Inquinamento atmosferico- Parte seconda. Inquinamento urbano: città “isole di calore”
Continuando il discorso sugli effetti dell’inquinamento termico urbano sul clima, è fuor di dubbio che esso subisce, nell’arco dell’anno, delle variazioni considerevoli dovute essenzialmente al fatto che di inverno al calore dovuto ai raggi solari, a quello emesso dal traffico e dalle varie attività artigiane e imprenditoriali, si aggiunge anche quello dovuto al riscaldamento delle abitazioni, di scuole, uffici.
In uno studio americano del 1979 di Lippmann e Schlessinger è stato calcolato che il rapporto tra l’assorbimento del calore solare – pari a circa 1,4 kW per ogni metro quadrato, valore che varia a seconda dell’inclinazione dei raggi solari sulla superficie terrestre – e la produzione di calore generato dall’uomo su scala planetaria risulta essere seimila. Ciò vuol dire che il riscaldamento della superficie terrestre dovuto ai raggi solari è seimila volte più elevato di quello causato dalle varie attività produttive dell’uomo. Orbene, in molte città ad alta intensità di popolazione e quindi di traffico urbano, questo rapporto scende fino a venti. Ciò dimostra che il riscaldamento antropogenico a livello locale aumenta di circa trecento volte il valore che si trova nelle aree non urbane.
Questo stato di cose comporta la formazione nell’atmosfera della città di un sistema che viene denominato “isola di calore”, perché tra questa e le sue zone periferiche esterne si viene a creare una differenza di temperatura di circa cinque gradi di inverno e meno della metà di questo valore in estate. Quando si verificano però condizioni adiabatiche, cioè che questo sistema urbano non riesce a scambiare calore con l’ambiente, sulla città si costituirà una cappa, una specie di bolla gassosa, in cui tutti gli inquinanti prodotti dal traffico e dalle altre attività antropogeniche si accumuleranno con conseguente fall-out sul suolo, dove avviene qualcosa di simile al metodo della fumigazione (usato molto in agricoltura), che consiste nel disinfestare un determinato luogo chiuso riempiendolo di sostanze per uccidere tutti i germi nocivi che vi si trovano.
Da questo si comprende quanto grande sia il danno che si ripercuote sugli abitanti. Ovviamente, e talvolta per fortuna, le condizioni adiabatiche sono fluttuanti nell’arco della giornata, a causa dello spostamento dei raggi solari dovuto al quotidiano movimento della terra attorno al sole, apportando un rimescolamento dell’aria e quindi degli inquinanti con scomparsa della bolla, ma con conseguenze sull’ambiente circostante che a lungo andare determinano variazioni ambientali significative nel mesoclima, cioè in una zona di scala intermedia tra il microclima (zona locale) e il macroclima (zona a lungo raggio).
Tra queste conseguenze ci possono essere l’effetto frigorifero e l’effetto serra. Il primo è causato dall’eccessiva presenza di polveri sospese, o particolati, nella parte bassa della troposfera (zona dell’atmosfera che si estende dalla superficie terrestre fino ad un altezza di circa 15 chilometri), le quali assorbono e disperdono i raggi solari impedendone l’incidenza sul suolo interessato e determinandone di conseguenza un abbassamento della temperatura. L’effetto serra, al contrario, è causato dai raggi a lunghezza d’onda elevata (raggi infrarossi), riflessi dalla superficie terrestre, che vengono assorbiti e in parte rimandati sulla superficie terrestre da diverse sostanze che si accumulano nella troposfera tra cui, in particolar modo, il vapor acqueo, il biossido di carbonio, alias anidride carbonica, il metano, e in minor quantità il protossido di azoto, i clorofluorocarburi (CFC), ecc..
I mezzi di informazione, tuttavia, trascurano la rilevanza degli altri componenti e danno molto peso soltanto al biossido di carbonio, che viene prodotto dalle combustioni dei combustibili fossili e non (carbone, pellet, legna, benzina, metano, gasolio, gpl, ecc.) la cui origine deriva dal traffico urbano, dal riscaldamento domestico, da tutte le attività produttive che richiedono energia, ecc.. Esso si accumula nella troposfera al netto di quello che viene eliminato dalla fotosintesi clorofilliana, fenomeno biochimico naturale dovuto al pigmento verde presente nelle foglie delle piante. L’effetto serra è, quindi, conseguenza di quella parte dell’energia solare trattenuta da tutte le sostanze su citate che determina un aumento della temperatura del mesoclima. (continua)
Francesco Giuliano
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