Rimpatri volontari migranti economici
Ricordo che la prima volta, ne ho parlato, con un clandestino tunisino nel 2009 (la crisi non era ancora arrivata, in maniera devastante e a Tunisi c era il dittatore Zine El-Abidine Ben Ali , messo lì dai servizi segreti italiani).
Visto la difficoltà di trovare un lavoro ma si era integrato benissimo, si era pentito di essere venuto in Italia, in quanto nessuna istituzione italiana, dopo il classico sbarco l’identificazione nei centri di prima accoglienza, foglio di via e basta.
Un ragazzo, di 21 anni, fisicamente, un modello e che si era rivolto a me, perché in quel periodo mi occupavo anche di nuovi volti.
In quasi 6 mesi di conoscenza con me, aveva imparato l’italiano, si era integrato benissimo.. a mangiare pasta e a saperla cucinare, (non mi hai fatto il cous cous, perché diceva siamo in Italia e in Italia si mangia pasta), frequentava solo italiani, ascoltava musica italiana (gli piaceva molto Laura Pausini), leggeva e ascoltava notizie italiane, si informava sulla cultura italiana…
Che era una persona per bene l’ho capito frequentandolo: fumavamo entrambi e mentre io il mozzicone lo buttato per terra, lui aspettava di arrivare ad un cestino per buttarlo, me ne sono accorto, ho imparato anche io e tuttora lo faccio.
Una volta trova un portafoglio alla Stazione Termini, con tutti i documenti, carte di credito e circa 50 euro. Porta tutto alla stazione di polizia alla piazza antistante alla stazione. Viene ricevuto, gli viene chiesto un documento (che non ha), gli prendono il portafoglio, non gli rilasciano nessun verbale ma in compenso gli fanno un ulteriore foglio di via.
Comunque come logico, non va via (con il foglio di via), perché ha consumato tutti i suoi averi (circa 3000 euro) pagando il viaggio alle organizzazione criminali che dal paese di origine l ho portò in Libia e da li a bordo di un barcone in Italia.
Nei centri di prima accoglienza, oltre al lavoro di routine, dovrebbe intervenire una “proposta di rimpatrio volontario” con una adeguata somma tracciabile e seguito dall’ambasciata italiana o altra istituzione in grado di seguire l’iter del rimpatrio
Chi accetta, dargli, un supporto economico (che ne so 10.000 euro, che per un italiano è abbastanza, per un nord africano è moltissimo), formazione per poter avviare un attività produttiva nel loro paese.
Questo modo di cooperare con i paesi in via di sviluppo, ha diverse conseguenze:
Aprire un azienda locale che produce e reinveste in loco:
Una persona diventa piccolo imprenditore,
Una famiglia vive da questa attività,
Sicuramente questa attività impiegherà dei collaboratori,
Questi collaboratori, sosterranno economicamente le loro famiglie.
Il tutto regolamentato e verificato dalla ambasciata italiana e istituzione locale o altra istituzione che controlla il controllore e il controllato.
Questo per far si che i soldi partono e arrivano dove devono arrivare e che non si perdono per strada e anche il destinatario finale “realizzi” il progetto per se e per la sua terra.
Il contributo erogato dargli una percentuale iniziale e il restante erogarlo puntualmente nel progredire del progetto.
Se ha sviluppo continuare a seguirlo e porlo come modello di sviluppo sostenibile e di esempio.
Logicamente chi ha usufruito della risorsa economica non può più tornare in Italia clandestinamente: basta prendere le impronte digitali, digitalizzare i suoi documenti, creare una banca dati, ad esempio Albo dei rimpatri volontari.
O agire a monte, preventivamente, offrendo delle borse di studio nelle università locali a studenti meritevoli e con masters in paesi dove possono approfondire la propria materia di facoltà
Penso solo così si possono ridurre, arginare i fenomeni migratori per ragioni economiche.
Rimpatri migranti economiciultima modifica: 2018-07-12T00:30:57+02:00da