Oggi, in politica ma anche nella società, vige il “principio di esplosione” secondo cui ogni affermazione e la sua negazione sono vere
La logica e il principio di non-contraddizione aristotelici, asserzioni inscindibili della coerenza, che vengono insegnate a scuola perché basilari per la costruzione del pensiero e del ragionamento congruente per la soluzione di un problema qualsiasi, oggi, in politica non hanno alcun valore.
Sin dai tempi antichi l’uomo pensante, ovvero il filosofo, si è posto di fronte alla logica, sostantivo che deriva appunto dal greco lógos che oltre a pensiero, parola, concetto, ha anche il significato di ragionamento. Il ragionamento, dunque, è logico e , in quanto tale, permette di discernere, in sintesi, ciò che è valido da ciò che non è valido, ciò che è coerente da ciò che è incoerente, ciò che contraddice un concetto ritenuto valido dal concetto stesso, nel contempo e nel contesto. Ciò lo asseriva Parmenide, filosofo eleatico vissuto nel VI secolo a.C., secondo cui la legge formale della non-contraddizione è la legge dell’Essere, a cui il pensiero risulta vincolato in modo necessario per dargli compiutezza e validità. Questa dialettica si riscontra pure in Platone, per il quale la logica è la costruzione matematica delle connessioni delle idee che costituiscono la base della realtà e che confuta gli errori e i paradossi applicando il principio di non contraddizione. Questo principio, che venne formulato da Aristotele, infatti, sancisce la falsità di ogni proposizione significativa che una certa proposizione A e la sua negazione non-A, siano entrambe vere contemporaneamente e nella stessa maniera. Ciò “è impossibile che il medesimo attributo, nel medesimo tempo, appartenga e non appartenga al medesimo oggetto e sotto il medesimo riguardo”. Più semplicemente, la proposizione “A è anche non-A” è falsa.
Con l’avvento della meccanica quantistica, tuttavia, dalla dialettica aristotelica si è passati a quella antidialettica o eraclitea. Secondo il filosofo greco Eraclito di Efeso (VI sec. a.C.), infatti, sosteneva che “negli stessi fiumi scendiamo e non scendiamo, siamo e non siamo a causa dello scorrere dell’acqua”. In altre parole, aveva sostituito il principio di non contraddizione con il principio di complementare contraddittorietà, che è basilare per la logica dicotomica. Con l’avvento della Fisica quantistica, infatti, un elettrone è considerato, perché questo è il suo comportamento, al tempo stesso, onda e corpuscolo, cioè esso risulta essere e non-essere aspetto della stessa realtà. Ciò ha comportato, recentemente, il passaggio dalla logica aristotelica a quella dicotomica, dove risultano vere un’affermazione e la sua negazione, cioè, come si diceva in latino, ex falso (sequitur) quodlibet ovvero dal falso (segue) una qualsiasi cosa a piacere. Questo equivale a quello che si chiama volgarmente principio di esplosione.
In sintesi, dunque, i nostri politici non fanno altro che applicare la Fisica quantistica alla loro dialettica demagogica, facendo credere al popolo che sia vera ogni affermazione e la sua negazione. In definitiva, i nostri politici inconsapevolmente sono diventati inconsapevolmente appassionati di Fisica quantistica mettendone in pratica il principio di complementare contraddorietà. Francesco Giuliano
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