di Filippo Pavone
WU WEI
“Il Tao che può essere detto non è l’eterno Tao, il nome che può essere nominato non è l’eterno nome”.
Ho letto così tante volte questa frase da perdermi nelle infinite forme dei suoi significati. Eppure Laozi, contraddicendo l’assunto, la sceglie come inizio del suo Tao Te Ching, opera in cui – ricorrendo a paradossi, analogie, ripetizioni, simmetrie, rime, e costruzioni ritmiche – viene distillata l’essenza del pensiero Taoista. Niente paura ragazzi, è un testo relativamente breve, consta di 5.000 caratteri e suddiviso in ottantuno capitoli o “stanze”, facilmente e gratuitamente reperibile nella rete.
Delinea il Tao (la via, il cammino) come la fonte ideale di tutta l’esistenza, esso “è invisibile, ma non trascendente, estremamente potente eppure umile, ed è la radice di tutte le cose”.
L’agire degli animali è naturalmente coincidente con il Tao poiché, non avendo modo di proiettare i propri pensieri nel passato o nel futuro, i loro desideri rispondono alle esigenze vitali nel “qui e ora”.
Le persone invece, essendo capaci di “libero arbitrio”, spesso si comportano “in maniera non naturale”, così alterando il naturale equilibrio del Tao. Noi tutti, mossi dal desiderio, causiamo la nostra condizione di sofferenza.
Riconosce il Tao significa agire secondo WU WEI, tradotto letteralmente come «non agire», «non sforzarsi»; ma anche come «agire spontaneamente» o «vivi il momento». Il WU WEI non invita alla passività, al contrario esige un’attenzione costante al mondo circostante, così da non interferire con il fluire spontaneo degli eventi naturali.
Laozi è un fautore della semplicità, della spontaneità e dell’umiltà, non in quanto valori etici (pensiero) ma in quanto pratica quotidiana necessaria per vivere, più che secondo natura, dentro-natura (azione).
Ecco perché “Il Tao che può essere detto”, dissociandosi dal presente, non può essere “l’eterno Tao” che, per definizione, munta ad ogni istante.
All’etica del non agire, infatti, si affianca quella della spontaneità, indicata con il termine ZIRAN, interpretabile anche come “armonia con il Tao”.
Colui che vive DENTRO-NATURA deve necessariamente possedere una LIBERA-MENTE in grado di RICONOSCERE, per poi VIVERE la via del Tao. Questa condizione non è innata, essa è frutto di un duro addestramento del corpo e quindi della mente perché nell’uomo “la spontaneità è sempre l’ultimo apprendimento“.
L’agire dell’uomo virtuoso non differisce dall’agire dell’animale, entrambi seguono il tao, ciò che qualifica l’umano è la SCELTA frutto della CONOSCENZA, non il comportamento in se.
L’uomo è capace di Amare nella misura in cui può scegliere di non amare, in ciò risiede la sua natura Divina.