Antenna a 5/8 d’onda “scacciapensieri”

In una ipotetica classifica delle attività “terapeutiche” che aiutano a staccare dagli impegni quotidiani inserirei nelle prime posizioni “Lime & Martelli” e “Saldatore & Pinzette”. La pagina che segue illustra il percorso che mi ha portato a realizzare una antenna VHF a 5/8 più per il piacere di lavorare i materiali che per la necessità di disporre dell’oggetto. Nel dettaglio…

Fase 1 – L’immancabile riciclo

Prima o poi uno scaffale in garage, lo scatolone in soffitta o il bidone dei rottami restituiscono un oggetto che, direttamente dal passato, attira l’attenzione e si candida ad essere riciclato in un nuovo progetto. In questo caso, una vecchia base magnetica per il montaggio di una antenna veicolare ormai dismessa. Rimontarci il “quarto d’onda” solo per qualche prova sarebbe stato banale, quindi ho pensato a una soluzione leggermente più complessa e performante, ossia la verticale a 5/8 d’onda. Nulla di nuovo, ma sufficiente a impegnare qualche ora in relax.

Fase 2 – La teoria

In tema di antenne trasmittenti veicolari per VHF e UHF è impossibile non imbattersi nella configurazione a 5/8 d’onda. Questa tipologia è molto popolare e ha diversi vantaggi rispetto alla verticale a quarto d’onda. In ordine sparso:

  • un leggero guadagno dovuto al diagramma di irradiazione del segnale con lobi schiacciati;
  • angolo di irradiazione piuttosto basso che favorisce i collegamenti punto-punto “terrestri”;
  • minore effetto di “fading” in caso di utilizzo mobile;
  • migliore funzionamento in presenza di piani di massa non ottimali.

Tutto questo ha un prezzo, prima di tutto nelle dimensioni: oltre un metro e venti contro il mezzo metro nel caso della banda dei 145 MHz. Inoltre, se alimentare il quarto d’onda è una pacchia in quanto l’mpedenza caratteristica è tale da poterci collegare direttamente il cavo coassiale, per la 5/8 occorre un adattamento di impedenza. Collegando direttamente l’elemento radiante al trasmettitore, questo “vedrebbe” un carico resistivo-capacitivo piuttosto alto, tale da non consentire risultati apprezzabili. Le soluzioni commerciali per addomesticare tale carico e avvicinarlo ai canonici 50 ohm resistivi sono sontanzialmente due: la prima mediante autotrasformatore in aria e la seconda tramite induttanza in serie al radiatore. Dal punto di vista delle prestazioni non ci sono differenze apprezzabili, quindi ho scelto di ulitizzare l’induttanza in serie per la maggiore facilità di montaggio sulla base magnetica, che nel mio caso non monta il più comune connettore SO239 ma una boccola filettata 10 MA isolata da massa e connessa al filo centrale del cavo di alimentazione. Incrociando le informazioni trovate in rete con qualche calcolo sono arrivato alla conclusione che, per la frequenza di mio interesse -145 MHz- una induttanza di 135 nH (nanoHenry) avrebbe fatto risuonare uno stilo verticale di 1,23 metri presentando una buona impedenza al trasmettitore. Con un ulteriore calcolo ho dimensionato la bobina in aria della prima stesura del progetto:

Nello schema sono riportate le misure calcolate per la bobina (tre spire ø30 mm, lunghezza 45 mm) e per il radiatore a 145 e 160 MHz

Fase 3 – I materiali

Le antenne commerciali utilizzano solitamente acciaio inox e vetroresina, materiali evidentemente fuori questione… Per questo progetto mi sono imposto di utilizzare materiali che avrei trovato in casa, meglio se originariamente destinati a tutt’altro. Ecco che per il radiatore ho adocchiato alcune bacchette utilizzate per la brasatura forte di bronzo e ottone. Si trovano in ferramenta, hanno lunghezza di un metro circa e diamentro di tre millimetri. La lega di cui sono composte è principalmente di rame, zinco e stagno; elasticità e lavorabilità mi sono sembrate buone, con il “bonus” di essere amagnetiche.

Fase 4 – Il primo prototipo

Ho realizzato la bobina avvolgendo uno spezzone di bacchetta intorno an un tubo di acciaio da 20 mm; per effetto dell’elasicità del materiale, terminata la torsione il diametro si è stabilizzato quasi al valore di progetto. Effettuati gli opportuni aggiustamenti ho lavorato i tronconi finali in modo da riprodurre la forma riportata nello schema; è stato necessario effettuare una giunzione nel tratto rettilineo verticale, per la quale ho utilizzato un morsetto elettrico privato dell’isolante. Fissato l’accrocchio alla base magnetica sono passato alla taratura. La risonanza dell’antenna è risultata molto buona con un rapporto di onde stazionarie appena misurabile su una larghezza di banda di oltre 2 MHz; accettando un r.o.s. di 2 si coprono almeno 6 MHz. Prima ancora di autocongratularmi per il successo ho notato una grave pecca progettuale: con la bobina in aria l’antenna si comporta come un pendolo rovesciato, con ampie e lente oscillazioni. Funzionante, ma inguardabile.

Fase 5 – Versione 2.0

Sulla scorta dell’esperienza fatta ho ideato il restyling che avrebbe risolto il problema e, nel contempo, mi ha dato occasione di rinfrescare le mie qualità (?!) di tornitore.

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In sostanza ho realizzato uno spinotto in ottone filettato 10 MA con una flangiatura a circa 15 mm dall’estremità per il fissaggio alla base magnetica; la filettatura prosegue per altri 40 mm circa per il fissaggio del supporto cilindrico della bobina, realizzato da una barra di nylon portata a 30 mm di diametro, forata e filettata opportunamente. Dal lato opposto il supporto è filettato 6 MA; una vite in ottone, a sua volta forata e filettata 3 MA, servirà a reggere lo stilo verticale (anch’esso filettato) e fissare la bobina. Due rondelle in rame, ricavate ritagliando uno sfrido di lamiera da 8/10 con un paio di forbici da elettricista, servono a trattenere i terminali della bobina assicurando il contatto elettrico con lo stilo e la base dell’ antenna. Unica accortezza da adottare, vite e spinotto non devono toccarsi al centro del supporto! Tutta la lavorazione mi ha impegnato un paio d’ore davvero ben spese, ottenendo un assieme molto robusto e anche piuttosto bello da vedere. Dunque monto lo stilo e aggiusto l’accordo. I nuovi pezzi non hanno modificato più di tanto la risonanza dell’antenna, che nella nuova foggia risulta molto più professionale. Purtroppo l’effetto pendolo, anche se notevolmente attenuato, è ancora (fastidiosamente) presente. Infatti il peso dello stilo verticale si fa sentire, il materiale è piuttosto elastico ed il risultato, di conseguenza, è inevitabile. Insegnamento del giorno: ecco spiegato come mai i costruttori di antenne utilizzano stili conici! Sicuramente la parte terminale risulta più leggera e flessibile rispetto alla parte bassa, modificando la risposta complessiva alle sollecitazioni, un po’ come le canne da pesca. L’antenna è senz’altro utilizzabile, ma vista la premessa di trafficare per il solo gusto di farlo, non ho resistito al richiamo della – probabilmente definitiva –

Fase 6 – Versione 3.0

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In questa versione lo stilo verticale è stato realizzato utilizzando un tondino in alluminio ø6 mm filettato e avvitato al supporto; un controdado in ottone fissa la rondella alla sommità della bobina. Il tondino, anodizzato color bronzo, arriva dagli avanzi della riparazione di una yagi abbattuta da un temporale. Nuovo lo si trova in ferramenta o nei brico in pezzi da un metro. Per raggiungere la lunghezza del radiatore ho aggiunto una sezione finale riutilizzando parte dello stilo precedente. Ho forato e filettato la testa del tondino al quale viene avvitata la bacchetta da 3 mm tagliata a misura, il tutto fissato con un controdado in ottone. Con questa soluzione cambiando l’ultimo tratto dello stilo posso disporre in pochi secondi di una antenna risonante a 145 MHz oppure in banda civile a 160 MHz. Bene!
Misurando l’altezza della versione 2 ho notato che per la risonanza a 145 la dimensione finale della stilo è risultata di oltre 130 cm, avvicinando l’antenna alla configurazione a 3/4 d’onda piuttosto che a 5/8 come in progetto. Ciò significa che l’induttanza alla base era leggermente inferiore al valore ottimale, quindi per la versione definitiva ho deciso di adottare un approccio diverso: fissare la lunghezza del radiatore a 5/8 d’onda elettrici, vale a dire 123 cm considerato il coefficiente di correzione dovuto al diametro del tondino, e adattare l’induttanza fino al raggiungimento della risonanza. Poichè la bacchetta da 3 mm di ottone non è molto lavorabile ho deciso di utilizzare una bandella di rame, ottenuta da uno sfrido di grondaia, larga circa 7 mm. Ne risulta una sezione di oltre 5 mmq abbondantemente oltre quanto necessario. Già che c’ero, ho avvolto la bobina in senso orario, così che stringendo le viti ai suoi estremi il trascinamento stringe la bandella sul supporto, ottenendo un assieme molto saldo senza ulteriori fissaggi.
I componenti prima dell’assemblaggio finale…

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La base assemblata con i due “codini” per i 145 e i 160 MHz…

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Particolare del fissaggio del tratto terminale

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A taratura ultimata la bobina è risultata di 3 spire e un quarto, dunque con uno scarto accettabile rispetto al calcolo teorico che, in VHF e oltre, è soggetto ad errori dovuti alle dimensioni fisiche dei conduttori, alle capacità parassite fra i componenti meccanici, oltre che a fasi lunari, allineamento dei pianeti, maree ecc. (!). Comunque sia ho fatto solo qualche prova aprendo i ripetitori raggiungibili e pare proprio che la 5/8 faccia egregiamente il suo dovere. Lo stilo in alluminio è piuttosto rigido, dunque non si presta ad un utilizzo “on the road”; sono comunque curioso di saggiare meglio le prestazioni dell’antenna alla prima occasione utile. Per quanto riguarda ulteriori possibilità di sperimentazione, vista la relativa facilità di sostituzione della bobina, mi sembra inrteressante provare un carico più sostanzioso, magari realizzato con filo smaltato e qualche decina di spire, che faccia risuonare lo stilo almeno sulle decametriche alte, 30, 21.. 14 MHz ? In questo caso potrebbe rendersi necessario un piano di massa più efficiente di quello fornito dalla base magnetica e dalla carrozzeria dell’auto; l’autunno e l’inverno fortunatamente ci regalano un sacco di giornate grigie, buone per sperimentare e dedicarsi questo tipo di bricolage.

TNC KISS mode per packet e APRS

Il progetto che segue consente la realizzazione con pochi componenti di un TNC compatto per utilizzo packet radio (con firmware KISS) e APRS tracker collegato ad un ricevitore GPS con uscita NMEA standard RS232.

L’hardware è stato sviluppato dal papà del più noto TNC-X, John Hansen W2FS. Inizialmente volevo realizzare un clone “casalingo” del TNC-X, ma ho dovuto desistere a causa della difficoltà a reperire la RAM seriale richiesta da quel progetto. Mi sono imbattuto in questo articolo pubblicato sulla rivista QST che. oltre ad utilizzare componenti più facilmente reperibili, monta una CPU con la memoria sufficiente a contenere anche il codice necessario a implementare le funzioni di tracker per attività APRS. Per quanto riguarda l’hardware mi sono limitato a modificare la parte dello schema riguardante la comunicazione RS232 e l’alimentazione della scheda.

Descrizione

Il TNC è costituito da una CPU tipo PIC 16F877, una RAM statica 32K x 8 tipo 62256, il modem BELL202 costituito dall’integrato FX614P e pochi altri componenti necessari alla comunicazione tramite porta seriale RS232 e all’alimentazione a 5 volt della scheda. Tutti i componenti utilizzati sono a dire il vero piuttosto datati ma comunque facilmente reperibili e tutto sommato economici. Sulla CPU “girano” le routines necessarie a gestire il protocollo KISS e quelle dedicate alla decodifica delle stringhe NMEA provenienti dal ricevitore GPS e alla successiva composizione di un pacchetto beacon APRS. Nella memoria RAM vengono creati due buffer destinati a contenere i dati in trasmissione (“parcheggiati” fino a quando il pacchetto è completo e il modem in grado di trasmettere) e ricezione fino alla validazione del pacchetto di dati in ingresso affidata a un controllo di ridondanza CRC.
Ecco lo schema:

Realizzazione

Da sempre allergico agli stampati a doppia faccia, sono arrivato alla soluzione “una faccia e mezza”. In effetti la quantità di piste per il colloquio tra CPU e RAM impone la presenza di parecchi ponticelli (in rosso sulla disposizione componenti). La densità di componenti è tale da permettere la realizzazione della piastra anche a pennarello o trasferibili; in questo caso prestare la massima attenzione a non commettere errori. Io ho optato per il metodo Press’n’Peel, o Stira e ammira che dir si voglia, he mi ha permesso un risultato più professionale oltre che la realizzazione di un piano di massa sempre utile quando convivono a pochi centimetri CPU e sorgenti RF. Ecco il lato rame della piastra:

E questa è la disposizione dei componenti. In rosso i numerosi ponticelli da realizzare prima del montaggio dei componenti.

Elenco componenti

Tipo/valore Quantità Riferimento
18pF 2 C5, C6
27pF 2 C2, C3
0.1uF 7 C1, C4, C7, C8, C9, C10, C11
100uF 35V 1 C12
LED 3 D1, D2, D5
1N4001 1 D4
1N4148 1 D3
SIP HEADER – 2PIN 2 P1, P4
SIP HEADER – 3PIN 1 P3
SIP HEADER – 4PIN 1 P2
2N2222 3 Q1, Q2, Q3
1 Kohm 3 R3, R4, R13
4.7 Kohm 4 R9, R10, R11, R12
10 Kohm 4 R1, R2, R5, R14
100 Kohm 3 R6, R7, R8
PIC 16F877a 1 U1
62256, sram 32K x 8 1 U2
FX614 1 U3
7805 1 U4
10 Kohm pot 1 V1
10 MHz XTAL 1 X1
3.5795 MHz XTAL 1 X2

Il firmware

In rete è disponibile la versione originale del firmware, scritto in CCS C. Recuperato il compilatore ho caricato il firmware sul PIC ed eseguito le prime prove. Risultato: decodifica in ricezione scarsa con molti pacchetti persi, rumoraccio in trasmissione ben lontano dalla caratteristica nota dei 1200 bps. Dopo ore di controlli e verifiche sono giunto alla conclusione che le temporizzazioni del software erano da rivedere… Dopo qualche ritocco tutto è tornato alla normalità. Le mie attenzioni si sono dunque rivolte alle funzioni del firmware: ho implementato la funzione CALIBRATE che manda manualmente in tx la radio con un tono modulato a 1200 o 2200 hertz utile in fase di taratura del sistema o puntamento delle antenne. Per quanto riguarda la parte APRS ho optato per l’emissione di pacchetti “in chiaro” e non compressi con standard MIC-E per la maggiore compatibiltà con i vari software disponibili. Seguono alcune schermate ottenute accendendo il TNC in modalità SET. I parametri impostati vengono registrati nella EEPROM della CPU quindi possono essere modificati solo via software. La schermata iniziale:

Il menu seguente serve a immettere i parametri per il funzionamento in APRS.

Il menu Calibrate…

Cablaggi e finitura

Accertato il corretto funzionamento non rimane che inscatolare il TNC.. Per evidenti motivi è raccomandabile l’utilizzo di un mobiletto metallico. Nelle foto che seguono la realizzazione ultimata. Per il collegamento alla porta RS232 ho utilizzato un connettore DB9 maschio in modo tale da permettere il collegamento diretto al GPS e con un cavo null modem al PC. I cablaggi tra la piastra e i pannelli posteriore e frontale del mobiletto sono terminati con connettori a pettine a passo 100 mils (2.54 mm) così da permettere di disassemblare velocemente le parti. I collegamenti alla radio rispecchiano lo schema adottato per il TNC-X: un jack da 3.5 mm mono per l’uscita audio, un secondo jack da 3.5 mm stereo per PTT (tip) e segnale microfonico (ring). Completano i pannelli la presa di alimentazione coassiale da 1/4″, interruttore di alimentazione, deviatore per i modi SET/OPERATE e i led di segnalazione PWR, RX DATA e TX DATA.
I sorgenti modificati ed il firmware compilato sono disponibili qui.
Il risultato finale potrebbe somigliare a questo…

Buona costruzione!