Frankl Viktor E.

Perché Victor  Frankl? Perché dopo la mia uscita da un un tunnel che mi ha devastato: fisicamente, psicologicamente e spiritualmente, rovistando nella mia biblioteca, ho trovato diversi libri di Frankl (di cui mi onoro di averlo conosciuto e salutato di persona dopo una sua conferenza all’Università Salesiana di Roma) e di alcuni autorevoli discepoli, fra cui E. Fizzotti (sono stato suo allievo e studente della facoltà di Pedagogia dell’educazione e formazione.

Quando ero nel tunnel, compensavo la mancanza di significato con surrogati e atteggiamenti lesionisti, anche se mi era venuto in mente di aver studiato Frankl e di possedere qualche suo libro e libri di autorevoli maestri ma non avevo trovato la “volontà” di prenderli e trovare un “senso e un significato” al mio periodo nero.

Dopo aver dato uno shock alla mia vita: cambiare città e stile di vita, sto rileggendo qualche libro che avevo studiato e studiando qualche libro che avevo letto.

Sto riprendendo vita… sto ridando significato alla mia esistenza e al mio vivere: ho dei sogni, sto progettando, sto realizzando delle cose…

Non ho dovuto decidere chi sono e cosa voglio, ho una certa età ma riprendere il mio cammino, dando significato alla mia esperienza negativa e vivere la vita e miei valori, serenamente…

Inconsapevolmente perché non lo avevo studiato e quindi non lo potevo conoscere ho usato, o meglio ho aiutato mia madre a ridare un significato alla sua esistenza.

In quel periodo ero religioso e dato che mia madre stava male, stava vivendo una forte, fortissima crisi depressiva e nonostante trattata con farmaci, non riusciva a risollevarsi.

Lei una donna dinamica, casalinga, ha tirato su 5 figli ma sempre ad aiutare mia padre in campagna e nel suo tempo libero, la domenica pomeriggio fino al tramonto a chiacchierare con le amiche del circondario sul muretto della strada davanti casa.

Aveva un hobby, che non l’aveva mai lasciato: lavorare l’uncinetto: dalle sue mani ha creato opere d’arte centrini per comò, centri tavole tavole, tovaglie per tavole, coperte, lenzuola con uncinetto, copertine per culle, per le figlie, le nuore, per le nipoti di sangue e acquisite, per i nipoti ancora non sposati, per i figli dei nipoti, neanche ancora concepiti… Lei era felice che i nipoti gli chiedevano di fargli qualcosa. Non l’ha mai voluto fare per soldi, ricordo una volta che una signora sapendo della sua bravura e capacità voleva una coperta per la figlia che si doveva sposare. Gli offri 600 mila £ che per quel tempo erano proprio tanti soldi.

E’ avvenuto qualche anno dopo la morte di mio padre. Sapevamo cosa rappresentava per lei mio padre, oltre ad essere stato il marito e compagno di una vita, se dovevano andare da qualche parte, quindi allontanarsi da casa non andavamo mai tutti e due insieme. Lo chiesi a mio padre, è la risposta fu: “Se usciamo insieme e ci succede qualcosa, voi rimanete soli, mentre se succede qualcosa a me o a tua madre, voi rimanete sempre con un genitore”. No ho avuto il coraggio di dirgli qualcosa. Anche se negli anni, sono venuti a Roma diverse volte, a Milano, no venne solo mia madre, accompagnata dalla prima sorella e dalla mia prima cognata.

Quando arrivavo a casa lei era sdraiata in poltrona e contrariamente alle altre vole o come era il suo solito fare… arrivavo neanche alzava la testa per salutarmi, quindi mi abbassavo per abbracciarla e baciarla. Dentro di me non me ne facevo ragione, stava mettendo in crisi anche il fatto di stare lontano da lei. Ricordo che una volta prima di ripartire, mi sedetti sul bracciolo della poltrona e gli parlavo facendogli sentire il mio contato fisico e con me assisteva anche una mia cognata. Come in questi casi, si dice: “Mamma, devi essere anche tua ad aiutarti… ti devi sforzare… non riesco a vederti cosi… aiutati che Dio ti aiuta… e per puro caso e non so neanche io perché gli ho detto: “Mamma, sei stata accanto a papa sempre, felice di esserci e a lui non piace che stai così… hai lavorato l’uncinetto per tanti anni, hai fatto di tutto a tutti a me non hai mai fatto niente…”.

La sera partii, a malincuore ma partii perché gli impegni con i miei superiore era di rientrare la domenica sera e perché il lunedì iniziava l’Università.

La sera successiva ricevetti una telefonata da mia cognate che mi diceva: “Mimmo, stamattina tua madre ha ripreso a lavorare l’uncinetto, ha voluto cha andassi a comprargli il filo, cosa che ho, fatto”, mi è venuto spontaneo dirgli, passamela a telefono e che gli dissi: “Grazie mamma, se tu ti rimetti a lavorare l’uncinetto vedrai che lascerai anche le medicine”, lei mi rispose: “Vediamo, lo spero. Ma cosa vuoi che ti faccio…”, Mi prese alla sprovvista e gli dissi le prime cose che mi vennero in mente che so un  merletto con melograni più o meno alto 15 o 20 cm. Avevo pensato al merletto per le tovaglie dell’altare, il merletto per il camice dell’altare, merletto per dalmate…

Mia madre riprese a lavorare l’uncinetto, si alzava di buon’ora la mattina e cominciava subito, anche quando è stata ospite per diversi mesi e per più volte a casa mia a Roma. Avendo lasciato l’esperienza religiosa, smise di ricamare merletti e anche a me fece, coperte, centri per comò, centri, tavoli, tovaglie, quadri di pizzo ecc,

Smise dopo più di 20 anni prima dell’ultimo pranzo il 26 aprile 2006 e per tutto questo periodo non è stata mai più male, tranne un  diabete sotto controllo e mai più uno psicofarmaco.

(*)Ho sempre custodito gelosamente il suo libro: Uno psicologo nel lager e di cui mi ha autografato la copia dopo avermi dato la mano mentre con l’altra una pacca sulle spalle.

 Viktor Emil Frankl (Vienna26 marzo 1905 – Vienna2 settembre 1997) è stato un neurologopsichiatra e filosofo austriaco, uno fra i fondatori dell’analisi esistenziale e della Logoterapia, metodo che tende a evidenziare il nucleo profondamente umano e spirituale dell’individuo. Fu prigioniero in quattro campi di concentramento nazisti tra cui Auschwitz e Dachau.

Viktor E. Franckl

Il metodo di Frankl è considerato come il terzo metodo della scuola viennese (dopo quelli di S. Freud e A. Adler).

A partire dall’esperienza della deportazione e internazione scrisse i volumi: Uno psicologo nel lager,  Alla ricerca di un significato della vita e I fondamenti spirituali della logoterapia. A lui si deve la definizione di nevrosi noogena, concezione secondo la quale l’equilibrio psichico dipende dalla percezione significativa del sé e del proprio vissuto.

Secondo Frankl, quando l’individuo non si sente “significativo”, cerca compensazione o in gratificazioni artificiali (droghe chimiche e psichiche) o in atteggiamenti di potenza (comportamenti distruttivi ed autodistruttivi). Da qui la differenza tra l’uomo d’oggi che non è più frustrato sessualmente (come l’uomo del secolo scorso), ma si sente frustrato nell’universo valoriale (differenziando così il focus dell’approccio logoterapeutico dall’originaria metapsicologia psicoanalitica pulsionalista).

« Che cos’è, dunque, l’uomo? Noi l’abbiamo conosciuto come forse nessun’altra generazione precedente; l’abbiamo conosciuto nel campo di concentramento, in un luogo dove veniva perduto tutto ciò che si possedeva: denaro, potere, fama, felicità; un luogo dove restava non ciò che l’uomo può “avere”, ma ciò che l’uomo deve essere; un luogo dove restava unicamente l’uomo nella sua essenza, consumato dal dolore e purificato dalla sofferenza. Cos’è, dunque, l’uomo? Domandiamocelo ancora. È un essere che decide sempre ciò che è. »

 

Frankl Viktor E.ultima modifica: 2018-07-14T00:46:43+02:00da dantuono_domenico

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