Forni e Stazioni
Iniziamo con un caveat: I poveri disgraziati che sono rimasti bloccati in stazione, in varie città d’Italia con attese lunghissime, a causa di un pesante guasto alla rete elettrica ferroviaria, non sono direttamente l’oggetto di questo articolo. Ripeto non lo sono. E questo per sterilizzare in anticipo tutte le eventuali polemiche che potrebbero sorgere in merito.
L’ggetto, la cosa di cui si parla qui, non è stata quindi la reazione delle persone, in sé giusta e prevedibile, bensì la sua teatralizzazione, ossia la sua rappresentazione amplificata, ad opera dei media nel loro complesso, che diviene epifenomeno delle molte rabbie e proteste teatralizzate che ci vengono vendute ogni giorno sui social.
Cosa c’è in comune e di radicalmente differente fra l’assalto al forno descritto al capitolo dodici dei Promessi e gli episodi di oggi?
Di simile certamente c’è l’attacco ai bisogni primari, sensibile e presente, accompagnato dalla percezione -con indubbi elementi di realtà- che ceti sociali, individui, intere fette di società, traggano ingiusto vantaggio proprio dall’attacco a quei bisogni sempre più compressi, oltre che, in analogia con la crisi cittadina descritta da Manzoni, fattori oggettivi ne siano alla base, di difficile analisi, quando la fame stringe il ventre della gente.
Innanzitutto, a differenza delle dinamiche tanto bene descritte da Manzoni, oggi sembra proprio che il Viceré anziché cercare di scantonare ed evitare l’ira delle folle (“adelante Pedro con giudicio”), si ponga sul tetto della carrozza ad indicare alle folle stesse -vero o sbagliato che sia- l’obbiettivo della rivolta, indicando la porta del forno, o ancor meglio qualche altro luogo dove la folla possa fare meno danni.
L’elemento secondo ma che nei fatti diviene elemento primo, dato l’uso aplissimo che oggi ne fa la Vicarìa, è la rappresentazione della protesta e la avocazione a se dei meriti. Insomma è l’apparenza della protesta, che si scambia con la sostanza della protesta, una meta-protesta che ne prende il posto e le sembianze, aderendo alla realtà come le penne del pavone aderiscono al suo didietro.
Il Convoglio e la rabbia convogliata
Le drammatiche proteste individuali, quindi, trovano appunto un veicolo che le trasporti, e le possa dirigere su binari classici della costruzione del consenso. Vero o falso che sia, costruito o reale, ci troviamo di fronte proprio ad una funzione di “conduttore”, nel duplice senso del mezzo di trasporto (condurre verso) e della direzione, dell’indicare la via.
Rimangono proteste individuali e trovano sintesi appunto nel “conduttore”.
Certo, ci si può trovare, come è accaduto a Di Maio, di dover alla prova dei fatti, scontentare qualcuno, ma il veicolo perdona qualche sterzata brusca.
Africa e nuvole
Un esemplare utilizzo di questi strumenti è l’attacco al sistema dell’accoglienza, durante l’intervento di Di Battista alla festa del Fatto Quotidiano. Ricorderete si crea una opposizione, un bersaglio e si fornisce una alternativa: “L’Africa non ha bisogno di accoglienza, ha bisogno di interventi”.
Ecco una falsa opposizione, per la soddisfazione di chi in quartieri degradati (dove peraltro questo governo non farà affluire fondi per la riqualificazione) vede scadere ancora di più la qualità della vita con l’arrivo degli immigrati.
Attraverso la finta alternativa si crea una contrapposizione che non esiste nei fatti.. E’ possibile infatti sia accogliere correttamente e aiutare -ove possibile- i paesi di origine dei flussi migratori, non vi è alcuna dialettica contrapposizione fra le due cosa e la contrapposizione stessa è appunto mistificante.
Vi è inoltre un secondo strato mistificatorio. L’aiuto, il “Piano Marshall per l’Africa” non ha alcuna possibilità di essere posto in atto, solo che l’Africa, questo misterioso oggetto simbolico, venga suddiviso nei cinquataquattro stati che la compongono e che si ponga attenzione alle differenze etniche sociali culturali storiche e politiche che nella realtà li costituiscono.
Di Battista sembra avere in mente il pozzo scavato dal buon missionario, o le siringhe di chinino della sua bisaccia, mentre glissa su come fare qualcosa nelle zone di conflitto del continente.
Come fare -a solo titolo di esempio- con la feroce dittatura eritrea, con il fondamentalismo islamico in Somalia, con la situazione di conflitto permanente nel Kivu (Congo), con il nord Nigeria controllato da Boko Haram, con gli episodi di guerriglia in Mali Mauritania, con le zone costiere orientali devastate dai cambiamenti climatici.
Chi dovrebbe realizzare il fantomatico aiuto? dittatori e bande terroriste?
Ma la parola magica è stata pronunciata, e può essere avallato il campo di concentramento in Libia, così come l’approdo denegato alle navi che salvano vite in mare, e la coscienza è a posto, l’odio ben convogliato, specialmente se costruito nel tempo.
L’intervento di Di Battista pochi giorni dopo l’infausto approdo della nave della Guardia Costiera italiana, ha precedenti nel tempo. Ricordate infatti i “taxi del mare” ? Frase irresponsabilmente pronunciata da Di Maio qualche mese fa? Eppure su Youtube , potete trovare se volete, le audizioni parlamentari, con gli interventi delle ONG. Sono lunghi, argomentati, assai più complessi delle foto false di donne con le unghie rosse con cinquanta milioni di “mi piace”.
Nave Diciotti: tutto normale (anche gli escrementi)
Non so se qualcuno ricorda le condizioni di un traghetto (grande e attrezzato e progettato con lo scopo di trasportare persone) dopo un giorno di navigazione. Poniamo Civitavecchia-Olbia. Ecco alla vista del porto di Olbia il ponte è invaso da sporcizia e salsedine. Le latrine mandano cattivo odore. Le mense e i bar debbono essere ripuliti da cima a fondo. C’è sporcizia dappertutto. Ora immaginate questo su di una nave NON attrezzata, con una attesa si protrae in ambienti ristretti per più giorni e comprenderete perché un magistrato, dopo una ispezione, ipotizza un reato di sequestro, giustificato dall’aiutiamoli a casa loro del diba.
Immaginiamo che a suo tempo Del Rio avesse fatto la cosa giusta
Coi se e i ma la storia non viene fatta. Quale sarebbe stata la cosa giusta? Che il precedente governo avesse avuto il fegato di bloccare il traffico sul Morandi. Genova paralizzata, ma quarantatre persone sarebbero ancora in vita.
Ma Genova avrebbe vissuto lo stesso disagio di oggi, con la complicazione di vedere il ponte (apparentemente sano) chiuso al traffico che guardi mentre sei imbottigliato durante l’attraversamento della città.
Immaginate le grida, le manifestazioni, le proteste, l’ipotesi di complotti per favorire grandi opere alternative, Sindaci leghisti e cinquestelle in piazza con la fascia tricolore a protestare, tutti i comitati a chiedere l’immediata riapertura al traffico…
Odio e rabbia ben convogliata.
Ma la cosa giusta non fu fatta
E oggi l’odio convogliato (anche qui vale il caveat, lo stesso all’inizio dell’articolo: i fatti mi servono a titolo di esempio per le dinamiche in atto).
Crea il nemico, il bersaglio.
La Fornero (che fantastico indirizzo del convoglio!)
Potremmo scriverlo tutto attaccato: tanto è simbolica e proverbiale: potremme scrivere Lafornero e tutti capirebbero.
Il meccanismo semiotico è qui esibito in tutta la sua potenza. A nulla vale dire che quelle scelte furono il risultato di anni di finanza creativa, prese in emergenza DOPO l’avvento di un ciclo economico ferocemente negativo del tutto mal gestito, con l’aggravante che negli anni precedenti non erano state poste in atto le misure necessarie a prevenire lo stato di cose imposto dalla peggiore crisi dal 1929.
A nulla vale dire che quelle politiche emergenziali , furono infatti risposta e conseguenza e rimedio a quanto accaduto durante gli anni precedenti.
La finanza creativa ha un nome e cognome: Giulio Tremonti (all’epoca dei fatti ministro in quota Lega Nord, partito oggi al governo).
Il primo Barthes, la Fornero e l’Abbé Pierre.
Il Barthes di Mythologies, parlo del primo Barthes, che scriveva in un’altra epoca , aveva individuato il meccanismo attraverso il quale una cristallizzazione linguistica , una metastruttura, diviene un piano secondo, una sintesi che è metasegno, segno di segni, un indicatore apparente di realtà quando ci riferiamo a oggetti nuovi, del tutto interni al linguaggio.
Un esempio classico è appunto l’Abbé Pierre, icona, segno di segno cristallizzato della santità.
Dedicherò il prossimo raglio all’usurato vecchio Barthes, quello che oggi viene ritenuto troppo ovvio, troppo poco chic, per essere preso in considerazione, ma che funziona perfettamente nei moderni sistemi di comunicazione.
Buona notte cari