Qualche riga su Dashiell Hammett (al secolo Samuel Dashiell Hammett) può risultare, spero, significativa per diversi aspetti.
Hammett é soprattutto noto per il romanzo “Il falcone maltese”, da cui venne tratto un film, in italiano “Il mistero del falco”, del 1941, diretto da John Huston e interpretato come attori principali da Humphrey Bogart e Mary Astor, ma del cast a me personalmente é gradito ricordare Peter Lorre, già attore prediletto in Germania dal grande Fritz Lang.
Si intende comunemente che da Hammett discenda la Hard-Boileid School, la genia, insomma, dei duri investigatori privati: nel senso di dignità letteraria é senz’altro così, ma sul piano storico le storie violente, prese dalla strada, erano già approdate, benché con stile ancora fumettistico, su riviste già molto diffuse negli anni ’20 in America, destinate ad essere ben presto definite pulp magazine, riviste sulle quali Hammett fece congruo esercizio una volta lasciata (anche perché ne vedeva tante azioni criminose) la Pinkerton, storica agenzia di investigazioni.
Hammett scriveva bene. E lo dimostrò in un ristretto numero di opere, tra cui spiccano quelle con protagonista un dipendente, persona di mezza età senza avvenenza fisica, della Continental, sin troppo trasparente riferimento alle sue pregresse esperienze nel ramo. Ma con “L’uomo ombra” (così in italiano) introdusse sulle scene, anche di due film interpretati da Myrna Loy e William Powell, una coppia di brillanti coniugi, investigatori loro malgrado.
Molto ci sarebbe da dire, più ci penso, sull’autore Hammett, cui volle dedicare un preciso omaggio il suo primo degno emulo, quel Raymond Chandler che fu l’inventore di Philip Marlowe, il private eye per antonomasia, ma vorrei fare altre osservazioni.
Anticipo che mi sembra un degno rappresentante, anche se fu lui stesso giocoforza un self made man, dell’altra America, quell’America che non pratica il culto cieco e fanatico del successo individuale ad ogni costo, così foriero in quel grande paese di ogni più bieco conservatorismo, per non dire peggio. Fu costretto dagli amari casi della vita a lavorare alle dipendenze della Pinkerton, ai suoi tempi specializzata nella prezzolata repressione violenta degli scioperi, in cui probabilmente non fu coinvolto, ma che dovette pur conoscere. Al fronte nella prima guerra mondiale contrasse la tubercolosi, che lo avviò quasi di sicuro all’alcolismo. Andò volontario nel secondo conflitto e gli affidarono la redazione di un giornale dell’esercito. Fu vittima del maccartismo proprio nel momento in cui si era riuscito a liberare da quel vizio. Ironia della sorte é sepolto, in quanto veterano di due guerre, al cimitero nazionale di Arlington.
Fu compagno di vita di Lillian Hellman, l’autrice di “Piccole volpi”, che tornò per gli ultimi anni prima della morte, avvenuta nel 1961, a soccorrerlo ormai povero, perché spogliato per rappresaglia dal fisco, e che credo sia stata l’erede della maggior parte dei suoi diritti letterari. Lego a questa tormentata storia d’amore la sottolineatura di un bel film del 1977 di Fred Zinnemann, “Giulia”, basato sul romanzo “Pentimento”, appunto della Hellman, dove la protagonista (interpretata da Vanessa Redgrave), amica di Lillian (Jane Fonda), é destinata consapevolmente, nonostante il tentativo di dissuasione anche di Hammett (un magnifico Jason Robard, fisicamente molto somigliante), a scomparire nell’inferno nazista.
Gore Vidal ha scritto il romanzo noir “Hammett”, nel quale Dashiell, non ancora autore affermato, vive di stenti e di pericoli. Altri, mi pare, si sono cimentati a scrivere di lui. Un romanziere italiano fa persino incrociare in un breve racconto un Hammett, ancora alle dipendenze della Pinkerton, con quel Roscoe “Fatty” Arbuckle ormai sull’orlo del precipizio del suo tragico destino. Quest’ultimo, grande comico del cinema muto (qualche anno fa su Youtube sono andato a verificare quanto fosse bravo), era stato accusato di uno spaventoso delitto a sfondo sessuale- ma forse la donna del cui oltraggioso assassinio fu incolpato morì invece di peritonite -: nonostante l’assoluzione, venne condannato all’ostracismo, per finire di lì a pochi anni, come sostenne Buster Keaton, unico suo vero amico, a morire di crepacuore.
A rileggere oggi Hammett si avverte talora il trascorrere del tempo per quanto concerne le trame, ma la forza delle sue innovazioni letterarie, per non dire della sua pura classe, rimane a mio avviso intatta. Ci ha lasciato anche, a guardare bene, un vasto affresco storico della vita sociale e della civiltà materiale dell’America degli anni ’20 e ’30: vorrei solo fare l’esempio del proibizionismo e dell’immigrazione clandestina dal Messico, già esistente all’epoca. E’ stato anche un attento osservatore di uomini, quasi un forgiatore di aforismi. E’ appena stato pubblicato in Italia, insieme ad altri, l’ultimo suo racconto, incompiuto, “Tulip”: il narratore, anonimo, ma scrittore affermato prima di finire in galera per un reato non precisato, descrive la difesa della propria libertà creativa da anni di insistenze, inascoltate ed eluse, di questo strano Tulip che pretende di imporgli almeno una certa storia personale.
Non scrisse poi tanto, Hammet, ma non posso circoscrivere la sua attività di romanziere solo ai titoli sin qui citati, per cui aggiungo almeno un semplice riferimento alla figura dell’investigatore privato Continental Op, questa sì molto basata sui trascorsi professionali dell’autore in seno alla Pinkerton.
Hammett, Dashiell Hammettultima modifica: 2019-08-19T11:27:55+02:00da