Con questo lavoro ho ideato un percorso che evidenzia i punti di contatto tra Diritto e Arte, cercando di interpretare, attraverso la pittura, alcuni momenti salienti che hanno segnato punti cardine dell’evoluzione del diritto. I dipinti contenuti in questo lavoro sono un percorso creativo che è scaturito dalla riflessione che in una “civiltà dell’immagine”, come quella in cui siamo immersi quotidianamente, potesse essere interessante creare una nuova rotta che passa attraverso il diritto, il mito, la letteratura e l’arte dove ogni tappa rappresenta lo spunto per un percorso di approfondimento sempre alla ricerca di nuove interpretazioni giuridiche. La società in cui viviamo è caratterizzata da relazioni reali e virtuali, in cui la dimensione visiva gioca un ruolo determinante.
L’intento di questo itinerario è riscoprire e proporre significati nuovi prendendo spunto dal passato e cercare una chiave di lettura per l’attuale e complessa società in cui viviamo. Ho avuto l’occasione di mostrare anche attraverso il linguaggio dell’arte che la storia del diritto ha avuto varie sfaccettature a seconda degli ideali di ciascun periodo storico. Ringrazio la Professoressa Avvocato Borromei che mi ha dato l’opportunità di presentare questo lavoro durante il Webinar intitolato: “Diritto e Arte”. Questo Webinar è la conclusione di un progetto che è iniziato l’anno scorso che si occupa della diffusione del diritto attraverso l’arte. Ho avuto modo di presentare una serie di dipinti e disegni a carboncino da me realizzati per i quali ho eseguito un ampio inquadramento giuridico seguito da un approfondimento artistico. E’ anche presente il commento di alcuni critici d’arte. Di seguito vi è una breve sintesi dei temi giuridici trattati e alla fine riporto un esempio che riguarda il dipinto: “Il viaggio di Ulisse”.
Il primo dipinto trae spunto dall’Odissea, in cui assistiamo al cammino etico-politico percorso dall’uomo greco, dalla dimensione della vendetta allo sviluppo di una primordiale logica di giustizia. Un’evoluzione poi compiutamente realizzata nell’istituzione della polis. Nel mondo omerico non esiste un concetto di giustizia paragonabile al nostro, ma ci troviamo in un momento di transizione. E’ possibile, infatti, trovare i primi passi compiuti dall’individuo verso la propria autodeterminazione, un percorso verso la coscienza di essere “soggetti” titolari di un libero arbitrio. Nel personaggio di Ulisse permangono i tratti dell’eroe antico, però emerge un elemento innovativo che si manifesta nella sua capacità di autodeterminarsi, cioè di valutare le scelte da compiere con criteri di prudenza.
In Ulisse è evidente un sentimento nuovo che si manifesta nel bisogno di compiere giustizia invece che pura vendetta. La rivoluzione si compie quando Ulisse, tornato a Itaca, è chiamato a decidere sulla sorte dei suoi sudditi. Ulisse attua un discernimento nel momento in cui decide di non uccidere tutti indiscriminatamente, ma solo i colpevoli, in altre parole, solo quanti hanno agito volontariamente. Nell’Odissea troviamo per la prima volta i concetti di non responsabilità e non punibilità per gli atti compiuti. In alcuni casi, infatti, chi ha agito involontariamente non subisce le conseguenze delle proprie azioni in quanto non è colpevole. Ad esempio Femio, l’aedo che vive alla corte di Itaca, durante l’assenza del suo re ha cantato per il nemico invasore, ma l’ha fatto perché costretto, per necessità, dunque è incolpevole. Per questo Ulisse decide di non ucciderlo, perché tiene conto delle cause sottese all’agire individuale. Dal punto di vista giuridico si comincia a vedere che risponde delle proprie azioni solo chi è responsabile, chi volontariamente si è reso colpevole. In tal senso Ulisse è l’eroe che introduce concetti etici fondamentali innovativi, l’uomo che accetta uno dei principi che diventerà cardine del diritto moderno, quello che pone la colpevolezza alla base della responsabilità.
Di seguito vengono elencati sinteticamente altri temi di questa rassegna espositiva. Un altro dipinto trae spunto da “Antigone” che mi ha dato l’opportunità di approfondire il rapporto tra l’archetipo della giustizia nella Grecia classica e nella modernità. Ha costituito l’occasione per confrontare il ruolo del legislatore e del giudice penale nell’Atene del passato e poi nell’epoca contemporanea. Il dramma di Antigone obbliga tanto l’eroina sofoclea quanto l’uomo contemporaneo a misurarsi con il conflitto tra la norma che l’uomo sente dentro di sé e la norma storicamente dettata. Antigone è mossa da un imperativo etico – religioso che fa di lei la prima eroina che si sacrifica in nome di un’ideologia. Nel dialogo tra Antigone e Creonte vediamo che alla risolutezza di Antigone, in difesa delle leggi non scritte, si contrappone la ragione politica di Creonte, che vede nella violazione di un editto il rischio di ingovernabilità e la minaccia per la stabilità dello Stato. Possiamo paragonare l’intensità della determinazione di Antigone solo con la cecità di Creonte. Il comportamento di quest’ultimo lo porterà, alla fine, a vivere controvoglia senza aver mai sperimentato la forza prodigiosa che invece è stata il principio cardine della vita di Antigone. Infatti, nella rappresentazione in pittura dell’opera tragica di Sofocle in cui Antigone afferma che le leggi del cuore, quelle non scritte, sono sopra ogni cosa, ho posto l’accento su due tematiche in particolare: la prima riguarda i rischi che comporta l’essere fermi su posizioni dalle quali non si vuole spostare il proprio punto di vista. La seconda tematica riguarda la capacità di adeguarsi ai cambiamenti.
Vi è poi un disegno a carboncino che prende spunto dall’ Orestea di Eschilo. Nel dipinto ho voluto mettere in risalto che, nonostante l’assoluzione, Oreste non sarà mai libero dalla sua colpa. Infatti, secondo il diritto penale moderno il delitto compiuto da Oreste integra la fattispecie di omicidio aggravato, punibile con la massima pena. Ma la sensibilità moderna compie un salto in avanti, infatti, si deve considerare il peculiare vissuto psicologico causato dalla minaccia di Apollo. In realtà è importante sottolineare come il libero arbitrio nella tragedia antica non esista perché l’agire umano è sempre subordinato al volere degli dei. La catena del male provocata dall’antica logica della “giustizia” delle Erinni, che si esplica nella vendetta, si interrompe grazie alla dea Atena.
Oreste intraprende un percorso di purificazione della propria colpa, che culmina quando Atena, incaricata di giudicare l’omicidio, istituisce il Tribunale dell’Areopago, un nuovo organo giudiziario super partes. Nel processo che si svolge in Tribunale, l’elemento cardine è il logos, il dialogo, infatti, la ricerca delle prove, la verifica dei fatti, le circostanze, la capacità di argomentare e motivare diventano centrali. Alla fine, Oreste viene assolto in seguito a un regolare processo. E’ interessante notare come la prima sentenza della storia è una sentenza in cui l’opinione dei componenti del Tribunale si conclude con una parità numerica, se non fosse che il voto di Atena porta Oreste all’assoluzione. Vediamo qui quello che poi diventerà punto cardine della decisione nel processo: la prudenza, intesa come capacità di tener conto dei diversi punti di vista, delle varie prospettive che emergono per giungere ad una decisione comune, che si avvicini il più possibile a una sentenza giusta.
Un altro mio dipinto realizzato ad acquerello raffigura la scena dell’Iliade in cui Achille restituisce il corpo privo di vita di Ettore al padre Priamo. In particolare ho voluto raffigurare come riconoscendo nel volto pieno di sofferenza di quest’ultimo il proprio padre Peleo, Achille rinuncia alla perpetuazione della logica retributiva e la sostituisce con un altro paradigma di giustizia. Da questo episodio emerge un riconoscimento dell’altro e soprattutto della sua sofferenza. Sul versante della giustizia, si può sostenere che in Omero l’atto giusto sia anche il riconoscimento del dolore e dell’umanità altrui, da cui emerge un legame di solidarietà. E’ quindi evidente che è solo la comprensione del male, della sofferenza dell’altro che rende possibile che essa possa essere alleviata. Ecco che è immediata una riflessione che riporta ad un modello di giustizia che considera la sofferenza umana e attraverso, per esempio, percorsi di “restorative justice” permetta l’incontro tra il dolore e la sofferenza della vittima e quella del reo.
Emerge come la pretesa di ricorrere sempre agli strumenti tradizionali del diritto penale per risolvere il conflitto che sorge dalla commissione di un reato non sia sempre la soluzione migliore. Tale impostazione conduce solitamente all’imposizione di una sanzione, ad esempio, la pena detentiva. Questa soluzione rispecchia un modello non conciliativo di giustizia, ancora basato sull’idea che al male si debba rispondere col male, invece, che cercare una ricomposizione pacifica della frattura che si è verificata fra i consociati. L’evolversi delle sanzioni penali in un senso diverso da quello correlato alla visione retributiva richiede il profilo di una risposta al reato intesa come percorso, piuttosto che come corrispettivo. Ecco che solo nell’ambito di un percorso diviene possibile riconsegnare centralità alle relazioni concrete, di natura personale, sulle quali il reato abbia inciso. In questo modo si riesce a evitare che il condannato sia inteso quale portatore di una pena volta a rappresentare la gravità del reato commesso e che, di conseguenza, la sua esistenza sia ricondotta nel momento della condanna alla sola commissione del reato, senza tener conto delle sue condizioni di vita. L’entità della pena non incide sulla frattura relazionale che si è aperta nel momento in cui è stato interrotto il rapporto di fiducia con l’altro e con la società. Su tale frattura, invece, può incidere una seria rielaborazione dei fatti da parte del soggetto agente. In quest’ottica solo un percorso che tenga conto di tale possibilità può costruire un elemento di pacificazione per la vittima. Si configurano così, modalità di gestione del reato che muovono nel solco della giustizia riparativa, la cui forma di manifestazione più compiuta è rappresentata dalla mediazione penale. Il fine della mediazione è realizzare una convergenza tra i soggetti coinvolti per ristabilire un reciproco riconoscimento tra gli stessi nella loro dignità personale e aprire una proposta riparativa. Il percorso verso una “giustizia riparativa” può essere paragonato a quello che in “Eumenidi” Atena fa compiere alle Erinni quando le invita a trasformarsi da divinità vendicative a protettrici della giustizia nella città.
Un altro dipinto ha preso spunto dall’opera ” I Miserabili” di V. Hugo dove il diritto è considerato fonte di progresso civile che indirizza verso dignità, libertà e solidarietà. Nello stesso tempo vi è una forte critica al sistema penale di quel tempo quale strumento che contribuiva a produrre indigenza. Nel dipinto ho evidenziato la dialettica relazionale tra i tre personaggi principali che evidenzia una concezione della giustizia caritatevole e riabilitativa, facendo venir meno logiche di sofferenza e prevaricazione.
Un altro dipinto prende spunto dall’opera “Delitto e castigo” di Dostoevskij dove risulta centrale il tema dell’espiazione, come accettazione volontaria e interiore della sofferenza, quale esigenza morale sentita dallo stesso colpevole e non imposta dall’esterno. La pena diventa il momento catartico di riconciliazione con il male, di accettazione della sua quasi necessaria irrimediabilità sia reale che simbolica e che passa attraverso un percorso silenzioso di estrema sofferenza. Nel disegno realizzato a carboncino è raffigurata la sofferenza di Raskòl’nikov confinato in Siberia. Il vero castigo, tuttavia, non è la Siberia ma la desolazione emotiva e le peripezie che deve affrontare per arrivare, infine, al pentimento e alla confessione, che è come se rappresentassero un nuovo inizio. Inoltre, anche nell’opera “I fratelli Karamazov” è evidente una radice pedagogica e tutto il percorso fa pensare a un’evoluzione nel processo di elaborazione della colpa compiuto dai personaggi che conduce a una trasformazione spirituale e morale. Il concetto di giustizia permea l’ intero romanzo: giustizia terrena, divina, giustizia dei Tribunali, innocenza, colpevolezza, verità oggettiva e soggettiva. L’errore giudiziario che conclude i fratelli Karamazov rivela la necessità di una profonda riforma della giustizia che sia incentrata sul cambiamento delle singole coscienze che porterà di conseguenza a un miglioramento giuridico e sociale, ma in generale esistenziale.
Dal punto di vista artistico ho immaginato di creare una nuova rotta attraverso il mito, la storia, il diritto e l’arte. Mi sono soffermata sul percorso che ci conduce solo apparentemente distanti da noi stessi perché è proprio attraverso questo incessante mutare di scenari ed emozioni che ci possiamo ritrovare. Il mito ha rappresentato l’idea di partenza per riflettere sul tema del viaggio come ricerca. Uno dei miei dipinti intitolato: “Il viaggio di Ulisse” trae spunto dall’Odissea e in particolare raffigura la conclusione del viaggio di Ulisse e il suo ritorno a Itaca. Il mito confrontando dialetticamente l’uomo con una dimensione esterna, altra da sé, cerca di giungere a delle verità circa l’essenza della natura umana. Il viaggio di Ulisse per tornare a Itaca, che da un lato ha rappresentato un punto di svolta nell’evoluzione giuridica, dall’altro, metaforicamente, simboleggia l’esistenza umana: rotte percorse, sogni e progetti di nuovi approdi. In particolare, ho raffigurato il tema del viaggio anche in un altro dipinto presente in questa rassegna espositiva che è :”Antigone e il diritto di resistenza”. In quest’ultimo ho interpretato questo tema, metaforicamente, come ricerca della libertà. Tornando al dipinto “Il viaggio di Ulisse” il tema del viaggio è lo strumento per costruire la propria rotta dopo aver fatto esperienza nel mondo. Ho rappresentato come punto di snodo del viaggio dell’eroe omerico il Nautilus, una di quelle conchiglie perfette cui sembra applicata la sezione aurea, che è la curva che si crea seguendo la serie di Fibonacci. Ho posto l’attenzione sulla conchiglia e la sua silenziosa eco partendo dal presupposto che l’ascolto di questa eco ci consente di costruire la rotta di ognuno di noi che, naturalmente, si rapporta con la rotta degli altri. Quelle rotte noi le ritroviamo e sono comuni, perché in queste ritroviamo il senso del navigare di ciascuno di noi e del vivere nella società.
La critica ha commentato i miei acquerelli presenti in questa serie di opere dicendo che: “l’espressione ad acqua è una delle più complesse. Il lavoro dell’artista è caratterizzato dal senso di ariosità e lucentezza che rendono i dipinti trasparenti, ma allo stesso tempo corposi. L’essenzialità di queste opere è nella qualità con cui è steso e scelto il colore che riesce a dare un senso di leggerezza, ma allo stesso tempo di profondità. In particolare ogni dipinto dell’artista ha una dinamicità che lo fa essere un viaggio e quindi una scoperta. Questa rassegna espositiva è un percorso creativo costituito da tante tappe e tanti approdi in cui l’elemento giuridico si fonde con l’elemento creativo e mitologico”.
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