Ho rinvenuto questa carta del Regno di Sardegna del 1794, oggi dell’Istituto Geografico Militare, mentre facevo un’esplorazione, dovuta al fatto che, riguardando stampe di inizio 1800, presenti su questo sito nizzardo cui ho già attinto altre volte, ho notato meglio che talora vengono indicate opere o di geografi italiani o riguardanti altre parti del nostro paese, come la “Coreografia d’Italia” di Attilio Zuccagni-Orlandini. Difficile, tuttavia, trovare sul Web altre icone così pregevoli. Probabile che chi le colleziona se le tenga ben strette anche nella forma digitale.
Questa una mappa dal lavoro di Attilio Zuccagni-Orlandini.
Per associazione di idee mi é tornata in mente l’imponente opera di storia e di geografia del Conte Alberto La Marmora, uno dei quattro fratelli generali, realizzata quando era stato mandato in punizione in Sardegna. Qui sopra, ripresa da qui, una carta da lui realizzata.
In effetti, nella prima metà del 1800 in Italia non si pubblicavano solo libri su lontane nazioni, come ho già più volte accennato, ad esempio qui. Argomenti che ho ripreso da Cultura Barocca. Alla quale potrei sempre tornare per ulteriori spunti su come veniva studiata e presentata la geografia italiana in quel periodo: a questo link un piccolo saggio.
Juana Inés de la Cruz, nata Juana Inés de Asbaje y Ramírez de Santillana (San Miguel Nepantla, 2 dicembre 1648 o, secondo altri, 12 novembre 1651 – Città del Messico, 17 aprile 1695), è stata una religiosa ed una famosa poetessa messicana.
Figlia illeggittima di un nobile spagnolo e di una donna analfabeta, la quale è, però, in grado di dirigere una masseria e che nel 1655 vive con un altro uomo, Juana già a tre anni, con la complicità di una sorella maggiore e di una maestra, impara a leggere all’insaputa della madre.
Vorrebbe tentare di proseguire gli studi, sino all’Università, travestita da ragazzo, cosa impossibile e molto pericolosa a quel tempo. La madre, ormai ben convinta della bontà delle aspirazioni della figlia, la manda dalla sorella a Città del Messico, dove la fornita biblioteca del defunto nonno svolge una funzione fondamentale nella preparazione di Juana.
Risulta difficile, da qui in avanti, riassumere la sua pur breve vita, tanto ricca di avvenimenti importanti quanto é straordinaria la sua personalità, nella quale prevale un temerario, per l’epoca e l’ambiente, spirito libero.
Sostanzialmente autodidatta, presentata nel 1664 alla nuova Corte dalla zia, entra nel gruppo delle dame della Viceregina, dove viene accreditata del titolo di “amatissima”. Compone versi, dedicati alla grande nobile, molto apprezzati anche dal Viceré, che riconosce in varie occasioni il talento della fanciulla.
Nel 1667, tuttavia, Juana abbandona la Corte ed entra in convento. Da parte degli studiosi si ritiene prevalente in questa scelta una motivazione di ordine pratico, perché imminente un possibile cambio di Viceré. Senonché, Juana, che pur in quel Messico potrebbe, ancorché figlia illeggittima, contrarre, come fanno invero due sue sorelle, matrimonio, lascia scritto che non sente attrazione per tale istituto, ma, anzi, cerca con l’opzione messa in atto la tranquillità necessaria per dedicarsi alla sua intensa attività intellettuale.
Sarebbe interessante entrare in molti particolari, quali aspetti del costume e del diritto, specifici allora in quell’area geografica. Ancor più la corposa produzione lirica di Juana, che le assicura subito grande fama. Intenso anche il suo rapporto con una nuova Viceregina. Siamo nel Barocco. Juana si occupa anche di teatro, ma il vescovo, memore dell’avversione pontificia di quegli anni per qualsivoglia forma di coinvolgimento femminile in materia, già da questo presupposto inizia a covare rancore verso Juana.
Il fatto é che Juana difende, come può, senza giri di parole e non celandosi dietro pseudonimi, la dignità della donna, soprattutto rivendicando il diritto ad un’istruzione paritetica a quella maschile.
Molto significativi, allora, i seguenti versi di Juana:
“Stolti uomini che accusate
la donna senza ragione,
ignari di esser cagione
delle colpe che le date;
(…)
Io molti argomenti fondo
contro le vostre arroganze,
ché unite in promessa e istanze
l’inferno, la carne e il mondo”.
Infine, quel vescovo, sfruttando diversi fattori, non ultimo l’ennesimo avvicendamento di governatori, e taluni inevitabili errori della donna, riduce, anche mediante umiliante confessione, Juana al silenzio e alla rinuncia ai suoi amatissimi studi, non senza aver prima espropriato e venduto suoi beni, come biblioteca e strumenti musicali: era stata, infatti, agitata l’accusa di eresia, a quel tempo sul serio temibile.
Juana muore di peste il 17 aprile 1695, dopo essersi prodigata per altre consorelle colpite dallo stesso morbo.
Mi sembra, infine, molto significativo che Octavio Paz, in “Suor Juana Inés de la Cruz o le insidie della fede”, abbia voluto dedicare la sua meditata attenzione alla figura di questa donna, su cui mi sembra, inoltre, opportuno indicare al seguente link a Cultura-Barocca, da cui ho tratto le note che precedono, la sussistenza di maggiori informazioni.
Le immagini, che precedono afferiscono un’opera del 1572, “L’isole più famose del mondo” (uscita a Venezia in tre volumi di 47 carte incise su rame da Gerolamo Porro, ampliato e riedito dopo quattro anni e ristampato più volte entro il 1686), di Tommaso Porcacchi, autore molto poliedrico (contribuì, tra l’altro, a editare gli ultimi cinque canti del “Furioso”): fanno parte – devo aggiungere – di una vera rarità bibliografica.
In questo caso credo sia da sottolineare l’attenzione posta anche in Italia alla geografia di luoghi lontani e esotici, non molto dopo l’avvio delle conquiste coloniali e dei viaggi di esplorazione europei.
Il Dominio di Terraferma della Repubblica di Genova e la città vista dal mare: lavoro di Johan Baptist Hormann (1664-1724).
Ho desunto informazioni e icone una volta di più da Cultura-Barocca.
Nell’occasione, volgo un riconoscente pensiero a quanti conservano, pur fra tanta incuria pubblica verso la cultura, libri e documenti preziosi, a quanti li consultano e studiano in ambienti in genere come minimo polverosi anche a fini divulgativi e non solo accademici, a quanti, soprattutto, digitalizzano, sempre in simile contesto, immagini, ritengo importanti perché antiquarie, come quelle che qui pubblico.
Dal “Viaggio in Siria e Palestina ” di John I. E. George Robinson.
Dal “Viaggio agli Stati Uniti dell’America Settentrionale” del Volney, che scrisse anche <Nozioni Preliminari intorno allo Stato Politico e Morale della Turchia necessarie per la completa intelligenza delle “Rimembranze” del Visconte di Marcellus e di qualunque opera relativa all’Oriente>.
Si tratta di lavori contenuti nella “Raccolta di Viaggi dalla Scoperta del Nuovo Continente Fino A’ Dì Nostri” (1840-1844), 15 volumi in 8vo a formare un’opera in 18 tomi, compilata da Francesco Costantino Marmocchi per la casa editrice Fratelli Giachetti di Prato.
Di Francesco Costantino Marmocchi (nato a Poggibonsi nel 1805) occorre dire che fu un patriota e che é sepolto a Genova, dove morì ancora giovane nel 1858, lasciando incompiuti il Dizionario di geografia universale (I-II, Torino 1858-62) e la Descrizione geografica, cartografica e storica dell’Impero anglo-indiano, uscita a dispense a Torino a partire dal 1857 (continuata da G. Flecchia).
Altre sue opere, riportate come esempio non completo e desunto da Wikipedia: Il regno animale descritto secondo le osservazioni de’ più celebri naturalisti, Siena, 1829; Quadro della natura del barone Alessandro de Humboldt. Prima edizione italiana fatta sulle migliori oltramontane, rivista, annotata e corredata di carte geografiche e profilari, Siena, 1834; Corso di geografia storica antica, del Medioevo e moderna in 25 studi divisi in 100 lezioni, Firenze, 1845-47; Rapporto sulla riforma della guardia civica in Toscana, Firenze, 1848; Geografia d’Italia, Bastia, 1850; Corso di geografia commerciale, Genova, 1854-57.
Che marcano con le sedi di singola edizione anche la sua vita da esule politico e le tappe del suo peregrinare.