Baselice e il suo Pozzillo

 

A Baselice la più caratteristica e singolare delle credenze, cui si presentava molta fede, era quella relativa all’ acqua del    Pozzillo. Il Pozzillo era una delle fontane più antiche, costruita con ogni verosimiglianza nella seconda metà del secolo XV, allorchè, dopo il terremoto del 1456 che mandò in rovina anche le contrade della Valfortore, parte degli abitanti di Montesaraceno si trasferì a Baselice, precisamente nella contrada poi detta “il Montetto”. Era, come la maggior parte delle altre fontane, formata da un semplice bacino di fabbrica ben coperto con volta , così da lasciare un vuoto in forma di semicerchio, onde dare la possibilità  di attingere l’acqua con i secchi. Orbene, una credenza pur essa secolare attribuita all’acqua limpida, fresca, un pò dolciastra del Pozzillo la proprietà di incatenare al paese chiunque ne bevesse. Per cui ospiti e forestieri , una volta assaporata , a loro insaputa  l’ acqua dalle virtù.. magiche, sarebbero stati presi da un fascino particolare per questo luogo di serena beatitudine, da non potersene più distaccare. E la frase: « Ha assaporato l’ acqua del Pozzillo» era diventata proverbiale per sorridere alle spalle di chi , recatosi a Baselice  per un periodo limitato nel tempo , non accennava più  ad andar via. fino a pochi decenni or sono si cantava ancora a Baselice una canzone che , scritta dal rag. Crescenzo del Vecchio e musicata dal dottor Nicola de Lellis, descriveva, sia pure in dialetto napoletano, i vari effetti dell’ acqua magica. Eccola nella stesura originale

L’ ACQUA D’ ‘O PUZZILLO

‘Nce sta ‘nu ditto antico a stu paese,

nu ditto ca responne a verità,

basta ca vène ‘o furastiere ccà,

deventa llà pe llà baselicese..

E si pe poco se vò alluntanà,

vuje ‘nce credite? ‘O ddice e nunn’ ‘o ffà

                        chesto è pecchè?

                        è pe ll’ acqua d’ ‘o Puzzillo,

                        ca , vevuta ‘ a chisto e ‘a chillo,

                        fa scurdà tutt’ e penziere..

                        fa fa suonne ‘ e primavera!

‘O furastier ccà ‘nce tro’ ‘o zzucchero,

‘nce trova ‘e ccose doce cchiù d’ ‘o mmèle…

E si pe caso pò vede a carmèla,

addirittura se ne va ‘nzullùcchero.

e si decide , parte e se và,

gira e rigira e… torna sempe ccà

chesto è pecchè?… ecc. ecc.

                        Ma chesta nunn’è acqua , è calamita!

                        è calamita overo assaje pussènte;

                        nun saccio si è bbona o malamente,

                        ma ‘o furastiere ccà ‘nce trova ‘a vita!

                        Ma si pò penza ‘e se ne partì,

                        resta ccà e nun se ne pò ghh’

                        chesto è pecchè?… ecc. ecc

Pasta e farina di Mais Rosso di Baselice

mais rosso di baselice farina pasta

La storia del Mais rosso di Baselice è fatta di povertà, di lotta quotidiana, caporalato e di miseria. Nessun cibo è stato universale come la polenta e nessun altro cibo ha salvato intere generazioni dalla fame. Questa verità di mais era praticamente in estinzione finché, non abbiamo  deciso di riprendere la coltivazione  e di rimetterlo sul mercato sotto forma di farina e pasta .

Questa particolare farina è ottenuta con chicchi macinati a pietra a bassa temperatura. La farina ottenuta  porta sulle nostre tavole un prodotto tipico dell‘Italia meridionale e fa riscoprire una varietà di mais dalle spiccate proprietà salutari. Ricca di antocianine, identificabili cianidina 3-glucoside (C3G) ed in quantità inferiori pelargonidina 3-glucoside (Pg3G).

La pasta ottenuta dalla farina mais rosso di Baselice è prodotta  artigianalmente  con 3 ingredienti di base: farina di mais rosso  , acqua e passione. Questa pasta senza glutine, viene trafilata al bronzo ed essiccata naturalmente per 14 ore, di aspetto rustico e dal sapore inteso

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Teff in italia

Teff made in Baselice

teff

Cos’è il teff?

Il frumento è il re della nostra tavola, ma in altre parti del mondo sono prodotti come il teff e la quinoa ad essere usati nell’alimentazione quotidiana. Il fenomeno delle migrazioni, ma soprattutto le bio-diversità alimentari che l’economia globalizzata ci ha fatto conoscere, ha consentito l’arrivo sulle nostre tavole di alcuni prodotti, prima sconosciuti. Non si tratta di una moda, ma di una vera e propria inversione di tendenza, poiché per anni siamo stati incoraggiati a pensare alla farina raffinata bianca del frumento come alla farina “per eccellenza” e al grano come al cereale “principe” della buona tavola. la crescita del fenomeno della celiachia, probabilmente risultato di un’eccessiva utilizzazione proprio del frumento, ha contribuito alla riscoperta dell’importanza degli alimenti biologici e a far conoscere altre specie di cereali originarie di altri continenti dalle grandi proprietà nutrizionali.
Viene definito ‘la nuova Quinoa’ il Teff è un cereale , noto anche come Estate lovegrass, è una pianta appartenente alla Famiglia Poaceae (Graminacee o Cereali),del genere Eragrostis teff. Conosciuto solo in Etiopia fino a poco tempo fa, è un cereale molto antico che da millenni viene coltivato ed utilizzato nella zona nord-orientale dell’Africa. I primi ritrovamenti risalgono addirittura a 4000 anni fa. Anche nelle piramidi egiziane ne sono state trovate tracce, segno che si trattava di un alimento particolarmente pregiato e riservato ai ricchi faraoni.
Per etimologia popolare, il nome teff proviene dalla parola aramaica Teffa, che significa “perduto”. La parola si riferisce alla facilità con cui si possono disperdere i piccoli semi del cereale. I semi di Teff sono estremamente resistenti all’umidità, al caldo, alla muffa e alla disidratazione. Esistono principalmente tre varietà di semi: bianchi, rossi e marroni e le dimensioni dei suoi chicchi sono inferiori al millimetro. Il teff bianco ha un sapore molto leggero che si avvicina al gusto delle noci, mentre la varietà marrone e rossa ha un sapore più deciso, come quello delle nocciole. Il teff può essere consumato sia in grani (crudo, cotto o germogliato) che in farina, la quale è particolarmente nutriente e molto versatile in cucina.
Questo vegetale erbaceo di tipo annuale è coltivato in Spagna (3 produttore mondiale) India, Australia e Nord America e soprattutto in Etiopia da circa 6,3 milioni di agricoltori e costituisce circa i 2/3 del fabbisogno proteico della popolazione etiope. Indubbiamente è un cereale fondamentale, oltre che un significativo elemento d’identità culturale del paese.

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