di Filippo Pavone
Sintetizzando e rielaborando gli appunti a me affidati da un grande Maestro, Antonio Piedisacco. Il timore è quello di aver banalizzato il suo pensiero, l’intento è quello di renderli disponibili ai più. Speriamoooo 🙂
Che il Tai Chi Chuan sia una tecnica di combattimento, la più raffinata mai elaborata, è noto a tutti; come nota è la sua modalità di esecuzione: la lentezza. Meno nota è la sua stretta relazione con la medicina tradizionale cinese che l’annovera tra le pratiche terapeutiche, unitamente alla fitoterapia, all’agopuntura, al massaggio (tuina), alla terapia dietetica, alla moxibustione e alla coppettazione.
La medicina tradizionale cinese è sostanzialmente una medicina preventiva non basata sulla categorizzazione dei sintomi o dei medicamenti, non ha mai sviluppato una sua chirurgia. Per accostarsi ad essa è necessario premettere che già il termine “Medicina” è fuorviante, poiché presuppone una categorizzazione del Sapere; mentre Scienza, Filosofia e Religione, in antichità e in oriente come in occidente, erano considerate un tutt’uno. Prima del metodo scientifico o sperimentale, gli Antichi Maestri partivano della osservazione della natura procedendo per intuizione. Infatti, osservando che nella materia tutto è sempre dinamica e metamorfosi, intuirono che la metamorfosi, o meglio l’energia da cui muove il “Qi”, è generata dall’azione combinata di due forze antagoniste Ying e Yang che si esprime in un continuo divenire alla ricerca di un equilibrio che non verrà mai raggiunto, poiché la massima espressione di Yin racchiude in se il seme che genererà il suo opposto, Yang. (banalizzando, immaginiamo due magneti di segno opposto che ruotano intorno ad un asse in cui la forza di respingimento dell’uno provoca il movimento dell’altro, generando energia).
Pertanto, l’energia vitale “Qi”, “Yin Yang”, smettono di essere astrazioni mentali o speculazioni filosofiche e diventano realtà concreta quanto il corpo fisico, visto che generano la trasformazione di una struttura formale ad un’altra struttura formale (es. una montagna, che è una struttura formale, per effetto dell’erosione si trasforma in deserto, altra struttura formale). Una forma vivente invecchia e muore originando l’altra forma; in questo ciclo si possono verificare accelerazioni perfettamente coerenti con la struttura, la forma in cui si è prodotta l’accelerazione è ciò che noi chiamiamo Malattia.
E’ interessante sottolineare che questi concetti non sono estranei alla nostra cultura, a loro fanno eco il “PANTA REI” (tutto scorre) pronunciato da Eraclito nel 500 a. C.; il “NULLA SI CREA, NULLA SI DISTRUGGE, TUTTO SI TRASFORMA” teorizzato nel ‘700 da Lavoisier iniziatore della chimica moderna. Da simili considerazioni nasce la matematica binaria, teorizzata nel ‘800 da Boole, e utilizzata nei circuiti elettronici che premettono di far funzionare i nostri computer. (4 sono le combinazioni possibili tra yin e yang (— e – -), ma se le consideriamo in trigrammi – cielo, terra e uomo – diventano 8, se le consideriamo in esagrammi diventano 64)
Sintetizzando, avvicinarsi alla medicina significa ricercare nella vita il significato del Tao[1], ricercare le leggi che relazionano lo Yin allo Yang, che circolano intorno al corpo attraverso i meridiani che sono come fiumi di energia, riconoscendo in un momento della metamorfosi l’eco che collegherà questo al successivo.
In quest’ottica, la patologia è una situazione di equilibrio come ogni altra, ma scomoda perché limitante delle prestazioni; essa è anche una velocizzazione della metamorfosi verso la morte di una struttura formale in favore di un’altra.
Il “medico” tradizionale attraverso la visita diagnostica (ispezione, ascolto dei suoni e apprezzamento degli odori, raccolta dell’anamnesi, palpazione del corpo e del polso) è in grado di visualizzare la struttura energetica che scorre attraverso i 12 meridiani e interessa gli organi interni e quindi di valutare le condizioni energetiche generali e la sede della malattia (diagnosi). Compresa la dinamica della patologia, progetta una interferenza terapeutica (terapia) in grado di agire sull’accelerazione di tale dinamica analizzando i fattori che relazionano l’uomo con l’ambiente e che si sostanziano in:
- ALIMENTAZIONE: questo fattore è composto da tutto ciò che nell’uomo è metabolizzato, dal cibo alla respirazione;
- AZIONE/RIPOSO: il rapporto è determinato dall’azione fisica; è dato dalla chimica conseguente il moto e da quella della relativa quiete (fluidi corporei, circolazione del sangue, circolazione energetica);
- SESSUALITA’: questo termine deve avere un’accezione molto ampia; indica il grado di coinvolgimento nel relazionarsi con l’esterno;
Su questa base, diventa agevole comprendere la valenza terapeutica del Tai chi Chuan, che in concreto consiste nell’esercizio quotidiano e consapevole del Respiro, del Movimento e dello Sguardo, agiti simultaneamente. Il Tai chi Chuan, agendo direttamente sui fattori di relazione con l’ambiente, va ad agevolare il rallentamento di quel processo di metamorfosi impropriamente definibile stato di mal-Essere, in particolare:
- attraverso il controllo della respirazione, che diventa sottile, lenta e profonda, si migliora ossigenazione del sangue e quindi il funzionamento dell’apparato cardio-vascolare. La respirazione trasforma la pratica del Tai- Chi in una pratica meditativa e riequilibrante dal punto di vista energetico;
- attraverso il controllo del gesto e dell’equilibro, che diventa lento e consapevole, si potenzia la meccanica del corpo, trasformandolo. In ciò si esprime l’accezione marziale; qui intesa, non come la banale contrapposizione violenta tra forze contendenti, ma come la capacità di gestire un momento di straordinario stress psico-fisico rappresentato, nella sua massima espressione, dalla battaglia;
- dirigere lo sguardo poi, significa imbrigliare il pensiero nell’attimo presente, così permettendo l’esercizio dell’attenzione diffusa, ossia il riconoscere e portare alla coscienza quanti più elementi (inanimati e/o viventi) possibili, pensieri altrimenti destinati alla parte subconscia del cervello. Il riconoscere l’altro diverso dal sé, è il presupposto necessario per fare esperienza – cambiando punto di vista – che l’attimo che stiamo vivendo si compone di moltitudine di elementi in stretta relazione e che inesorabilmente interagiscono tra loro e in cui il proprio “sé” è solo una tessera di un mosaico infinitamente grande, a noi visibile in misura proporzionale al nostro grado di consapevolezza.
[1] da Wikipedia: Il Tao (道T, DàoP, TaoW; letteralmente la Via o il Sentiero) è uno dei principali concetti della storia del pensiero cinese. Si tratta di un termine di difficile traduzione, inizialmente concepito come una potenza inesauribile che sfugge a qualunque tentativo di definizione. Il carattere cinese 道 (la cui parte inferiore è il radicale cinese “piede”) esprime innanzitutto il concetto di movimento, di flusso: dunque si può tentare di definire il Tao come l’eterna, essenziale e fondamentale forza che scorre perennemente attraverso tutta la materia dell’Universo.