di Filippo Pavone
L’esecuzione quotidiana e corretta delle forme che sostanziano questa pratica offre la straordinaria possibilità di “PRENDERE CONTATTO CON IL PROPRIO SE’ ”, laddove il “SE’ ” smette di essere un concetto teorico ed evanescente per prendere corpo in un tutt’uno di corpo-mente-spirito.
Il tai Chi Chuan infatti, in quanto ARTE MARZIALE, permette di accrescere la funzionalità del corpo; in quanto PRATICA MEDITATIVA, consente di acquietare la mente; in quanto PRATICA TERAPEUTICA propria della medicina tradizionale cinese, previene molte delle patologie più comuni.
Solo un corpo sano e una mente lucida possono perseguire quel “LAVORO SUL PIANO DELLA COSCIENZA” a cui tutti siamo inesorabilmente chiamati a svolgere e che consiste nel “RICONOSCERE ED ACCOGLIERE SE STESSI”.
RICONOSCERE significa distinguere le istanze provenienti dai condizionamenti culturali (es. l’educazione ricevuta, le esperienze affettive o di socializzazione), in favore delle esigenze più naturali e più autentiche che sono proprie di quella scintilla che ci rende unici e irripetibili. Ciò è necessario per condurre a coerenza armonica le sub-personalità (narcisista, fobica, depressiva) che agiscono in ognuno di noi spesso in contrapposizione tra loro.
ACCOGLIERE significa conoscere con chiarezza la propria esatta collocazione, e ciò iniziando dal proprio micro-cosmo, serve a scongiurare il pericolo di vivere una vita che non ci appartiene.
Questo lavoro, di per sé complicato, può diventare impossibile in una società come la nostra, disfunzionale ad ogni tipo di riflessione, attrito che può accendere livelli di sofferenza incredibili.
Per questo , volendo citare il mio amico/maestro Pasquale Napolitano, diventa di vitale importanza rallentare e provare – almeno per una volta – ad INTONARE LA PROPRIA CANZONE, questo sincero proposito noi possiamo chiamarlo PRATICA.
Grazie Filippo speriamo pian piano di cogliere tutti gli aspetti del Tai Chi ma soprattutto di ritrovarci in questa esperienza che abbiamo iniziato
Faremo del nostro meglio per afferare cio’ che ci e’ possibile.