Oggetto delle mie riflessioni in quest’ultima settimana di quarantena è la parola LIBERTA’. Molte sono le persone che in questo periodo lamentano una condizione di profonda sofferenza dovuta alla mancanza di LIBERTA’.
A ben riflettere, mancanza di LIBERTA’ e COSTRIZIONE sono concetti assai differenti. La costrizione è una limitazione imposta da circostanze particolari o da persone ostili e si riferisce alla persona fisica, costrizione è il periodo di quarantena che stiamo vivendo. Ben più esteso è il concetto di libertà, qui intesta come l’esercizio del libero arbitrio, ossia la facoltà di autodeterminare i propri pensieri, adattando le azioni alle circostanze.
Penso a giganti come Stephen Hawking, fisico teorico affetto da SLA; riecheggia ancora nella mia mente il metallico suono delle sue parole «Ricordatevi di guardare le stelle e non i vostri piedi… Per quanto difficile possa apparire la vita, c’è sempre qualcosa che è possibile fare, e in cui si può riuscire.» o come Nelson Mandela che ha trovato la forza di sopportare ben 27 anni di ingiusta prigionia nei versi una poesia che si conclude con “Io sono il padrone del mio destino: Io sono il capitano della mia anima”[1], ma penso anche a tantissimi portatori di handicap o ai malati psichiatrici.
Il fare, ancor più del loro dire, insegna che si può essere Liberi nella più buia delle costrizioni pertanto, attribuire la propria sofferenza alla condizione che stiamo vivendo significa distogliere il focus dalla domanda delle domande: di quanta LIBERTA’ io sono capace ?
[1] INVICTUS: William Ernest Henley 1875;