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Quel Bar Irene a Ventimiglia (IM)
Ogni tanto qualcuno mi parla del Bar Irene di Ventimiglia (IM), che era, prima di un trasferimento in sede più capiente più o meno proprio di fronte, ubicato dietro una delle vetrine di questa fotografia.
Ne scrive talora su Facebook, delineando pregevoli note di costume, l’amico Gianfranco Raimondo.
Il fascino – nella mia memoria – di quel locale, irradiato dal 1968 a metà anni ’70, prima di cambiare anche nome, stava nel fatto, per dirla in estrema sintesi, che fu luogo, pur essendo fisicamente un semplice ritrovo come potevano essere tanti altri, di confronto civile e culturale per molti giovani e molti adulti.
Mi riesce difficile spiegarne le ragioni: di sicuro giovò la presenza di un cinema, poi chiuso come tanti altri, e della Camera del Lavoro, oggi in una sede più grande a poche decine di metri di distanza.
L’ha conosciuto bene N., purtroppo scomparso prematuramente pochi mesi fa, N. che da più di quarant’anni era emigrato nelle vicinanze di Milano. N., che pochi anni or sono infine ritrovavo, come sempre colto ed acuto osservatore, in più temprato anche dalle importanti vicende culturali di una vecchia Milano, quella della Casa della Cultura, per intenderci, aveva di quel Bar Irene più in mente, o a cuore, persone anche dalla vita pittoresca, che credo di avere individuato anche in un pezzo di notevole pregio stilistico di un altro nostro conoscente, pezzo che prima o poi mi devo decidere a pubblicare. Solo che a quel Bar era lui soprattutto, N., quello che faceva interminabili discussioni con Francesco Biamonti… e talora poteva accadere che alle due della mattina il giovane proprietario, che di lì a poche ore avrebbe rialzato la saracinesca, appoggiato tutto assonnato al muro, assistesse in esterno con me e J. alla continuazione di uno di quei duetti.
Vi passarono in quegli anni uomini molto significativi. Francesco Biamonti, non ancora famoso e sempre disponibile a discutere. Di Elio Lanteri, emerso come scrittore originale di questo entroterra solo poco prima della morte, voglio ricordare la carica umana non usuale. Di Guido Seborga non sono del tutto sicuro di una sua qualche presenza al Bar Irene, ma la fugace conoscenza che ne potei personalmente avere l’ho ricavata di sicuro per occasioni maturate tra quelle mura.
Infine, arrivando al punto cui ho già accennato in premessa, una testimonianza già pubblicata del Maestro Scultore Elio Lentini, raccolta con usuale competenza da Bartolomeo Durante, che pur frequentò in quegli anni quel locale, fa vibrare ben altre intense corde di quelle che son capace di toccare io. Ne stralcio qualche passo qui di seguito: “La Ventimiglia che non c’è più: anni ’60 – ’70 l’ “Accademia” estemporanea del bar Irene … Aniante, Comisso, Laurano, Morlotti, Biamonti e tanti altri intellettuali nel ricordo di un protagonista: il Maestro Scultore Elio Lentini … Eran altri tempi, di ideologie e di passioni, tempi anche controversi intrisi comunque di sogni. L’autografo del Maestro Elio Lentini, che fu testimone di quella stagione, permette di riviverla assieme a personaggi divenuti celebri e con altre persone dimenticate anche contro la ragionevolezza. E’ uno spaccato di storia intemelia ma non di una storia ordinaria … in un modo o nell’altro i protagonisti di quella stagione, sempre sospesa sugli equilibrismi di quell’epoca controversa che corre dal ’68 ai primi anni ’70, hanno lasciato in molti un ricordo profondo … e anche degli insegnamenti.” Aggiungo, infine, che qui si trova la continuazione di questa testimonianza, in una pagina molto intensa, ancorché dettagliata.
Ed oggi, che, dopo una lunga assenza dalle scene, il nome di Bar Irene é risorto a qualche centinaio di metri di distanza da quel primo locale, constato che chi mi ricorda i lontani tempi di quell’esercizio pubblico appartiene per lo più alla sfera di una pregressa semplice vita di relazione.