La giacca magica.

Avevo promesso,  cari amici, di scrivere qualcosa sul primo Roland Barthes,  in apparenza fuori moda e inattuale, senza pretesa di aggiungere cose particolarmente originali. Ho deciso di procrastinare un po’ e di dedicare qualche riga alla Giacca Magica.

La giacca magica (faccio spoiling)

Qualcuno di voi ricorderà il bel racconto di Dino Buzzati.

Bene. Ne faccio un brevissimo riassunto per quelli che non lo rammentano o non l’hanno mai letto. Debbo purtroppo andare a memoria perché non sono riuscito a trovare nella mia libreria, la mia copia della Boutique del mistero, dove il racconto è raccolto.

Comunque:  Un tizio, abbastanza ordinario, un poveraccio, nota una piccola bottega di sartoria e si fa confezionare dal vecchio sarto che la conduce, una giacca nuova.   Portata a casa la giacca, mentre la sta provando di nuovo di fronte allo specchio, gli capita di infilare casualmente  la mano in tasca, traendone fuori con sua grande sorpresa, una banconota da diecimilalire (sarebbero -a spanne- una cinquantina di euro). Compiaciuto del fatto, si affretta a cambiare la banconota e a spenderla.  Il giorno successivo, il tipo viene raggiunto dalla notizia che un suo conoscente è morto in un incidente. Di questa cosa è costernato …  ma sorpresa! infilando di nuovo la mano in tasca, trova una nuova banconota. e così il giorno succassivo. La giacca produce banconote! Ben presto si rende conto che ogniqualvolta lui estrae dalla tasca una banconota, qualcuno muore. Più banconote la giacca gli fornisce, più lutti cagiona. Terrorizzato, vuole riportare la giacca al sarto che gliela ha venduta… ma la bottega non esiste più da anni.

Era per me necessario fare in questo modo pessimo  spoiler del bellissimo racconto di Buzzati.

La nostra giacca magica l’abbiamo in tasca.

L’utensilità innocente

Dimentichiamo infatti, nel nostro mondo di utensilità, che gli oggetti che abitualmente utilizziamo per comunicare, sono in sostanza trasformazioni successive di elementi naturali.

Non siamo abituati a pensare che in sostanza, questi oggetti sono fatti di terra.

E’ un fenomeno comune. Il mondo del consumo tende  sempre e comunque -per sua natura-  ad occultare il mondo della produzione.

Un po’ capita anche con l’alimentazione, dove il gioco pubblicitario ci fa vedere mani amorose, contadini felici con le gerle sulle spalle, fattorie “di una volta”, realtà ben diversa dalla produzione massificata e basata sull’uso massivo di fertilizzanti derivati dal petrolio e da pesticidi.

Le merci debbono essere per loro natura attrattive.

Ebbene la nostra “giacca magica” è nel centrafrica, dove ad esempio,  quarantamila bambini, non giocano, non vanno a scuola, non mangiano nutella. Scavano. Ininterrottamente. Scavano per estrarre cobalto, fino a morire di fatica. Scavano per estrarre terre rare necessarie ad alimentare l’industria dei semiconduttori, quelli che finiranno nei nostri apparati multimediali, che oramai utilizziamo come nostra “naturale”  appendice comunicativa.

terre rare

Il problema delle terre rare, utili appunto per la estrema miniaturizzazione degli apparecchi multimediali (altrimenti dovremmo andre in giro con una cassetta da campo di una ventina di chili, come nei film di guerra) , è che sono “rare”. Serve manodopera a buon mercato per scavare e triturare, estrarre questi preziosi elementi.

Si fa un buco in terra. In pratica il nostro cellulare nasce con pesantissime devastazioni ambientali, deforestazioni, sfruttamento della manodopera, riduzione delle aree coltivabili,  guerre per il controllo del territorio e, di conseguenza,   commercio di armi.

 

In pratica molti dei conflitti del continente africano sono alimentati dalla necessità di controllo delle fonti estrattive e del commercio “informale” delle materie prime.

“Stay hungry”

E’ la bulimia del consumo, in pratica che alimenta questo meccanismo. Ed il mercato -scusate il termine- “innocentizza” gli oggetti e l’atto dell’acquisto.

Gli oggetti ci si pongono davanti innocenti e disponibili per il nostro atto di appropriazione. Anche il loro uso, anche esso presentificato  da atti di linguaggio,  tende  ad essere innocente “neutro”,  nella totalità dei  casi,  magico. Quanti oggetti del nostro mondo si mostrano utili per noi e familiari, facenti parte della natura del mondo, come la nostra mano o il nostro occhio. Non ci chiediamo chi li abbia disegnati, in qual modo sono elementi del nostro mondo esperienziale, in quale modo ci si presentino o ci siano pervenuti. Essi sono là disponibili per essere consumati, nel ciclo di consumo che li ridurrà a rifiuto, con la stessa naturalità escrementizia del processo del cibo, la cui origine  -a noi incognito- nasce nella maggior parte dei casi-  dal connubio di sementi ibridate e derivati del petrolio.

Dietro a tutto c’è l’orribile frase, il testamento morale di Steve Jobs. “Stay Hungry”, che effettivamente si trasforma, denudato di ogni velleità metaforica nel consumo di oggetti, territorio, aria acqua , stretti nella solitudine incosciente del consumo individuale.

Insomma la nostra giacca porge ogni giorno a milioni di persone nella tasca una bella diecimilalire.

Per chi voglia leggere sull’argomento:
https://www.legambiente.it/contenuti/comunicati/copertina-dedicata-all-africa-la-nuova-ecologia-di-settembre

La giacca magica.ultima modifica: 2018-09-15T23:20:17+02:00da lamuladisancio

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