In Cammino: le 3 M e le 3 A


RIFLESSIONE
Le 3 M: Male, Malattia e Morte.
Le 3 A: Amore, Armonia e Ascensione
Quali relazioni e quali significati, se mai un significato può esserci?

La mia esistenza finora è stata un grande impegno nel cercare di dar senso alle cose per trovare pace.
In una parola dar senso alla vita nel suo ininterrotto manifestarsi di Luce e di ombra, di bene e di male, di salute a malattia e alla fine di morte e chissà se anche di risurrezione.
In un periodo quale l’attuale nel quale il male, la malattia, la morte pare  siano,  nel lamento, l’oggetto di attenzione per molte persone, diventa per me importate tentare una breve sintesi sul senso di dette realità; sintesi che non può che essere ancora più un atto di fede che reale consapevolezza acquisita.

 

 Iniziamo con il dire del Male=ignoranza e dell’Amore= conoscenza.

 

La realtà nella sua concreta manifestazione è il risultato di interazione di forze contrarie orientate all’equilibrio. Equilibrio che si propone a colui che osserva come la prima e fondamentale legge universale.
Molte metafore antiche possono essere di orientamento per la comprensione della complessità dell’interazione delle forze affermata. È scritto nella Genesi al cap.1 che  in principio Dio  creò il cielo e la terra. La terra era una massa informe e deserta; le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque.
Dio disse: “sia la luce” e la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre e chiamò la luce giorno e la tenebra notte.
In tale scritto non vi è accenno al fatto che la luce possa essere il bene e la tenebra il male come pare oggi si tende ad affermare.  La luce era buona, ma non disse che la tenebra non lo era. Nel Suo dire, vi è piuttosto l’affermazione di una differenza : è la dualità della quale necessita la realtà manifestata, la “creazione” se di creazione si tratta, per esistere.
Nel tempo  i contrari separati, distinti l’uno dall’altro, che sono però di comune origine, sono stati interpretati dall’intelletto umano come nemici fra loro. Si è vista la luce come buona e la tenebra, l’ombra, come ostile. E ciò si è maggiormente caratterizzato con lo svilupparsi delle filosofie e delle religioni che hanno amplificato la separazione oppositiva creando una caratterizzazione giudicante, che ha permesso che le tenebre divenissero dimora ospitante di ciò che confonde e induce l’umano in tentazione; fino a negare sé stesso e lo Spirito divino che in esso dimora.
A proposito della  tenebra connotata  come il male occorre accennare a Lucifero e a ciò che egli rappresenta nel pensiero comune e nelle metafore che ad esso  si rifanno.

Lucifero, il Saturno Cosmico, l’Arcangelo che scende dal Cielo, lo Spirito-Luce che si fa materia (chiamato prima Seth dagli egizi e divenuto poi Satana per interpretazione e giudizio umano), è l’Energia votata  all’Ombra per portar Luce, nel progetto dell’Evoluzione universale.
Ancora nella Genesi:  “Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza”, e pare che quest’uomo, l’Adamo primigenio, abbia come finalità prioritaria lo sviluppo di consapevolezza di sé attraverso l’esperienza nell’ambito del procedere evolutivo; ed è proprio per ciò si è cibato dell’ “Albero della conoscenza del bene e del male”, non per orgoglio e superbia, come da più parti viene affermato, ma perché la sua dimensione spirituale che lo fa  a “immagine di Dio” in qualità di figlio, abbia consapevole compimento.
Accogliendo tale affermazione  si può osservare come i livelli di consapevolezza fra gli umani  in itinere siano  diversi in un procedere continuo e  collettivo volto al raggiungimento nel tempo di un obiettivo comune: la realizzazione della propria singola essenza nella felicità e la realizzazione di un ambiente di armonia collettiva.
Molto frequentemente nel proprio percorso di vita l’essere umano, essendo esso manifestazione dello spirito e composto di materia, quindi contemporaneamente luce e ombra, permette che la dimensione che lo ospita (la materia) divenga  più importante d’ogni altra cosa: in un certo qual senso, con i suoi pensieri, le sue parole e le azioni, si orienta prevalentemente  al mondo, alla materia, che non sono in sé negativi, ma che sono espressione di quel denso che non è la sua essenza, ma che lo avvolge assai di frequente corrompendolo.
Lucifero, metafora dello spirito che abbandona la luce per le tenebre,  è quell’energia che offre all’uomo l’opportunità di discernere fra verità e illusione e di scegliere quindi con cognizione di causa.
La materia  attrae con miraggi che scompaiono appena sono raggiunti; tant’è che quando si possiede ciò che si era  tanto sospirato, si vuole subito altro o di più.

Se può essere vera  l’affermazione che l’umanità stessa è fautrice della propria infelicità, c’è da chiedersi come uscirne; e se può essere vera l’affermazione che nulla sfuggirebbe alla legge cosmica dell’Ordine, neppure il disordine, e che tutto sarebbe orientato al ritorno all’Ordine, seppure in tempi e modalità che dipendono anche dalle scelte possibili, allora il male la sofferenza umana possono essere comprese anche nella loro dimensione relativa all’evoluzione della coscienza dell’umanità.

Sempre per metafora: quando l’Assoluto permise a Lucifero di discendere sapeva che avrebbe regnato il disordine, ma sapeva pure che nel cuore umano vi sarebbe stata insita la volontà di far ritorno all’Ordine.

Sia il male sia l’ombra esprimono l’uno l’inverso o l’assenza d’Amore e l’altra l’inverso o l’assenza di Luce da parte di coscienze che sono il potere generatore di entrambe. E come già accennato nella dimensione dell’ Assoluto tutto è Uno e nella dualità della “creazione” entrambe: la presenza o l’assenza di Amore e la presenza o l’assenza  di Luce, si definiscono proprio attraverso il loro confronto.
Lucifero non è né  il male, né l’ombra ma è simbolo di male e di ombra entrambe dovute ad ignoranza e scarsa consapevolezza da parte di coscienze che ne sono l’espressione.

Lucifero è colui che dovrebbe abitare l’inferno, ma l’ inferno e il paradiso non sono luoghi bensì stati di coscienza di tormento l’uno e di beatitudine l’altro; stati di coscienza che non è necessario essere disincarnati per viverli. Essi sono proiezioni e vissuti della mente umana.

Ovviamente, che siano proiezione della mente umana non vuol dire assolutamente che non siano aspetti di esperienza reale. L’inferno esiste in ciascun essere umano. Esiste dal momento in cui lo spirito incarnandosi, per crescere in consapevolezza attraverso l’esperienza, incontra e si scontra con la materia.

Negli ultimi anni in certi ambienti si è parlato molto di evoluzione e di illuminazione dell’umanità  credendo che fosse  lo spirito divino, che è in ogni umano, a stimolarlo e ad invitarlo a crescere in consapevolezza. Invece no: è proprio il Lucifero che ognuno in parte è, per l’oceano di ignoranza nel quale è immerso, che lo stimola.

Lucifero è stato relegato negli inferi, ed è stato costretto dal giudizio umano ad essere il male; ma che cosa rappresenta in realtà nell’ottica che propongo?

Egli è disceso e la cosiddetta cacciata da parte dell’Assoluto forse non è precisamente ciò che è stato raccontato. Poiché se Egli lo avesse cacciato, se Egli lo avesse spinto con aggressività e con violenza a lasciare la dimora del Cielo, allora il Padre che si dice essere Amore e Saggezza, sarebbe stato uno sprovveduto, sarebbe stato un aggiustatore di eventi al quale sfuggitone uno, ha dovuto porvi rimedio.
Un altro criterio di lettura potrebbe essere che la discesa di Lucifero fosse assolutamente necessaria nell’ambito del progetto di una creazione cosmica, poiché è attraverso di Lui che si realizza l’evoluzione  delle coscienze dotate di libero arbitrio e discernimento.

All’Angelo, che ha avuto ed ha il compito di condurre la Luce sono stati attribuiti valori assolutamente negativi, ma egli è indispensabile poiché è Lui che spinge l’uomo a prendere coscienza di aspetti che rimarrebbero nascosti. Egli ha una profonda nostalgia di fare ritorno ai Cieli ed è proprio questa infinita nostalgia l’elemento che lo spinge ad essere stimolo, ad essere provocazione, talvolta pure a vestire i panni dell’ aggressore e dell’invasore poiché egli smania, di fare ritorno là da dove è venuto.
Lucifero è stato investito di un ruolo assai impegnativo, ed è diventato il male, è diventato l’espressione del maleficio. Connotando Lucifero come espressione del male, l’uomo l’ha trasformato nel male e ha mosso una grande e incessante lotta contro il male poiché ha sempre rinnegato una parte di sé e a quella parte ha voluto fare la guerra. Quella parte doveva soccombere, in realtà quella parte, propriamente quella parte non chiede altro che di essere accolta, d’essere accolta come chi vive l’abbandono. Ebbene quella parte, quella parte che è oscura, sente la nostalgia ancor di più poiché i nostri pensieri l’hanno fatta sentire abbandonata, ma l’ Assoluto,  che è Padre non abbandona, anzi attende il ritorno del figlio.

C’è una frase che molto mi piace ed è che: “Nessuno lascia la casa del Padre senza avere in sé la mappa per farvi ritorno”.
A questo punto ci viene in ausilio la parabola del “figlio prodigo” raccontata dall’evangelista Luca.

Il figliol prodigo rappresenta forse il figlio buono, bello, premuroso e accorto? No di certo.

Il figliol prodigo è andato per il mondo e ha fatto le cose più scellerate, ha vissuto le esperienze più varie, ha consumato, ha vissuto, ha offeso, ha rinnegato, ha oltraggiato oltre che goduto, goduto appieno.

Può essere quello un cosiddetto angelo buono? Oppure è piuttosto il Lucifero che fa ritorno a casa?

Ed è forse stato accolto malamente dal Padre?

Un altro racconto dei Vangeli ci aiuta a comprendere quanto stiamo affrontando ed è il racconto delle tentazioni di Gesù nel deserto, il suo incontro con Lucifero.

Comprendere, sempre nell’ottica proposta,  il significato dell’incontro di Gesù con colui che dovrebbe rappresentare il male vuol dire comprendere intimamente   ciò che nell’uomo  accade, ciò che in esso provoca sofferenza, ciò che  provoca il dolore intimo, il dolore inesorabile che rende gli uomini figli inappagati e insoddisfatti e frustrati. In quell’incontro vi è la storia dell’umanità.

Di certo quel deserto è importante perché è tutto simbolico, e Gesù non aveva necessità di misurarsi in quanto la vittoria era di già certa, ma era  certa non solamente perché Egli fosse l’incarnazione dell’ Essere Assoluto, ma propriamente perché Lucifero non poteva, in verità, voler disputare. Egli non attendeva altro che di essere educato, che di essere accolto e chi più di colui che è giunto per affermare che il Padre è Amore poteva accoglierlo, poteva farlo sentire nuovamente amato.

Siamo stati educati a credere che il cosiddetto male sia da osteggiare, sia da offendere, ed ecco le guerre, ecco le lotte, ma l’amore non conosce tale modalità. L’Amore accoglie, l’amore comprende e quindi l’amore redime, ed è ciò che l’umanità deve scoprire.

Siamo giunti a dire che il male non esiste come essenza  autonoma ma che è generato da coscienze in evoluzione in seguito al loro basso livello di consapevolezza, come dire che è frutto dell’ignoranza e i demoni  non sono altro che concrete creazioni  della mente dell’uomo, concrete perché cariche di energia.

Essi  pongono ostacoli e tentazioni, ma va ricordato che nell’uomo vi è comunque inscritta la coscienza dell’Uno al quale è orientato. Come dire che alla libertà d’arbitrio donata all’umanità è associata la costrizione evolutiva alla felicità.

A proposito dei demoni e delle possessioni o ossessioni, che fanno pensare che l’Oscurità possa offuscare la Luce va ribadito che non esiste alcuna forza autonoma del male ma sicuramente esistono  energie create da coscienze/ego distorte che aggregandosi possono influenzare pesantemente le coscienze stesse. Come dire che non esiste nell’invisibile un “Satana” che possa possedere o impadronirsi dell’uomo, esso però può essere posseduto unicamente dal suo ego alterato (Il suo satana).

In sintesi: L’Assoluto (Dio, Energia Cosmica, i Potere d’Origine …) ha creato ogni cosa, sia Spirito, sia Materia. Gli Angeli sono suoi figli. Anche Lucifero è suo figlio e come detto: un figlio  nostalgico del Cielo.

I diavoli sono stati creati dalla mente degli uomini, come pure l’inferno e solo loro possono sconfiggerli.

Essi sono in ogni umano, lo illudono, lo ingannano e lo condizionano e quindi, quando riconosciuti, non vanno alimentatati.

Soltanto l’uomo può  trasformare l’amore immaturo sulla Terra in amore maturo e consapevole, ciò che è amore dello Spirito: Amore fuori condizione. Tale è la grande cura ( il grande esorcismo attuato da Gesù, il modo per scacciare definitivamente il demonio).

L’Assoluto ha creato e continua a creare con Amore; ha emanato con Amore l’uomo a sua immagine e somiglianza e ha inscritto, prima che iniziasse il suo viaggio terreno, il sacro codice dell’unità e della compiutezza.

L’uomo è Cielo incosciente e Dio inconsapevole.

All’uomo, attraverso le sue scelte, la sua disciplina, il suo ordine, sta di diventare cielo Cosciente e Dio consapevole: in tale modo il cosmo raggiungerà l’equilibrio.

 

Diciamo ora della Malattia = disequilibrio e dell’Armonia = equilibrio e benessere

 

L’approccio attuale e prevalente della medicina concepisce la malattia come una sorta di entità dotata di vita propria, ossia come un essere che esiste indipendentemente dal modo di pensare e di agire dell’ammalato.

Tale visione induce a credere che la malattia sia qualcosa di estraneo all’uomo che, per cause biologiche o ambientali del tutto fortuite, senza fare distinzioni di sorta, può colpirlo quando meno se l’aspetta, andando a intaccare la sua struttura organica, con modalità che possono essere rilevate e descritte scientificamente e tecnologicamente .

L’unica difesa possibile contro il procedere inesorabile di questo “nemico” starebbe nel contrapporgli l’azione di un’altra entità autonoma: il farmaco, ottenuto in un laboratorio in cui menti meccanicistiche, con un procedimento fisico credono di realizzare la cura, e quindi la guarigione.

Tale approccio esclude a priori la multidimensionalità  umana che fa l’uomo almeno trinitario espimendosi quindi con un corpo fisico, una mente che esprime pensieri, sentimenti, emozioni e orientamenti d’azione, e un’anima/spirito con i suoi valori di riferimento.

Il considerare l’uomo una sorta di macchina meccanico/chimica e biologica composta da una serie di pezzi che, in caso di avaria, possono essere riparati o addirittura sostituiti senza porsi alcuna domanda sul significato dello squilibrio nell’interazione multidimensionale, è un grande limite e dal mio punto di vista anche un errore.

Come può allora essere intesa diversamente la malattia?

La malattia, nell’ottica che si desidera proporre, è uno squilibrio delle forze nelle quali l’organismo è coinvolto, e ogni squilibrio riguarda l’uomo nella sua multidimensionalità, quindi qualunque malattia od organo fisico coinvolto è anche espressione di un’incisione presente nel corpo animico. Anzi il corpo fisico non fa altro che registrare, come conseguente traccia, lo squilibrio esistente sull’altro livello vibratorio  dell’essere, quello animico appunto.

Non vi è infermità del corpo fisico che non derivi da uno squilibrio dello spirito  e non risulti  dal corpo astrale che lo trasmette al corpo fisico.

Il concetto di malattia e di salute può essere fatto derivare direttamente dalla separazione interiore operata attraverso scelte conflittuali e distruttive, ossia a espressioni delle distorsioni del messaggio dello Spirito.

E’ perciò riduttiva, quella concezione della medicina che vuole curare le malattie agendo soltanto sul corpo fisico, poiché non esiste sostanziale azione terapeutica se non si tiene conto della dimensione spirituale.

Il corpo fisico rappresenta più  il campo degli effetti che non delle cause prime.  Se il terapeuta non interviene in modo appropriato, la “musica astrale” continuerà a suonare la malattia sotto una qualsiasi delle molteplici forme che essa può assumere (Già Breur J. e Freud S. (studi sull’isteria 1892-95) ebbero occasione di osservare di come sintomi fisici avessero significati e cause non fisiche e l’intervento  diretto su essi poteva dare origine ad altri sintomi).

Affermando che ogni malattia prima di essere nel corpo è “nell’anima” non si intende assolutamente escludere il potere di cura del farmaco anzi lo si considera  uno strumento utile e a volte indispensabile  sul piano fisico ma non risolutore, in ogni modo, dello squilibrio che ha generato la malattia. La cura va orientata alla riequilibratura e su ciò c’è altro da dire.

Ma dire che la malattia è manifestazione di uno squilibrio, che significa?

Per comprendere le ragioni e le prime origini dello stato di squilibrio occorre ricercarle nella metafora del Giardino dell’Eden, là ove avvenne la prevaricazione di Adamo, là ove si affermò per la prima volta il culto dell’io inferiore, dell’ego, poiché la causa prima di tutti i mali è da ricercare nel culto assoluto dell’Io Inferiore (istintuale/sensuale), che genera egotismo, ambizione e esagerata superbia.

Riferiamoci alla metafora della creazione di Eva raccontata nel capitolo biblico della Genesi.

Chissà mai perché Adamo abbia dovuto addormentarsi affinché Eva nascesse.  Forse che l’Assoluto abbia avuto necessità di praticare una sorta di anestesia generale per intervenire?  O forse che un libro di logica simbolica, e quindi relativa ad eventi fantastici, com’è la Genesi avesse bisogno di un tale accorgimento, per estrarre la costola da Adamo?

Tutto diviene più comprensibile se s’intende che Eva è la personificazione della mente individuale, alla cui nascita corrisponde il sonno della Coscienza Cosmica.  Adamo/Coscienza si risveglia in un contesto di dualità, ossia già immerso nell’illusione di Eva/Mente (Il simbolismo di Eva/Mente diviene poi di una evidenza illuminante se si considera che essa è tratta da una costola.  Quest’osso ha una forma molto precisa a mezzaluna, che è il simbolo della mente e delle gonadi, nei geroglifici degli Archetipi Planetari).
La Coscienza è ancora collegata al Tutto, ma comincia ad essere distratta da questo contatto immediato a causa della progressiva sensualizzazione della sua individualità psichica, che ricerca per sua natura il piacere personale.  Ciò è simboleggiato dal Serpente, che rappresenta la logica sensuale, in quanto striscia parallelamente alla superficie terrestre.
Una volta nata Eva/Mente, Adamo/Coscienza tende sempre a seguirla, allontanandosi progressivamente dall’Assoluto (Armonia/Ordine Cosmico).  Questo distacco è evidenziato dalla disubbidienza al divieto di cibarsi dall’albero della conoscenza del Bene e del Male come già detto.
Eva/Mente, dunque, spinta dalla ricerca di benessere individuale (il Serpente) mangia il frutto dell’Albero della Conoscenza del Bene e del Male, dandone da mangiare anche ad Adamo/Coscienza.
E’ il momento in cui ha inizio la programmazione psichica secondo schemi mentali basati sul benessere individuale e non più sull’Armonia Cosmica .
Eva/Mente comincia a stabilire il giudizio in relazione alla propria singolarità, allontanando sempre più Adamo/Coscienza dalla sua Armonia.
La vergogna per cui si sentono nudi, nulla ha a che fare con il pudore, poiché di chi avrebbero dovuto vergognarsi essendo solinghi abitatori dell’Eden?
Adamo/Coscienza entra in conflitto con Eva/Mente allorché quest’ultima persegue una ricerca di felicità in contrasto con l’Armonia e l’Ordine Cosmico.
Emerge così in modo chiaro il significato profondo delle parole che Dio rivolge ad Eva: “Verso tuo marito ti spingerà la tua passione, ma egli vorrà dominare su di te”. Tale dominio ha unicamente una funzione ultima positiva per l’individuo, anche quando ciò che è detto inconscio  infligge  sofferenza e  malattie.
In questo scontro, la Mente/Cosciente comincia a vivere una sofferenza di cui è la prima a farne le spese, e che può assumere gradi più o meno intensi  sino ad arrivare alla conversione psicosomatica e al danno organico vero e proprio.
Adorando meramente se stessi e ponendo il proprio Io egoistico in primo piano ci si preclude ogni comprensione delle leggi ferree, precise, immutabili e armoniche universali, e ci s’inserirà sempre più come voci stonate, e quindi ammalate, nel gran concerto dell’intero Cosmo
In ogni dove si canta Amore e Carità, ma l’odio imperversa e lo squallido vuoto del Nulla soffoca l’Amore. Quel che adoriamo è il nostro padrone.
Quel che l’umanità pare adorare (potere, sesso sfrenato, denaro) è divenuto il suo padrone. Adorando il disordine della materia, essa divenendo sempre più sovrana verserà la sua imperfezione e le sue impurità, e sempre più l’umanità diverrà incapace di potere terapeutico, poiché l’egotismo e l’alterigia l’avrà condotta al totale disordine.
Per ben comprendere l’essenza delle malattie è necessario rammentare come, già detto, l’Essenza/Coscienza sia la Forza‑Una che creando si scinde nella dualità: e queste due forze, (Spirito/coscienza/Adamo e Materia/mente/Eva) affinché vi sia armonia e salute, devono tornare necessariamente a unirsi equilibrandosi nell’Amore.
Guai, se non riescono a comprendersi vicendevolmente e si combattono tra loro sotto l’insegna dell’odio, che è concepito come un sentimento, ma in realtà, non è altro che il risultato e l’espressione di valori distorti. Guai, perché allora il sistema di forze si squilibra, si alterano gli equilibri tra le energie della Vita e delle sue leggi e nei punti di maggiore instabilità, e quindi di debolezza, si inseriscono i germi del male.

“Equilibrio”, riferendoci al già detto, è il nome della suprema Legge di Natura, e chi osa alterarlo, avrà la risposta dell’inesorabile Legge della Reazione, quella che combattendo il male in pari tempo ne accusa ed evidenzia la specifica sintomatologia. Sintomatologia la cui sede primaria è nella Luce dello Spirito: Luce preventivamente indebolita da squilibri e le cui tare, inizialmente, si manifestano sotto forma di errate polimerizzazioni, di distorsioni, di coaguli o di eccessive diluizioni; sintomatologia che poi gradualmente si propaga nelle sfere inferiori, sì che infine nell’insensibile tenebra della materia, mettono radici i sintomi fisici, che non sono che una pallida ombra di realtà superiori.

L’interazione anima/corpo è tale per cui ciò che si fa sul corpo si ripercuote sullo Spirito, e viceversa, sì che le malattie morali (valori distorti), pur quasi sempre trascurate, non sono meno pericolose, né contagiose, di quelle fisiche. Ogni vizio, che in verità è un valore distorto, è un veleno, anche per il corpo, tant’è  che la religione in passato li ha definiti “peccati mortali”, perché la loro forza negativa è tale che, col tempo, inducono la morte anche sul piano fisico.

La malattia è corruzione dello stato originario di grazia per aver rinunciato al proprio intimo e inciso percorso.

Gesù, Maestro e grande Esorcista, nel rivolgersi ad una donna paralitica disse che Satana l’aveva legata. Satana ossia l’oppositore, il male, contrapposto al bene, lo squilibrio all’equilibrio, il brivido scuotente della febbre invece del quieto e salutare benessere. Satana il cui nome è legione, poiché legioni sono gli spiriti impuri (valori distorti): i germi sul piano fisico che portano le malattie sul corpo fisico.

Anima e fisico reagiscono tra loro in virtù della Legge delle Analogie.

Quindi, un terapeuta, se vorrà davvero agire, dovrà agire da mediatore fra mondo e sovramondo, tra il visibile e l’invisibile.

Coloro che, in verità, sono stati nella storia dell’uomo terapeuti, hanno compreso ciò, unendo medicina, religione e magia essendo medici/sacerdoti e profondi conoscitori della magia insita nella Natura.

La malattia è uno squilibrio delle forze nelle quali l’organismo è coinvolto e massimo squilibrio è poi la morte, ossia la disgregazione dell’unità spirito/psico/somatica.

 

Sulla Morte = disgregazione e sull’Ascensione = Resurrezione

 

L’incontrarmi in ospedale per anni , ormai sono più di trentacinque, con pazienti che si sono ammalate di cancro mi ha costretto a fare i conti con la morte.

La morte è terrore di annientamento e di disfacimento per la mente, che col cervello ha fine, e liberazione per l’anima che nell’esser coscienza è eterna. Tale è l’idea che mi sono fatto.

La malattia, sia essa fisica o mentale, è sempre anche un tentativo di soluzione di un organismo, nel suo insieme di corpo e anima, che non può più rimanere nella condizione in cui si trova.

Si potrebbe dire che la malattia è quindi cura, e quando al limite è morte, è abbandono di un abito, il corpo, e liberazione dell’anima da una condizione insostenibile.

La morte  fa paura all’io, ed è importate che sia così.

Da sempre ho avuto terrore della morte, soltanto negli ultimi anni, grazie all’incontro con chi la morte l’ha vissuta più da vicino, è un po’ cambiato il mio atteggiamento.

M’hanno aiutato gli ammalati raccontandomi il loro soffrire. M’hanno aiutato le ricerche sulle esperienze dette di premorte, rispetto alle quali ho ricevuto anche testimonianze dirette e m’hanno aiutato anche le ricerche dello spiritismo.

Molte persone che si sono trovate in una condizione critica di “morte apparente”, rianimate, hanno raccontato esperienze interessanti e fra loro simili

Quasi tutti i soggetti riferiscono una grande sensazione di pa­ce, con scomparsa immediata dei dolori fi­sici e persistenza della coscienza.

Raccontano di visione del luogo in cui si trovano sebbene gli occhi siano chiusi, riportano quanto viene detto, dai medici, infermieri e parenti durante i minuti di arresto car­diaco. Vedono il loro corpo da un’angolazione diversa dal solito.

Raccontano dell’attraversamento di un tunnel, della percezione di luci e la sensazione di essere dentro la luce, della visione di paesaggi fan­tastici, e di una visione pano­ramica di tutta la vita vissuta. Dicono dell’incontro con altri esseri disincarnati, con i quali co­municano telepaticamente, del desiderio di rimanere in quel luogo ed ancora della per­cezione di Dio in se stessi.

Anche la lettura del materiale raccolto dagli spiritisti mi ha aiutato e mi ha impressionato per le concordanze che ho trovato con le esperienze dei casi di premorte.

Tutti si sono ritrovati in forma umana nel mondo spirituale. Quando narrano di aver visto il proprio corpo sul letto di morte accennano al fenomeno del loro corpo eterico condensatosi al di sopra del corpo fisico. Affermano di aver ignorato per qualche tempo, od anche per lungo tempo, di essere morti. Dicono di essere passati per la prova del ricordo di tutte le vicende della loro esistenza. Di essere stati accolti nel mondo spirituale dagli spiriti dei loro familiari od amici che sono intervenuti per guidarli nella nuova dimensione. Di aver trovato che l’ambiente spirituale era un nuovo mondo obiettivo, sostanziale, reale, analogo all’ambiente terreno spiritualizzato. Di aver appreso come ciò fosse dovuto al fatto che nel mondo spirituale il pensiero era una forza creatrice, con la quale uno spirito esistente nel “piano astrale” poteva riprodurre attorno a sé l’ambiente dei suoi ricordi. E di non aver tardato ad apprendere che la trasmissione del pensiero era il linguaggio spirituale.

A proposito della morte diverse sono le credenze.

Il materialista, in relazione a quel che vede, conclude che la materia sublimizza uno spirito intelligente. Per lui lo spirito altro non sarebbe che il fenomeno di un raggruppamento molecolare.

All’occhio profano, l’uomo vive, si riproduce generando figli, e muore. In tale visione dell’esistenza dell’uomo sulla terra, altro non resta che le opere, o comunque il nome nei registri dello stato civile.

Per il religioso il fenomeno della vita (riproduzione, morte) rientra nel disegno della creazione.

Si vive e si muore per volontà di Dio. Dopo la morte, il tribunale divino giudica,  premia, o condanna, l’anima. Ne consegue una vita di oltretomba paradisiaca o infernale. (Da ciò, il credere nella visione di un aldilà popolato da anime di morti; e da ciò lo spiritismo, amato e praticato da chi cerca conferme dell’esistenza di tale realtà).

Altra visione è il credere alla continua incarnazione delle anime, il che fa pensare all’esistenza di un periodo di sosta fra vita e vita, fra incarnazione e incarnazione. Tale credo ipotizza una esistenza luminosa per i disincarnati, e afferma inoltre, con atto di fede, una possibilità di nuova incarnazione.

Forse in ogni credo, vi sono aspetti di verità.

L’idea che mi sono fatto da testimonianze raccolte, da studi e letture, è che il viaggio dell’umanità pare essere il viaggio dell’ignoranza verso la consapevolezza e assomiglia a un’interminabile marcia di anime attraverso l’eternità.

Così come ogni forma di vita (dalla nascita all’età adulta) passa, gradualmente, dallo sviluppo iniziale, di embrione, allo sviluppo che da frutto; e da questo il principio vitale, lentamente cambia il suo espandersi nel concentrarsi in un nuovo seme, pronto per un successivo periodo di espansione, così anche l’uomo, in quanto corpo e anima, è assoggettato alla medesima legge. Egli si espande dall’infanzia alla maturità, producendo il frutto, e nella fase di concentrazione, dalla maturità alla decrepitezza, concentra l’intera vita in un nuovo embrione vitale. La morte è la maturazione della concentrazione, e l’anima di un morto è il frutto maturato e concentrato nel suo seme, che contiene, in virtù e in potenza, il compendio della vita e delle vite vissute.

I significati delle esperienze fondamentali di ogni vita rimangono impressi in modo indelebile nell’anima, e la accompagnano dopo la morte, costituendo una sorta di “personalità permanente” orientata allo sviluppo di sempre maggior consapevolezza nel procedere del tempo.

Si possono immaginare due cerchi, uno nell’altro, il più piccolo, in continua espansione, rappresenta la personalità permanente e il più grande la totale autoconsapevolezza.

La personalità permanente è costituita da atomi permanenti e ciò che è inscritto in essi è eterno, assai più di ciò che è inscritto nelle nostre cellule.

Anche a questo punto la storia del “figliol prodigo” già citata a proposito di Lucifero, è una metafora che aiuta a comprendere il percorso evolutivo dell’umanità.

Il figliolo parte dalla casa del Padre e, lungo il cammino, fa esperienza, o meglio fa esperienze vivendo personalità temporanee. Lungo il cammino porta con sé la personalità permanente. Con le esperienze che si susseguono il cerchio più piccolo si espande sino a raggiungere il cerchio più grande, la totale autoconsapevolezza che è, dicono gli illuminati, Amore incondizionato. Solo in quel momento il figliolo torna all’Assoluto “Colui che È” per l’eternità.

Non sempre il trapasso è facile, ci sono personalità temporanee che hanno notevole difficoltà a abbandonare la dimensione terrena. Per rendere la morte meno impegnativa possibile dovremmo cercare di non avere o, meglio, di avere il meno possibile, conti in sospeso, aver ridotto gli squilibri.

Quel che ho appreso, è che per la realtà dell’anima, la morte è paragonabile al passaggio dalla veglia al sonno, e quando avverrà l’anima sarà accolta con amore nella nuova dimensione perché “colui che giunge nel tempio dell’infinito Amore non incontra la solitudine” come mi disse il mio supervisore.

 

Continuiamo e concludiamo il nostro ragionare

 

L’umanità supererà la schiavitù della materia e apprenderà  a utilizzarla adeguatamente, in tale modo l’uomo supera la morte, poiché scopre in sé l’eternità. Solo in tale modo, la tenebra potrà tornare a essere quello che era in origine: la culla della Luce.

Solo così Lucifero non sarà più il diavolo, ma colui che ha condotto la luce nella materia e potrà fare ritorno al Padre per essere nuovamente accolto.

La Conoscenza passa attraverso l’Amore.
Quando amiamo, qualunque sia la forma d’amore che viviamo, pure quando amiamo nella fisicità evitiamo di essere concentrati nel prendere, nel possedere l’altro,  evitiamo l’attenzione su noi stessi.  La nostra attenzione non sia  orientata al prendere, ma all’offrire.  Attenzione al tranello però che l’orientamento sull’altro non sia vigile solo per il bisogno di affermazione di sé.

Che sia dono, semplicemente dono. Solo in tale modo, potremo avvicinarci all’unità, altrimenti vivremo del mero piacere terreno che è caduco e insaziabile.

Solo attraverso l’offerta, che non è sacrificio, ma fare il sacro, il sacrum facere,  l’universo vibrerà nell’uomo.

In questi tempi nei quali l’umanità è fortemente condizionata dal fisico, che vorrebbe sempre efficiente e non corruttibile, perché è condizionata dalla materia, deve ricordare che potrà vivere il corpo in modo vero e totale solo rifacendosi anche alla dimensione spirituale.

La materia non è appagante, se non temporaneamente, poiché senza lo Spirito è inerte. La materia da sola è sorda e muta.

Il dire appena espresso cioè, che si potrà vivere il corpo in modo vero e totale solo includendo lo Spirito, può indurre all’errore, come è successo a coloro che, avendone il potere, di tale concetto ne hanno fatto strumento di controllo delle coscienze affermando la necessità di negare la fisicità e/o di sublimarla inneggiando alla sofferenza.

Il Gesù stesso, che dovrebbe essere il loro modello e ispiratore, non ha indicato la via della sofferenza bensì quella della saggezza.

Esaltare la negazione del corpo e esaltare la via della sofferenza è ingannevole illusione; non si sale al Cielo, negando ed esaltando ciò. L’Assoluto scende sulla terra attraverso la gioia e l’offerta che è Amore puro e incondizionato.

L’inferno, attraverso la nostra consapevolezza, deve trasformarsi in Paradiso: non è l’inferno che sale al cielo, ma è l’inferno che diviene paradiso.

Per concludere: soltanto una veritiera e non distorta conoscenza della tenebra può condurre l’umanità a comprendere appieno la Luce.

Soltanto conoscendo la propria oscurità, solo accogliendola, senza giudicarla, l’umano raggiungerà appieno la propria luce, che potrà così esprimersi e generare, come atto creativo, poiché va ancora ricordato che l’uomo è contemporaneamente creatura e creatore.

Le ombre, la dilatazione e la sfumatura  dei confini e dei limiti è ciò che avvicina l’uomo alla parte più oscura di se stesso, ma non è col giudizio che esse debbono essere affrontate.

Ciò che avviene nel buio riguarda l’esperienza, le emozioni e le sensazioni e non l’essenza spirituale. Ciò che avviene nel buio comprensibilmente  intimorisce, poiché ci si può smarrire in quei meandri e divenire schiavi dei pensieri, dei bisogni, dei desideri che si muovono in quelle gallerie sotterranee. Colà la mente razionale perde il potere di controllo e le sicurezze crollano, si disgregano, cedendo il passo ad altro. Colà la mente non ha potere, solo il cuore può, solo il cuore può guidare l’uomo e  può condurlo alla Conoscenza, alla vera Conoscenza, senza che sia condotto in cattività da alcuno o da alcuna cosa.

Osservare la propria oscurità, il dialogare con la propria oscurità, accoglierla è la presa di coscienza con l’ interiorità più profonda e ciò libera, poiché conduce al Vero.

Riflettendo si osserva che la luce separa, distingue, definisce, delinea, mentre le tenebre uniscono, sfumano, fondono, ma al contempo confondono

Quando si chiudono gli occhi gli occhi e si crea il buio e il silenzio interiore,  è più facile dialogare con la parte più profonda di se stessi. Quando si riesce a fare ciò, si riesce a vivere,  la totalità  dell’essere. È  oscuro tutto ciò che si verifica all’interno, ma non va temuto; solo se lo si conosce l’uomo non sarà in sua balìa e il suo giogo non potrà agire su di lui.

Nell’oscurità s’ incontrano l’uovo, che discende dai cunicoli della femmina, col seme fecondante del maschio e nel ventre della femmina, nella notte delle viscere, si attua la materializzazione della vita terrena, che diviene esistenza. Sempre nel buio avvengono le trasformazioni dell’embrione, la sua evoluzione, il suo nutrimento; nell’oscurità protetta delle acque madri la Vita si anima. Quindi l’oscurità può pure essere protettiva e non solo minacciosa.

Essa talora consente pure la sopravvivenza al di fuori della coscienza razionale, che può divenire ossessiva e soffocante, oltre che limitante. Offre il ristoro alla coscienza razionale vigile e attenta, lasciando che essa si riaddormenti e si culli nelle immagini notturne che appartengono ad altre realtà e ad altri mondi.

La tenebra non può essere scissa  dalla morte e la morte non può essere scissa dalla rinascita e indi la Vita è necessariamente l’alternarsi di luce e di oscurità.

Il cammino che conduce alla vera consapevolezza s’accompagna sempre alla morte di sé e al rinnovamento ove l’esistenza viene lavata e purificata. Affinché accada ciò, sono necessari assai di frequente silenzio e solitudine; e ciò, greve per nostalgici e romantici, non avviene nella condivisione.

Il silenzio e la solitudine rappresentano la caverna, l’oscurità  ove devono macerare, imputridire i vecchi credo e pensieri prodotti dalla materia, generatori di falsi bisogni e inappagabili desideri che tendono a ridurre l’uomo in cattività.  Occorre essere propriamente come il seme che, nella macerazione e nella disgregazione della sua essenza, consente il nascere del germoglio nuovo. Può essere pure assai dolorosa e travagliata questa oscurità, ma necessaria.

Occorre essere vigili e desti, il viaggio nell’oscurità con tutti i suoi simboli, i suoi messaggi  si accompagna sempre a un viaggio di ritorno, di un ritorno nell’indifferenziato, nell’utero della sacra madre, nell’abisso prima della creazione e così il sepolcro diviene il ventre della madre terra.

Tali esperienze, se vissute in verità e non nella mera teoria, sono temute dalla mente e dalla coscienza razionale perché rappresentano la negazione di esse.

Il disorientamento che l’oscurità genera è portatore di sofferenza come pure di inquietudine. La paura di non riuscire a superare il buio rappresenta il timore di rimanere intrappolati e per sempre bloccati nelle viscere della terra: è il sepolcro che imprigiona. Questa è la tomba. Ma la coscienza dell’uomo può spostare la pietra tombale, abbandonare il sepolcro e risorgere.

Per vivere appieno la Luce, non vanno negate le ombre, ma occorre riconoscere nella materia l’alternanza. Se si rimane nell’oscurità, la tenebra è morte, ma se l’oscurità  diviene un passaggio, una sorta di porta, un cunicolo che  conduce verso una nuova luce, allora l’uomo incontrerà il Cristo in sé e sarà il suo Natale e la sua Pasqua, sarà nascita e rinascita e la morte l’oscurità di passaggio. In tale modo l’oscurità non è malevola, poiché rappresenta il passaggio. Ma, per far ciò è di necessità un traghettatore: l’Amore.

Il sostare nell’oscurità è minaccioso per l’umano, poiché lo confonde e lo rende preda appetibile per i domini della materia.

Occorre comprendere i messaggi che provengono dalla propria oscurità, senza giudicarli, essa cederà il passo alla Luce, come è stato in origine.

Quando l’essenza è passata attraverso la sua rigenerazione e accede al regno degli dei, il limite umano tra la vita e la morte, viene meno e si dilegua come nebbia dinanzi all’occhio colpito da Lucifero, all’aurora non appare che una sola, continua, ininterrotta, eterna esistenza.

Da tempo il mio motto è:

  • Sii sveglio (presente alle tue rispondenze di pensiero, di sentimento, di scelte e d’azione)
  • Ama (fallo come sei capace e sappi che la meta è nell’amore fuori condizione)
  • Lamento: evitalo. Sia in te il silenzio e la gioia ( il  silenzio è accoglienza e nell’accoglienza consapevole la gioia)
  • Unisci e non separare (L’Armonia è nell’unità dei diversi non nella separazione)

 

 

Parte del materiale proposto è tratto da:

1) G.Tirone, IPNOSI-Geniosi. L’immaginazione creativa e Evoluzione di Coscienza.Dalla Terra al Cielo e dal Cielo alla Terra,  Editrice Psiche. Torino,2014

2) G.Tirone, Frammenti di Consapevolezza. Ilaria e il nonno, Editrice Psiche, Torino, 2016

 

In Cammino: le 3 M e le 3 Aultima modifica: 2018-03-19T14:07:46+01:00da piero.tirone

1 Commento

  1. Tutto questo che ho letto, mi ha fatto capire la vita l’Amore, e la morte, però sono convinta della risurrezione, perchè noi come atomi non moriremo Mai. Grazie!

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