Estratto capitolo 11

…troppo tempo passato quando il cameriere iniziò a preparare i tavoli per il pranzo, scrutandoli ogni tanto per decidere s’era il caso di portargli il menù, non avevano intenzione di mangiare ma neanche di rientrare così decisero per una passeggiata intorno al lago, uno stretto sentiero lo circondava completamente, permettendo il passaggio d’una sola persona alla volta, ogni tanto allargandosi in minuscole spiagge dove i pochi presenti si dedicavano con impegno all’unica attività svolta e consentita: la pesca alla trota.

Poco più di mezz’ora a passo lento ed il tragitto era compiuto, si ritrovarono alla partenza e nei pressi del già notato piccolo capanno in pannelli di tronchi di legno, adesso aperto e dove un maturo addetto controllava permessi ed affittava canne da pesca, in quel momento stava pazientemente parlando con un ragazzino e la sicuramente madre, non sentivano i discorsi però si capiva dai timidi gesti che il giovane voleva pescare senza esserne capace e la donna lo era ancor meno; la pazienza dei vecchi è incredibile, un giovane, supponente, avrebbe affittato la canna e lasciato i due a cavarsela, lui chiuse bottega, prese l’ancora bambino per una mano, canna, retino ed un sacchetto nell’altra, ed insieme scesero la ripida china verso la riva, dimenticandosi entrambi della mamma che li seguiva a distanza, verrebbe da dire rispettosa. La semplice scena aveva un qualcosa di proprio, il sapore di un gusto dimenticato.

S’appoggiarono al muretto che separava sentiero da ristorante ad osservare.

Lo sguardo del ragazzino girava incessantemente dentro il circuito lago-canna-volto dell’istruttore, era un misto di entusiasmo, nell’ascoltare e sistemare le mani secondo le indicazioni, interesse, nel seguire il competente armamento dell’attrezzo senza staccare gli occhi, incredulità, nell’osservare lenza, amo e piombo viaggiare veloci attraverso l’aria, pura gioia nel sentirli colpire la superficie con un assordante flebile tonfo e vederli affondare nel liquido come fossero gli ultimi ed indispensabili ingredienti d’un filtro magico messo a bollire nel calderone.

Improvvisamente ogni cosa s’arrestò, le foglie smisero di cadere, la terra di girare e le persone di respirare, tutto quanto era concentrato sul giovane, immobile a bordo lago a tenere la canna come fosse parte di se, con lo sguardo fisso sul punto di confine fra aria e liquido e con il tutto inerte passarono le ore, i giorni, i mesi, gli anni senza che nulla accadesse, in realtà pochi minuti ma questo doveva sembrare al ragazzino, poi la lenza cominciò a vibrare, prima piano, quasi impercettibilmente, poi indubbiamente e con lei vibrarono le mani; ebbe inizio la perenne lotta fra preda che tirava, di lato, di fronte, di nuovo di lato, poi mollava per reiniziare nuovamente alla ricerca della salvezza e predatore fermo nella sua intenzione mentre la canna si scuoteva con prepotenza, si piegava, si stendeva ed il mulinello girava recuperando lenza, manovrato con grande perizia dalle nuove…

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