Storia di Baselice

Verso l’anno Mille sulle colline dell’Alto Sannio Beneventano fu un pullulare di piccoli centri rurali, tutti muniti di  difese e  arroccati per lo più su elevate colline, dove evidentemente il timore delle scorrerie dei Saraceni-dei quali l’attuale Montesaraceno a nord-ovest di Baselice dovrebbe essere un lampante ricordo-aveva radunato la gente già sparsa nei  piccoli “pagi” o “vici” o “casali”. Per la verità, i  territori erano stati abitati e coltivati da svariati secoli, fin dal tempo dei Sanniti, a ancora di  più dopo l’immigrazione forzata di “Liguri Bebiani” ad  opera  dei consoli Romani. Ma in seguito alle invasioni barbariche grossi appezzamenti di terreno erano rimasti incolti,  così da favorire la crescita di un immenso bosco detto col tempo ” Valdo de Mazzocca “. Dopo  il Mille però ha luogo qui, come altrove, il ripopolamento delle terre (il così detto “incastellamento della campagna”).

I contadini (cioè  gli abitanti del “contado”) tendono ad accentrarsi intorno a un castello o ai piedi di esso o comunque in “un luogo fortificato, posto in genere in posizione dominante o per lo meno facilmente difendibile”. Sorgono così, nell’Alta valle del Tammaro, accanto a Morcone (m. 625), S.Croce di Morcone (oggi S. Croce del Sannio, m. 675), Castelpagano (m.625), Circello (m.675), Campolattaro (m. 450);e ancora  S. Severo ( di cui parlerò in seguito), Molinara  (m. 592), S. Giorgio di Molinara (m. 671), S. Andrea di Molinara, Guasto presso Molinara, Pietra Maggiore. Contemporaneamente nell’Alta Valle del Fortore, collocati “su speroni, dorsali, pizzi o cocuzzoli di rocce”, vedono la luce “Ripa de Altino” e “S. Angelo in Vico”  accanto a “Castellum Magnum”; e ancora Ginestra (degli Schiavoni, m. 540), Castelfranco (in Miscano, m. 760), Montefalcone (di Valfortore, m. 852), Foiano (di Valfortore, m. 518), Baselice (m. 620), Porcara (m. 588), Montesaraceno (m. 705), Castelvetere (in Valfortore, m. 706), con i rispettivi castelli. Talvolta questi castelli sono restaurazione di difese longobarde, come ad esempio il “castrum” di Castelvetere (“Castellum vetus”) o la “rocca”di Tufara (pur essa in Valfortore, anche se appartenente al Molise). Il centro urbano di Baselice dunque sorto verso il Mille in territorio abitato già da vari secoli prima di Cristo, come sta a dimostrare tra l’altro il piccolo “tesoretto di monete greco-romane” rinvenuto in contrada “Ripa di Troia” nel 1971 e ora custodite nel Museo del Sannio di Benevento.

 

L’abitato, posto sull’estremo costone di un aspro contrafforte dell’ Appennino Campano, quasi proteso verso l’ampia vallata dove il fiume Fortore riceve da sinistra le acque del torrente Cervaro, a guardia direi dell’ultimo lembo della terra sannita, aveva in alto, pressappoco verso il Sud, il castello con le sue torri e una porta di pretto stile gotico (“porta da capo”);  quasi sulla stessa linea, a poca distanza sul lato sinistro (per chi entra dalla porta), una torre cilindrica (l’attuale “torre del capitàneo”) con una seconda porta (con arco direi romanico), rivolta ad ovest;  in basso, verso il nord, a sinistra ( per chi viene da “porta da capo”) chiesa con portale romanico, al centro una porta ad arco romanico (“porta da piedi”), a destra altra torre cilindrica (attualmente incorporata nell’abitazione del signor Bernardino Del Vecchi).  Sotto i Normanni nel 1170-71 era signore di Baselice un certo Gervasio, come si legge nella Vita del beao Giovanni di Tufara, eremita, che verso il 1160 fondò il “monastero di S. Maria del Gualdo di Mazzocca” (oggi S. Giovanni a Mazzocca). Nella prima parte del Catalogo dei Baroni compaiono i nomi di altri due signori che possedettero insieme, in un periodo imprecisato della seconda metà del XII secolo, Baselice: Roberto Drago e Rainaldo di Molise.  Nello stesso periodo erano feudi abitati (come si è detto) sia Porcara che Montesaraceno (due località situate nelle immediate vicinanze di Baselice); il primo era posseduto da Riccardo de Guasto, il secondo da Alfiero  di  Montesaraceno. All’inizio del 1200, sotto gli Svevi, signore di Baselice era Ugo de Mastrali; di Porcara Guido de Guasto, di Montesaraceno Pagano de Mastrali, come ricava dallo stesso Catalogo dei Baroni.

All’epoca degli Angioini, dal 1269 al 1315 fu feudatario di Baselice Gervasio de Mastralibus, figlio del Milite Leonasio. Egli nel 1307 vendette metà del feudo al monastero di S.Maria (o di S. Giovanni) del Gualdo di Mazzocca, al quale furono successivamente venduti nel 1314 il feudo di Porcara dai coniugi Ilaria de Sus e Filippo de Jamvilla e nel 1317 quello di di Montesaraceno da Riccardo di Gambatesa. Dal 1315 al 1337 fu signore laico di Baselice Leonasio de Mastralibus; nel 1416-17 Antonio Muzzetta di Cuneo. Nel 1483 (all’epoca degli Aragonesi) era feudatario laico  Giovanni da Balbiano; essendo egli vecchio e senza prole, la parte di Baselice da lui posseduta fu acquistata da Alberto Carafa, allora conte di Marigliano, il quale in precedenza aveva ottenuto in enfiteusi perpetua dal Monastero di Mazzocca anche l’altra parte del feudo. Il  Carafa nel 1496 comprò la città di Ariano, di cui di seguito fu creato duca. A lui successe quale duca di Ariano, conte di Marigliano,  signore di Baselice, di Cercemaggiore e di altre località il figlio Giovan Francesco.

Questi nel 1522 ottenne dal Monastero di Mazzocca che nel 1507 era stato concesso all’abate commendatario Alfonso Carafa,  fratello di Giovan Francesco, ai Canonici Regolari del S. Salvatore dell’ ordine di S. Agostino -in enfiteusi perpetua i feudi ormai disabitati di Porcara e di Montesaraceno, che da allora divennero parte integrante del territorio di Baselice. Dal duca Giovan Francesco i Baselicesi ebbero nel 1512 i primi Statuti Municipali. Nel 1528 il successore Alberico II si ribellò agli Spagnoli per passare dalla parte dei Francesi: senonché, finita male l’impresa dell’esercito di Francia, fu costretto a riparare oltralpe; i suoi beni furono confiscati e concessi nel 1532 a don Ferrante Gonzaga. Alla confisca totale dei beni si oppose la madre di Alberico, Francesca Orsini, che, a motivo delle sue doti, riottenne Baselice e Cercemaggiore. A Francesca Orsini successe il figlio Vincenzo; a costui il nipote Ottavio, che, essendo minorenne, amministrò i feudi di Baselice e Castelvetere sotto la tutela della madre Isabella Villana. Ottavio morì ancor giovane

l 4 settembre 1590. Contemporaneamente morì la moglie Maria Tuttavilla. Ai due coniugi Isabella Villana fece erigere un mausoleo nella chiesa delle Grazie di Baselice. Alla morte di Ottavio Carafa il feudo passò nelle mani della figlioletta Isabella, che nel 1602 andò sposa al cugino Girolamo Carafa, secondo duca di Cercemaggiore. Rimasta ben presto vedova, Isabella nel 1613 vendette a Cesare Brancaccio i feudi di Baselice e di Castelvetere con i territori di Porcara e Montesaraceno e si rinchiuse nel Monastero della Sapienza in Napoli. Nello stesso anno i feudi con relativi territori furono venduti dal Brancaccio ad Alessandro Ridolfi, che dal 1644 appare insignito del titolo di marchese di Baselice.

Il Ridolfi morì nel 1627, lasciando erede dei beni feudali il fratello Niccolò. Ma costui non rimase a lungo padrone di Baselice: difatti i numerosi creditori del defunto fratello ottennero dal S. Regio Consiglio che Baselice, Porcara e Montesaraceno fossero posti all’asta. I beni furono acquistati da Ugolino Mannelli per conto di Carlo Rinuccini. In tal modoBaselice passò ai signori Rinuccini di Firenze, che lo tennerò fino all’abolizione della feudalità avvenuta nel 1806. Tra i successori di Carlo Rinuccini merita un cenno particolare Alessandro, che possedè Baselice dal 1716 al 1758. Egli aveva come procuratore generale il sacerdote Bartolomeo Intieri, celebre Matematico ed Economista, su progetti del quale furono costruiti in Baselice nel 1732 un piccolo edificio chiamato “Stufa” destinato a stufare il grano perché non fermentasse, e un granaio davvero monumentale, capace di contenere varie migliaia di tomoli di grano. Detto granaio è stato demolito dopoil terremoto del 1962. Sotto lo stesso marchese fu approntato a Baselice nel 1753 il cosiddetto catasto onciario. Durante il decennio francese (1806-1815) Baselice venne aggregata nell’anno 1811 alla nuova  provincia di Campobasso. Negli anni successivi si verificarono tanti avvenimenti a Baselice, come nel resto dell’Italia meridionale: la spartizione e la quotizzazione del demanio feudale, il primo brigantaggio del 1808 -1809,  le lotte delle società segrete, la fine del regno borbonico, il secondo brigantaggio del 1861-1864, durante il quale nella Valfortore si distinse il brigante baselicese Antonio Secola. Con l’Unità d’Italia nel 1861 Baselice entrò a far parte della nuova provincia di Benevento.Nel campo della culture e dei fermenti innovatori Baselice è stata terra fertile di ingegneri forti,  come ebbe a definirla il grande scenziato Leonardo Bianchi, originario della Valfortore. Ha dato i natali,  tra gli altri, a Luigi Capuano ( 1812-1897 ), magistrato insigne, docente di Istituzione di Diritto Romano presso l’Università di Napoli, di cui fu anche Rettore; a Pasquale Carusi (1768-1851), medico illustre,  discepolo

prediletto e amico di Domenico Cirillo;  a Giuseppe Maria Carusi (1814-1892), figlio di Pasquale,  anch’egli medico valente e autoredi numerose pubblicazioni scientifiche; a mons. Gervasio de Mathia (1785-1839), uno dei più grandi educatori e professori dell’Italia meridionale; a Gennaro Lopez   (nato il 1802 e morto ancor giovane in carcere a Napoli), patriota e martire della libertà, fondatore della setta: “i liberali decisi”. In casa dei tre fratelli Carusi ( Antonio, Domenico e Giuseppe Maria),  esisteva una raccolta di fossili di ogni specie rinvenuto ai confini del territorio di Baselice con Colle Sannita; v’era altresì una biblioteca ricca di ben 4000 volumi,  aperta tutti i giorni alla gioventù studiosa. Nel campo dell’artigianato, Baselice vantava una rinomata fabbrica di oggetti in terracotta. Riguardo al folclore, il paese ha conservato ben poco delle tradizionali secolari usanze; comunque, quasi ad ogni carnevale,  rivive per le strade del paese la”zingarella”, mentre da molti anni, in occasione delle feste natalizie, ha luogo la sfilata del Presepe vivente dei bambini,  nonché la rappresentazione sul dramma sacro sulla Natività di Gesù.  Circa la gastronomia, sono sempre presenti, nelle varie ricorrenze, i tradizionali dolci locali: “susamédde” a Natale, “scartellàte” a Carnevale, “tòrtene”, “fialdoni” e “carusédde” a Pasqua. Ma sono da gustare soprattutto i saporiti insaccati di maiale. Oggi Baselice costituisce uno dei punti nodali dello sviluppo del Fortore. Il suo avvenire è legato alla razionalizzazione della zootecnica, ma anche alla rivalorizzazione della viticultura. Da tempi lontani infatti si producono dei vini tipici, tra i quali il più conosciuto

è il delizioso “Moscato di Baselice”.

Bibliografia: Fiorangelo Morrone, La «Legenda» del beato Giovannieremita da Tufara, Nuove Edizioni Tempi Moderni, Napoli 1992; Idem, Storia di Baselice e dell’Alta Valfortore (1000-1636), Arte Tipografica.

Storia di Baseliceultima modifica: 2018-08-16T15:55:42+02:00da murganthia