Premesse
L’individualità dell’uomo deriva dalla sua coscienza critica, si definisce ed evolve con le idee nel pensare; quindi il confronto interiore e col simile consentono l’esercizio e la precisazione di questa qualità.
Ragionare con se stessi o con l’altro, significa rappresentare linguisticamente i concetti e controllare le procedure attraverso le quali essi si strutturano.
E’ evidente che la qualità del pensiero dipende dalla potenza del linguaggio: essa deriva dalla quantità di vocaboli noti, ma sopratutto dalla proprietà d’uso.
Occorre imparare a formulare proposizioni semplici, usando vocaboli con attenta precisione, senza mai essere prolissi, ed a calibrare i discorsi sulla base della qualità di definizione e non sull’effetto romantico delle parole.
L’eleganza della forma non va letta nell’armonizzazione sensazionale dei vocaboli, ma nell’espressione semplice e chiara dei significati.
Dunque, questo è un’avvicinamento a quelle tecniche elementari della dialettica che, indispensabili alla comunicazione, hanno il fine di regolare il pensiero, di renderlo efficace, e di indurre alla coscienza un metodo ordinato.
Iniziamo col precisare i termini del discorso:
Cos’è la dialettica ?
La Dialettica è l’arte del discutere, del ragionare insieme.
Cosa intendiamo per ragionare ?
Ragionare significa organizzare un qualsiasi procedimento intellettuale in cui una conclusione sia derivata da premesse in base a ragioni.
Le premesse ?
Le Premesse sono idee (meglio se constatazioni) concordate con una chiara condivisione tra le parti.
Le ragioni ?
Ragione dal latino “ratio” che significa “calcolo o rapporto”.
Occorre Educarsi
Quando le persone dialogano, partono da un progetto di discussione, ma dopo poche battute quella conduzione lineare si perde; quel fine che si voleva raggiungere si altera perché, ad ogni battuta, si immettono altri elementi nella discussione.
Se si sta trattando un certo argomento, occorre attenersi e rispondere esattamente alle domande. Se si controrisponde e si implica nel discorso un’altra miriade di cose, perché esistono istanze emotive, perché si coglie l’occasione per dire altre cose, il discorso si complica.
Se invece ciascuno risponde proprio con una procedura geometrica, non si complica l’incontro.
Se una persona ritiene di dover porre tre domande, deve chiedersi se la risposta che otterrà alla prima non possa alterare la seconda e la terza, e cosi per la seconda rispetto alla terza; nell’improbabile caso in cui le tre domande non consentano interferenze tra le risposte, e questi ritenga di porle contemporaneamente, l’interlocutore dovrà attentamente rispondere separatamente alle domande e non commettere l’errore di dare tre risposte ad ogni domanda perché questo causerebbe di ritorno nove domande.
Quando una domanda richiede una risposta che stimola invece un’altra domanda, questa non deve essere inserita nella risposta, ma sarà proposta successivamente con ordine.
Per una perfetta comunicazione basterebbe poter procedere per linee semplici scomponendo il discorso. Spesso le persone, già nel momento in cui fanno la prima domanda, hanno pronta la seconda, la terza e la quarta, e non aspettano neppure che l’altro risponda; o anche se risponde non viene ascoltato neppure, perché vi è una pulsione urgente a dover fare la seconda e la terza domanda. A questo punto si è già molto vicini alla rissa, perché non si aspetta la risposta, e qualunque essa sia, si tiene pronta la seconda domanda, che non è stata costruita secondo il tipo di risposta alla prima, di cui non si è tenuto conto, facendo già partire la seconda domanda.
Quando si procede cosi, con tante domande che seguono e le cui risposte nemmeno interessano, quando l’unica urgenza non è quella di avere le risposte ma di fare altre domande, quando la necessità non è di ascoltare l’altro ma è di trasmettere all’altro tutto quello che si pensa di lui, mancano tutte le premesse della dialettica e della comunicazione.
Regole Semplici
Prima di iniziare qualsiasi confronto dialettico occorre porsi una domanda apparentemente ovvia, ma praticamente tanto indispensabile da dover essere tenuta sempre presente, per tutta la durata della discussione.
Ci si deve domandare: “voglio ragionare ?”
Precisiamo che se non si vuole ragionare, ma se invece si intende trasmettere un’idea, una “verità”, o una sensazione, per portare a conoscenza, o per ottenere adesione e conforto, la dialettica non serve; in questi casi è efficace quello stile formale che è proprio di un sacerdote, un maestro, o altro…
Il ragionare si basa sulla conduzione semplice e lineare del dialogo; per questo servono regole molto precise, dal cui rigore applicativo poi dipenderà l’affidabilità e la libertà del comunicare. La procedura dialettica si compone di due uniche forme che si alternano in un progetto di chiarimento; queste sono la “domanda” e la “risposta”. Esse hanno regole specifiche, che le ordinano in relazione.
Regola n. 1: Esprimersi sinteticamente; mai essere prolissi.
Errore: Espressioni eccessivamente colorite rispetto contenuto, favoriscono una libera interpretazione non la purezza del messaggio.
Regola n. 2: La domanda deve essere attinente l’argomento in discussione: ove ciò non sia evidente, questa sarà preceduta da una esplicita dichiarazione del nesso logico. La domanda deve essere unica e deve rigorosamente prevedere una sola risposta.
Errore: Se la conversazione dovesse svilupparsi su due piani diversi, questi si moltiplicherebbero e presto la renderebbero ingovernabile.
Regola n. 3: Ad una domanda non si risponde mai con un’altra domanda.
Errore: Vedi regola n. 2
Regola n. 4: Qualsiasi affermazione è da ritenersi una domanda di condivisione alla quale si può rispondere solo in modo affermativo o negativo. Quindi eventuali citazioni, da qualsivoglia testo o autore (testi sacri inclusi), sono da ritenersi domande e mai risposte. Assolutamente non significanti, sono quelle forme impersonali del tipo: “da sempre si ritiene” “tutti sanno …” ecc.
Errore: Se la risposta affermativa o negativa dell’accordo dovesse spingersi oltre, dando anche le relative motivazioni, si perderebbe l’attinenza all’argomento in discussione. Queste motivazioni relative, quando possono essere relazionate all’argomento centrale, necessitano di una ulteriore domanda circa i motivi della condivisione o del disaccordo.
Regola n. 5: Esempi e paragoni esplicativi sono tollerati solo nelle domande, mai nelle risposte.
Errore: Questi parallelismi prevedono una interpretazione che deve essere chiaramente precisata nella domanda, ma che sarebbe intollerabile nella risposta perché si insidierebbe come spiegazione e rafforzativo della risposta stessa.
Ovviamente ancor peggio sarebbe non fornire affatto l’interpretazione esplicativa, consentendo la libera interpretazione e l’equivoco.
Apertura del Del Dialogo
Per iniziare un dialogo occorre dichiarare e poi definire l’argomento e l’ambito che si vuole chiarire. La definizione dell’ambito in cui si vorrà trattare l’argomento, sarà sicuramente agevolata individuando le cause o le circostanze in cui si è determinata l’esigenza di chiarezza. Queste hanno le proprie radici nel passato e nella nostra cultura, e sarà utile identificarle per chiarire quanto segue, prima di iniziare il dibattito.
Occorrerà definire :
1) argomento.
2) la valenza dei termini usati.
3) premesse culturali, quindi interpretative,
4) il taglio specifico.
Il formalizzare e concordare i punti indicati è la prima e forse la più delicata operazione dialettica. Qui per le prime esperienze potrebbe convenire scrivere questi punti di partenza, così come sarebbe utile registrare l’intero dibattito per poi individuarne le dinamiche di trasgressione.
Una corretta e attenta gestione dello strumento dialettico è indispensabile per la comunicazione in senso lato; cioè questo strumento è da intendersi quale veicolo di trasmissione della coscienza, e sistema procedurale di analisi speculativa.
Quindi va esercitata una particolare e scrupolosa attenzione quando, trovandoci unici rappresentanti di più interlocutori in una procedura di pensiero o riflessione interiore, dovremo farci carico di una attenta capacità critica, equivalente a quella di più cervelli. Ancora più utile sarebbe quindi l’uso di un apparecchio di registrazione.
Architettura del dialogo
Il dialogo è un disegno che deve svolgersi in uno stile ampio e lineare, strutturandosi in modo elementare; esso avrà una solida anima in quelle “regole semplici” che prima abbiamo definito. Esse derivano dalla precisazione dei concetti che ora saranno accennati, e che andrebbero approfonditi e introiettati, per radicare una forma di educazione duttile – affidabile.
– la discussione deve tendere al modello geometrico, dove però avranno ad interagire più cervelli. Una dimostrazione matematica può intendersi come un ragionamento, dove chi parla nel percorrimento della discussione prevede tutte le domande possibili di qualsivoglia ipotetico interlocutore.
Quindi la strategia e valenza delle “ragioni”, indicano la maturità degli interlocutori.
-la razionalità è alla base della ricerca della verità: è u metodo relativo all’approssimazione, in quanto procedura di avvicinamento alla verità.
La razionalità non va confusa con la verità, poiché il fatt stesso del procedere elaborando esclude che si possa produr: la “verità”: questa, essendo perfetta, prevederebbe di esse già data in dote e non perseguita con metodo.
L’uomo non ha alternative al pensiero razionale. Questo però può essere gestito verso una consapevole approssimazione oppure, senza un esercizio critico, può essere lasciato al spontanea espressione dell’educazione ricevuta, che diviene condizionante per mancanza di metodo.
– la strategia è lo stile duttile ed attento che isola l’incontro dialettico dalle dinamiche emotive; è l’abilità controllare la comunicazione, affinché questa non si articoli all’interno del narcisismo dell’interlocutore, provocandone chiusura. Quando invece ciò avesse a verificarsi, l’altro diventa il nostro nemico e la comunicazione si tronca.
– capire non significa conoscere, ma può significa conoscersi; ciò vuole che si tenda a produrre constatazioni e non interpretazioni, che sposterebbero l’argomento della discussione dall’oggetto definito come tale, al soggetto interpretante e quindi alla relativa educazione culturale.
– La citazione come riporto parziale, quindi gratuito, non può avere significato; è un rumore che non si nobilita neppure citandone l’autore.
Se si riporta l’intero ragionamento, questo sarà considerato per la correttezza della logica e non per l’autore. Una citazione serve solo per indicare sinteticamente la corrente di pensiero cui appartiene l’autore: egli si qualificò per questo e non fu il pensiero ad elevarsi per la nobiltà di chi lo enunciò.
– la comunicazione è l’esposizione di un’insieme di concetti, di cui alcuni sono palesi, molti altri sono occulti; se quelli occulti non vengono chiariti e restano dietro la comunicazione formale, questa si articola su due piani ed è falsata.
Approfondire questi concetti e gli altri che se ne derivano, significa circoscriverli definitamente e riflettere con attenzione sui significati in essi rappresentati. 11 confronto razionale tra questi e le obiezioni che emergeranno in noi, sarà il primo esercizio dialettico che ci consentirà di ridefinirli e radicarli intimamente.
Qualche Nozione Tecnica
La parte inconscia del cervello sicuramente interferisce nella formulazione, cioè nella scelta dell’idea da trasmettere; ma soprattutto diventa un filtro passivo ed attivo nell’ascolto. La funzione passiva è quella di inibire completamente la traduzione di certi significati alla coscienza. La funzione attiva, consiste invece nell’indurre alla coscienza dei significati non espressi dal linguaggio, ma prodotti da un meccanismo interpretativo che li genera quando sollecitato da un particolare stimolo presente nel linguaggio. Questi meccanismi propri del cervello umano, intervengono ad una soglia e con una efficacia variabile che dipende da vari parametri relativi alla funzione vigile del corticale; sono normalmente presenti in tutte le persone, e richiedono un lungo e specifico addestramento per essere tenuti a bada e relativamente controllati.
Quindi è molto importante conoscere questa ulteriore trappola che, ad ogni parola o espressione sufficientemente valida ad attivare i meccanismi reattivi, può deviare il discorso collocando un certo vocabolo in una interpretazione coatta. Per questi motivi è utile ricomporre con parole diverse la domanda che ci è stata rivolta, e poi confrontare le due versioni analizzandone le sfumature dei significati; ripetendo più volte questa operazione otterremo una migliore definizione interpretativa della domanda cui risponderemo..
Qualora avessimo il dubbio di una personale interpretazione, non potendo rispondere ad una domanda con un’altra, sarà prudente far precedere la risposta da una ripetizione della domanda da noi riformulata in una forma tale da puntualizzare l’interpretazione considerata cui andrà riferita la risposta: consentendo al nostro interlocutore, ove si fosse verificato un frainteso, di riproporre la domanda in una forma per noi meno equivocabile.
Questo meccanismo dovrà essere sempre tenuto presente tra le modalità della procedura dialettica, sarà quindi molto utile semplificarlo in uno, schema ed introiettarlo tra le nostre premesse elementari del pensare.
Regole eccezionali per avere una vera COMUNICAZIONE ma quanto sono difficili da attuare , seppure all’apparenza così semplici e ovvie. Complimenti per l’iniziativa.
🙂