmissione da casa che, va da sé, a lui, che non ne aveva fatto parte, forse in quanto riservata alle IV, ne aveva spesso parlato.

Sì, perché grosso modo, l’evento era consistito di tante domande a tanti bambini su momenti di storia locale, inframezzati e/o conclusi dal canto collettivo (che io ricordi mai provato prima tutti insieme!) della Leggenda Ventimigliese.

E S.? S., da me debitamente informata, si riconosce nell’istantanea di gruppo, mentre io praticamente non ci riesco, e mi chiede dov’era la nostra stimatissima maestra: al che presumo che io e lei siamo stati gli unici del plesso di Nervia a presenziare, accompagnati dal bidello…

Quella palestra a Ventimiglia (IM)

L’ex G.I.L. di Ventimiglia (IM), come viene ancora chiamata, oggi una palestra, se non sbaglio, in uso ad alcune società sportive. E lo spiazzo davanti un parcheggio a rotazione.

Per circa due decenni é stato l’unico impianto a disposizione delle scuole medie inferiori del centro città e degli istituti superiori.

Ci sono passato anch’io. Per otto anni.

In attesa di una lezione pomeridiana (allora per le superiori usava così), una volta ho sentito, tutto ammirato, un ragazzo un po’ più grande di me parlare di Puskás a Bordighera.

In quel sito, dentro e fuori, anzi, fuori, perché le prove di corsa si facevano logicamente all’aperto, ho coltivato i miei sogni da adolescente sull’atletica leggera. Io, inconcludente, come quasi sempre, se non si trattava, come allora, di studiare, e, poi, di lavoro. Sono anni che non scrivo di questi aspetti. Ci penserò.

Non riesco a ritrovare una fotografia scattata, nell’occasione della premiazione, insieme, tra gli altri, a due insegnanti del Liceo, che a me furono molto cari. Ero il capitano, per meriti di… età, della nostra squadra allievi di pallavolo, che vinse nel 1966 il campionato provinciale studentesco. E tutto il torneo, per nostra fortuna, mi sembra di ricordare, si era svolto all’aperto dell’ex G.I.L.

Il patrimonio di ricordi di quel sito non può che essere, pertanto, che comune a centinaia e centinaia di persone della mia zona. Capita, del resto, che tanti scrivano di quel luogo e della strada che da un altro nome ancora alla palestra, Via Chiappori. Molti di meno rammentano che nell’angolo di sud-ovest rimase a lungo il campo da tennis in terra battuta del Tennis Club di Ventimiglia, fondato intorno al 1950.

Appena finita la seconda guerra mondiale, l’edificio in questione venne adibito a scopi più pratici inerenti la vita che riprendeva a scorrere un po’ più tranquilla. C’era una mensa popolare, ad esempio: e fu là, dove mia madre ragazza allora lavorava, che i miei genitori si conobbero…

Prima ancora, come ci ricorda tristemente il nome, G.I.L., vale a dire Gioventù Italiana del Littorio, la palestra, come tante in Italia, venne eretta per celebrare biechi vanti del regime fascista. Di tanti racconti che ho sentito fare intorno a quel luogo per i tristi anni 1930, in genere concernenti il premilitare, aberrante istituzione del fascismo, voglio, in conclusione, riportarne almeno uno. Il seguente, che riprendo da un mio blog: “ il giovane pescatore, uno di quelli che aiutava gli ebrei stranieri, dannati dal regime con le leggi razziali, a fuggire in barca dall’Italia verso la Francia nella tormentata stagione 1938-’39 [in proposito: Ombre al confine di Paolo Veziano L’espatrio clandestino degli Ebrei dalla Riviera dei Fiori alla Costa Azzurra 1938-1940, ed. Fusta, 2014], in futuro valente floricoltore, che si presentava al premilitare fascista a piedi nudi, sostenendo che in casa non si avevano soldi per comprargli le scarpe: al che il capomanipolo o centurione, il brutto ceffo in camicia nera, insomma, che dirigeva la situazione, lo mandava via, con tacita soddisfazione del nostro personaggio, che di tutta evidenza aveva ottenuto, almeno una volta, il suo scopo“.